Durante la conversazione sono emersi numerosi punti interessanti: in Svizzera chi viene avvisato dall’app di una possibile esposizione al contagio avrà diritto a un test gratuito; la perdita di lavoro da (auto)quarantena per chi si fa testare e risulta positivo sarà finanziata dallo Stato; il 18 giugno arriverà, salvo sorprese, la base legale che consente il funzionamento di SwissCovid, che diventerà operativa dal primo luglio.
Aggiungo un dettaglio pubblicato da Alessandro Longo nella spiegazione approfondita di Immuni su Agenda Digitale: la citatissima “soglia” del 60% è in realtà la percentuale che “serve per un’efficacia ottimale... c’è un vantaggio però a qualsiasi livello di adozione, anche del 10%”. Lo conferma anche Sundar Pichai di Google: "avrà un impatto positivo anche se solo il 10%-20% degli utenti lo userà. Più saranno, meglio funzionerà".
Un altro aspetto spesso non capito di questa percentuale è che non tutti gli utenti contribuiscono in maniera uguale all’efficacia: una persona che frequenta luoghi affollati usando l’app è più significativa per il tracciamento dei contagi rispetto a una persona che vive isolata e ha installato Immuni o SwissCovid.
La cosa che mi ha fatto più piacere, nella gestione svizzera a livello politico di questa difficile app, è il buon senso e la serietà di aver chiesto di aggiungere una clausola di rimozione dell’app ed eliminazione di tutti i suoi dati qualora risultasse inefficace. Buon ascolto.
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