Quel giorno Grace Hopper lavorava al calcolatore elettromeccanico Mark II, un bestione lungo circa 16 metri, alto due metri e quaranta e profondo altrettanto installato alla Harvard University, e trovò nelle sue viscere elettroniche un insetto alato, incastrato in un relé. Lo appiccicò con un pezzo di nastro adesivo al suo quaderno di appunti di lavoro, con il commento “First actual case of bug being found” (“primo caso concreto di ritrovamento di un «bug»”).
Ma in realtà il termine inglese bug era già in uso in altri campi almeno sin dai tempi di Edison, nel 1889, per indicare un difetto di un circuito o di una macchina. La Pall Mall Gazette dell’11 marzo di quell’anno, infatti, riporta che “Il signor Edison... ha trascorso in bianco le due notti precedenti per scoprire un «bug» nel suo fonografo -- un’espressione che indica la risoluzione di un problema e sottintende che ci sia un insetto immaginario che si è nascosto dentro e sta causando tutti i problemi.”
Mr. Edison … had been up the two previous nights discovering a ‘bug’ in his phonograph–an expression for solving a difficulty, and implying that some imaginary insect has secreted itself inside and is causing all the trouble.’….
Nella sua lunghissima carriera, Grace Hopper raccontò spesso l'episodio, rendendo popolare il termine “bug” anche fra gli informatici, ma non fu lei a coniarlo: anzi, leggendo le sue annotazioni è chiaro che il termine era già in uso e lei era divertita alla scoperta di un “bug” fisico vero e proprio.
In italiano il termine “bug” viene spesso reso come “baco”, sia per assonanza, sia per il fatto che si usa il termine “bacato” per indicare qualcosa che contiene al suo interno un difetto di qualche genere.
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