2020/12/01

Storie di Scienza 13: È crollato il radiotelescopio di Arecibo. La storia segreta di un gioiello scientifico

Pubblicazione iniziale: 2020/12/01 14:10. Ultimo aggiornamento: 2020/12/05 1:10.

Poco fa Deborah Martorell ha postato la foto che vedete qui sopra: sono precipitate circa 900 tonnellate di apparati che erano sospesi a 150 metri d’altezza sopra la gigantesca parabola (300 metri di diametro) del radiotelescopio di Arecibo, in Porto Rico. I cavi che reggevano questi apparati, quelli che si vedono nella foto d‘archivio qui sotto (fonte), erano lesionati da tempo e non più riparabili, e avevano già danneggiato parzialmente la fragile parabola.

È la fine ingloriosa di uno strumento scientifico straordinario, che per decenni è stato il più grande radiotelescopio a parabola singola del mondo. Molti lo ricordano come ambientazione fantastica ma vera di alcune scene dei film Goldeneye con Pierce Brosnan e di Contact. Ma il suo contributo alla conoscenza dell’universo va ben oltre le comparsate cinematografiche.

La National Science Foundation dice che il crollo è avvenuto durante la notte e che non ci sono stati feriti:

I video successivamente rilasciati, però, documentano che il crollo è avvenuto di giorno. Forse “overnight” è riferito al luogo in cui si trova la sede dell’NSF.

La descrizione del video spiega in dettaglio la dinamica del crollo. Le riprese sono opera di Carlos Perez e Adrian Bague, secondo questa fonte.

Le prime immagini dei danni visti dall’aria sono brutali. Non c’è nessuna speranza di riparazione.

Credit: Juan R. Costa / NotiCel.

Dietro questo capolavoro d’ingegneria c’è una storia altrettanto straordinaria. Tornate qui tra un’oretta e ve la racconterò. Prima devo farmi passare il magone.

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Il colossale radiotelescopio di Arecibo sembrava preso di peso da un film di fantascienza: aveva una superficie circolare concava di oltre 300 metri di diametro, collocata in un avvallamento naturale del terreno, e un apparato ricevente mobile da 900 tonnellate sospeso a 150 metri d’altezza tramite cavi collegati a tre torri altissime.

Ma era un’opera da fantascienza anche in un altro senso: quest’apparato scientifico gigantesco fu infatti costruito a tempo di record, in soli tre anni, negli anni Sessanta del secolo scorso. Come fu possibile un’impresa del genere, vista l’eterna difficoltà di reperire fondi per branche a prima vista così lontane da ritorni pratici come la radioastronomia, che oltretutto all’epoca era una scienza giovanissima e quindi povera?

Per capirlo bisogna frugare nel suo passato. L’enorme apparato non era sempre stato un radiotelescopio come lo abbiamo conosciuto per decenni: in origine, alla fine degli anni Cinquanta, fu infatti commissionato e finanziato dai militari statunitensi dell’ARPA (Advanced Research Projects Agency) non per osservare gli astri lontani ma per svolgere ricerche sulla ionosfera, nell’ambito del grande progetto Defender per la difesa contro i temutissimi missili balistici sovietici. Il suo acronimo originale era Arecibo Ionospheric Observatory (AIO); la ricerca astronomica era un sottoprodotto e una buona storia di copertura.

Un’antenna così grande e sensibile, infatti, avrebbe permesso di rilevare le perturbazioni prodotte nella ionosfera dal passaggio ipersonico dei missili nemici, a circa 80 chilometri di quota, e di distinguere le loro testate nucleari reali da quelle finte (decoy), concepite per depistare e sovraccaricare i sistemi di difesa antimissile.

C’era anche il problema non banale di distinguere un missile che rientrava in atmosfera da una meteora o da altri fenomeni naturali che potevano essere scambiati per un attacco nucleare. Sferrare un contrattacco atomico per errore sarebbe stato piuttosto imbarazzante.

Il radiotelescopio di Arecibo nacque quindi come impianto di ricerca del Dipartimento della Difesa statunitense e fu costruito da imprese civili sotto la supervisione dell’esercito. È questa genesi militare la spiegazione della misteriosa rapidità di costruzione e della disponibilità straordinaria di fondi. 

La gestione dell’impianto fu affidata ai civili della Cornell University e finanziata per metà dall’ARPA per il primo decennio di attività. Ma le attività militari proseguirono anche dopo l’affidamento ai civili: per esempio, l’NSA usò Arecibo per localizzare i radar strategici sovietici, sfruttando ingegnosamente i loro segnali riflessi dalla Luna e spacciando quest’attività per uno studio delle temperature lunari. “The open designation of our work was a study of lunar temperatures”, scrive N.C. Gerson nell’articolo parzialmente desecretato SIGINT in Space del 1984, presente negli archivi pubblici dell’intelligence statunitense.

Per dare un’idea dell’aria che tirava in quegli anni, vale la pena di leggere attentamente questa nota disinvolta di Gerson: “Avevo fatto notare [all’ARPA] che [...] un sito alle Seychelles sarebbe stato molto migliore. Godell dell’ARPA si offrì in seguito di costruire un’antenna per l’NSA, alle Seychelles o altrove. Sarebbe stata utilizzata una detonazione nucleare e l’ARPA garantiva una radioattività residua minima e la forma corretta del cratere in cui poi collocare l’antenna.” Non se ne fece nulla per via della moratoria sui test nucleari, ma si proponeva in tutta serietà di scavare una conca con una bomba atomica. Alle Seychelles.

I militari si resero conto ben presto che c’erano altri modi più efficienti di gestire la difesa antimissile e lasciarono perdere Arecibo. La comunità scientifica si trovò così con uno strumento radioastronomico che rimase senza rivali per oltre quarant’anni, fino alla recente realizzazione del radiotelescopio cinese FAST da 500 metri di diametro. 

Arecibo permise di scoprire, fra tante altre cose, il vero periodo di rotazione di Mercurio nel 1967 (59 giorni, 1967), le prove dell’esistenza delle stelle di neutroni, contribuendo a un premio Nobel per la fisica nel 1974 e a un altro nel 1993 (pulsar binarie), producendo la prima mappa radar di Venere (pianeta perennemente coperto di nubi e quindi impossibile da mappare otticamente), scoprendo i primi esopianeti (1992) e ottenendo la prima immagine radar di un asteroide (Castalia). Fu anche usato, nel 1974, per trasmettere il primo messaggio intenzionale verso eventuali civiltà extraterrestri.

Le origini militari dell’impianto furono dimenticate ben presto dall’opinione pubblica e sopravvivono oggi solo nei documenti d’epoca e in qualche pubblicazione rievocativa per addetti ai lavori.

Ci si lamenta spesso dei costi della ricerca scientifica, ma storie dimenticate come questa dimostrano che sono poca cosa rispetto alle spese belliche. Il più grande radiotelescopio del mondo fu costruito dai militari con gli spiccioli del loro budget: è questa la vera parabola su cui riflettere.

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Se volete saperne di più sulle attività spaziali militari degli anni 50 e 60, vi consiglio Soldiers, Spies and the Moon: Secret U.S. and Soviet Plans from the 1950s and 1960s. Questi sono i veri complotti lunari. Altre letture utili: cronologia di Arecibo raccontata dal DARPA; Genesis of the 1000-foot Arecibo dish, di M.H. Cohen, in Journal of Astronomical History and Heritage (ISSN 1440-2807), Vol. 12, No. 2, p. 141 - 152 (2009); To See the Unseen, NASA; The Wizards of Langley: Inside the CIA's Directorate of Science and Technology di Jeffrey T. Richelson (link alle pagine 89-90 che citano Arecibo).

 

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