2021/04/15

Un chip nel cervello: stavolta non è un delirio complottista, è una cauta speranza di mobilità

La settimana scorsa Neuralink, una delle aziende di Elon Musk, ha pubblicato su Youtube un video che mostra un macaco che gioca a Pong letteralmente con la forza del pensiero. Si tratta di una demo impressionante per vari motivi, che va spiegata e capita con attenzione nelle sue varie implicazioni.

Il video mostra Pager, un macaco di nove anni, che gioca al computer. Inizialmente muove un joystick per spostare un cursore su uno schermo. Quando mette il cursore dentro un quadrato colorato che si sposta periodicamente, riceve una ricompensa: un assaggio di frullato di banana.

Fin qui niente di speciale. Ma a circa metà del video, il joystick viene staccato: Pager continua ad azionarlo per abitudine, ma il joystick in realtà non sta facendo nulla. Il cursore si muove lo stesso sullo schermo perché Pager ha due piccoli sensori della Neuralink impiantati nella corteccia motoria del suo cervello. Questi sensori leggono circa 2000 neuroni di questa regione del cervello e ne decodificano i segnali. In pratica, captano le sue intenzioni di movimento e le trasmettono a un ricevitore che le converte istantaneamente in movimenti corrispondenti del cursore.

A un certo punto, il joystick viene rimosso completamente e Pager capisce che può continuare a giocare semplicemente pensando di muovere il braccio. Diventa talmente bravo da poter appunto giocare a Pong, il videogioco classico, semplicemente con il pensiero. Il video spiega che Pager non è obbligato a giocare, ma sceglie di farlo perché gli piace il frullato di banana.

È tutto confezionato in modo molto rassicurante, ma resta una sperimentazione su animali, che è comunque eticamente problematica. Pager non ha certo chiesto di farsi impiantare dei chip nel cervello.

Ars Technica nota che sperimentazioni analoghe sono già state condotte su persone tetraplegiche, che sono riuscite a muovere un braccio robotico semplicemente pensando di farlo. Questo è un esempio che risale a quasi dieci anni fa:

Ma se questa tecnologia esiste da quasi un decennio, come mai non la vediamo in giro? Qui sta la novità reale della demo di Neuralink: la miniaturizzazione e la portabilità.

Finora, infatti, queste interfacce dirette con il cervello richiedevano un ingombrante ricevitore situato vicinissimo alla testa della persona o dell’animale dotato di sensore intracraniale, e una potenza di calcolo notevole per elaborare i segnali provenienti dai neuroni. In alcuni casi c’erano anche delicati cavi e connettori che attraversavano il cranio.

La soluzione presentata da Neuralink, invece, fa a meno del ricevitore e dei connettori: il sensore impiantato trasmette via Bluetooth, quindi anche a distanza di vari metri, ed ha una propria batteria interna, per cui una volta innestato è completamente autosufficiente.

L’altra innovazione significativa è la compressione dei dati prima della trasmissione: duemila neuroni generano un sacco di dati, che vanno decodificati. La decodifica qui avviene nel sensore impiantato, eliminando l’ingombro del computer esterno e semplificando il segnale da trasmettere. Questo rende possibile l’uso di un canale radio a banda relativamente ristretta come il Bluetooth.

Trovate molti dettagli tecnici nell’annuncio ufficiale (copia permanente).

A dieci anni di distanza, insomma, la tecnologia sembra più vicina all’uso pratico: la portabilità e la miniaturizzazione fanno una differenza cruciale. Questo accende speranze straordinarie in chiunque abbia difficoltà motorie o anche di comunicazione verbale. Ma ci sono anche applicazioni non mediche, per esempio nell’estensione delle capacità umane. Immaginate, per esempio, di poter scrivere al computer semplicemente pensando di digitare su una tastiera. Oppure di poter fare il magazziniere o il muratore o il soccorritore semplicemente pensando i movimenti che vengono eseguiti da un robot, magari in luoghi pericolosi o inaccessibili.

Presumo inoltre che qualcuno, da qualche parte, stia già pensando alle applicazioni militari di un sistema del genere per migliorare i tempi di reazione di truppe o piloti e lasciare libere le loro mani per altri compiti. E che da qualche altra parte qualcun altro stia già pensando a come intercettare e disturbare questi segnali, e a come proteggerli da queste intercettazioni. Dovremo creare anche leggi sulla privacy dei pensieri. Benvenuti nel Nuovo Mondo.

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