2021/11/15

Follia russa nello spazio: un’arma antisatellite ha creato una nuvola di detriti orbitanti che minaccia la Stazione Spaziale Internazionale

Pubblicazione iniziale: 2021/11/15 23:46. Ultimo aggiornamento: 2021/11/17 11:00.

Oggi (15 novembre) la Russia ha compiuto un atto di totale incoscienza spaziale lanciando un’arma antisatellite, che ha colpito un suo vecchio satellite militare e lo ha trasformato in una nube di frammenti che ora orbitano intorno alla Terra e minacciano di colpire ad altissima velocità altri satelliti e anche la Stazione Spaziale Internazionale, con esiti potenzialmente catastrofici.

Gli astronauti a bordo della Stazione hanno dovuto interrompere le attività previste, chiudere i portelli divisori e collocarsi in aree meno esposte del loro avamposto.

Non è il primo test di un’arma antisatellite: ne hanno compiuti vari altri paesi (Stati Uniti, Cina, India e Russia). Ma questo è stato fatto in una fascia orbitale particolarmente pericolosa, perché è occupata da molti satelliti e in particolare dalla Stazione Spaziale Internazionale.

---

Le prime notizie sono arrivate nel tardo pomeriggio di oggi, segnalando che lo US Space Command era a conoscenza di un “evento generante detriti nello spazio” a seguito di voci di un test russo di un’arma antisatellite. Gli esperti civili hanno poi ritrovato un annuncio generico (NOTAM) russo che citava un lancio di un razzo Nudol dal cosmodromo di Plesetsk, sopra il quale era passato il satellite-bersaglio, rendendo credibile che il lancio sia stato un test antisatellite.

In ogni caso, i detriti di questo “evento” rischiavano di colpire e trapassare la Stazione Spaziale Internazionale, per cui si è resa necessaria una procedura d’emergenza a bordo.

Questa non è una scena tagliata da Gravity: è la chiamata molto reale del Controllo Missione agli astronauti della Stazione per avvisarli del pericolo.

Poco dopo si è saputo che il bersaglio colpito dall’arma russa era un vecchio satellite militare russo, o meglio sovietico, il Kosmos-1408 o Tselina-D, risalente al 1982 e in disuso. La sua frammentazione è stata confermata da LeoLabs.

Si tratta di un satellite piuttosto grande (massa di circa 2000 kg), di aspetto simile a quello mostrato qui accanto (fonte: Gunter’s Space Page), per cui ci si aspetta che la sua distruzione abbia generato centinaia o forse migliaia di frammenti. 

La sua orbita, a circa 480 km dalla superficie terrestre, è relativamente vicina a quella della Stazione, che sta a circa 400 km.


Il Dipartimento di Stato statunitense ha confermato questa ricostruzione e ha condannato pubblicamente l’azione russa, parlando di un test eseguito “sconsideratamente” e di comportamento “irresponsabile” della Russia.

Lo US Space Command ha preso posizione molto nettamente, dichiarando fra l’altro che “la Russia ha dimostrato deliberata indifferenza per la sicurezza, la stabilità e la sostenibilità a lungo termine dell’ambiente spaziale per tutti i paesi” e precisando che il test russo ha generato “oltre 1500 frammenti di detriti orbitali tracciabili e probabilmente ne genererà centinaia di migliaia di più piccoli” (che non sono tracciabili e quindi sono particolarmente pericolosi).

Questi detriti, dice lo US Space Command, “continueranno a essere una minaccia per le attività spaziali per anni, mettendo a rischio i satelliti e le missioni spaziali e obbligando a effettuare un maggior numero di manovre per evitare collisioni. Le attività spaziali sono alla base del nostro modo di vivere e questo tipo di comportamento è semplicemente irresponsabile”:

Il Daily Press Briefing del Dipartimento di Stato ne parla a 44:25:

Manca, al momento, qualunque dichiarazione russa [aggiornamento: è arrivata successivamente e la trovate più sotto].

L’equipaggio a bordo della Stazione Spaziale Internazionale si era nel frattempo rifugiato nei rispettivi veicoli spaziali di rientro in attesa del passaggio di una nube di detriti (presumibilmente la stessa) nelle vicinanze della Stazione. Gli astronauti Raja Chari, Tom Marshburn e Kayla Barron della NASA e l’astronauta europeo dell’ESA Matthias Maurer si sono piazzati nella loro Crew Dragon; i cosmonauti russi Anton Shkaplerov e Pyotr Dubrov e l’astronauta NASA Mark Vande Hei sono saliti a bordo della loro Soyuz.

Successivamente il Controllo Missione ha avvisato gli astronauti della Stazione che alcuni portelli stagni che dividono le varie sezioni della Stazione stessa dovranno restare chiusi fino a martedì (16 novembre) a causa del pericolo derivante dalla nube di detriti. Sono state annullate le attività di utilizzo del braccio robotico e l’equipaggio ha ricevuto un elenco degli orari dei vari passaggi della nube di detriti.

La Stazione attraverserà la nube di detriti ogni 90 minuti circa per almeno un giorno. Secondo LeoLabs, la nuvola ha attualmente (al 15/11) un diametro di circa 40 chilometri.

Questo è il Controllo Missione che consiglia (diciamo pure ordina) a Matthias Maurer di non dormire nella sezione russa ma di stare in quella statunitense invece che nel suo alloggio abituale (il modulo Columbus, che è stato chiuso).

La NASA ha pubblicato una dichiarazione nella quale il direttore generale (Administrator) dell’ente spaziale, Bill Nelson, parla di “azione irresponsabile e destabilizzante [...] È impensabile che la Russia metta in pericolo non solo gli astronauti statunitensi e internazionali sulla Stazione, ma anche i suoi stessi cosmonauti. Le sue azioni sono sconsiderate e pericolose e minacciano anche la stazione spaziale cinese e i taikonauti che sono a bordo”

La dichiarazione precisa che sono stati chiusi tutti i portelli che portano ai moduli della Stazione che sono disposti radialmente: Columbus, Kibo, il Permanent Multipurpose Module, il modulo espandibile Bigelow e l’airlock Quest. Restano aperti i portelli fra la sezione russa e quella statunitense.

Nel tweet qui sotto, i moduli accessibili all’equipaggio sono indicati in azzurro; quelli isolati sono in giallo. L’autore, Raffaele di Palma, mi segnala che “[r]ispetto alla situazione mostrata nella immagine, dall'ultima press release di NASA, si sa che il Node-3 è rimasto aperto (chiusi i moduli ad esso collegati BEAM/Cupola/PMM).”

Nelson ha dichiarato inoltre che ha “motivo di credere” che i funzionari dell’ente spaziale russo Roscosmos non fossero a conoscenza dell’intenzione del ministero della difesa russo di lanciare un missile antisatellite.

Qui invece vengono mostrati alcuni frammenti avvistati da Terra:

La nube si estende già fra 440 e 520 km di quota:

La diffusione stimata dei detriti di questo test russo è mostrata in questo tweet:

Molte ore più tardi l’ente spaziale russo Roscosmos ha pubblicato una prima reazione (in russo e in inglese) in cui dice (insieme a molte altre parole autoelogiative) “Per noi la priorità principale è stata e resta quella di assicurare la sicurezza incondizionata dell’equipaggio” e “Il sistema automatizzato russo di allerta per le situazioni pericolose nello spazio vicino (ASPOS OKP) continua a monitorare la situazione allo scopo di prevenire e contrastare ogni possibile minaccia alla sicurezza della Stazione Spaziale Internazionale e del suo equipaggio” .

I militari russi hanno confermato di aver distrutto il satellite sovietico Tselina-D e dicono che i suoi detriti non costituiscono e non costituiranno un pericolo per le attività orbitali (Interfax tramite Katya Pavlushchenko).

Sputnik News ha pubblicato (in italiano) una presa di posizione del Ministero della Difesa russo e del relativo ministro, Sergey Shoigu, secondo il quale “I frammenti del vecchio satellite, che si sono formati durante il test dell'armamento, non rappresentano una minaccia per le attività spaziali”.

Due astronauti, ossia due delle persone che hanno rischiato in passato di essere colpite da frammenti di detriti spaziali, la pensano diversamente. Terry Virts: “Space debris is an urgent matters [sic] that humanity needs to address, because it is essentially permanent. Russia’s anti-satellite weapons test today (near the ⁦ISS⁩ orbit) was beyond irresponsible, causing the ⁦@Space_Station⁩ crew to take shelter”. Chris Hadfield: “Deliberately creating space debris threatens the human lives on the space stations, and all space commerce. It is a selfish, short-sighted act”

Come sempre, l’ottimo Scott Manley fa il punto della situazione con dati, cifre e simulazioni:

Aggiornerò questo articolo man mano che ci saranno ulteriori sviluppi.

---

Questo è quello che si sa fino a questo punto. 

Per chi non ha familiarità con la meccanica del volo spaziale è facile sottostimare il pericolo rappresentato da questi frammenti. Sono piccoli, specialmente quelli che non sono tracciabili dai radar sulla Terra, e quindi hanno una massa molto modesta. Però hanno una velocità elevatissima e quindi contengono enormi quantità di energia cinetica. Questo li trasforma in proiettili estremamente penetranti anche se sono piccoli.

Facciamo due conti. Un oggetto orbitante alla quota del satellite distrutto (480 km) deve muoversi a circa 7,6 km al secondo (27.300 km/h) intorno alla Terra per restare in orbita. A titolo di confronto, un proiettile d’arma da fuoco viaggia a 0,9-1,5 km al secondo (3200-5400 km/h). 

Anche la Stazione Spaziale Internazionale orbita grosso modo alla stessa velocità, per cui in caso di impatto le velocità possono sommarsi (in caso di collisione frontale, con il detrito che viaggia in direzione opposta), annullarsi parzialmente (se il detrito e la Stazione viaggiano nella stessa direzione) o combinarsi in vari modi (se le direzioni sono differenti). In altre parole, comunque vadano le cose, la Stazione verrebbe colpita da oggetti di vari grammi (o chili) che viaggiano più veloci di un proiettile.

Schema della collisione fra un frammento del satellite cinese Fengyun 1C, distrutto intenzionalmente dalla Cina in un test di armi antisatellite nel 2007, e il satellite russo BLITS 35871 (gennaio 2013). Fotogramma tratto dal video di Scott Manley citato sopra.

Per farsi un’idea dei danni potenziali, questo è il risultato della collisione di un frammento di plastica del peso di quattordici grammi che viaggia a 24.000 km/h.

Altri video di collisioni dimostrative a ipervelocità sono qui presso la NASA.

Piccolo inciso: la scena di Gravity in cui gli astronauti vedono arrivare la nuvola di frammenti è totalmente irrealistica. In qualunque caso, i detriti viaggerebbero a velocità talmente elevate che non ci sarebbe il minimo preavviso visivo. Tanto varrebbe aspettarsi di vedere una palla di cannone che ti sta arrivando addosso.

Un altro aspetto poco intuitivo è che la nube di detriti non ricade: ha la stessa velocità orbitale che aveva il satellite ora distrutto, e quindi continua a restare in orbita, diffondendosi progressivamente. Molti di questi frammenti restano in orbita a lungo: un frammento cinese prodotto nel 2007 ha rischiato la collisione con la Stazione Spaziale di recente.

E anche se lo spazio è vasto, le collisioni prima o poi accadono: la Stazione è già stata colpita varie volte, fortunatamente in modo non letale, ma porta i segni di questi danni nei sui grandi pannelli solari trapassati da microdetriti. 

Questi sono i dati principali dei vari test antisatellite effettuati con successo (ossia con distruzione del bersaglio) finora:

  • Russia/Unione Sovietica (1970)
  • Stati Uniti (1985): 525 km; colpisce il satellite statunitense Solwind P78-1
  • Cina (2007): 865 km; colpisce il satellite cinese Fengyun-1C.
  • Stati Uniti (2008): circa 250 km; colpisce il satellite militare statunitense USA-193
  • India (2019): 300 km; colpisce il satellite indiano Microsat-R
  • Russia (2021); colpisce il satellite sovietico Kosmos 1408.

Il problema a lungo termine è che una nube di detriti prodotta da uno di questi test possa colpire e distruggere altri satelliti, che a loro volta creerebbero altre nubi di frammenti, che colpirebbero altri satelliti, e così via, disabilitando moltissimi servizi satellitari civili e militari, da Internet alle TV alla meteorologia al monitoraggio del territorio e dell’atmosfera, in una reazione a catena denominata Sindrome di Kessler perché fu ipotizzata nel 1978 da Donald Kessler e Burton Cour-Palais in un articolo fondamentale intitolato Collision frequency of artificial satellites: The creation of a debris belt

Specialmente con l’avvento delle grandi costellazioni di satelliti per telecomunicazioni come StarLink di SpaceX, composte da migliaia di piccoli satelliti collocati a circa 550 km di quota, il rischio di un effetto valanga diventa ancora più alto.


Una scena dal film di fantascienza Gravity (2013). Fonte: Movie Screencaps.

Non siamo nello scenario catastrofico di Gravity, ma poco ci manca.

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico) o altri metodi.

Nessun commento:

Posta un commento

Se vuoi commentare tramite Disqus (consigliato), vai alla versione per schermi grandi. I commenti immessi qui potrebbero non comparire su Disqus.

Pagine per dispositivi mobili