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Buon ascolto, e se vi interessano i testi e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.
Prologo
CLIP AUDIO: Musica anni '90 tratta da video promozionale dell’Apple Newton
Siamo nel 1992; è il 29 maggio. Apple presenta al pubblico un dispositivo digitale tascabile con schermo sensibile al tocco, un processore innovativo e app integrate che darà il via a un intero nuovo settore informatico. No, non è l’iPhone: quello uscirà quindici anni più tardi, nel 2007.
Questa è la storia di Newton, un quasi-flop oggi dimenticato da molti, che però ha creato le basi per gli smartphone e per tutta l’informatica tascabile. Prima di lui c’erano stati altri computer da taschino, ma Newton è formalmente il primo PDA: personal digital assistant. Un assistente personale digitale, pensato per sostituire agende, calcolatrici e taccuini. In occasione del trentennale del suo debutto, ripercorro le tappe della sua sofferta gestazione tecnica e la sua sorprendente eredità digitale, presente in ogni smartphone di oggi. Io sono Paolo Attivissimo, e vi do il benvenuto a questa puntata del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica.
SIGLA DI APERTURA
Se è vera la teoria dei multiversi, da qualche parte esiste un universo nel quale gli smartphone sono arrivati con quindici anni di anticipo, negli anni Novanta invece che alla fine della prima decade del Duemila, e Apple ha evitato un tonfo commerciale così memorabile da essere parodiato anche dai Simpsons.
È il 29 maggio 1992. Il CEO di Apple, che in questa fase della crescita dell’azienda non è Steve Jobs, che ha lasciato Apple nel 1985, ma è John Sculley, annuncia e presenta al Consumer Electronics Show di Chicago, una delle più grandi fiere mondiali del settore informatico, un prodotto che definisce, con il classico stile Apple, “una rivoluzione”. È un computer, alimentato da quattro batterie stilo, che sta in un taschino ed è dotato di app per gestire agende e rubriche di indirizzi, prendere appunti scritti a mano libera, fare calcoli, trasmettere dati, inviare messaggi e leggere libri digitali (con quindici anni di anticipo rispetto al Kindle di Amazon). Sculley ha coniato pochi mesi prima per l’occasione il nome che caratterizzerà tutti i dispositivi di questo genere: personal digital assistant, abbreviato in PDA. In sostanza, un assistente personale digitale.
Quello presentato da Sculley si chiama Newton MessagePad, o più brevemente Newton; non è il primo del suo genere, perché Psion ha già presentato qualcosa di vagamente simile, il suo Organiser, nel 1984, e il suo popolarissimo Series 3 nel 1991, ma Newton è un salto di qualità, con uno schermo tattile sul quale si può disegnare con uno stilo appositamente fornito, e anche scrivere in corsivo appunti che il software di riconoscimento della scrittura trasforma in caratteri alfabetici digitali. Si possono disegnare forme a mano libera, che vengono riconosciute e trasformate in oggetti geometrici che possono essere trascinati sullo schermo e cancellati scarabocchiandovi sopra. Newton è in grado di inviare fax e di trasmettere dati ad altri Newton tramite una porta a infrarossi.
In un’epoca nella quale, tenete presente, il Wi-Fi ancora non esiste, visto che verrà inventato cinque anni più tardi, e i computer sono ancora oggetti fissi sulle scrivanie e quelli portatili sono pesanti, ingombranti e costosi, le caratteristiche del Newton sono impressionanti e futuribili e fanno gola a chiunque debba viaggiare molto e gestire dati per lavoro.
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La dimostrazione di Sculley del Newton stupisce il pubblico, ma questo effetto wow è stato ottenuto a caro prezzo. Il progetto iniziale, partito sei anni prima, è stato afflitto da carenze tecnologiche enormi. I processori scelti, per esempio, sono lentissimi, il dispositivo verrebbe a costare seimila dollari agli utenti, consuma tantissima energia ed è troppo ingombrante. Molti degli sviluppatori lasciano Apple per la disperazione.
È qui che entra in gioco, stranamente, una piccola azienda informatica britannica, la Acorn, che è incredibilmente riuscita a creare un nuovo tipo di processore che offre prestazioni ragionevoli con un consumo energetico ridottissimo. Apple ci prova: investe tre milioni di dollari in quest’azienda e ottiene in cambio un processore finalmente adatto a un computer tascabile. Trent’anni più tardi, i discendenti di quel processore saranno presenti in miliardi di smartphone di tutte le marche e nei computer odierni di Apple: li conosciamo con la sigla ARM, dove la A in origine stava appunto per Acorn.
Anche il software di riconoscimento della scrittura del Newton è nei guai. Leggenda vuole che Apple riceva un aiuto in questo campo in una maniera decisamente insolita. Al Eisenstat, vicepresidente del marketing di Apple, si trova in visita a Mosca quando qualcuno bussa alla porta della sua camera d’albergo: è un ingegnere informatico russo estremamente agitato, che gli porge un dischetto e se ne va. Sul dischetto c’è una versione dimostrativa di un software di riconoscimento della scrittura nettamente superiore a quello sviluppato fino a quel punto da Apple. È leggenda, ma sia come sia, poco dopo Apple sigla un accordo con il creatore di questo software, Stepan Pachikov, e lo usa per il Newton.
Poi c’è anche la questione delle dimensioni. Il CEO di Apple, John Sculley, impone che il Newton debba essere sufficientemente compatto da stare nella tasca della sua giacca. Fra i progettisti impegnati in questa sfida c’è anche un giovane Jony Ive, oggi famoso per il suo design degli iPhone, iPod, iPad, iMac, Apple Watch e AirPod. Alla fine i progettisti ce la fanno, ma l’esemplare mostrato da Sculley in quella fatidica presentazione di trent’anni fa è incompleto e zoppicante. Sculley fa vedere al pubblico soltanto le poche funzioni del Newton che non lo mandano in crash, esattamente come farà Steve Jobs nel 2007 per la prima dimostrazione pubblica dell’iPhone.
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Newton, insomma stupisce il pubblico e la stampa. Viene messo in vendita un anno dopo, ad agosto del 1993, al prezzo non certo regalato di circa 700 dollari dell’epoca. Il suo schermo è in bianco e nero, non è retroilluminato e ha una risoluzione di 240 per 320 pixel, che oggi farebbe sorridere ma è la norma per quegli anni. Soprattutto, però, è un prodotto incompleto: nonostante un anno di lavoro impossibilmente febbrile da parte degli ingegneri di Apple, uno dei quali, Ko Isono, si è tolto la vita per lo stress, i primi acquirenti si rendono conto ben presto che la funzione più preziosa di Newton, cioè il riconoscimento della scrittura naturale, non funziona bene, neanche dopo l’addestramento previsto appositamente.
In breve tempo il Newton diventa l’esempio tipico dei dispositivi costosi e high-tech che però falliscono miseramente nel sostituire le tecnologie analogiche precedenti. L’inaffidabilità del suo software di riconoscimento della scrittura viene parodiata un po’ovunque, persino dai Simpsons, nella puntata Lisa sul ghiaccio.
CLIP AUDIO: Spezzone della puntata dei Simpsons (originale inglese)
Apple migliorerà il Newton per qualche anno, risolvendo quasi tutti i suoi difetti iniziali, ma sarà troppo tardi: nel frattempo altre aziende, come IBM, Palm, Microsoft e Nokia, ispirate da quell’effetto wow ottenuto dalla presentazione del Newton, avranno fiutato l’affare e avranno messo sul mercato dispositivi tascabili forse meno mirabolanti ma sicuramente più affidabili e meno costosi, molti dei quali includeranno anche la connettività cellulare, come il Nokia Communicator.
In tutto verranno venduti non più di trecentomila esemplari delle varie versioni di Newton, mentre le vendite del solo rivale Palm Pilot ammonteranno a milioni di pezzi. Nel 1998 Steve Jobs, tornato a dirigere Apple, cancellerà il progetto Newton e ne farà cessare la commercializzazione. Il prodotto era troppo in anticipo sui tempi.
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Oggi sono in pochi a ricordare il Newton, e chi lo fa lo rievoca con molta nostalgia. Ci sono ancora degli appassionati che adoperano ancora i propri Newton adesso e li hanno dotati di browser e Wi-Fi; ma pochi sanno che l’eredità di questo dispositivo è un po’ovunque. Oltre ai processori ARM e ai primi passi di design di Jony Ive, infatti, ci sono piccole chicche, come lo sbuffo di fumo animato che compare quando si cancella qualcosa sul Mac, o le icone che si aggiornano in tempo reale, che sono nate proprio con il Newton. E ci sono anche altre funzioni ben più sostanziose, come l’assistente “intelligente” che consente di fare cose sul Newton usando il linguaggio naturale, come facciamo oggi con Siri o in generale con gli assistenti vocali. Nel Newton c’è la ricerca universale all’interno di tutti i dati e di tutte le applicazioni, oggi normale nei dispositivi digitali. Il linguaggio di programmazione, NewtonScript, ha influenzato la creazione del JavaScript, linguaggio onnipresente nei siti Web di tutto il mondo.
Oggi l’intero settore dei PDA, o personal digital assistant, è stato assorbito da quello degli smartphone e in parte da quello degli smartwatch, e il termine stesso comincia a svanire dalla memoria. Ma senza quel Newton e l’idea folle di realizzare un computer grafico da taschino negli anni Novanta non saremmo qui a dettare i nostri appuntamenti e a scambiare foto, musica e messaggi sui nostri telefonini. Buon trentesimo compleanno, Apple Newton, e congratulazioni per un fallimento di grande successo.
Fonti aggiuntive: Ars Technica, iMore.com, History-computer.com, Cult of Mac.
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