2024/08/17

Una bizzarra mail da una Questura italiana

A metà giugno scorso ho ricevuto una mail molto strana: una richiesta di informazioni apparentemente proveniente da una Questura italiana. La mail, non certificata, è arrivata sulla mia normale casella Gmail. Da una Questura mi sarei aspettato perlomeno una PEC. Per questo motivo, e per via del suo contenuto, ho pensato che si trattasse di una burla o di un tentativo di raggiro.

La mail, infatti, mi chiedeva di fornire le generalità complete, il luogo di residenza e un recapito telefonico del direttore responsabile della testata online “Il Disinformatico” e faceva il mio nome.

La motivazione, stando al testo della mail, era un mio articoletto di ottobre 2023, questo: “Marcello Foa dà una lezione di giornalismo. Ma alla rovescia”, nel quale avevo riferito concisamente la vicenda delle accuse infondate di Foa all’amico e collega David Puente. 

Foa, riprendendo un articolo di Giuseppe Vatinno su Affaritaliani.it, aveva affermato molto pubblicamente che Puente non fosse iscritto all’Ordine dei Giornalisti (i dettagli sono qui) e quindi fosse vicedirettore abusivo di Open. Ma in realtà aveva semplicemente cercato male nei registri dell’Ordine (nei quali Puente c’è eccome) ed era saltato a una conclusione perlomeno azzardata.

Nella mail apparentemente proveniente dalla Questura, inoltre, mi si chiedeva di specificare il luogo di inserimento online del mio articoletto.

Ho risposto dicendo che per qualunque richiesta di informazioni o comunicazione di natura legale o confidenziale andava usata l’apposita PEC, paolo.attivissimo@pec.net

Con mia sorpresa, il giorno dopo mi è davvero arrivata una PEC dalla Questura in questione, con lo stesso contenuto. Ho risposto, sempre via PEC, dando le mie generalità e specificando di essere giornalista e residente in Svizzera e che il luogo di inserimento online era il mio indirizzo di casa (presumendo che intendessero il luogo in cui mi trovavo quando ho scritto l’articolo, non l’ubicazione del server di Google che ospita l’articolo).

Qualche giorno dopo mi è arrivata un’altra PEC dalla stessa Questura, nella quale mi si chiedeva di contattarla telefonicamente per ulteriori chiarimenti. Cosa che ho fatto, ottenendo una conversazione piuttosto bizzarra.

Mi è stato chiesto se avevo un indirizzo o un domicilio in Italia. No, ho risposto, abito in Svizzera, come ho scritto, e ci abito da vent’anni. Sono anche diventato cittadino svizzero. 

Ma almeno vengo qualche volta in Italia? Sì, ma come turista. Non ho un’abitazione in Italia.

Ma non vado mai a Roma? A volte, ma non ho in programma di andarci se non ho un ottimo motivo per farlo.

Ma davvero non ha una casa in Italia? Ehm, no, come ho già detto. Vivo in Svizzera. Lavoro in Svizzera. I miei figli sono cresciuti in Svizzera. Sono cittadino svizzero. Perché mai dovrei avere una casa in Italia?

Insomma, a quanto mi è parso di capire, tutte queste strane domande erano mirate a vedere se era possibile eleggere un mio domicilio in Italia per qualcosa che ha a che fare con quel mio breve resoconto, forse una presunta diffamazione a mezzo stampa.

Staremo a vedere. Nel frattempo, volevo condividere con voi questo momento di ordinaria burocrazia.

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