Caccia al pedofilo multimediale: stavolta è finita bene
La caccia all'uomo via Internet funziona, ma crea un precedente pericoloso. La BBC riferisce che è stato identificato e arrestato il pedofilo le cui immagini inequivocabili erano state trovate su Internet nel 2004. Come ho raccontato di recente, l'Interpol aveva trovato il modo di invertire il processo di alterazione digitale delle immagini usato dal pedofilo per mascherare il proprio volto.
L'Interpol ha poi compiuto il passo atipico di diramare, ai primi di ottobre, le fotografie ricostruite del volto del pedofilo, chiedendo aiuto nell'identificarlo, in una gigantesca caccia all'uomo globale. Questa forma "hi-tech" del manifesto "Wanted" in stile western ha avuto successo: l'individuo è stato identificato e poi arrestato in Thailandia. Si tratta di un canadese, Christopher Paul Neil, un insegnante trentaduenne, arrivato in Thailandia dalla Corea del Sud, dove aveva lavorato come insegnante.
Stavolta è andata bene, e con soddisfazione di tutti, perché c'era di mezzo il Mostro per antonomasia. Ma la vicenda mette in luce la potenza e la capillarità dei sistemi di sorveglianza: molto positiva finché si tratta di acciuffare persone indifendibili, ma non posso trattenermi dal provare un brivido all'idea che una caccia all'uomo messa in mano al pubblico e fatta sulla base di una foto sgranata possa finire in un tragico equivoco.
L'intera faccenda mi ha evocato qualcosa di familiare che non riuscivo a identificare. Poi i neuroni hanno avuto un sussulto e mi sono ricordato: in Fahrenheit 451, il romanzo di Ray Bradbury, la vittima della caccia all'uomo mediatica è il protagonista positivo della storia, e l'esito della caccia (che non rivelo perché Fahrenheit 451 è un libro assolutamente da leggere, soprattutto oggi) è anche peggiore e più tragicamente ironico di quello che potreste immaginare.
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