Ieri sera un amico mi ha nominato Facebook e io ho fatto una faccia inorridita. Essere presente su Facebook, moi? Giammai. Preferirei fare un bidet a un rinoceronte.
Ho sempre visto Facebook come un concentrato del peggio di Internet: una colossale, rutilante, ipercinetica, vanesia perdita di tempo e di banda, come Second Life, combinata con l'offerta volontaria a chissà chi di tutta la rete dei nostri contatti e conoscenti. La Stasi avrebbe dato l'anima per ottenere quello che gli utenti danno spontaneamente ai vari siti di social networking: la mappa completa delle persone che si conoscono, e delle persone che a loro volta conoscono le persone che si conoscono, e così via. E poi ci preoccupiamo di Echelon e delle telecamere per strada.
E' per questo che rifiuto sistematicamente i vari inviti a LinkedIn, Facebook e simili: grazie, apprezzo il gesto, ma per principio non amo far sapere a sconosciuti quali sono le mie frequentazioni. Non perché le mie frequentazioni siano discutibili (a parte alcune), ma per principio: sono fatti miei e ci tengo che restino tali.
Capirete dunque il mio orrore quando non solo l'amico mi ha parlato di Facebook, ma vi ha immesso il mio nome e lo ha trovato. E ha trovato un lusinghiero ma surreale fan club con 102 iscritti.
In altre parole, sono su Facebook, che io lo voglia o no. E allora tanto vale esserci intenzionalmente, almeno con una pagina di rappresentanza. Sigh. Pagina che però, da quel che ho capito, è visibile soltanto a chi si iscrive a Facebook. Questo si che è marketing virale. Non iscrivetevi a Facebook soltanto per vederla, perché non c'è nulla di speciale e probabilmente non ci sarà mai. Serve solo per limitare il rischio che qualcuno metta su Facebook un mio clone.
Nessun commento:
Posta un commento
Se vuoi commentare tramite Disqus (consigliato), vai alla versione per schermi grandi. I commenti immessi qui potrebbero non comparire su Disqus.