Disegno della sonda TGO che rilascia Schiaparelli verso Marte. Credit: ESA. |
Il 19 ottobre scorso la missione europea ExoMars ha raggiunto con pieno successo l’obiettivo primario di collocare in orbita intorno a Marte la sonda Trace Gas Orbiter (TGO) ma non ha conseguito l’obiettivo secondario di far atterrare sul pianeta il dimostratore tecnologico Schiaparelli, concepito per collaudare le tecnologie di rientro, discesa e atterraggio per la futura missione ExoMars 2020.
Come avrete probabilmente letto un po’ dappertutto, Schiaparelli si è infatti schiantato sulla superficie marziana invece di atterrare. La NASA ha pubblicato una fotografia eloquentissima, scattata dalla sonda MRO, di quello che con tutta probabilità è il nuovo cratere marziano creato dai circa 500 chili di massa di Schiaparelli: qui sotto la potete vedere a confronto con un’immagine della stessa zona scattata sempre da MRO qualche mese prima. Un’altra versione è qui su Flickr.
La macchia scura è probabilmente il risultato dell’impatto di Schiaparelli; la chiazza bianca è probabilmente il paracadute. Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS. |
Ma cosa ha causato quest’insuccesso? Nei media circolano varie ipotesi, che spesso sono così banali e ridicole da essere offensive verso chi ha lavorato ad ExoMars e in particolare a Schiaparelli. In effetti un errore c’è stato, ma è stato molto più sottile e difficile da anticipare di quel che si dice in giro. Per chiarire come stanno realmente le cose riassumo qui le informazioni tecniche che ho ottenuto in via confidenziale e che si basano sui dati di telemetria ricevuti e analizzati finora.
La sonda TGO ha correttamente sganciato Schiaparelli il 16 ottobre, tre giorni prima del tentativo di atterraggio di Schiaparelli e prima di raggiungere Marte e frenare per immettersi in orbita. La traiettoria sulla quale TGO ha inserito Schiaparelli era perfetta. Dopo il distacco, Schiaparelli è entrato in modalità di ibernazione per tre giorni, allo scopo di risparmiare le proprie batterie, e poi si è correttamente svegliato nel momento previsto, appena prima di entrare nella tenue atmosfera marziana a circa 21.000 chilometri l’ora.
Quando si è svegliato, Schiaparelli ha utilizzato un sensore solare, situato sulla parte posteriore (rispetto alla direzione di volo) dell’involucro protettivo (backshell), per capire dove si trovava e come era orientato rispetto alla superficie di Marte. Poi ha attivato la Inertial Measurement Unit (IMU), una piattaforma inerziale che misura le accelerazioni istante per istante e consente al computer di bordo di calcolare velocità e orientamento nello spazio senza effettuare misurazioni assolute, che non sarebbero possibili durante la discesa. Anche questo è avvenuto in modo corretto.
Lo scudo termico situato anteriormente ha funzionato perfettamente, e quando Schiaparelli ha rilevato la decelerazione prevista dai suoi progettisti ha “capito” di aver raggiunto gli strati più densi dell'atmosfera marziana e quindi ha dato l’ordine di aprire il paracadute. Cinquanta secondi dopo l’apertura del paracadute, Schiaparelli ha sganciato lo scudo termico, esponendo il radar Doppler di bordo, che ha iniziato a misurare la distanza dalla superficie. Anche tutte queste fasi si sono svolte correttamente. Ma da qui sono iniziati i problemi e i misteri.
Schiaparelli sapeva a che quota si trovava rispetto alla superficie marziana grazie al radar, che indicava la distanza, ma aveva bisogno di sapere la propria inclinazione, per capire se il radar stava puntando verticalmente verso il basso (e quindi stava indicando l’effettiva distanza dal suolo) o se stava puntando lateralmente (e quindi stava dando un valore di distanza che andava corretto tenendo conto dell’angolo d’inclinazione).
L’inclinazione gli veniva fornita dai sensori dell’IMU, che però stavano fornendo dati sbagliati, perché erano andati in saturazione a causa delle oscillazioni impreviste subite da Schiaparelli mentre era appeso al paracadute. Queste misure sbagliate sono state interpretate dal computer come un assetto rovesciato del veicolo: in pratica, Schiaparelli ha creduto di trovarsi sottosopra, con il radar che guardava in su e vedeva la superficie di Marte al di sopra del veicolo. Il computer di bordo ha concluso, con logica ottusamente robotica, che se la quota aveva un valore negativo voleva dire che Schiaparelli era già atterrato. Ma in realtà era ancora ad alcuni chilometri di quota, in caduta libera verso la superficie marziana.
La sequenza di atterraggio prevista. Credit: ESA/ATG medialab. |
Tutta la parte rimanente del programma di discesa si svolgeva secondo una sequenza che dipendeva dalla quota, per cui il computer ha sganciato il paracadute (in anticipo), ha acceso i retrorazzi soltanto per il tempo minimo previsto dal programma (tre secondi), ha spento tutto e infine ha trasmesso il messaggio “sono atterrato”. Ma non era vero: stava ancora precipitando.
Schiaparelli, a circa 2 o 3 chilometri dalla superficie di Marte, era talmente convinto di essere atterrato che ha addirittura acceso la propria piccola dotazione di strumenti scientifici e ha iniziato a trasmettere i dati che rilevavano. Diciannove secondi dopo è atterrato davvero sul pianeta rosso, ma a circa trecento chilometri l’ora, disintegrandosi.
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Cosa ha causato le oscillazioni eccessive di Schiaparelli, molto superiori a quelle previste dalle simulazioni? Forse il paracadute si è aperto piú violentemente del previsto o in modo disassato rispetto al veicolo; forse i venti marziani erano molto più intensi del previsto; forse il simulatore non era abbastanza fedele nel ricreare l’ambiente di Marte. Ancora non si sa.
Non era stato effettuato un collaudo fisico, un drop test, nel quale il veicolo viene sganciato in quota da un aereo, sulla Terra, per vedere come si comporta: il test era stato considerato troppo costoso, c’era il rischio che comunque non rivelasse il problema per via delle differenze fra l’atmosfera marziana e quella terrestre e fra le gravità dei due pianeti, e c'era anche il problema del conflitto in Ucraina, visto che un eventuale test si sarebbe svolto in Romania, vicino al confine con la zona di guerra.
Essendo un veicolo dimostratore (cosa che a molti giornalisti non è ben chiara), Schiaparelli non era dotato di sistemi ridondati*, per cui il computer di bordo non poteva rendersi conto che stava ricevendo misure sbagliate. Ma ha comunque trasmesso i dati necessari a capire cos’è andato storto e quindi questo insuccesso consente di sapere che il software di gestione va corretto in tempo per la missione vera e propria del 2020. Fra l’altro, una conferma di un errore nel software sarebbe una buona notizia, perché è enormemente più facile correggere il software che trovare e correggere un guasto in un componente fisico.
Fonti aggiuntive: ESA, Russian Space Web, Spaceflight101.
* ridondati non è un refuso; è il participio passato di ridondare.
2017/05/26 9:20. L'ESA ha pubblicato i risultati della sua indagine.
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