È arrivata stanotte la notizia della morte di Stephen Hawking, astrofisico di fama mondiale, una delle menti più brillanti dei nostri tempi e ispiratore di innumerevoli carriere scientifiche. Aveva 76 anni. Un uomo immobilizzato per decenni dalla malattia ha esplorato l’intero universo con la potenza della propria mente.
Non sto qui a riepilogare tutti i suoi meriti scientifici e le onorificenze che ha ricevuto. Vorrei sottolineare un aspetto di Stephen Hawking che in momenti come questo spesso viene tralasciato: il suo senso dell’umorismo, ricco, sferzante, acuto e geniale.
Il suo libro Breve storia del tempo ha venduto decine di milioni di copie, divulgando le teorie fisiche più complesse con parole ricche di quell’umorismo. Hawking faceva scommesse di fisica mettendo in palio abbonamenti a Penthouse. Organizzava feste per viaggiatori nel tempo (annunciandole pubblicamente dopo averle fatte, in modo da consentire solo ai crononauti di partecipare):
Partecipava volentieri alle serie TV, come Star Trek o Big Bang Theory, come emblema della scienza:
Guardate questa sua intervista concessa a John Oliver:
Se volete qualcosa di più serio, godetevi la sua chiacchierata con un altro grandissimo divulgatore, Neil DeGrasse Tyson. Se non sapete l’inglese, imparatelo: vi regalerete le chiavi per entrare nelle menti più ricche ed emozionanti del pianeta.
La sua opera letteraria è costellata di citazioni citabili (ma occhio a quelle apocrife). La sua immaginazione, la sua determinazione e il suo humour britannico mancheranno infinitamente a chiunque abbia amore per la scienza.
Possiamo solo tentare di onorare la sua vita cercando di fare qualcosa, ciascuno a modo proprio, per rendere meno stupida l’umanità. Per alcuni, questo richiede solo lo sforzo di stare zitti.
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Due dei principali giornali italiani hanno massacrato così la notizia della morte di Hawking: il Corriere della Sera non è stato nemmeno capace di scrivere giusto il suo nome. Sono sette lettere, per l’amor del cielo. S-T-E-P-H-E-N.
Dopo la mia segnalazione, il Corriere ha corretto senza una parola di scuse ai lettori (“Grazie mille per la segnalazione. Abbiamo corretto”).
Ma Repubblica è riuscita a fare anche di peggio, come mi segnalano Silvio M* e molti altri: il suo articolo sulla morte di Hawking (link intenzionalmente rotto; copia archiviata su Archive.is) ha interi paragrafi identici alla voce di Wikipedia, errori compresi (“cosmologi_c_a quantistica”).
Questa è Wikipedia:
E questa è Repubblica:
Il testo di Wikipedia è antecedente a quello di Repubblica:
Repubblica ha poi riscritto l’articolo da cima a fondo mantenendo lo stesso link, per cui ha fatto sparire ogni traccia del proprio sconcio. Non una parola di scuse per aver rifilato ai propri lettori un copiaincolla da Wikipedia. Ma Internet non perdona e non dimentica).
Non è finita: martinobri mi segnala questa didascalia della gallery di Repubblica dedicata a Hawking, nella quale la moglie dello scienziato viene chiamata da Repubblica “Bride Elaine Mason” (link intenzionalmente alterato; copia su Archive.is).
Ma Bride in inglese vuol dire “sposa”. Un errore del genere rivela che la didascalia è copiata da un testo inglese e che la capra di redazione che l’ha copiata non sa un’acca d’inglese. Lasciamo stare l’ortografia italiana (“al seconda moglie”) e la punteggiatura incoerente.
Ho segnalato questi disastri al direttore, Mario Calabresi. Ho ricevuto solo silenzio. Chi tace acconsente?
Chiedo pubblicamente a @mariocalabresi come giustifica il fatto che l'articolo di @repubblica sulla morte di Hawking ha paragrafi identici alla voce di Wikipedia. Errori compresi.— Paolo Attivissimo (@disinformatico) March 14, 2018
È "cosmologia quantistica", non "cosmologi_c_a quantistica".
Dettagli: https://t.co/AQQk3sSAfm
No, dai, @repubblica, come si fa a non sapere che "Bride" significa "Sposa"? Questo è giornalismo?@mariocalabresi, ma a questo punto devo chiedere: assumete solo gente che non sa l'inglese? Per non parlare della punteggiatura italiana? pic.twitter.com/8r4wfHm9rO— Paolo Attivissimo (@disinformatico) March 14, 2018
Eppure qualcuno insiste ancora a chiamarlo giornalismo.
Me la prendo per troppo poco? Forse. Ma come possiamo educare i nostri figli al rispetto, all’onestà, a non copiare il lavoro degli altri, se vedono esempi di queste furbizie patetiche tutti i giorni nel mondo degli adulti?
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