Da Rocket League (credit). |
Se vi siete mai chiesti se i videogiochi sono progettati appositamente per creare dipendenza, vi siete fatti la domanda giusta, e la risposta è quasi sempre sì. Lo ammettono gli stessi creatori parlando in particolare delle cosiddette “loot box”, ossia le “scatole-premio” che sono diventate onnipresenti nei giochi più recenti.
Una loot box è un contenitore, una sorta di scrigno, che il giocatore ogni tanto trova, conquista o acquista nel gioco e apre senza sapere in anticipo cosa contiene: un’arma, una mossa di vittoria, una skin (ossia un vestiario o un aspetto nuovo per il proprio personaggio), delle monete virtuali o altro ancora. A volte si tratta di risorse utili per avanzare nel gioco, ma spesso si tratta di pure decorazioni da ostentare agli altri giocatori.
Ma in realtà non importa cosa ci sia nella loot box: quello che conta, per il giocatore, è l’euforia intensa che prova prima di aprirla, pregustandone il possibile contenuto e assaporando la gioia che proverà se la loot box contiene qualcosa che desidera. Questo brivido verrà spesso deluso, ma ogni tanto il premio desiderato arriverà, spingendo il giocatore a continuare a cercare di nuovo quell’euforia. Non è questione di bravura, ma solo di fortuna.
Se avete percepito in tutto questo un parallelo fra le loot box e le slot-machine, le macchine mangiasoldi nelle quali si tira una leva o si schiaccia un pulsante e si attende un risultato casuale che potrebbe essere una vincita, avete lo stesso dubbio di molti enti governativi di vari paesi, come Francia, Germania, Svezia, Belgio, Regno Unito, che si stanno chiedendo se le loot box dei videogiochi debbano essere regolamentate o bandite perché sarebbero in sostanza dei giochi d’azzardo mascherati, offerti oltretutto anche a minorenni.
Di certo la psicologia è la stessa, spiega per esempio PC Gamer. Gli esperti definiscono questo meccanismo “rinforzo a rapporto variabile” (o variable rate reinforcement) e sanno che l’incertezza del premio, più che il premio stesso, agisce intensamente sul sistema dopaminergico del cervello, in modo simile ai farmaci che producono dipendenza, e che quest’incertezza è la modalità di rinforzo più efficace in assoluto.
Lo sanno bene anche i creatori di giochi, come per esempio il popolarissimo Overwatch, che include appositamente animazioni ricchissime per il rito di apertura delle loot box, con suoni, musiche e colori vivaci. La scatola-premio vibra, scoppia e scaglia verso il cielo quattro dischi, il cui colore anticipa la categoria del premio senza però svelarne la natura esatta fino all’ultimo istante. Come dice uno dei progettisti principali del gioco, Jeremy Craig, “è tutta questione di costruire pregustazione. Quando vedi viola oppure oro, cominci a pensare a quale premio leggendario o epico hai aperto. Succede tutto così in fretta, ma sono questi passi specifici che secondo noi massimizzano l’eccitazione e la pregustazione.”
Notate come questa loot box di Counterstrike: Global Offensive usi la stessa grafica e gli stessi meccanismi di attesa di una slot machine:
Tanta attenzione a questo dettaglio del gioco è motivata dal fatto che le loot box contribuiscono massicciamente a generare incassi enormi per le case produttrici di videogiochi: Blizzard, che produce Overwatch, ha avuto ricavi per un miliardo di dollari; Supercell, padrona di Clash of Clans, ha incassato due miliardi; Riot Games, che gestisce League of Legends, ne ha portati a casa altrettanti, secondo i dati del 2017 raccolti da The Verge e Venturebeat: le vendite in-game di Blizzard sono salite del 25% in un anno in gran parte grazie alle spese dei 30 milioni di giocatori per le loot box di Overwatch.
Molti di questi soldi, fra l’altro, arrivano da due fonti decisamente discutibili: gli acquisti in-app ingannevoli che prendono di mira le vulnerabilità dei minorenni inducendoli a rubare e mentire pur di poter spendere migliaia di dollari (USA Today, Grunge, Cracked) e le whale, ossia i giocatori che spendono volontariamente altre migliaia di dollari, come raccontano Recode e Swrve. Un solo dato su cui riflettere_ metà degli acquisti in-app proviene dallo 0,15% dei giocatori.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato come malattia la dipendenza da videogiochi (gaming disorder), con tre caratteristiche (BBC):
- Perdita di controllo durante il gioco
- Prioritizzazione del gioco rispetto agli altri interessi
- Uso crescente del gioco nonostante le conseguenze negative
Sapere che veniamo manipolati in questo modo è il primo passo per non intossicarsi e giocare in modo sano.
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