2019/12/31

Oculus Quest, arriva la modalità a mani libere

Cosa fa un geek all’ultimo dell’anno? Installa gli aggiornamenti di Oculus Quest per fare realtà virtuale con gli amici, ovviamente!

Oculus ha rilasciato un paio di settimane fa un aggiornamento software per il Quest che abilita parzialmente il tracciamento delle mani (hand tracking): in pratica, le telecamere integrate nel visore vedono le mani dell’utente e ne riconoscono la posizione e i movimenti, traducendo il tutto in comandi. Il risultato è che si può fare a meno di impugnare un controller e cliccare pulsanti.

Per ora le funzioni sono limitate: i giochi non supportano ancora questo tracciamento e lo si può usare solo nell’interfaccia della Home del Quest o nel browser o in Oculus TV, per esempio per gestire i video. Ma l’effetto è notevole, come potete vedere nella registrazione del mio primo esperimento di hand tracking qui sotto (sì, lo so, è su Facebook, che detesto con tutto il cuore, ma l’esportazione rapida dei video passa da lì).



Il software riconosce le posizioni delle mani e delle singole dita, a patto che siano nell’ampio campo visivo delle telecamere integrate nel visore e che non si sovrappongano. C’è qualche lieve imprecisione quando faccio il saluto vulcaniano, come noterete a circa 39 secondi nel video, ma come primo assaggio, oltretutto gratuito e senza necessità di hardware aggiuntivo, davvero non c’è male.

L’aggiornamento include anche un breve tutorial che insegna i principali gesti: unire pollice e indice equivale a fare clic; tenerli uniti e spostare la mano equivale a trascinare.

Per installare l’aggiornamento è sufficiente andare in Settings - About e cercare se ci sono aggiornamenti. Se siete aggiornati a una versione software dalla 12 inclusa in su, siete a posto. Se l’avete appena installata, dovete fare reboot dell’Oculus (un semplice restart non basta), e a questo punto comparirà, sempre in Settings - About - Experimental Features, la nuova opzione Hand tracking. Abilitatela.

Fatto questo, per passare dai controller al tracciamento delle mani si va nel menu Home, nel quale si trova, sotto Settings, la voce Use Hands.



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Il 17 gennaio sarò a Biasca per parlare di fake news

Venerdì 17 gennaio 2020 alle 20 sarò ospite di Bibliomedia, in via Lepori 9 a Biasca (Canton Ticino), per la conferenza pubblica Anche tu detective antibufala: tecniche e strumenti per distinguere fra fatti e bufale nei media moderni. L’ingresso è libero.

Samantha Cristoforetti lascia l’Aeronautica Militare, non lo spazio

Samantha Cristoforetti alla FedCon (2018). Credit: Paolo Attivissimo.

Ultimo aggiornamento: 2020/01/04.

Il Corriere della Sera ha pubblicato la notizia del congedo di Samantha Cristoforetti dall’Aeronautica Militare Italiana, previsto per i primi di gennaio 2020 con una cerimonia che si terrà ad Istrana, sede del suo 51° Stormo. AGI dice che è una pratica comune e non va interpretata come sintomo di ipotetici dissapori.

Nessun congedo, tuttavia, dall’attività astronautica, come qualcuno ha temuto: lo segnala Open e me lo conferma anche una fonte attendibile di settore. Inoltre nei mesi scorsi Samantha ha parlato apertamente nei media italiani e germanofoni di un suo ritorno nello spazio intorno al 2022.

Non so altro e possiamo benissimo attendere che sia Samantha stessa a comunicare le ragioni della sua scelta, se e quando vorrà. Per citare uno dei suoi autori preferiti, Douglas Adams, Don’t Panic!


2020/01/02


Repubblica sostiene drammaticamente (copia su Archive.is) che l’astronauta sarebbe stata “tradita dall’Aeronautica” perché “sembra che ci siano le pressioni dei vertici militari per far andare nello spazio un altro astronauta”.

Notate il “sembra”, che di solito si usa per pararsi le spalle quando non si hanno prove concrete e si fa puro pettegolezzo.

L’articolo è a firma da Luca Fraioli, che scrive che “non c'è niente da festeggiare, perché è evidente come, pur nel silenzio dei diretti interessati, l'addio sia stato tutt'altro che indolore.”

Sarebbe interessante sapere quali sarebbero, secondo Fraioli, queste evidenze. L’articolo è nella sezione a pagamento di Repubblica, alla quale non ho accesso. È prudente ricordare che i media non sono stati particolarmente sagaci nello scoprire neppure il nome giusto della figlia di Samantha Cristoforetti e che in un caso hanno addirittura inventato un’intervista.

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Verso sera Samantha ha pubblicato in un tweet alcune precisazioni, che riporto integralmente:

Tornata da una breve vacanza con la famiglia, vorrei fare alcune brevi precisazioni a proposito delle notizie che mi riguardano riportate nei giorni scorsi dalla stampa.

È vero che mi sono congedata dall’Aeronautica Militare il giorno 31.12.2019 transitando nel complemento. Era mia facoltà chiedere la cessazione del servizio da quando, nel settembre 2019, ho concluso i miei obblighi di ferma.
In previsione di questa "scadenza" avevo informato i vertici dell’Aeronautica Militare già all’inizio del 2019 sul fatto che avrei riflettuto, nel corso dell’anno, sull’opportunità o meno di continuare la doppia dipendenza da ESA e dalla Forza Armata, resa possibile dalla legge 1114/62.

Dal 2009 sono infatti impiegata in ESA in qualità di astronauta. Da ESA dipendo per l’impiego quotidiano e da ESA percepisco lo stipendio. L’appartenenza alla Forza Armata ha avuto negli ultimi 10 anni un valore simbolico e affettivo.

Le Superiori Autorità hanno inoltre sempre saputo, perché l’ho sempre detto chiaramente, che non avevo anche per il futuro intenzione di lasciare il mio incarico in ESA. Per questo ho ritenuto poco utile interrompere le mie attività per svariati mesi per svolgere i corsi necessari all’avanzamento a Ufficiale Superiore, e vi ho quindi rinunciato, rinunciando contestualmente di mia volontà all’avanzamento nel grado.

Riguardo ai motivi per i quali mi sono congedata e alle varie ipotesi che ho letto:

1) non sto cambiando mestiere o assumendo un nuovo incarico: continuo ad essere un’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea e conto di tornare presto nello spazio;

2) non mi sento oggetto di discriminazione di genere: non posso entrare nella testa delle persone, ed è vero che siamo tutti, ma proprio tutti, pieni di bias di ogni tipo, ma io non ho motivo concreto di lamentare alcuna discriminazione di questo tipo;

3) ho avuto il massimo supporto da parte della delegazione italiana alla Ministeriale ESA dello scorso novembre, tanto che l’Italia ha ottenuto l’impegno per un secondo volo per me entro qualche anno; ho già allora manifestato pubblicamente la mia gratitudine al capo delegazione, Sottosegretario Fraccaro, e a tutto il team della Presidenza del Consiglio e di ASI, quest’ultimo guidato dal Presidente Saccoccia;

4) semplicemente, ho avuto occasione di esprimere alla Forza Armata, nelle sedi appropriate, il mio disaccordo riguardo ad alcune situazioni e, contestualmente, ho ritenuto per coerenza e per mia serenità di congedarmi. In schiettezza e reciproca cordialità, senza alcuna polemica. Speravo anche con discrezione, ma su questo nulla ho potuto.

La formazione di pilota militare è un’ottima strada, seppur certamente non l’unica, per prepararsi a fare l’astronauta. In vista di una nuova selezione astronauti prevista entro un paio d’anni, mi auguro che tanti e tante giovani Ufficiali vogliano partecipare e a loro va il mio “in bocca al lupo”. Alle tante amiche e ai tanti amici che vestono l’uniforme azzurra, il mio affetto. A tutte le donne e a tutti gli uomini dell’Aeronautica Militare e di tutte le Forze Armate il mio grazie, da cittadina italiana, per il servizio che prestano al Paese. Sono stata orgogliosa di essere una Vostra collega.


2020/01/04


Sempre Luca Fraioli, su Repubblica a pagina 21, riporta le parole del presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Giorgio Saccoccia, che non si sbilancia sulle motivazioni della scelta di congedo di Samantha Cristoforetti nonostante i ripetuti tentativi di Fraioli di legarla alle “pressioni dell’Aeronautica per far volare nello spazio il tenente colonnello Walter Villadei, che da anni si addestra al di fuori dei programmi dell’Agenzia spaziale europea”. Saccoccia chiarisce che “Nella Ministeriale di Siviglia di fine novembre l’Agenzia spaziale e tutta la delegazione si sono impegnate per ottenere un nuovo volo di lunga durata per Samantha. Alla fine il direttore dell’Esa Johann-Dietrich Wörnerm [sic; è Wörner] si è impegnato a proporre Cristoforetti per un ritorno sulla Stazione spaziale internazionale entro il 2022.”

Insomma, le congetture abbondano, ma le vere motivazioni le sanno in pochi e quei pochi hanno deciso di tenerle riservate. Inutile perdersi in teorie. Quello che conta, per la carriera astronautica di Samantha Cristoforetti e per gli appassionati di volo spaziale, è che Sam tornerà nello spazio.

2019/12/30

Promemoria: oggi sono a Gressoney per parlare di Luna

Come già preannunciato, oggi alle 18 sarò a Gressoney-Saint-Jean, alla Biblioteca Intercomunale (Villa Deslex), strada regionale 44 n. 3, per parlare dell‘avventura delle esplorazioni lunari umane di cinquant’anni fa, con foto rare, chicche e aneddoti. Se siete da quelle parti e vi va, ci troviamo. Però i complottisti lasciateli fuori.

Ci ha lasciato Eugenio Bigatto, cronista spaziale della RSI

Credit: Tipress/Tio.ch.
Si è spento a 90 anni l’ingegner Eugenio Bigatto, che insieme a Marco Blaser raccontò in diretta, per la Televisione della Svizzera Italiana, tante imprese spaziali, compresa quella storica del primo allunaggio umano nella notte fra il 20 e il 21 luglio 1969.

È a sinistra nella foto qui accanto, che è tratta da Tio.ch; a destra c’è Blaser. Lo ricordo come un vero signore, garbato e modesto come oggi non si usa quasi più, ed è stato per me un onore conoscerlo e dare a lui e a Blaser l’occasione di vedere da vicino quella Luna che aveva raccontato così bene ai telespettatori della TV svizzera, in Canton Ticino e nel nord Italia. La foto mostra infatti uno dei campioni di roccia lunare che, grazie a Luigi Pizzimenti, portai in Svizzera per una serata pubblica a Gravesano, a giugno del 2015, alla quale furono presenti Blaser e Bigatto; i modelli sullo sfondo sono i miei.

È un’altra voce che si spegne, un altro testimone diretto che se ne va. Spetta a noi, ora, conservare e alimentare il ricordo di un momento irripetibile nell’esplorazione umana.


Fonti: Rsi.ch; Tio.ch; Ticinonews.

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2019/12/27

Donazioni per questo blog, bilancio di fine anno

Il gatto non c’entra niente,
è qui solo per bellezza.
Come avrete notato, da parecchio tempo questo blog è privo di pubblicità. Ho scelto di basarmi soltanto sulle donazioni dei lettori, in modo da non ospitare inserzionisti farlocchi e non avere condizionamenti di sorta.

Visto che il blog esiste grazie a voi, è giusto che abbiate un rendiconto di fine anno: il totale annuo ammonta a 3686 CHF (3386 euro) lordi, pari a 307 CHF (282 euro) al mese. Suddivisi sui 522 articoli che ho pubblicato quest’anno, fanno una media di 7 CHF (6,43 EUR) ad articolo.

Già solo con le donazioni, insomma, me la cavo meglio di molti colleghi che lavorano presso le testate giornalistiche tradizionali, a giudicare dai compensi che stanno pubblicando in questi giorni.






Se volete saperne di più, provate questo articolo.


2020/01/01: Con le donazioni arrivate a fine anno, gli importi finali sono 4164,86 CHF (3828,88 €), pari a 347,07 CHF (319,07 €).


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Il Delirio del Giorno: sono un “demone inutile” che sputa in alto

Ciarlatano e chi accusa gli altri di esserlo. Lavati la bocca e disinfettanti le mani prima di sputare in alto,perhe la merda che spargi sei Tu stesso come. Quello che ha fatto lui non é nemmeno un miliardesimo di quello che fai tu, demone inutile con il veleno che ti esce da ogni poro,fatto di ignoranza, odio, cattiveria e inutilità.

Commento di “Daniele Ortelli”, arrivato poco fa a proposito di questo mio articolo del 2011.



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2019/12/24

Buon Natale! Ho una sorpresina spaziale per voi

Da un paio d’anni molti di voi mi chiedono di tornare a pubblicare su carta il mio libro di debunking spaziale Luna? Sì, ci siamo andati!, attualmente disponibile come sito da sfogliare gratuitamente.

Lo so, la versione su carta è pratica, ha il suo fascino e si presta a essere regalata, condivisa e anche autografata, ma ho sempre dovuto dire di no, perché reimpaginare Luna? a ogni modifica, con tutte le sue immagini, mi portava alla paralisi degli aggiornamenti.

Inoltre stamparlo significava portare in giro copie cartacee il cui peso e ingombro non posso più gestire, specialmente ora che viaggio molto in treno. E in molti posti, soprattutto in Italia, la burocrazia mi vieta di vendere libri in occasione delle mie conferenze.

Ma ho trovato una soluzione che spero possa piacervi: grazie anche alle vostre donazioni, ho potuto pagare una persona per impaginare da capo la versione più recente del libro e metterne a disposizione il PDF in alta risoluzione, liberamente scaricabile e stampabile e in grande formato (A4).

In questo modo, chi vuole la copia cartacea se la può stampare come preferisce, in bianco e nero o a colori, e anche rilegare, in proprio o tramite una copisteria. Il formato A4 permette di usare anche una normale stampante con carta comune e presenta meglio le immagini rispetto alla passata edizione cartacea in formato compatto.



Il libro è cresciuto parecchio in questi anni, con molte sezioni nuove, per cui ora contiene oltre 520 pagine. La versione stampabile include anche link brevi e codici QR per consentire di accedere facilmente ai video citati nel testo.

Sto ultimando la revisione finale dell’impaginato in questi giorni: chi è interessato a scaricare il libro gratuitamente mi scriva a paolo.attivissimo@gmail.com usando come oggetto “LUNA2020”. Quando il libro sarà ultimato, riceverà automaticamente una mail contenente il link privato per lo scaricamento.

Buone feste!


2019/12/27 - Per chi mi sta proponendo di usare Bittorrent, Google Drive e altri servizi simili al posto del mio server: no, grazie. Per evitare equivoci, disguidi e casini miei di gestione, Il libro deve essere distribuito da un solo URL che non cambia neanche quando aggiorno il file.


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Viviamo nel futuro: allevatori di maiali usano jammer GPS per difendersi dai droni infettanti delle gang

Questa è probabilmente la notizia più cyberpunk dell’anno: secondo il South China Morning Post, in Cina ci sono bande criminali che usano droni per bombardare gli allevamenti di maiali con materiale infettante portatore di influenza o peste suina africana.

Gli allevatori si trovano così costretti a vendere la carne di maiale a prezzi stracciati a queste bande, che la rivendono spacciandola per sana.

Un’azienda proprietaria di questi allevamenti, la Heilongjiang Dabeinong Agriculture & Pastoral Foods, nel nordest della Cina, ha tentato una difesa altrettanto tecnologica, installando un jammer per interferire con i segnali GPS di geolocalizzazione usati dai droni per arrivare a destinazione con il loro carico contaminante.

Ma il jammer ha avuto conseguenze inattese: oltre a disorientare i droni dei criminali, ha interferito con i sistemi di localizzazione ADS-B degli aerei di linea che andavano e venivano dall’aeroporto di Harbin. Le autorità hanno ordinato all’azienda suinicola di consegnare il jammer.

Viviamo nel futuro: semplicemente non nel futuro che avevamo desiderato.


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Arrivano le patch anche per i film: il disastro di “Cats”

Cats, il film basato sul celeberrimo musical a sua volta basato sul libro di poesie di T.S. Eliot, è un disastro tecnico di proporzioni epiche. Chi è andato al cinema a vederlo ha notato che gli effetti speciali digitali che dovrebbero trasformare gli attori in umanoidi felini sono sbagliati, assenti o incompleti.

Spicca, per esempio, la mano umanissima di Judi Dench, con tanto di anello al dito. C’è anche la mano umana di Rebel Wilson, addirittura in uno dei trailer ufficiali.


Chi ha visto il film nella sua versione iniziale ha detto di aver notato anche “un uomo che se ne sta semplicemente in piedi in mezzo a una scena di un raduno di gatti” e “una donna che dovrebbe essere un gatto ma è stata soltanto colorata e si sono dimenticati di aggiungerle il pelo” e altro ancora. I corpi e i volti degli attori (nomi fra l’altro di altissimo livello) sono spesso fuori sincronismo: “si vede chiaramente la separazione fra i volti degli attori e il ‘pelo’ digitale [... e si vedono] le linee delle scarpette da danza sotto quelli che dovrebbero essere piedi o zampe nude” (Screenrant).

Gli attori hanno infatti girato le scene indossando tute per motion capture e poi gli artisti digitali hanno usato i dati posizionali acquisiti dalle tute per aggiungere il pelo digitale e fondere le forme umane con quelle feline, a volte con risultati esteticamente sconcertanti, come si può vedere nel trailer qui sotto.


Il regista, Tom Hooper, aveva detto di aver finito il film appena prima della sua anteprima mondiale, ma chiaramente si è perso per strada qualcosa. Ormai il film, costato oltre 100 milioni di dollari, è in circolazione in migliaia di sale.

Nell’era della pellicola questo sarebbe stato un disastro irreparabile, con migliaia di costose copie da buttare e rifare e un incubo logistico senza pari, ma dato che ormai quasi tutti i film sono distribuiti su supporto digitale o addirittura tramite download, la Universal, che distribuisce Cats, ha preso una decisione senza precedenti: sostituire tutte le copie digitali fallate con una versione aggiornata e corretta, che è in distribuzione da un paio di giorni. Siamo arrivati alle patch per i film.

In passato è già capitato che un film sia stato modificato o corretto dopo l’anteprima, ma questo solitamente è avvenuto prima della duplicazione in massa per la distribuzione. L’unico incidente vagamente analogo che mi viene in mente è il ritiro, nel 1999, di 3,4 milioni di copie su videocassetta di Le avventure di Bianca e Bernie, un cartone animato della Disney datato 1977: in una scena della pellicola originale qualcuno aveva infatti inserito abusivamente, per due fotogrammi, una piccola foto di una donna a seno nudo che si affacciava a una finestra dello sfondo disegnato.


Fonti aggiuntive: Hollywood Reporter, Screenrant.


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2019/12/21

Avventurette in auto elettrica: e quando l’avventura non c’è?


Ultimo aggiornamento: 2019/12/23 1:20.

Ieri (18 dicembre) ELSA, la mia automobilina elettrica di seconda mano, ha raggiunto una piccola tappa simbolica, totalizzando 40.000 chilometri, 14.500 dei quali percorsi da febbraio 2018, quando l’ho acquistata (una media di 808 km/mese). Colgo quindi l’occasione per infliggervi ancora delle avventurette elettriche, che a quanto pare riscuotono un successo e un interesse che non mi aspettavo: ma stavolta saranno in realtà delle non-avventurette.

Infatti fin qui ho raccontato alcune delle tante occasioni nelle quali io e la Dama del Maniero Digitale abbiamo portato ELSA ben oltre le sue condizioni d’uso normali (è una city car, in fin dei conti), ma non vorrei dare l’impressione che sia sempre così e che la vita dell’automobilista elettrico sia uno stress perenne con l’ansia di ricaricare.

La maggior parte del tempo, infatti, usiamo ELSA in maniera decisamente più rilassata e meno complicata. La portiamo a fare un giretto quasi tutti i giorni, per esempio per andare a fare la spesa, per andare in radio ogni venerdì per fare la puntata del Disinformatico o per raggiungere le varie località del Canton Ticino dove faccio conferenze o lezioni, senza andare particolarmente lontano, godendoci tutti i vantaggi della trazione elettrica (silenziosità, economia, fluidità, nessun tempo perso a far benzina) senza nessuno dei suoi svantaggi. L’assoluta normalità senza pensieri, insomma.

Così oggi vi racconto alcuni viaggi assolutamente non avventurosi, per darvi un’idea di cosa sia la normale vita con un’auto elettrica, anche se a bassa autonomia (90 km autostradali), che fra l’altro ha quasi nove anni e ha ancora la sua batteria originale, con buona pace di chi pensa che le batterie delle auto elettriche non durino. Anzi, ELSA ha ancora tutti i suoi componenti originali. Finora ho sostituito solo gomme, spazzole tergicristalli e liquido lavavetri (e, per mia scelta, la mascherina del selettore delle marce, per abilitare le modalità nascoste di recupero energetico).


2019/10/29: A cena a Varese con un progettista dei computer Apollo (104 km)


Don Eyles, uno dei progettisti dei computer che hanno portato gli astronauti sulla Luna, è stato a Varese per una cena fra appassionati, alla quale siamo andati con ELSA, passando a prendere un’amica ad Arzo (Svizzera) e riportandola lì. Sono 53 km per andare e altrettanti per tornare, con parecchie salite, per cui l’autonomia non ci basta, ma comunque riusciamo a fare il viaggio senza perdere tempo ad attendere che ELSA si ricarichi. Come?

Semplice: abbiamo consultato prima le mappe online delle colonnine, e abbiamo visto che ce n’è una a Varese, vicino al ristorante dove ceneremo.

Dobbiamo partire con larghissimo anticipo per evitare il traffico di rientro dei frontalieri, per cui partiamo dal Maniero col “pieno” (come sempre, avendo la presa in garage), facciamo tappa dalla nostra amica per qualche ora e intanto faccio un rabbocco lento di ELSA alla colonnina Emotì di Besazio, non lontano da Arzo. Resto in auto a lavorare: lo faccio spesso, anche quando non sto caricando (per esempio quando guida qualcun altro).

Tempo speso per ricaricare: un minuto, ossia il tempo che ci vuole per parcheggiare, infilare il connettore, e appoggiare la tessera RFID prepagata che fa partire la colonnina.

ELSA sotto carica lenta.

La carica è appena partita.

La sosta è gratuita durante la ricarica.

Al lavoro. I file audio sono quelli della dettatura che uso spesso.

Carica terminata, ho di nuovo il “pieno”: 4,4 kWh in 90 minuti.

ELSA è pronta a ripartire. Viene buio presto d’inverno, qui.


In realtà questa carica lenta di rabbocco probabilmente non è necessaria, perché a destinazione in Italia ci dovrebbe essere una colonnina, ma l’esperienza insegna che è sempre meglio avere un piano B. Con questo rabbocco, se la colonnina italiana dovesse dare problemi o essere occupata (non solo da un altro utente elettrico ma anche da un’auto a carburante parcheggiata abusivamente), come mi è già capitato proprio il giorno prima, siamo comunque sicuri di poter tornare a casa.

Ci avviamo verso Varese, circa 30 km di salite e discese che consumano parecchio (il recupero offerto in discesa dalla rigenerazione non è mai totale), e arriviamo alla colonnina di Lido della Schiranna, che è a 300 metri dal ristorante Vecchia Riva.

Miracolo: la colonnina è libera, la tessera Enel-X funziona e collego ELSA grazie al cavo adattatore Tipo 2-Tipo 1 che ho comprato proprio per avere compatibilità con le tante colonnine di Enel-X. Un minuto per inserire il cavo, appoggiare la tessera sul sensore, assicurarmi che si sia avviata la ricarica, e ce ne andiamo al ristorante. Arriviamo, come dicevo, con larghissimo anticipo, per cui ci mettiamo in un salottino a lavorare.


Fra l’altro questa carica è gratuita, dato che Enel-X regala 30 kWh di carica quando si apre un account. L’app di Enel-X mi consente inoltre di monitorare lo stato di avanzamento della carica mentre siamo al ristorante a parlare di spazio, computer e tanto altro con Don Eyles e la sua compagna Denise.

Sto monitorando da remoto lo stato della carica.

Anche in questo caso il tempo di ricarica è ininfluente: siamo comunque impegnati con la cena, per cui la carica finisce prima di finire la chiacchierata.

Don Eyles è quello con i capelli bianchi; la sua compagna è dietro la fotocamera e sta facendo la foto, in piedi sulla sedia.


Ritiriamo ELSA, che ha fatto di nuovo il “pieno”, e corriamo verso Arzo, dove lasciamo la nostra amica, per poi andare fino al Maniero Digitale alla massima velocità consentita dai limiti stradali e senza preoccuparci dell’autonomia. Infatti arriviamo a casa ancora con metà batteria carica, dopo 104,3 chilometri e due soli minuti spesi in ricarica.


A casa, collego ELSA alla presa elettrica che ho in garage e la metto sotto carica per l’indomani.

Per caricare ELSA ho speso in tutto 2,33 CHF (carica domestica notturna) + 0,98 CHF (Emotì) + 0 (Enel-X) = 3,31 CHF, pari a 3,04 euro. Se avessi fatto questi 104 chilometri con la mia auto a carburante avrei speso 10,17 euro.


2019/11/27: A Varese e poi a Biasca (190 km)


Nel pomeriggio devo andare a Varese, al collegio universitario Cattaneo, per tenere una conferenza sul complottismo lunare, e la sera devo andare a Biasca (56 km) per tenere una lezione sulla mobilità sostenibile e in particolare sulle auto elettriche. Ci vado, insieme alla Dama, con ELSA: fino a Varese sono solo 37 chilometri, per cui partiamo ancora una volta col “pieno” fatto a casa durante la notte e facciamo andata e ritorno al Maniero (74 km in tutto) senza alcun bisogno di caricare. Tempo sprecato in ricariche: zero.

Ovviamente, vista la modestissima autonomia di ELSA, arriviamo nei pressi del Maniero alle 16 con la batteria quasi scarica, e dobbiamo ripartire due ore più tardi per Biasca, per cui non c’è tempo di fare la consueta carica lenta domestica, che richiederebbe circa cinque ore. Soluzione: carichiamo alla colonnina rapida GOFAST di Pambio, vicino a Lugano, intanto che prendiamo un caffé e una fetta di torta al McDonald’s adiacente (l’auto elettrica fa male alla linea, sappiatelo).

ELSA sotto carica a Pambio.

La colonnina rapida GOFAST eroga fino a 150 kW, ma ELSA ne regge “solo” 50, per cui servono 20 minuti per avere di nuovo l’80% di carica partendo dal “quasi vuoto”. Sopra l’80% i tempi di ricarica rapida si allungano molto, per salvaguardare la batteria, per cui è inutile (e molto costoso) restare attaccati alla colonnina per un’altra ora e arrivare al 100%.

Non facciamo in tempo a finire caffé e torta che è già partita la carica “lenta” per l’ulteriore 20% finale.


Finiamo la carica al Maniero, usando la nostra presa in garage, intanto che lavoriamo in ufficio. Anche qui, il tempo sprecato per la ricarica è zero, e in più abbiamo gustato una fetta di torta.

ELSA si abbevera lentamente al Maniero per arrivare al “pieno” senza stressare la batteria.

Il caricatore di ELSA nella sua culla autocostruita (sono un giornalista, non un artigiano) mentre eroga la sua carica lenta (2,3 kW).

Alle 19.10 partiamo per Biasca (56 km), dove arriviamo 45 minuti più tardi. Faccio lezione sulla mobilità elettrica, citando fra l’altro proprio il caso concreto di questo viaggio, e poi ripartiamo verso casa. Una tappa di 20 minuti alla colonnina veloce GOFAST sull’autostrada a Bellinzona e mentre rispondiamo a qualche mail ricarichiamo a sufficienza per tornare rapidamente al Maniero. Mettiamo ELSA sotto carica in garage per l’indomani: in totale abbiamo percorso 190 chilometrici elettrici con una city car.


Il cruscotto di ELSA all’arrivo: ancora circa 15 km di autonomia, 190 km percorsi in un solo giorno.


Per caricare ELSA ho speso in tutto 2,33 CHF (carica domestica notturna) + 8,65 CHF (Gofast) + 0,54 CHF (carica domestica diurna) + 9,88 CHF (Gofast) = 21,4 CHF, pari a 19,65 euro. Se avessi fatto questi 190 chilometri con la mia auto a carburante avrei speso 18,58 euro, ossia quasi un euro in meno: le colonnine di ricarica rapida sono carissime. Con un’elettrica a lunga autonomia avrei speso, caricando a casa, circa 3,9 euro.


2019/12/19 A Locarno e ritorno con pioggia e gelo (97 km)


I due casi precedenti vi sembrano ancora troppo avventurosi? Allora vi propongo questo: un viaggio dal Maniero a Locarno e ritorno (48 km per tratta), senza tappe di ricarica, sotto la pioggia e col freddo invernale.

Devo andare in centro a Locarno per fare una lezione-conferenza dedicata alla fisica dei viaggi nel tempo. Vado, in compagnia della Dama (che, avrete notato, mi segue quasi sempre in queste avventurette), superando il forte dislivello del Monte Ceneri che separa il Maniero da Locarno, e a differenza di tanti altri viaggi portiamo ELSA alla massima velocità permessa dal codice stradale e dalla prudenza (piove a dirotto) e usiamo senza ritegno il riscaldamento (che è elettrico e quindi consuma parecchia energia, riducendo molto l’autonomia) e lo sbrinamento dei vetri, perché la giornata è molto fredda.

Sappiamo di poter largheggiare perché sulla via del ritorno c’è la colonnina rapida gratuita della ABB, che usiamo di solito quando facciamo questa tratta, e sappiamo di poter arrivare a Locarno e tornare fino a questa colonnina senza restare a secco nonostante i consumi elevati del riscaldamento. È tutto molto più facile quando fai sempre le stesse strade: sai già quanto consumerai e dove troverai le colonnine.

Però oggi venti minuti al freddo sarebbero un po' disagevoli e non ci sono luoghi di ristoro nelle vicinanze, per cui teniamo questa colonnina gratuita come Piano B e proviamo una soluzione differente: parcheggiamo all’autosilo che sta a 400 metri dalla sede della lezione, attacco ELSA alla colonnina Emotì situata al quarto piano (che ho scoperto grazie all’app di Emotì), attivo la carica appoggiando la tessera prepagata, e ce ne andiamo. Tempo perso: zero.

La carica all’arrivo a Locarno è appena sotto la metà, ma insufficiente per il ritorno al Maniero.

ELSA sotto carica (lenta) a Locarno.

La colonnina Emotì con connettori Tipo 1 e Tipo 2: il riquadro centrale bianco è il sensore per la tessera di ricarica.


Terminata la lezione e preso un dolcetto per la merenda (tre ore tutto compreso), torniamo da ELSA, che nel frattempo ha fatto il “pieno”.



Possiamo quindi correre a casa senza fare soste, arrampicandoci su per il passo del Monte Ceneri, con il riscaldamento e lo sbrinamento accesi e i tergicristalli che lottano contro il diluvio. Arriviamo al Maniero e mettiamo sotto carica ELSA in garage. Tutto qui.



Per caricare ELSA ho speso in tutto 2,33 CHF (carica domestica notturna) + 5,40 CHF (Emotì) = 7,73 CHF, pari a 7,1 euro. Se avessi fatto questi 97 chilometri con la mia auto a carburante avrei speso 9,49 euro. Con un’elettrica a lunga autonomia avrei speso, caricando a casa, circa due euro.

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Come vedete, una volta fatta l’abitudine diventa facile usare un’auto elettrica anche limitata come ELSA: non occorre neppure pianificare, perché ormai si conoscono già i punti in cui si trovano le colonnine (e i posticini caldi e accoglienti dove mangiare qualcosa intanto che si fa carica).

Di non-avventurette come queste ne avrei tante altre, ma credo che il concetto sia ormai chiaro e non vorrei tediarvi oltre.


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2019/12/20

Puntata del Disinformatico RSI del 2019/12/20

È disponibile la puntata di oggi del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, condotta da me insieme a Francesca Margiotta.

Podcast solo audio: link diretto alla puntata.

Argomenti trattati: link diretto.

Podcast audio precedenti: archivio sul sito RSI, archivio su iTunes e archivio su TuneIn, archivio su Spotify.

App RSI (iOS/Android): qui.

Video: lo trovate qui sotto.

Archivio dei video precedenti: La radio da guardare sul sito della RSI.

Buona visione e buon ascolto!


Starliner in avaria: non raggiungerà la Stazione Spaziale Internazionale

Sta andando male il volo di prova senza equipaggio dello Starliner, il nuovo veicolo spaziale della Boeing che dovrebbe trasportare prossimamente degli astronauti verso la Stazione Spaziale Internazionale.

Dopo un decollo regolare, non si è verificata l’accensione dei motori necessaria per l’inserimento in orbita della capsula. La NASA ha interrotto la diretta video ed è calato il silenzio verso la stampa.

In sintesi: un errore di temporizzazione ha fatto saltare l’accensione programmata dei motori che serviva per accelerare la capsula fino alla velocità orbitale di attracco alla ISS. L’errore sarebbe stato rimediabile con un equipaggio a bordo o con un comando via radio, ma lo Starliner era in una regione di spazio fuori dalla copertura radio.

Il veicolo non attraccherà alla ISS ma rientrerà il 22 dicembre in maniera controllata.

Maggiori dettagli sono su Astronautinews.









Dichiarazione di Boeing:

After launching successfully at 6:36 a.m. EST Friday on the United Launch Alliance Atlas V rocket from Space Launch Complex 41 at Cape Canaveral Air Force Station in Florida, the Boeing Starliner space vehicle experienced an off-nominal insertion.

The spacecraft currently is in a safe and stable configuration. Flight controllers have completed a successful initial burn and are assessing next steps.

Boeing and NASA are working together to review options for the test and mission opportunities available while the Starliner remains in orbit.

A joint news conference will be held at 9 am Eastern on NASA TV.




Annullato l’attracco alla ISS:




La capsula effettuerà una serie di test e rientrerà sulla terraferma a White Sands il 22 dicembre:






Con un equipaggio a bordo la missione sarebbe stata salvabile:




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Campanelli digitali colabrodo, Amazon incolpa gli utenti, ma EFF non ci sta

Pochi giorni fa degli intrusi digitali sono entrati nella telecamera di sorveglianza Ring nella cameretta di una bambina di 8 anni in Mississippi e hanno cominciato a parlarle e prenderla in giro (c`è anche il video), sono avvenute varie altre intrusioni ed è emerso che sono stati pubblicati online 3600 indirizzi di mail, password, localizzazioni e altri dati personali di utenti Ring.

Amazon, fabbricante dei sistemi di sicurezza interconnessi Ring, si è difesa dando la colpa agli utenti: gli attacchi sarebbero andati a segno, dice Amazon, perché gli utenti hanno riutilizzato per i propri Ring delle password che usavano altrove ed erano già state rivelate da altri attacchi a questi altri servizi, e non hanno attivato l’autenticazione a due fattori.

La Electronic Frontier Foundation, però, nota che Amazon ha dimenticato un dettaglio tecnico importante: l’azienda si è accorta degli attacchi soltanto quando glieli hanno segnalati i ricercatori di sicurezza. E se le cose sono andate come dice Amazon, ossia se gli aggressori hanno tentato decine di migliaia di nomi utenti e password sul sito di Ring, Amazon avrebbe dovuto notare questo enorme numero di tentativi falliti e allertare gli utenti: un limite al numero di tentativi falliti è una prassi di sicurezza fondamentale, soprattutto quando ci sono di mezzo dati enormemente sensibili.

Le telecamere e i campanelli “smart”, infatti, vedono anche dentro gli spazi privati delle case, consentendo a criminali e ficcanaso di vedere in diretta chi c’è e non c’è, di riguardare le registrazioni video dei locali sorvegliati, acquisire la geolocalizzazione delle telecamere e quindi andare a colpo sicuro. Sicuro per loro.

Finiscono gli anni ’10, ricordiamo i loro flop tecnologici e proviamo a prevedere i successi?

Credit: Gizmodo.
Gizmodo ha pubblicato un articolo nel quale riepiloga i fallimenti più vistosi in campo tecnologico: quelli per i quali la promozione è stata intensissima ma il successo è rimasto rasoterra.

Ne cito alcuni che condivido pienamente:

  • I televisori 3D e quelli curvi (2010)
  • Le fotocamere Lytro che permettono di mettere a fuoco le foto dopo lo scatto (2011)
  • Google Glass (2013)
  • Gli smartphone modulari (2013)
  • Il Mac Pro (2013)
  • Il Nokia Lumia 950, un Windows Phone (2013)
  • Il Blackberry Priv (2015)
  • Homepod, l’altoparlante “smart” di Apple (2018)

Ne aggiungereste altri? Quali sono le vostre delusioni informatiche maggiori del decennio?

Per contro, la BBC prova a prevedere le tecnologie di maggiore impatto del prossimo anno: 

  • Voli spaziali commerciali con passeggeri (Blue Origin, Virgin Galactic)
  • telefonini a schermo flessibile (e non si rompono per logorio)
  • connettività 5G diffusa
  • computer quantistici

Staremo a vedere.

Aggiornamenti software a pagamento anche per le auto, senza andare in officina

Siamo abituati agli aggiornamenti software, spesso a pagamento, per i nostri dispositivi digitali tradizionali, come i computer e gli smartphone. Ora questo concetto di aggiornamento a pagamento fa capolino anche sulle automobili e nasce un nuovo mercato.

Tesla ha diffuso pochi giorni fa un aggiornamento dell’app di gestione delle sue auto che include una nuova sezione Upgrades, dedicata appunto agli aggiornamenti opzionali del veicolo che migliorano le prestazioni senza dover andare in officina a cambiare componenti o regolazioni.

Il primo aggiornamento migliorativo messo a disposizione aumenta l’accelerazione alla partenza, riducendo il tempo da 0 a 100 km/h da 4,4 secondi a 3,9 secondi. L’opzione è per ora disponibile solo per le versioni Dual Motor della Tesla Model 3; non è il primo in assoluto, visto che anche l’opzione Autopilot FSD (futura guida interamente autonoma) è acquistabile e attivabile da remoto dopo l’acquisto, ma non in modo così rapido e diretto.

Guadagnare mezzo secondo in accelerazione è da patiti delle prestazioni, e l’aggiornamento opzionale ha un prezzo altrettanto da patiti: duemila dollari. Una cifra facilmente spendibile, peraltro, per un aggiornamento meccanico tradizionale di un’auto.

Lasciando da parte la discutibile utilità pratica di questa funzione, l’introduzione degli aggiornamenti opzionali sulle auto crea, per le case automobilistiche, la possibilità di offrire servizi a pagamento e quindi avere una nuova fonte di guadagno.

Cosa più importante per noi consumatori, ci consente di avere auto che non invecchiano già mentre sono nel catalogo. Troppo spesso, infatti, i costruttori non introducono funzioni ormai standard pur avendo tutto l’hardware necessario per poterlo fare e rifiutano di aggiornare modelli anche molto recenti, come notano coloritamente alcuni commentatori su Twitter:






Le ragioni principali per non aggiornare un’automobile, dal punto di vista dei costruttori, sono i costi di un aggiornamento tradizionale (effettuato con un intervento tecnico in officina) e la convenienza di far invecchiare in fretta i modelli in modo da spingere i consumatori ad acquistare quelli nuovi. Ma se l’aggiornamento è fattibile con un semplice clic su un’app ed è oltretutto pagato, i costi precipitano e la convenienza di offrire upgrade aumenta.

Paura per la falla di WhatsApp? Aggiornate l’app e siete a posto

Da Il Sole 24 Ore.
Ultimo aggiornamento: 2019/12/21 13:50.

In questi giorni si è diffuso un forte panico mediatico a proposito di una falla informatica che permette di bloccare WhatsApp sui telefonini di tutti i partecipanti a un gruppo e di cancellare completamente le conversazioni del gruppo stesso. Ma l’allarme è decisamente esagerato.

Gli esperti di sicurezza della Check Point hanno in effetti scoperto che esiste un modo per confezionare un messaggio malformato che, se inviato a un gruppo da un suo membro, causa continui riavvii dell’app sui telefonini dei membri, cancella i messaggi del gruppo e impedisce ogni ulteriore comunicazione.

L’unico rimedio sarebbe disinstallare e reinstallare WhatsApp e poi rimuovere il gruppo attaccato.

Ma la falla è stata già risolta ad agosto scorso, ed è già disponibile da settembre scorso una versione di WhatsApp che la risolve: basta quindi fare gli aggiornamenti. Tutte le versioni di WhatsApp dalla 2.19.58 inclusa sono immuni, dice Checkpoint.


Nota: Nella versione iniziale di questo articolo citavo la versione 2.19.246, basandomi su quanto riportato da Checkpoint qui, ma la segnalazione di un lettore che ha fatto notare che la versione iOS attuale è la 2.19.121 (la versione corrente di Android è variabile a seconda del dispositivo) mi ha spinto a chiedere verifica a Checkpoint via mail. Checkpoint mi ha risposto dicendo che la 2.19.58 è quella corretta.

I problemi di sicurezza delle serrature “smart”: KeyWe Smart Lock

C’è chi installa serrature digitali pensando di proteggere meglio la propria casa, ma occorre scegliere i modelli con molta attenzione per evitare di ridurre la sicurezza domestica.

La società di sicurezza informatica F-Secure ha infatti scoperto un difetto di progettazione in una serratura “smart”, la KeyWe Smart Lock (in vendita per esempio su Amazon.com), che consente a un aggressore informatico di prendere facilmente il controllo della serratura.

Questa serratura “smart” permette di aprire e chiudere una porta usando un’app (perché oggi usare una chiave è così poco cool), ma ha un difettuccio: le comunicazioni fra l’app e la serratura avvengono tramite Bluetooth (la versione Low Energy), e a causa di come è scritto il software della serratura è sufficiente intercettare queste comunicazioni Bluetooth (uno sniffer costa pochissimo) per calcolare i codici di controllo della serratura.

La crittografia usata per le comunicazioni, infatti, è legata all’indirizzo hardware del dispositivo, per cui è facilmente aggirabile.

Ciliegina sulla torta, la serratura non è aggiornabile con un nuovo firmware: l’unico rimedio è cambiarla.

La casa produttrice introdurrà la possibilità di aggiornamento nei modelli futuri, ma quelli già venduti resteranno vulnerabili.

Trovate tutti i dettagli della vicenda nell’advisory e nell’analisi tecnica di F-Secure.

2019/12/17

Quanta superficie occuperebbe un “distributore” per auto elettriche a pannelli fotovoltaici?


Leggendo la notizia che il centro commerciale FoxTown di Mendrisio, dalle mie parti, ha inaugurato oggi il suo nuovo impianto fotovoltaico da 5502 metri quadrati installato sui propri tetti per rendersi sostanzialmente autosufficiente, ho provato a fare due conti al volo su quanti “pieni” elettrici consentirebbe un impianto di queste dimensioni usato come “distributore” per auto elettriche. Me li controllate?

Secondo la notizia, quei 5502 mq di pannelli dovrebbero generare circa 1.070.000 kWh ogni anno, che sono 2931,5 kWh al giorno in media: supponendo 6 km di autonomia per kWh (un valore medio per le auto elettriche odierne), quest’impianto fotovoltaico, grande poco meno di un campo da calcio FIFA (che è 7140 mq), dovrebbe generare l’equivalente di 6,4 milioni di km di autonomia elettrica ogni anno o circa 17.589 km di autonomia elettrica al giorno.

In altre parole, un impianto fotovoltaico di queste dimensioni permetterebbe di fare il “pieno” (400 km) a circa 44 automobili elettriche ogni giorno.

Fornire la stessa autonomia giornaliera (17.589 km) ad auto a benzina, supponendo un consumo di carburante di 5,39 litri/100 km (quello di un’automobile media), richiederebbe invece circa 948 litri di carburante al giorno. Sostituire un distributore di benzina tradizionale non è una passeggiata, insomma.


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Il 30 dicembre sarò a Gressoney per parlare dell’avventura della Luna

Lunedì 30 dicembre alle 18 sarò ospite a Gressoney-Saint-Jean della Biblioteca Intercomunale (Villa Deslex), strada regionale 44 n. 3, per parlare dell‘avventura delle esplorazioni lunari umane di cinquant’anni fa, con foto rare, chicche e aneddoti.

Maggiori informazioni e i numeri di contatto sono su Lovevda.it e Visitmonterosa.com.

Google Maps indica le colonnine per auto elettriche, con filtri sul tipo

Da qualche tempo Google Maps permette di cercare colonnine di ricarica per auto elettriche immettendo ev charging station o simile nella casella di ricerca. Ora permette anche di filtrare l’elencazione delle colonnine in base alla pertinenza o distanza e/o in base allo stato di apertura/chiusura.

Se specificate il tipo di connettore, inoltre, Maps elenca le colonnine dotate di quel tipo e anche il loro stato occupato/libero, come nello screenshot qui accanto, che ho fatto poco fa. Non è una mappa completissima, e non rimpiazza Nextcharge, Plugshare, Lemnet o Chargemap, ma è comunque un ausilio in più e un modo pratico per mostrare ai neofiti o ai curiosi come si fa a trovare un punto di ricarica.

Ma Android Police indica che esiste o è in arrivo la possibilità di filtrare in base al tipo di connettore direttamente nel menu delle impostazioni: si toccano le tre linee orizzontali e poi si sceglie Impostazioni, dove secondo AP c’è una voce nuova fra Cronologia di Maps e Account collegati, dedicata ai veicoli elettrici. Nella versione inglese è Electric vehicle settings; nella mia versione di Maps, la 10.31.2 appena aggiornata, la voce non c’è.

Sbaglio qualcosa?


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