Google e SpaceX hanno avvisato i propri dipendenti che non dovranno più usare Zoom, l’applicazione per videoconferenze diventata improvvisamente popolarissima, a causa delle sue “vulnerabilità di sicurezza”. Lo stesso hanno fatto la NASA e l’intero stato di Singapore a livello scolastico, e anche altri paesi, come Taiwan e la Germania, hanno imposto restrizioni.
Il problema principale non è la sicurezza informatica in senso stretto, che comunque non è altissima ma sta migliorando in fretta ed è accettabile per riunioni non strettamente confidenziali: è la vulnerabilità ad attacchi fatti da disturbatori, facilitati dalle imprudenze degli utenti.
Infatti lo zoombombing, ossia l’incursione in audio e video di sconosciuti che interferiscono nella sessione, è diffuso, nonostante sia facilmente contrastabile mettendo una password di accesso e adottando la cosiddetta “anticamera” per accogliere i partecipanti. Zoom ha reso ora obbligatorie queste funzioni.
Ma anche così, gli informatici più dispettosi hanno scoperto come farsi scherzi a vicenda, tipo entrare legittimamente in una sessione di videoconferenza e poi dire “Ehi Google, raccontami una barzelletta” (o lo stesso con Alexa o con Siri) per attivare gli assistenti vocali incautamente lasciati attivi durante la sessione. Ricordatevi quindi di spegnere o mettere in “muto” questi dispositivi (compresa la versione su tablet e smartphone) prima di partecipare a incontri in video e di usare le cuffie invece dei sistemi vivavoce.
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