2020/05/31

Storie di Scienza 6: L’uomo che pesò il mondo

Ultimo aggiornamento: 2020/06/01 11:30.

In un periodo in cui opinionisti, movimenti politici e presidenti di superpotenze mettono continuamente in discussione i fatti scientifici e alimentano volutamente la diffidenza verso il sapere e verso chi sa, forse è il caso di ricominciare dalle basi, per riavvicinare la scienza alla persona comune e far capire che i fatti scientifici non sono dogmi calati dall’alto, ma sono il risultato di osservazioni, misurazioni ed esperimenti. Ogni fatto accertato diventa una base sulla quale fare altre osservazioni, misurazioni ed esperimenti e costruire un castello di conoscenze.

Quei fatti fondamentali sono spesso verificabili con esperimenti incredibilmente semplici e intuitivi, spesso elegantissimi, che chiunque può ripetere con un po’ di buona volontà. La scienza, in questo senso, è democratica: i suoi materiali e metodi sono a disposizione di chiunque. Non c’è bisogno di affidarsi alle autorità.

Questa è la storia di come un uomo ha pesato la Terra usando soltanto un’asta di legno, un filo metallico e quattro sfere di piombo. Nel Settecento. Niente computer, niente elettricità, niente laser: solo materiali semplici e soprattutto un cervello fino.

Quando una persona comune si sente dire che la massa del nostro pianeta è circa 5,97 x 1024 chilogrammi, è abbastanza comprensibile che possa avere la sensazione che sia un numero detto a vanvera, impossibile da verificare. Gli scienziati potrebbero dirci che è 12,42 x 1012 chilogrammi e noi non potremmo sapere se ci stanno prendendo in giro o no.  Non possiamo mettere il pianeta su una bilancia. Ma allora come fanno gli scienziati a dare quel numero? Come sono arrivati a questo risultato, fondamentale per capire la scala del Sistema Solare e poi da lì quella del resto dell’Universo?

Lo scozzese Henry Cavendish, figlio del Duca del Devonshire, un timidone che aveva paura delle donne e passava il proprio tempo a fare esperimenti scientifici, ebbe un colpo di fortuna. Intorno al 1783 il geologo e reverendo John Michell aveva concepito un esperimento e progettato uno strumento per misurare il peso specifico della Terra, ma era morto una decina d’anni più tardi senza completare questo lavoro, che fu ripreso e completato da Cavendish.

Lo strumento era una bilancia di torsione: un apparecchio rudimentale ma straordinariamente sensibile, capace di misurare l’attrazione gravitazionale fra due oggetti. Che c’entra con la massa della Terra? Ci arriviamo tra poco.

Immaginate di sollevare un oggetto: un libro, un sacchetto della spesa, il vostro partner o figlio. La vostra forza muscolare sta vincendo l’attrazione gravitazionale di un intero pianeta. Ci vuole tutta la massa di un oggetto enorme come la Terra per generare una gravità che riuscite a battere con i vostri muscoli (la Terra si prenderà la rivincita se provate a saltare da qualche metro di altezza, ma questa è un’altra storia). Pensate quindi quanto possa essere spaventosamente minuscola l’attrazione gravitazionale fra due oggetti comuni: il vostro corpo e una casa. A tutti gli effetti pratici, quest’attrazione è assolutamente trascurabile: l’attrito fra i vostri piedi e il terreno impedisce alla casa di tirarvi.

Per misurare questa attrazione, e da lì arrivare a “pesare” la Terra, bastano letteralmente un’asta di legno lunga 180 centimetri (o sei piedi, viste le unità di misura dell’epoca), un filo metallico, due sferette di piombo da 5 centimetri (due pollici) di diametro, che pesano 730 grammi, e due sfere di piombo più grandi, con un diametro di 12 pollici (circa 30 centimetri), che pesano 158 chili ciascuna. Si appende l’asta al filo metallico, si agganciano le sferette alle estremità dell’asta e si racchiude il tutto in una massiccia cassa di legno in modo che non possano esserci spifferi o altri disturbi. Così:

Illustrazione originale dall’articolo di Cavendish Experiments to determine the Density of the Earth (1798). Fonte della versione digitalizzata: Wikipedia.


Una volta che il meccanismo si stabilizza e non oscilla più (come verificato guardando attraverso le due aperture praticate nella cassa e usando le lampade a olio per illuminarne l’interno), si piazzano le sfere grandi a una ventina di centimetri dalle sfere piccole. La minuscola attrazione gravitazionale fra le sfere grandi e quelle piccole le fa avvicinare, ruotando l’asta appesa e torcendo il filo dal quale pende. Il filo, torcendosi, oppone resistenza, per cui le sfere si avvicinano fino a raggiungere un nuovo equilibrio in cui l’attrazione gravitazionale fra le sfere è equivalente alla forza di torsione impartita al filo. Da qui il nome bilancia di torsione. Misurando il valore di questa forza di torsione si conosce l’attrazione fra le sfere.

Le sfere dello strumento di Michell e Cavendish si avvicinarono di poco più di quattro millimetri: poco, ma comunque sufficiente a dimostrare in maniera visibile, concreta e facilmente ripetibile che la gravità esiste e funziona come dice la scienza, con buona pace dei terrapiattisti. Non c’era altro modo di spiegare quei quattro millimetri.

Il rapporto fra l’attrazione gravitazionale delle sfere grandi e quella della Terra sulle sferette permise a Cavendish di calcolare (con un’approssimazione di circa l’1% rispetto ai valori ottenuti con le tecniche odierne) il peso specifico del pianeta (5,51 g/cm3) applicando la formula della gravitazione universale scoperta da Newton cent’anni prima. Conoscendo il diametro della Terra, si capì che questo valore era troppo alto per pensare che il mondo fosse fatto interamente di roccia al proprio interno: era necessario ipotizzare un nucleo molto denso, quindi metallico. Niente più Viaggio al centro della Terra con Jules Verne, ma anche tanti saluti ai teorici della Terra cava.

Sapendo l’attrazione gravitazionale fra due oggetti e misurando l’accelerazione di gravità della Terra (9,81 m/s2) diventava possibile applicare le formule di Newton per calcolare la massa della Terra, e così Cavendish si vantò di aver “pesato il mondo”, visto che all’epoca massa e peso erano considerati equivalenti. Partendo dalla legge newtoniana, l'esperimento di Cavendish fu inoltre interpretato a posteriori come metodo per calcolare, con buona approssimazione, la costante di gravitazione universale G:  sapendo il valore di questa costante e la durata e il diametro dell’orbita della Terra intorno al Sole, diventò possibile calcolare la massa della nostra stella.

Pesare un mondo e una stella usando soltanto legno, filo e piombo è un risultato davvero notevole, paragonabile per eleganza e potenza a quello della misura della curvatura della Terra da parte di Eratostene usando semplicemente la differenza fra le ombre in città distanti fra loro (e, ancora una volta, un cervello fino). Entrambe le dimostrazioni possono essere ripetute facilmente per eventuali dubbiosi, come ha fatto questa studentessa nella propria cameretta per l’esperimento di Cavendish.

È su risultati tangibili come questi che si è costruito, un passo dopo l’altro, il sapere scientifico. Non è stata una fantomatica “scienza ufficiale” a decidere la velocità della luce, la struttura degli atomi, la temperatura crescente della Terra o l’efficacia dei vaccini. Anche i risultati scientifici più sofisticati, alla fine, poggiano su altri risultati più semplici, a loro volta fondati su esperimenti e osservazioni ancora più elementari.

La strada dal semplice al sofisticato è a disposizione di chiunque voglia ripercorrerla: non servono iniziazioni o strette di mano segrete.

Per riavvicinare l’opinione pubblica alla scienza è importante rivisitare questi esperimenti così semplici, potenti e concreti che dimostrino le sue basi, invece di limitarsi a dispensare formule da un libro di testo. Recitare aridamente agli studenti che g = 9,81 m/s2 è spiccio, ma suona come un ipse dixit; far cadere un palloncino pieno d’acqua dall’ottavo piano di un palazzo e misurarne il tempo di caduta con i video rallentati degli smartphone richiede più tempo, ma rende viva, reale e memorabile la scienza e ne imprime per sempre il metodo, prima che sia troppo tardi.


Una versione molto ridotta di questo articolo è stata pubblicata su Le Scienze nel 2018. Fonti aggiuntive: Juliantrubin.com, Associazione per l’Insegnamento della Fisica, Britannica.com, PhysicsClassroom.com. Questo articolo fa parte delle Storie di Scienza: una serie libera e gratuita, resa possibile dalle donazioni dei lettori. Se volete saperne di più, leggete qui. Se volete fare una donazione, potete cliccare sul pulsante qui sotto. Grazie!



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