Può sembrare comico oggigiorno, ma agli albori dell’informatica c’era parecchia gente che vedeva questa scienza come una sorta di stregoneria.
A loro volta, gli informatici dissacranti rispondevano introducendo terminologie ispirate apparentemente all’horror o alla stregoneria, come daemon (demone in italiano) in Unix e negli altri sistemi operativi analoghi. Erano gli anni Sessanta e molti degli informatici più in vista dell’epoca avevano stili di vita, come dire, decisamente non convenzionali e amavano essere irriverenti.
A chi ci vedeva segnali di perdizione era inutile spiegare che il termine daemon derivava dalla mitologia greca, nella quale i dèmoni (accento sulla E) o dàimon erano servitori degli dei, che svolgevano compiti di cui gli dei in questione non potevano occuparsi; nulla a che vedere con i demòni (accento sulla O). I demoni informatici, analogamente, eseguono compiti di cui l’utente non vuole o non può occuparsi.
Un altro esempio di pseudosatanismo informatico è il 666 presente nel comando chmod dei sistemi Unix e simili (anche in Linux e MacOS): il comando chmod serve per cambiare i permessi a un file o a una cartella, e il parametro 666 serve a specificare che tutti gli utenti possono leggere e scrivere quel file o cartella ma non possono eseguirlo (o, nel caso di una cartella, non possono entrarvi). Tutto qui, ma è bastato a farlo diventare per alcuni “il comando di Satana”.
Per i gamer, invece, è famosa la storia della porta TCP/UDP 666, assegnata al gioco Doom. Dato che il gioco contiene creature demoniache, ovviamente la scelta non è stata casuale; ma si tratta di irriverenza, non di satanismo.
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