Molti giornali stanno riprendendo l’annuncio del Garante italiano per la protezione dei dati personali, che ha avviato un’indagine sulle app che userebbero il microfono dello smartphone per ascoltare le conversazioni degli utenti ed estrarne parole chiave a scopo pubblicitario.
Ma l’annuncio va letto attentamente, per evitare informazioni ingannevoli come quella del Messaggero, che dice che “Secondo il Garante della privacy [lo smartphone] verrebbe utilizzato per carpire informazioni rivendute poi a società per fare proposte commerciali.”
Il Garante non ha detto questo. Ha semplicemente avviato un’istruttoria che prevede l’esame di “una serie di app tra le più scaricate” a seguito di segnalazioni di “un servizio televisivo e diversi utenti”, secondo i quali “basterebbe pronunciare alcune parole sui loro gusti, progetti, viaggi o semplici desideri per vedersi arrivare sul cellulare la pubblicità di un’auto, di un’agenzia turistica, di un prodotto cosmetico.”
In altre parole, il Garante per ora non ha prove che esista questo abuso del microfono dello smartphone. Sta agendo, stando perlomeno al suo comunicato, soltanto sulla base di queste segnalazioni di utenti e di un servizio TV (non specificato, ma probabilmente è questo di Striscia la Notizia, che usa un metodo sperimentale decisamente discutibile). Segnalazioni e servizi che potrebbero anche aver preso un granchio, visto che la questione è già stata affrontata varie volte con test di esperti ed è risultato che quello che molti utenti credono che sia stato carpito ascoltando le loro conversazioni è in realtà semplicemente il risultato dell’analisi incrociata della montagna di informazioni personali che riversiamo nei nostri smartphone.
Usate Gmail? Google legge tutta la vostra posta e quindi sa i vostri gusti, cosa comprate online e altro ancora. Usate i social network? Facebook (anche con Instagram e WhatsApp) sa quali sono i vostri interessi. Questi servizi sanno anche dove siete e con chi siete, grazie alla geolocalizzazione e alla co-localizzazione: se due smartphone sono a lungo nello stesso posto e i due utenti hanno avuto una comunicazione social o via mail, probabilmente si conoscono e si parlano su argomenti che interessano a entrambi, quindi i servizi pubblicitari mandano a ciascuno pubblicità dei prodotti che interessano all’altro.
Aggiungiamoci poi la cosiddetta illusione di frequenza che ci spinge a notare le coincidenze e a dimenticare le non coincidenze, è il gioco è fatto: si ha l’impressione che il telefonino ci ascolti.
In realtà che io sappia esiste un solo caso conclamato di ascolto ambientale effettuato da un’app: nel 2019 l’app ufficiale del campionato spagnolo di calcio, LaLiga, fu colta a usare il microfono e la geolocalizzazione degli smartphone per identificare i locali che trasmettevano le partite senza autorizzazione. L’agenzia spagnola per la protezione dei dati diede all’organizzazione sportiva una sanzione di 250.000 euro.
In attesa dei risultati dell’indagine del Garante italiano, è comunque sensato andare nelle impostazioni del proprio smartphone e guardare quali applicazioni hanno il permesso di accedere al microfono, levandolo nei casi sospetti. La procedura varia a seconda del tipo di smartphone (Apple o di altre marche) e della versione di sistema operativo (iOS o Android).
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