2021/12/29

Perché la Brexit è una pessima idea, spiegato benissimo in cinque minuti

Ultimo aggiornamento: 2021/12/31 13:10.

Di solito non mi occupo di politica. Però mi occupo spesso di stupidità e di bufale, e la Brexit è un esempio su vasta scala delle conseguenze della stupidità e delle bufale, ed è un esempio che mi tocca da vicino, come persona nata in UK e con tanti amici e affetti in quel paese.

La persona che parla, Adam Posen, è presidente del Peterson Institute for International Economics, oltre che ex policymaker per la Banca d’Inghilterra, quindi non è il primo umarell che passa. Questa è la sintesi di quello che disse nel 2017 presso l’American Enterprise Institute, dopo il referendum britannico del 23 giugno 2016 ma prima dell’uscita formale dell’UK dall’UE il 31 gennaio 2020 e del termine del periodo di transizione il 31 dicembre 2020.

In cinque minuti, con parole chiare, misurate e dirette, Posen mette perfettamente a nudo la colossale stupidità di uscire da un accordo commerciale come l’Unione Europea, per ragioni estremamente pratiche e pragmatiche. Darei molto per avere la lucidità e chiarezza di linguaggio di questa persona, e soprattutto la sua capacità di dire con così tanto distacco che un paese sta correndo collettivamente verso il baratro.

Mia traduzione spiccia:

...è uno shock di approvvigionamento negativo, nel senso che stai rovinando la tua competititività specificamente con il tuo più grande partner commerciale. È un fatto assodato -- è una delle poche cose che in economia possiamo presentare come fatto assodato -- che si applica la cosiddetta “gravità“.

Cos’è la “gravità”? [È il concetto che] si commercia molto, molto di più con i paesi con i quali si è contigui e con i paesi con i quali si è interagito storicamente che con i paesi lontani. Questo vale per gli Stati Uniti nel contesto del NAFTA; vale per il Regno Unito. Non importa quanto ci sia un “rapporto speciale”, non importa quanto il Regno Unito tenti di essere un esportatore globale, il fatto rimane che i suoi commerci con l’UE sono più del doppio, i suoi investimenti nell’UE sono più del doppio, di quelli con gli USA, men che meno con il resto del mondo. Come sottolineò David Cameron quando era primo ministro e io ero alla Banca d’Inghilterra, il Regno Unito commercia di più con l’Irlanda che con tutti i paesi del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) messi insieme. Per cui questo è negativo, punto e basta.

...Inoltre, dato che il Regno Unito ha questo status speciale come luogo meno regolamentato, meno tassato, dove si parla inglese e la legge viene rispettata (non che tutto questo fosse in discussione altrove nell’UE, e certamente l’Irlanda era in condizioni simili), ed era visto come un luogo speciale, e siccome alla gente piaceva vivere a Londra, c’erano grandi investimenti nel Regno Unito come piattaforma per entrare nell’UE, perché il Regno Unito faceva parte degli accordi UE. Questo non c’è più. Non scenderà a zero, ma scenderà gradualmente. Vedo qui un rappresentante, per esempio, della Toyota Motor Corporation. Toyota, Nissan, Ford hanno tutte nel Regno Unito una quota sproporzionata della loro produzione europea di auto. Tutte hanno indicato che non espanderanno quelle produzioni e probabilmente faranno calare quei siti di produzione nel Regno Unito quando il Regno perderà il pieno accesso al mercato.

...C’è una differenza fra un accordo commerciale e l’accesso al mercato unico. Il mercato unico copre tutte quelle cose che non sono semplicemente il prezzo delle merci quando vengono scaricate in porto. Copre la conformità della tua automobile agli standard di sicurezza. Copre il riconoscimento delle sostanze chimiche o degli additivi per alimenti. Copre la compatibilità delle taglie o dei formati standard di vari oggetti. Copre l’accreditamento dei tuoi contabili. Copre il riconoscimento della tua laurea presso le università di altri paesi.

...la questione è che dato che il Regno Unito è principalmente un esportatore di prodotti di alto livello e di servizi, specialmente servizi finanziari, servizi per le imprese, servizi per i media, servizi culturali, servizi educativi, quanto ci perde a non essere nel mercato unico, anche se ha un accordo commerciale? La risposta è che ci perde tanto.

La maggior parte delle normative finanziarie che hanno avuto effetto sul Regno Unito è stata decisa nel Regno Unito, non da Bruxelles, e mentre il Regno Unito era nell’UE aveva una voce predominante nella definizione di queste normative a Bruxelles. Ora non ci sarà più un coinvolgimento del genere. Ed è per questo che vediamo una stima del mio collega Simeon Djankov, che dirige il gruppo mercati finanziari della London School of Economics, secondo la quale un terzo dei lavori nella City -- gli impieghi economici e finanziari nella City di Londra -- si trasferirà a Dublino, Francoforte, New York.

...Potreste dire “Ah, ma questa cosa si fa per i secoli a venire, a lungo termine andrà meglio.” Ma allora dovete pensare a cosa c’è di sbagliato nell’economia dell’UE rispetto a quella del Regno Unito. La maggior parte di quelli fra noi che ritengono che ci siano problemi nell’economia dell’UE nel suo complesso (o almeno nell'economia dell’eurozona, perché detto francamente l’Europa orientale non sta andando affatto male) tende a concentrarsi su cinque cose: diciamo che c’è una regolamentazione eccessiva dei mercati del lavoro, ci sono regolamentazioni pesanti in altri settori, c’è uno stato assistenziale eccessivo, c’è un declino demografico e ci sono i problemi associati all’appartenenza all’euro.

Ora, se guardate questo elenco, quattro di queste cinque voci non si applicano al Regno Unito, neppure quando è membro dell’UE. Il Regno Unito ha una regolamentazione del mercato del lavoro molto più libera di qualunque altro paese UE; ha uno stato assistenziale più piccolo di qualunque altro paese UE; beneficia, in senso demografico, dell’arrivo di persone dalla Polonia, dalla Francia, dal Portogallo e altrove e dalla Romania, che aiutano a riequilibrare l’invecchiamento della sua società; e ovviamente non faceva parte del sistema monetario europeo. Anche se il Regno Unito restasse nell’UE, nessuna di queste cose cambierebbe.

Quindi cosa ottiene in cambio? Sta mettendo sul piatto della bilancia, in sostanza, l’eccesso normativo in alcuni settori non finanziari da una parte e tutte le altre cose che ho detto dall’altra. E sta rinunciando al potere di influenzare o opporsi a quelle normative in futuro, perché non sarà più membro.

Mettete da parte la retorica. Guardate la realtà: questo non è un buon accordo in termini economici.

Ora, di nuovo, si può sempre dire “Ma questa è una questione di sovranità, la vogliono fare”. Ripeto, non sono qualificato per parlarne. Va benissimo, ma è importante che si sia coscienti che non ci sono benefici economici in tutto questo.

Trascrizione:

...it is a negative supply shock in that you are ruining your competitiveness specifically with your largest trading partner. It is a fact of life -- it's one of the few things in economics we can talk about as a fact of life -- that “gravity“ applies.

What is “gravity”? You trade far far more with the countries you are contiguous with and the countries that you historically have interacted with than with countries that are far away. That is true for the US in the context of NAFTA; that is true for the UK. No matter how much there's been a special relationship, no matter how much the UK tries to be a global exporter, the fact is you've got more than twice as much trade with the EU, more than twice as much investment with the EU as you do with the US or let alone the rest of the world. As David Cameron pointed out when Prime Minister while I was at the Bank of England, the UK does more trade with Ireland than they do with the BRIC countries combined: Brazil, Russia, India, and China. So this is negative, full stop.

...Additionally, because the UK had this special status as the less regulated, less -- low-tax, English-speaking, rule-of-law place (not that all of that was in question elsewhere in the EU, and certainly Ireland was similar) but had this special place, and people liked living in London, you had a huge amount of investment in the UK as a platform to enter the EU, because you were part of the EU deal. That goes away. It may not go to zero, but it will gradually come down. I see a representative for example of Toyota Motor Corporation here. Toyota, Nissan, Ford, all have disproportionate amounts of their European auto production in the UK. All have indicated that they will not expand those productions and will probably decline those production points in the UK when the UK loses full market access.

...There's a distinction between a trade deal and access to the single market. The single market is covering all those things that aren't simply the price of goods off the boat. It's whether your auto meets safety standards. It's whether your chemicals or your food additives have been recognized. It's whether you fit standard sizes of various objects. It's whether your accountants are accredited. It’s whether your university degree is recognized in other countries’ universities.

...the question is, since the UK primarily is an exporter of high-end products and of services, especially financial services, business services, media services, cultural services, educational services, how much do they lose by not being in the single market, even if you have a trade deal? And the answer is, a lot.

Most of the financial regulation that affected the UK was set in the UK and was not set by Brussels, and while the UK was in the EU they had a predominant voice in the setting of those regulations in Brussels. Now there will be no such interest. And that is why we are seeing an estimate of my colleague Simeon Djankov, who runs the financial markets group at the London School of Economics, a third of City jobs -- the economic and financial jobs in the City of London -- will be moving to Dublin, Frankfurt, New York.

...You can say “Ah, but this is for centuries, over the long term it will be better.” So then you have to think about what's wrong with the EU economy versus the UK economy. So most of us who see there being problems in the EU economy as a whole (or at least the euro area economy, because frankly Eastern Europe isn't doing so bad) tend to focus on five things: we say there's over-regulation of labor markets, there's heavy-handed regulation of other things, there's an excessive welfare state, there's demographic decline, and there's the problems of being associated with the euro membership.

Now if you look at that list, four of those five do not apply to the UK even as members of the EU. The UK has a looser labor market regulations than anyone else in the EU, the UK has a smaller welfare state than anyone else in the EU, the UK was a beneficiary in the demographic sense of people from Poland and France and Portugal and elsewhere and Romania coming and helping balance out the aging of their society, and the UK was of course not a member of the European monetary system. Even if the UK were to stay in the EU, none of that would change.

So what is it getting? So you're balancing, essentially, non-financial regulation in certain areas being excessive versus all the other stuff I spoke about. And giving up the ability to affect or push back against those regulations in the future, because you will no longer be a member.

Leave the rhetoric aside. Look at the reality: this is not a very good deal in economic terms.

Now, again, you can always say, “Well, this is about sovereignty, they want to do it”. Again, I'm not fit to say. That’s fine, but you should be aware that there is no economic upside to this.

La versione integrale (26 minuti) del suo intervento è qui:

 

Intanto la RSI segnala i primi risultati della Brexit: crollo del 16% delle esportazioni verso l’UE. Propone anche tre citazioni di imprenditori britannici, che illustrano bene le conseguenze della scelta di uscire dall’unione economica:

  • “Nel 2020 potevamo spedire singoli pacchi o bancali in un giorno o due. Dopo la Brexit i pacchi impiegano fino a cinque giorni, i carichi più grandi anche due mesi, con i TIR bloccati alla dogana per giorni e settimane”
  • “Abbiamo dovuto aumentarli dal 10 fino al 25%, a seconda dei capi. Per ammortizzare i nuovi costi delle pratiche amministrative, dei trasporti, delle tasse sulle importazioni, dal momento che produciamo all’estero” 
  • “I costi di spedizione, però, sono cresciuti gradualmente ogni mese, fino a livelli insostenibili, richiedendo l’impiego di cinque persone, e quattro ore per l’amministrazione. Fino a quando non siamo più riusciti ad assorbire i costi”

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