Pubblicazione iniziale: 2022/11/24 17:58. Ultimo aggiornamento: 2023/11/04 20:00.
È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico (link diretto) e qui sotto.
Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.
Buon ascolto, e se vi interessano il testo integrale e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto. Le frasi fra parentesi quadre sono annotazioni o aggiunte.
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[CLIP: Carlo Gubitosa: “Il mediattivismo ha ceduto il posto al clictivismo, all’attivismo fatto a colpi di clic e inquadrato all’interno di recinti aziendali di cui conosciamo i loghi, i nomi: Facebook, Twitter, Instagram. Ma c’è un’alternativa sia tecnologica che politica a questo sistema di comunicazione sociale inquadrata in recinti aziendali, ed è il fediverso...“ (fonte)]
È la voce di Carlo Gubitosa, scrittore e giornalista, autore di molti libri fondamentali sull’uso sociale dell’informatica e profondo conoscitore dei meccanismi di Internet. Anche se avete seguito soltanto di striscio le notizie sul subbuglio di Twitter dopo l’acquisto da parte di Elon Musk e magari cominciate anche a esserne un po’ stufi, sicuramente avrete notato che quando si parla di questa vicenda spuntano sempre fuori un nome e un concetto: Mastodon e fediverso.
Se volete sapere cosa sono, perché ne parlano tutti, se vi possono servire o ne potete fare tranquillamente a meno, come funzionano in pratica e cosa rispondere agli amici che vi chiedono insistentemente “Sei su Mastodon?”, siete nel posto giusto, ossia all’ascolto della puntata del 25 novembre 2022 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie dal mondo dell’informatica, che oggi cercherà di rispondere a queste domande. Io sono Paolo Attivissimo.
Cos’è Mastodon e perché se ne parla tanto
Cominciamo dalle basi: Mastodon è un social network superficialmente simile a Twitter, nel senso che permette di pubblicare brevi testi, leggermente più lunghi di quelli di Twitter, accompagnati da immagini e spezzoni di video.
Questi testi, chiamati post o toot, possono essere letti, condivisi e commentati da tutti gli iscritti a Mastodon e possono essere letti, ma non commentati, da chiunque abbia un accesso a Internet e un normale browser. Ogni utente iscritto a Mastodon sceglie degli altri utenti da seguire e ne riceve automaticamente i post. Gli utenti si possono scambiare anche messaggi non pubblici, che però non sono segreti in senso stretto, perché possono essere letti dagli amministratori, e non sono protetti tramite crittografia, esattamente come succede su Twitter.
Ho precisato “superficialmente” perché dietro le quinte Mastodon in realtà ha delle differenze molto importanti: non ha un singolo proprietario, ma è gestito da un arcipelago di gestori indipendenti ma federati, ossia che comunicano tra loro usando lo stesso standard; è open source, e questo significa che tutto il suo software è liberamente ispezionabile per controllare che non contenga trappole, inganni o difetti; e i post compaiono in ordine cronologico, senza filtri artificiali di importanza e senza essere inframmezzati di pubblicità.
Questa struttura federata o decentrata significa che non può arrivare nessun Elon Musk o simile a cambiare le regole e dettare legge dall’oggi al domani. Vuol dire anche che non ci sono pressioni commerciali per compiacere gli inserzionisti e che non esistono account privilegiati con bollini a pagamento come ci sono ora su Twitter; non ci sono nobili e plebei. Iscriversi è gratis. Mastodon è una rete sociale scritta dagli utenti per gli utenti, senza condizionamenti, e quest’idea piace molto, specialmente se contrapposta alla nuova gestione autoritaria di Twitter e alla sorveglianza commerciale ossessiva di Facebook e Instagram.
Questa situazione, però, ha anche degli svantaggi. Siccome non ci sono grandi investitori per farlo funzionare, a volte Mastodon è lento. E siccome è un social network emergente, nato nel 2016 su iniziativa dello sviluppatore tedesco Eugen Rochko [25 anni, unico stipendiato della non-profit Mastodon] ma diventato improvvisamente popolare solo negli ultimi mesi, soprattutto grazie al controverso acquisto di Twitter da parte di Elon Musk, per ora ci trovate poca gente. Sono infatti circa due milioni gli account attivi mensili di Mastodon, contro i quasi 490 milioni mensili di Twitter. Però quella gente è di buon livello: gli spammer, i provocatori e i fabbricanti di fake news non sono ancora arrivati in massa su Mastodon, anche se probabilmente non tarderanno ad arrivarci.
Siete intrigati? Volete correre a iscrivervi e respirare questa nuova aria di libertà digitale? Volete scoprire il brivido anarchico di far parte del fediverso, per usare il termine cool che indica tutti questi servizi digitali decentrati e coordinati in modo federato, di cui Mastodon è un esempio molto vistoso?
Non partite in quarta, perché è qui che cominciano le complicazioni. Niente di drammatico, però credo che sia prudente che vi prepariate spiritualmente.
Come entrare in Mastodon (se vi serve)
A proposito di preparativi: prima che corriate a installare Mastodon, chiedetevi se vi serve davvero un altro social network oltre a quelli che già usate. Se vi trovate bene a usare Instagram, Facebook, Whatsapp, Telegram eccetera ma non avete mai sentito il bisogno di usare Twitter, allora probabilmente potete fare a meno di Mastodon. E tenete presente che iniziare a usare Mastodon non vuol dire che potrete rinunciare a Twitter, almeno per ora, perché molti utenti non si sono ancora trasferiti da Twitter a Mastodon. Insomma, non installate Mastodon soltanto perché è di moda e ne parlano tutti. Anche perché ci sono, come dicevo, alcune complicazioni in più rispetto ai social network tradizionali.
La prima complicazione è l’app. Normalmente per iscriversi a un social network si scarica l’app ufficiale e si parte. Su Mastodon, invece, bisogna chiedersi quale app scaricare e installare. Proprio perché Mastodon è decentrata, ci sono infatti varie app disponibili, che offrono livelli di facilità e flessibilità molto differenti.
Probabilmente vi conviene cominciare usando l’app di base, quella che trovate linkata su Joinmastodon.org; se vi trovate bene, potrete passare in seguito alle app più evolute e potenti. Per l’app di base c’è una versione per iOS e una per Android, ma ci sono anche altre app per PC e Mac, sia gratuite sia a pagamento, e c’è anche una versione puramente Web multipiattaforma [che volendo si può anche usare in un browser su smartphone].
Una volta installata l’app, bisogna crearsi un account, ma anche qui c’è qualche passo in più da fare rispetto ai social network tradizionali.
Infatti non basta scegliersi un nome utente e una password: bisogna anche rispondere alla domanda criptica Cerca servers o inserisci URL. Per capire come rispondere, bisogna tornare alla natura federata di Mastodon: mentre i social network tradizionali hanno un unico gestore, Mastodon ne ha tanti, e quindi bisogna sceglierne uno presso il quale farsi ospitare. Questi gestori si chiamano in gergo tecnico istanze e ciascuno ha regole di moderazione e di comportamento differenti.
La scelta dell’istanza non è permanente; potete sempre traslocare in un momento successivo. Inoltre normalmente potete seguire qualunque utente di Mastodon, indipendentemente dall’istanza che avete scelto voi o che ha scelto lui, a patto che nessuno dei due usi istanze che sono state bloccate per problemi di contenuti inaccettabili. Vi conviene quindi scegliere un’istanza di buona reputazione, stabile e soprattutto gestita da persone che parlino la vostra stessa lingua, così sarà più facile per loro moderare i vostri post e per voi chiedere assistenza a loro in caso di controversie di moderazione.
Per sapere quali sono queste istanze, provate a guardare quali sono state scelte dalle persone che vorreste seguire su Mastodon: il nome dell’istanza è l’ultimo pezzo del nome dell’utente. Per esempio, io su Mastodon sono @ildisinformatico@mastodon.uno; mastodon.uno è il nome dell’istanza che ho scelto.
[Dai commenti segnalo un altro metodo: consultare Instances.social, che (in inglese) permette di selezionare le istanze in base a vari criteri, compresa la lingua]
Una volta che avete fatto questa scelta, vi vengono proposte le sue regole di comportamento: leggetele, mi raccomando, per capire se ci sono cose da fare o contenuti da evitare [leggete bene anche le regole sulla privacy].
Finalmente a questo punto potete scegliere il vostro nome utente e il nome che verrà visualizzato, dare il vostro indirizzo di mail e scegliere la vostra password. Se tutto è a posto, riceverete una mail contenente un link sul quale cliccare per verificare il vostro nuovo, sfavillante account Mastodon.
È altamente consigliabile impostare prima di tutto la sicurezza rafforzata dell’autenticazione a due fattori [nel giro di poche ore ho avuto cinque tentativi di furto, ovviamente sventati], e anche qui c’è una differenza rispetto ai social network tradizionali. Mentre Twitter, Instagram, WhatsApp e tanti altri offrono questa autenticazione anche tramite SMS, Mastodon normalmente la offre soltanto tramite app di autenticazione. Se non ne avete già installata una, vi tocca farlo.
Fatto anche questo, la configurazione di base è terminata e potete cominciare a postare messaggi e a scegliere utenti da seguire, a commentare i post degli altri utenti o dare loro una stellina di apprezzamento, che è l’equivalente del like o cuoricino in Mastodon, e potete cominciare a condividere e ridiffondere (boost) i post che vi piacciono. Potete poi personalizzare il vostro profilo Mastodon con le solite cose: una breve biografia, una foto e un’immagine di intestazione.
La prima cosa di cui vi accorgerete subito è una miglioria molto utile rispetto a Twitter: su Mastodon i messaggi sono modificabili. Quegli errori di battitura di cui ci si accorge solo dopo aver premuto Invia e che sono l’angoscia costante di ogni utente Twitter, perché lì i tweet non sono modificabili se non si ha un account a pagamento e si risiede in uno dei cinque paesi attualmente abilitati a questi account, su Mastodon non sono un problema. I post sono modificabili per tutti e gratuitamente.
Se siete arrivati fino a questo punto, il grosso della fatica è ormai fatto e potete divertirvi a sfogliare Mastodon e chiacchierare con i suoi utenti. Per trovare su Mastodon le persone che seguite già su Twitter, guardate nei loro profili Twitter: di solito indicano lì il loro indirizzo Mastodon. Ci sono anche dei servizi per Twitter, come Fedifinder e Debirdify, che vi permettono di trovare automaticamente le coordinate Mastodon di tutti gli utenti che seguite su Twitter, a patto che quegli utenti abbiano incluso nella propria bio su Twitter le proprie coordinate su Mastodon.
Ci sono però alcune raccomandazioni di prudenza che è opportuno conoscere prima di addentrarsi in questo nuovo ambiente.
Nuovo social, nuove cautele
La prima regola di prudenza di Mastodon è che gli amministratori dell’istanza nella quale risiede il vostro account vedono tutto quello fate su Mastodon. Vedono anche il vostro indirizzo di mail, il vostro indirizzo IP, che potrebbe rivelare dove abitate o lavorate, e vedono anche i vostri messaggi diretti, che (ripeto) non sono cifrati. Sono diretti, ma non privati [a differenza di Twitter, si viene avvisati di questo fatto ogni volta che si scrive un messaggio diretto].
Gli amministratori possono anche cancellare il vostro account in qualunque momento senza preavviso e arbitrariamente. In altre parole, non affidatevi a Mastodon per qualunque attività essenziale, dai contatti con gli amici all’offerta di servizi commerciali.
Inoltre gli amministratori delle istanze di Mastodon sono quasi sempre volontari, che non hanno tempo per approfondire controversie fra utenti e a differenza dei social network commerciali non hanno le risorse legali ed economiche per opporsi a eventuali richieste di informazioni da parte di avvocati o governi, magari stranieri [e anzi spesso devono chiedere donazioni per coprire i propri costi].
Se queste condizioni possono crearvi problemi, è consigliabile iscriversi a Mastodon usando un indirizzo di mail separato e collegarsi a Mastodon usando una VPN.
La seconda regola è che menzionare un utente, ossia citare il suo nome account, in un messaggio diretto lo include automaticamente nella conversazione. Questo non succede su Twitter, e può essere particolarmente imbarazzante se per esempio state segnalando un utente molesto a un moderatore, tramite messaggi diretti, e menzionate il nome account di quell’utente. Il molesto verrà informato di chi lo sta segnalando.
La terza regola è che non esistono account verificati su Mastodon. Se vedete una spunta blu accanto al nome di qualcuno su Mastodon, non vuol dire che quell’utente sia stato verificato: vuol dire solo che l’utente ha aggiunto al proprio nome l’emoji della spunta blu. Però esiste una sorta di autocertificazione: un utente che possiede un sito può inserire in quel sito non solo il nome del proprio account, ma anche un link speciale che fa comparire una spunta verde nel profilo Mastodon dell’utente. Non è una soluzione perfetta [un truffatore potrebbe per esempio creare un sito con un nome di dominio simile a quello di un’azienda e poi inserirvi il link, dando l’impressione di essere autenticato], ma è sicuramente meglio di niente.
[Per esempio, per verificare il mio profilo Mastodon ho inserito nell’HTML della pagina base di questo blog (nella colonna di destra, dove elenco tutte le mie coordinate) questo link:
<a href="https://mastodon.uno/@ildisinformatico" rel="me">@ildisinformatico@mastodon.uno</a>
e poi ho immesso https://attivissimo.blogspot.com/ in una casella "Contenuto" in Mastodon. Bingo! Autenticazione istantanea e gratuita, come mostrato qui sotto.]
L’improvvisa popolarità di Mastodon sta causando parecchi grattacapi alla sua costellazione di amministratori grandi e piccoli, per cui tutto può succedere nei prossimi mesi: mettete in preventivo rallentamenti e disfunzioni, cose che del resto capitano anche sui social network commerciali. Buon divertimento, e se vi va, ci vediamo anche nel fediverso.
Fonti aggiuntive: Pathofex, Techcrunch, Informapirata, Made in Blue, BBC, Quintarelli.it.
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