2022/11/26

Storie di Scienza 18: Lo strano, cavilloso record di distanza di Orion/Artemis 1

Poco fa l’ESA ha tweetato che la capsula Orion della missione Artemis 1 ha stabilito un record di distanza molto specifico. L’ESA ci tiene molto a questo primato perché partecipa in maniera importante alla missione Artemis fornendo il modulo di servizio che alimenta la capsula Orion e le fornisce propulsione. Trovandosi a 401.798 km dalla Terra, dice l’ESA, Orion ha battuto il primato di massima distanza dalla Terra di un veicolo spaziale progettato per trasportare esseri umani e fare ritorno. 

La NASA e l’agenzia spaziale canadese sono meno cavillose e parlano genericamente di “record di massima distanza di un veicolo adatto a esseri umani”. Ma sbagliano, e ha ragione l’ESA a pignoleggiare.

Perché sono necessarie tutte queste precisazioni? E chi deteneva il record precedente?

“Progettato per trasportare esseri umani”

La prima precisazione è abbastanza facile da capire. Molte sonde spaziali senza equipaggio sono andate ben più lontano, anche fuori dal Sistema Solare, a quasi venti miliardi di chilometri (Pioneer e Voyager). Quindi quello di Orion può essere un record di distanza soltanto nella categoria ben più ristretta dei veicoli human-rated, ossia in grado di trasportare un equipaggio con tutto il necessario per garantirgli la sopravvivenza nello spazio: questo requisito esclude la Tesla Roadster lanciata nello spazio verso Marte da SpaceX nel 2018, che trasporta soltanto un manichino (almeno si spera) racchiuso in una tuta spaziale ma non sarebbe in grado di ospitare un equipaggio vivente.

Notate, inoltre, che nel caso di Orion si parla di veicolo in grado di ospitare un equipaggio, non di veicolo con equipaggio, perché in questa missione la capsula Orion non trasporta nessuno: è un volo di collaudo senza persone a bordo. Quindi non si parla di record di distanza di un equipaggio, ma solo di record di un veicolo che potrebbe trasportarne uno sano e salvo.

Infatti il record di distanza dalla Terra di un veicolo con equipaggio è ancora saldamente in mano a Jim Lovell, Fred Haise e Jack Swigert, i membri dell’equipaggio della missione Apollo 13. Il 15 aprile 1970 alle 0.21 UTC, dopo lo scoppio di un serbatoio nel modulo di servizio che li costrinse a un drammatico rientro d’emergenza sulla Terra, si spinsero fino a 400.171 chilometri dal nostro pianeta e girarono intorno alla Luna a una quota di 250 chilometri dalla sua faccia nascosta prima di tornare sulla Terra, seguendo l’unica traiettoria che avrebbe consentito loro il ritorno prima di esaurire le risorse di bordo.

Nessun equipaggio delle altre missioni lunari raggiunse una distanza così elevata dalla Terra, e da allora nessun astronauta si è mai spinto così lontano.

Ma l’ESA fa un’altra precisazione.

“...e fare ritorno”

Questa seconda precisazione è necessaria per un’ottima ragione, che però richiede una conoscenza piuttosto approfondita delle missioni spaziali lunari con equipaggio per essere compresa.

I veicoli spaziali delle missioni Apollo che portarono vari equipaggi verso la Luna (1968, Apollo 8; 1969, Apollo 10; 1970, Apollo 13) e sulla Luna (dal 1969 al 1972, Apollo 11, 12, 14, 15, 16 e 17) erano composti da due moduli abitabili: il Modulo di Comando, che era la capsula conica principale nella quale gli astronauti trascorrevano gran parte della missione, e il Modulo Lunare o LM (Lunar Module), che era la “scialuppa” usata per scendere sulla Luna e ripartirne. Un terzo modulo, il Modulo di Servizio, non era abitabile ed era dotato di un grande motore di propulsione e di tutto il necessario per la sussistenza dei tre astronauti dell’equipaggio per tutto il corso della missione.

Al centro, la capsula conica del Modulo di Comando; a sinistra, la forma cilindrica del Modulo di Servizio con il suo motore primario e i motori di manovra; a destra, il Modulo Lunare (LM). Illustrazione NASA S-66-11008.

Il Modulo Lunare si divideva a sua volta in due parti: uno stadio di discesa, che come dice il suo nome serviva per scendere sulla Luna portando due membri dell‘equipaggio, e uno stadio di risalita, che riportava i due astronauti al Modulo di Comando.

Una volta esaurito il suo compito, il Modulo Lunare veniva sganciato e i suoi motori venivano accesi un’ultima volta per allontanarlo dal veicolo principale. Ma non tutte le missioni Apollo diedero a questi moduli la stessa destinazione finale.

Alcune (Apollo 4, 5 e 6) furono voli di collaudo senza equipaggio, i cui LM si disintegrarono al rientro nell’atmosfera terrestre e comunque erano solo dei simulacri (test article). Alcune (Apollo 7 e 8) furono missioni prive di LM, in orbita terrestre o lunare. Una (Apollo 9) trasportò un equipaggio e un LM rimanendo in orbita terrestre, senza andare verso la Luna, e il suo LM si disintegrò rientrando nell’atmosfera. Le missioni con equipaggio Apollo 11, 12, 14, 15, 16 e 17 scesero sulla Luna, e gli stadi di risalita dei loro LM furono lasciati in orbita lunare (Apollo 11) oppure furono schiantati intenzionalmente sulla Luna (Apollo 12 e 14-17). Il LM di Apollo 13 fu usato come veicolo di supporto d’emergenza per il viaggio di ritorno e si disintegrò nell’atmosfera terrestre.

Se avete fatto bene i conti, manca all’appello una missione: Apollo 10.

Il LM di Apollo 10, infatti, non scese sulla Luna, ma si limitò ad avvicinarsi (con a bordo Tom Stafford e Gene Cernan) fino a circa 14 chilometri dalla sua superficie e poi si riagganciò al veicolo principale, dopo aver separato lo stadio di discesa da quello di risalita (il terzo membro dell’equipaggio, John Young, rimase nel Modulo di Comando). 

Una volta compiuta la sua missione, il 23 maggio 1969 lo stadio di risalita di questo Modulo Lunare fu inserito in un’orbita attorno al Sole, dove si trova tuttora. Questo è il veicolo adatto a trasportare equipaggi che si è allontanato dalla Terra più di ogni altro (e oltretutto, a differenza di Orion, ha effettivamente trasportato un equipaggio, almeno per un breve periodo).

Lo stadio di risalita del Modulo Lunare di Apollo 10, fotografato da un finestrino del Modulo di Comando, poco prima del suo riaggancio. A bordo ci sono Tom Stafford e Gene Cernan. Dettaglio della foto NASA AS10-34-5112. La banda diagonale in alto a sinistra è il bordo del finestrino.

Ma i Moduli Lunari non erano dotati di uno scudo termico, per cui non erano in grado di rientrare sulla Terra. E così l’ESA salva il primato aggiungendo la cavillosa precisazione della capacità di fare ritorno. 

Dove sia esattamente oggi il Modulo Lunare di Apollo 10 non lo sa nessuno con assoluta certezza. Sono passati cinque decenni, e all’epoca i parametri esatti della sua orbita non furono calcolati con precisione e non fu effettuato alcun tracciamento della sua traiettoria, per cui si sono perse le sue tracce.

Tuttavia nel 2018 è stato scoperto un asteroide, denominato 2018 AV2, che orbita intorno al Sole ogni 382 giorni, con due anomalie: un’inclinazione orbitale molto bassa rispetto all’eclittica (meno di un grado) e una velocità relativa molto bassa (meno di un chilometro al secondo rispetto al moto della Terra). Secondo le osservazioni e gli studi effettuati dall’astrofilo Nick Howes, che ha iniziato la caccia al Modulo Lunare di Apollo 10 nel 2011, e da altri astrofili e astronomi, è probabile che questo asteroide sia in realtà il veicolo spaziale disperso.

L’orbita di 2012 AV2.

Se così fosse, il Modulo Lunare di Apollo 10 si troverebbe ora a circa 56 milioni di chilometri dalla Terra e dovrebbe avvicinarsi fino a 6,5 milioni di chilometri intorno al 10 luglio 2037.

Ma se si estende il criterio ai veicoli spaziali che hanno trasportato esseri umani viventi o meno, il primato si sposta ancora.

Presenza umana nel cosmo profondo

Nel 2006, infatti, la sonda interplanetaria New Horizons partì dalla Terra, diretta verso Plutone, di cui ci regalò nel 2015 le prime, spettacolari immagini dettagliate, provenienti da cinque miliardi di chilometri di distanza dal nostro mondo. La sonda proseguì il proprio viaggio incontrando nel 2019 l’asteroide Arrokoth (2014 MU69) a 6,6 miliardi di chilometri dalla Terra e oggi si trova a circa 8,3 miliardi di chilometri da noi.

A bordo di questa sonda ci sono circa 30 grammi delle ceneri dello scopritore di Plutone, Clyde Tombaugh. Questi sono i resti umani più lontani dalla Terra in assoluto. E con tutta probabilità resteranno tali per molti, molti decenni.

 

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