Ieri sera sono andato a vedere Avatar - La via dell’acqua. Senza fare spoiler, ho solo un consiglio: se volete vedere lo stato dell’arte degli effetti speciali digitali, cinque anni avanti rispetto a tutto quello che avete mai visto, con immagini perfettamente realistiche, un 3D sobrio e immersivo senza essere sfacciato, un rendering dei personaggi digitali stupendamente espressivo, fluido e impeccabile, un motion capture subacqueo che lascia a bocca aperta, e una creazione straordinaria di un intero universo di creature, macchine e ambientazioni, andate a vederlo nel cinema meglio attrezzato, con lo schermo più grande possibile, l’impianto audio più potente e meglio calibrato e con il 3D più luminoso che potete raggiungere: da questo punto di vista ne vale assolutamente la pena.
Il livello degli effetti digitali delle creature è impeccabile e l’interazione di queste creature con l’acqua (un incubo assoluto per gli animatori digitali) è semplicemente perfetta. James Cameron, ancora una volta, ha fatto fare un balzo in avanti alla tecnologia di ripresa e al software di animazione.
Ma se nulla di tutto questo vi interessa, lasciate perdere. Il problema di così tanta perfezione degli effetti visivi e nella resa del 3D è che in pochi minuti ci si dimentica di guardare dei personaggi e degli ambienti interamente sintetici, li si accetta come reali... e a quel punto la tecnologia strepitosa passa in secondo piano e ci si accorge che la storia è inesistente, prevedibile, forzata e ricopiata dal film precedente aggiungendoci una spruzzata fin troppo sfacciata di Titanic e Star Wars.
Per citare Boris, il film ha tutti gli ingredienti classici di un prodotto generato da un algoritmo commerciale: c’è pure l’immancabile “storia teen”. Però siccome James Cameron è James Cameron, qui non si applica il borisiano “nun lo famo ma lo dimo”, ma è un “lo famo” continuo, roboante, chiassoso e ostentato. Oserei dire smarmellato.
Capisco che Cameron, con tutti i soldi che ci sono in gioco, abbia voluto scegliere una storia ipersemplificata, con un messaggio ambientalista facilone che viene spiattellato in faccia allo spettatore come se fosse un deficiente che ha bisogno dei disegnini per comprendere le cose più elementari. Per coprire le spese, questi film devono essere digeribili (culturalmente e anche politicamente) in ogni paese del mondo che abbia un numero significativo di spettatori potenziali paganti e quindi bisogna andare sul semplice e toccare valori universali e basilari, ma il risultato è una coloratissima, annacquatissima minestra riscaldata.
Sinceramente, se Cameron avesse lasciato perdere tutte le battaglie e gli scontri personali (forzatissimi) e avesse offerto tre ore di immagini delle creature e della vita su Pandora, con quella fantasia creativa, quella fotografia ricercata e quel senso del meraviglioso che spiccano nelle (poche) pause fra una scena d’azione e l’altra, Avatar - La via dell’acqua mi sarebbe piaciuto molto di più: le scene di “volo” subacqueo, per esempio, lasciano a bocca aperta per la bellezza, la qualità, la fluidità e il realismo.
La forza di Avatar non è la sua trama, ma la sua capacità di immergere lo spettatore in un universo ricchissimo, pieno di creature strane e colori stupendi, e di far sembrare tutto questo assolutamente reale. Peccato che in questo secondo film James Cameron abbia voluto raccontare più guerre che meraviglie.
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