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La RIAA, l'associazione dei discografici statunitensi, non si ferma di fronte a nulla nella sua strenua lotta per la difesa della proprietà intellettuale contro l'orda dei pirati musicali. Li insegue persino al cimitero.
Riferisce Ars Technica che la signora Gertrude Walton è stata accusata in tribunale dalla RIAA di aver partecipato ai circuiti peer-to-peer mettendo in condivisione oltre settecento brani musicali non liberamente distribuibili. La signora Walton, tuttavia, non si è presentata di fronte al giudice, e per un'ottima ragione: è morta nel dicembre del 2004.
Potreste ipotizzare che la signora scambiasse musica prima della sua dipartita, ma a 83 anni, ne converrete, è abbastanza improbabile. Se poi considerate che non possedeva un computer e non voleva averne in casa, l'improbabile diventa impossibile.
La RIAA ha dapprima ignorato i chiarimenti forniti dalla figlia della signora Walton, con tanto di certificato di morte, ma di fronte alla consapevolezza della figuraccia, resa pubblica da vari siti Web, si è finalmente arresa e ha dichiarato, tramite il portavoce Jonathan Lamy, che la causa verrà abbandonata.
Per la RIAA, casi come questi sono banali errori amministrativi: non si può dire lo stesso per le loro vittime, costrette ad affrontare spese legali per dimostrare la propria innocenza. Chi rifonderà queste spese alla figlia della signora Walton e a tutti coloro che vengono accusati ingiustamente?
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