2007/11/30

Scie chimiche (ancora, poi basta): risolvono la calvizie con i peli di plastica

Avete letto bene. Questa, in sintesi la conclusione della seconda puntata di Rebus dedicata al presunto fenomeno delle "scie chimiche" (la recensione alla prima puntata la trovate qui).

Secondo Rosario Marcianò e Massimo Santacroce, i due "ricercatori" del fenomeno, uno degli effetti delle scie chimiche sarebbe la produzione di filamenti di materiale non organico che escono dai bulbi piliferi delle persone contaminate. Peli di plastica, insomma. Cesare Ragazzi, fatti da parte.

E poi ci sono le sfere luminose, che naturalmente non possono essere banale rumore elettronico della telecamera puntata incoscientemente verso il sole oppure Venere (visibile anche di giorno, per chi non lo sapesse; basta sapere dove cercare) o cacchine di mosca sulla finestra o polvere sulla pellicola o sul sensore della fotocamera o uno dei mille altri fenomeni che producono puntini bianchi nelle immagini; ci sono gli aerei rossi con delle cose sotto le ali che, nei filmati sgranatissimi e mossi presentati dai "ricercatori", non possono essere le gondole degli attuatori dei flap, ma sono sicuramente dei dispositivi diabolici.

E c'è anche la polvere intelligente, un computer dentro ogni granello. Ecco perché ogni volta che spolvero, due minuti dopo la polvere si ripresenta. Si è nascosta per poi riposizionarsi col passo del leopardo. Quella non è polvere intelligente, è polvere bastarda.

E infine c'è il brevetto dell'irroratore montato sotto i motori. Brevetto esistente, per carità: ma parla di come spurgare l'olio dai motori. Cosa più importante: a nessuno dei presenti viene il dubbio che pubblicare un brevetto che descrive una tecnologia segretissima, di cui nessuno deve sapere nulla, sarebbe un pochino da imbecilli?

Giuro. Hanno detto tutte queste cose e molte altre che mi sono perso perché ridevo troppo. E' stata un'ora e mezza di vero delirio (in tutti i sensi). Se qualcuno non ci crede, ho la registrazione, e Odeon metterà a breve online la puntata.

Marcianò e Santacroce presentano delle foto in cui questi oggetti sono grandi tre pixel, e loro in quei tre pixel ci vedono tutto un apparato o tutta una sfera luminosa. Io ci vedo tre pixel, e vedo un programma di grafica tirato per il collo per creare artefatti digitali evidenti a chiunque sappia qualcosa di immagini digitali.

I due "ricercatori" non si rendono neppure conto che l'immagine della sfera luminosa doppia, quella a forma di arachide, è semplicemente il risultato del movimento della telecamera. Marcianò, abbia pazienza, ma in due anni e rotti di ricerche ossessive, venti euro per un treppiede della mutua non si potevano trovare?

Non so se le scie chimiche fanno venire il morbo di Morgellons (ovviamente citato nel programma), ma di certo questi filmati fanno venire il mal di mare.


Siamo seri


Magari qualcuno pensa che io stia sfottendo un po' troppo Rebus e i suoi ospiti (c'era anche Tom Bosco, ma lasciamo stare). Allora cercherò di stare serio e di dire due parole conclusive sulla faccenda delle scie chimiche per quanto mi riguarda.

Parliamoci chiaro: se volete dimostrare l'esistenza di un fenomeno, ci vuole ben altro che dei filmatini fatti con il Parkinson e qualche foto sgranata e ritoccata con Photoshop per tirare fuori dettagli inesistenti. Ci vuole ben altro che un'analisi di un campione d'acqua piovana nel quale avranno pisciato tutti gli insetti di Sanremo (dove abita Marcianò).

Portate prove serie, condotte in modo rigoroso e documentato, in condizioni di controllo, in modo da escludere qualsiasi altra possibilità o spiegazione meno fantasiosa, e la comunità scientifica vi abbraccerà, perché una scoperta del genere è il colpo gobbo che bramano anche gli scienziati. E io sarò il primo a darvi ragione, per quel che vale il mio appoggio. Ma fino a quel momento, se continuate su questa strada, riuscirete soltanto a coprirvi di ridicolo.

Comperatevi una fotocamera con un buon teleobiettivo (e un treppiede!), procuratevi le carte aeronautiche che indicano le aerovie, imparate a fare triangolazioni o a ricevere i segnali dei transponder per identificare la vera quota degli aerei, ascoltate le comunicazioni radio degli aerei, annotate ora e luogo di ogni ripresa, e cominciate a dimostrare almeno l'esistenza di questi fantomatici aerei non civili e poi delle loro scie. Raccogliete una massa inoppugnabile di dati, e nessuno potrà ridicolizzarvi.

Un pensiero paranoico potrebbe farsi tentare dall'idea che forse è proprio questo lo scopo: di fronte a un approccio così assolutamente dilettantesco, potrebbe venire il dubbio che Marcianò e Santacroce siano in realtà incaricati da qualcuno di coprire pubblicamente di ridicolo il fenomeno delle scie chimiche, in modo da permettere agli irroratori misteriosi di continuare indisturbati.

Pensateci un attimo. L'idea vi fa rizzare i peli? Controllate che non siano di plastica.

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