2009/05/18

Fulmini e saette!

Il bello della fotografia digitale


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Quand'ero ragazzino rimasi folgorato, è proprio il caso di dirlo, dalla fotografia di un fulmine che cadeva sulle rive del Ticino, proprio dove sarebbe poi sorto il liceo che avrei frequentato (un chiaro presagio di maledizione). Si vedeva persino il punto in cui il fulmine colpiva il suolo, illuminandolo con il suo bagliore rosato. Non sapendo nulla di fotografia, per un bel po' mi chiesi come fosse stata possibile quella foto incredibile. Nessun fotografo poteva essere così veloce. E allora?

Non erano i tempi di Internet; adesso basta googlare e la gratificazione della curiosità è istantanea. Ma grazie a un padre che sapeva coltivare le mie manie, qualche tempo dopo mi caddero in grembo dei libri di fotografia; li divorai e mi si aprì un mondo. Scoprii non solo la risposta alla mia domanda, ma la passione per la fotografia e la tecnologia degli effetti speciali.

All'epoca la fotografia per comuni mortali era esclusivamente chimica (c'erano alcune sonde spaziali, come Viking e Venera, e dei telescopi professionali con sensori d'immagine digitali), per cui i costi e i tempi di un appostamento notturno durante un temporale con una posa B gestita manualmente erano insostenibili per uno squattrinato assonnato come me. Per questo quella foto della folgore mi rimase ancora più impressa: adesso sapevo il trucco, ma saperlo rendeva ancora più ammirevole il lavoro del prestigiatore.

Trentacinque anni dopo le cose sono un po' cambiate: con un numero ragionevole di euro si compera una fotocamera digitale tascabile che può essere lasciata sul cavalletto a scattare automaticamente foto tutta la notte con una posa di qualche secondo, fuori dalla finestra del mio ufficio al Maniero Digitale. La mattina dopo si guarda cosa s'è pescato.



Ora se solo riuscissi a convincere le autorità locali ad eliminare quel filo che deturpa le mie foto...

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