Il 27 marzo scorso sono stato intervistato via Skype dal programma Prometeo di Class TV MSNBC. L'emittente ha pubblicato su Youtube l'intervista, che vi ripropongo qui sotto. Io inizio, dopo il brano dell'intervista d'epoca a Neil Armstrong e le opinioni delle persone per strada, a 5:00. Se vi piace e volete farlo sapere all'emittente, c'è l'apposito post su Facebook.
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2013/03/30
L’attracco spaziale più veloce della storia? Non è quello della Soyuz alla ISS
Questo articolo vi arriva grazie alla donazione per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!" di cod328* ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Da Terra fino alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) in sole sei ore, contro i due giorni normalmente necessari: un risultato notevolissimo, quello della Soyuz TMA-08M partita il 28 marzo scorso da Baikonur con a bordo lo statunitense Chris Cassidy e i russi Pavel Vinogradov e Aleksandr Misurkin, che si è meritato l'attenzione della stampa generalista (BBC, AGI, Repubblica) oltre che di quella specializzata (NASA Spaceflight). Oltre al risultato tecnico, questa drastica riduzione dei tempi di volo ha creato un'immagine di maggiore accessibilità dello spazio che ha colpito molto l'opinione pubblica ed è un notevole successo mediatico per l'astronautica russa.
Tuttavia non si tratta del record assoluto di velocità nella storia degli attracchi orbitali. La questione merita a mio parere di essere raccontata in dettaglio, per cui procedo con ordine. Prima, però, segnalo un altro record di questa missione passato quasi inosservato: il comandante Vinogradov, all'età di 59 anni, è ora l'astronauta professionista più anziano ad aver visitato la ISS. Lo battono di poco più di un anno i turisti spaziali Dennis Tito e Gregory Olsen, entrambi sessantenni quando visitarono la Stazione rispettivamente nel 2001 e nel 2005. C'è ancora speranza per un blogger che sta incanutendo.
L'impresa di Vinogradov, Misurkin e Cassidy rappresenta un'innovazione specificamente per quanto riguarda gli attracchi di equipaggi alla Stazione Spaziale Internazionale, ma era già stata sperimentata con tre lanci di veicoli di rifornimento Progress senza equipaggio (M-16M, agosto 2012; M-17M, ottobre 2012; M-18M, febbraio 2013) verso la ISS.
L'apparente facilità di quest'ultimo volo dei tre astronauti sulla Soyuz non deve trarre in inganno: arrivare a sei ore fra decollo e attracco ha richiesto l'adozione di nuovi sistemi di controllo del volo completamente digitali, un inserimento in orbita estremamente preciso da parte del lanciatore e una giornata estremamente intensa per gli astronauti, che in questo piano di volo possono trovarsi a non dormire per più di venti ore, fra preparativi e volo vero e proprio.
Anche la ISS deve fare la propria parte, alterando leggermente la propria orbita: questo può richiedere anche sei mesi di delicate manovre preliminari. Per l'attracco vero e proprio, inoltre, è necessario ruotare su se stesso l'intero avamposto.
Raggiungere un oggetto che orbita intorno alla Terra a circa 400 chilometri di quota e a circa 28.000 chilometri l'ora, come la ISS, è un po' come centrare un proiettile in volo usando un altro proiettile mentre si gira su una giostra: la precisione è tutto. Prima di tutto, il veicolo spaziale deve arrivare nello spazio nello stesso piano orbitale del proprio bersaglio, partendo da una base (la Terra) che ruota su se stessa e rispetto a questo piano, per cui il piano orbitale interseca la superficie in punti sempre differenti.
Se si riesce a inserire il veicolo nel piano orbitale corretto e con la giusta velocità e quota (e ovviamente con il verso giusto), resta poi il problema delle posizioni relative del veicolo e del bersaglio lungo l'orbita, che è una circonferenza. Se immaginate il piano orbitante come il quadrante di un orologio, può capitare che il veicolo sia alle tre e il bersaglio sia alle sei: l'angolo fra queste due posizioni è l'angolo di fase, e recuperarlo richiede manovre correttive per nulla intuitive che non provo nemmeno a spiegare e che richiedono tempo e propellente. Grosso modo, più è grande quest'angolo e peggio stanno le cose.
Se tutto va bene, i due veicoli si trovano a volare insieme vicini, apparentemente immobili nel silenzio del vuoto, e possono iniziare le manovre di attracco.
Questa, con parecchie semplificazioni, è la teoria: passiamo alla pratica. Dopo il decollo e l'arrampicata fino all'orbita, che ha richiesto circa otto minuti, la Soyuz TMA-08M ha effettuato quasi subito due accensioni preprogrammate dei propri motori di manovra; nel corso della seconda delle quattro orbite previste ha ricevuto da terra i parametri orbitali effettivi, che hanno permesso di effettuare altre otto accensioni dei motori per correggere la traiettoria nel corso delle cinque ore successive. Durante questo periodo l'equipaggio ha avuto modo di sganciarsi dagli angusti seggiolini e sgranchirsi, ma senza potersi togliere le tute protettive Sokol, fino all'attracco con la ISS.
L'apertura dei portelli fra Soyuz e ISS è avvenuta più di un'ora dopo l'attracco: a quel punto gli astronauti non indossavano più la tuta di volo e hanno partecipato a una breve cerimonia di benvenuto a bordo e a un ripasso delle procedure d'emergenza a bordo della ISS. Poi, dopo un breve pasto, sono andati a dormire nelle proprie cuccette sulla Stazione insieme agli astronauti che sono già sul laboratorio orbitante.
Il rientro di Vinogradov, Misurkin e Cassidy è previsto per l'11 settembre prossimo.
Il profilo di volo accelerato ha vari vantaggi:
Per contro comporta delle limitazioni non trascurabili, secondo questo articolo di James Oberg e questa analisi di NASA Spaceflight:
Per tutte queste ragioni, non è ancora stato deciso se questo nuovo profilo di volo verrà adottato anche per le missioni Soyuz successive.
Un attracco in sole sei ore è un risultato particolarmente notevole anche perché solo uno dei due oggetti coinvolti aveva ampi margini di manovra: la Stazione, a parte qualche correzioncella, ha un'orbita sostanzialmente non modificabile. Sta insomma alla Soyuz fare quasi tutto il lavoro di adeguamento.
Ma in altri casi, nei quali entrambi i veicoli spaziali potevano cooperare ed essere coordinati significativamente, questo record è stato battuto ampiamente: per esempio, nel lontano dicembre del 1966 la missione statunitense Gemini XI (con a bordo Pete Conrad e Richard Gordon, foto qui a destra) riuscì a compiere un attracco nel corso della prima orbita, in soli 94 minuti, al proprio bersaglio automatico Agena, in orbita intorno alla Terra.
Va detto, però, che in questo caso i due veicoli erano stati lanciati a poche ore di distanza l'uno dall'altro, semplificando molto la determinazione delle posizioni relative e riducendo l'angolo di fase; inoltre uno dei due veicoli non era dotato di equipaggio.
Fra l'altro, già che c'erano, Conrad e Gordon usarono il motore del veicolo Agena per spingersi fin a 1374 chilometri di distanza dalla Terra, ben più in alto delle successive missioni Shuttle, stabilendo un record d'altitudine battuto soltanto dagli equipaggi delle missioni lunari Apollo. Furono i primi esseri umani a vedere la Terra intera come una sfera, ancora prima di quelli dell'Apollo 8.
A quanto mi risulta, questo della Gemini XI è in assoluto l'attracco orbitale più veloce nel quale almeno uno dei due veicoli aveva un equipaggio a bordo.
Se vogliamo limitarci agli attracchi nei quali entrambi i veicoli avevano a bordo astronauti e non erano stati entrambi lanciati dalla superficie poco prima, a prima vista il volo della Soyuz non sembra avere rivali. Ma se accettiamo di allargare leggermente i criteri, per esempio ponendo che la superficie di partenza non debba essere necessariamente quella terrestre, il record della Soyuz è battuto.
Le missioni lunari Apollo, infatti, prevedevano il decollo dalla Luna di un veicolo, con a bordo due astronauti, che doveva attraccare con un altro veicolo, sul quale c'era il terzo astronauta, stando in orbita intorno alla Luna. Le missioni Apollo 11, 12, 14, 15, 16 e 17 attraccarono tutte in meno di quattro ore dopo il decollo dalla Luna.
In particolare, è l'Apollo 14 a detenere il record assoluto di velocità per un attracco orbitale fra due veicoli dotati di equipaggio. Fra il momento in cui il modulo lunare Antares decollò dalla superficie della Luna, con a bordo Edgar Mitchell e Alan Shepard, e quello in cui attraccò al modulo di comando Kitty Hawk che lo attendeva in orbita intorno alla Luna ai comandi di Stuart Roosa passarono infatti soltanto un'ora e 47 minuti (fonte). Era il 6 febbraio 1971.
Photo Credit: NASA/Carla Cioffi |
Da Terra fino alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) in sole sei ore, contro i due giorni normalmente necessari: un risultato notevolissimo, quello della Soyuz TMA-08M partita il 28 marzo scorso da Baikonur con a bordo lo statunitense Chris Cassidy e i russi Pavel Vinogradov e Aleksandr Misurkin, che si è meritato l'attenzione della stampa generalista (BBC, AGI, Repubblica) oltre che di quella specializzata (NASA Spaceflight). Oltre al risultato tecnico, questa drastica riduzione dei tempi di volo ha creato un'immagine di maggiore accessibilità dello spazio che ha colpito molto l'opinione pubblica ed è un notevole successo mediatico per l'astronautica russa.
Tuttavia non si tratta del record assoluto di velocità nella storia degli attracchi orbitali. La questione merita a mio parere di essere raccontata in dettaglio, per cui procedo con ordine. Prima, però, segnalo un altro record di questa missione passato quasi inosservato: il comandante Vinogradov, all'età di 59 anni, è ora l'astronauta professionista più anziano ad aver visitato la ISS. Lo battono di poco più di un anno i turisti spaziali Dennis Tito e Gregory Olsen, entrambi sessantenni quando visitarono la Stazione rispettivamente nel 2001 e nel 2005. C'è ancora speranza per un blogger che sta incanutendo.
Il volo della Soyuz TMA-08M: un intricato balletto spaziale a due
Un veicolo automatico Progress. |
L'apparente facilità di quest'ultimo volo dei tre astronauti sulla Soyuz non deve trarre in inganno: arrivare a sei ore fra decollo e attracco ha richiesto l'adozione di nuovi sistemi di controllo del volo completamente digitali, un inserimento in orbita estremamente preciso da parte del lanciatore e una giornata estremamente intensa per gli astronauti, che in questo piano di volo possono trovarsi a non dormire per più di venti ore, fra preparativi e volo vero e proprio.
Anche la ISS deve fare la propria parte, alterando leggermente la propria orbita: questo può richiedere anche sei mesi di delicate manovre preliminari. Per l'attracco vero e proprio, inoltre, è necessario ruotare su se stesso l'intero avamposto.
Raggiungere un oggetto che orbita intorno alla Terra a circa 400 chilometri di quota e a circa 28.000 chilometri l'ora, come la ISS, è un po' come centrare un proiettile in volo usando un altro proiettile mentre si gira su una giostra: la precisione è tutto. Prima di tutto, il veicolo spaziale deve arrivare nello spazio nello stesso piano orbitale del proprio bersaglio, partendo da una base (la Terra) che ruota su se stessa e rispetto a questo piano, per cui il piano orbitale interseca la superficie in punti sempre differenti.
Il piano orbitale effettivo della ISS; la Terra ruota rispetto ad esso |
Se tutto va bene, i due veicoli si trovano a volare insieme vicini, apparentemente immobili nel silenzio del vuoto, e possono iniziare le manovre di attracco.
Questa, con parecchie semplificazioni, è la teoria: passiamo alla pratica. Dopo il decollo e l'arrampicata fino all'orbita, che ha richiesto circa otto minuti, la Soyuz TMA-08M ha effettuato quasi subito due accensioni preprogrammate dei propri motori di manovra; nel corso della seconda delle quattro orbite previste ha ricevuto da terra i parametri orbitali effettivi, che hanno permesso di effettuare altre otto accensioni dei motori per correggere la traiettoria nel corso delle cinque ore successive. Durante questo periodo l'equipaggio ha avuto modo di sganciarsi dagli angusti seggiolini e sgranchirsi, ma senza potersi togliere le tute protettive Sokol, fino all'attracco con la ISS.
L'apertura dei portelli fra Soyuz e ISS è avvenuta più di un'ora dopo l'attracco: a quel punto gli astronauti non indossavano più la tuta di volo e hanno partecipato a una breve cerimonia di benvenuto a bordo e a un ripasso delle procedure d'emergenza a bordo della ISS. Poi, dopo un breve pasto, sono andati a dormire nelle proprie cuccette sulla Stazione insieme agli astronauti che sono già sul laboratorio orbitante.
Il rientro di Vinogradov, Misurkin e Cassidy è previsto per l'11 settembre prossimo.
Pro e contro del volo veloce
Il profilo di volo accelerato ha vari vantaggi:
- l'equipaggio trascorre molto meno tempo nello strettissimo abitacolo della Soyuz proprio nel periodo di adattamento iniziale dell'organismo all'assenza di peso, quando è spesso vittima di vertigine e nausea;
- rimane in ogni caso aperta la possibilità di tornare al profilo di volo “lento” (circa 50 ore) in caso di problemi, anche se questo comporta un consumo significativo di propellente di manovra;
- diventa possibile consegnare alla Stazione Spaziale Internazionale esperimenti e materiali a rapida deperibilità (questo vale anche per le missioni automatiche Progress);
- Astronautinews.it segnala inoltre la riduzione di costi dovuta al fatto che il personale del centro di controllo di Mosca viene impegnato per un giorno solo invece dei normali tre.
Per contro comporta delle limitazioni non trascurabili, secondo questo articolo di James Oberg e questa analisi di NASA Spaceflight:
- richiede un allineamento molto preciso del punto di lancio con la ISS, per cui è possibile soltanto da alcuni siti (per esempio Baikonur) ma non da altri, a meno di consumare quantità inaccettabili di propellente, e quindi non può essere adottato da lanciatori privati o di altri paesi (questo, per i russi, è chiaramente un bonus competitivo notevole);
- il decollo deve avvenire precisamente nel breve periodo nel quale la rotazione terrestre porta il sito di lancio nel piano orbitale della ISS, altrimenti i piani delle orbite del veicolo e della ISS saranno troppo differenti per una manovra di correzione;
- il decollo deve essere effettuato inoltre quando la ISS si trova in punti precisi della propria orbita: con il profilo normale è sfruttabile il 42% dell'orbita, mentre con quello accelerato si scende a meno del 6%;
- secondo Oberg, per via di queste restrizioni orbitali possono passare anche settimane fra un'occasione e la successiva (per NASA Spaceflight, invece, le occasioni di volo veloce da Baikonur càpitano ogni tre giorni, mentre quelle di volo lento sono quotidiane), e se il vettore non è molto affidabile e non riesce a partire puntualmente l'occasione svanisce;
- sono necessarie correzioni accuratamente pianificate dell'orbita della ISS, che possono essere rese vane da un ritardo nel lancio o da una manovra della ISS per evitare detriti spaziali;
- l'inserimento in orbita ha dei margini di tolleranza molto ridotti, per cui un malfunzionamento anche minore del lanciatore può far fallire il piano di volo;
- l'equipaggio non può togliersi la tuta di volo Sokol, che è piuttosto scomoda, e può soltanto togliere i guanti e aprire il casco fino all'attracco;
- l'equipaggio ha una scaletta estremamente serrata di operazioni da compiere e questo può risultare particolarmente stressante.
Per tutte queste ragioni, non è ancora stato deciso se questo nuovo profilo di volo verrà adottato anche per le missioni Soyuz successive.
Questioni di record
Un attracco in sole sei ore è un risultato particolarmente notevole anche perché solo uno dei due oggetti coinvolti aveva ampi margini di manovra: la Stazione, a parte qualche correzioncella, ha un'orbita sostanzialmente non modificabile. Sta insomma alla Soyuz fare quasi tutto il lavoro di adeguamento.
Richard Gordon e Pete Conrad nel 1966. Foto NASA S65-58504 |
Va detto, però, che in questo caso i due veicoli erano stati lanciati a poche ore di distanza l'uno dall'altro, semplificando molto la determinazione delle posizioni relative e riducendo l'angolo di fase; inoltre uno dei due veicoli non era dotato di equipaggio.
Fra l'altro, già che c'erano, Conrad e Gordon usarono il motore del veicolo Agena per spingersi fin a 1374 chilometri di distanza dalla Terra, ben più in alto delle successive missioni Shuttle, stabilendo un record d'altitudine battuto soltanto dagli equipaggi delle missioni lunari Apollo. Furono i primi esseri umani a vedere la Terra intera come una sfera, ancora prima di quelli dell'Apollo 8.
A quanto mi risulta, questo della Gemini XI è in assoluto l'attracco orbitale più veloce nel quale almeno uno dei due veicoli aveva un equipaggio a bordo.
Rendezvous fra equipaggi
Se vogliamo limitarci agli attracchi nei quali entrambi i veicoli avevano a bordo astronauti e non erano stati entrambi lanciati dalla superficie poco prima, a prima vista il volo della Soyuz non sembra avere rivali. Ma se accettiamo di allargare leggermente i criteri, per esempio ponendo che la superficie di partenza non debba essere necessariamente quella terrestre, il record della Soyuz è battuto.
Le missioni lunari Apollo, infatti, prevedevano il decollo dalla Luna di un veicolo, con a bordo due astronauti, che doveva attraccare con un altro veicolo, sul quale c'era il terzo astronauta, stando in orbita intorno alla Luna. Le missioni Apollo 11, 12, 14, 15, 16 e 17 attraccarono tutte in meno di quattro ore dopo il decollo dalla Luna.
In particolare, è l'Apollo 14 a detenere il record assoluto di velocità per un attracco orbitale fra due veicoli dotati di equipaggio. Fra il momento in cui il modulo lunare Antares decollò dalla superficie della Luna, con a bordo Edgar Mitchell e Alan Shepard, e quello in cui attraccò al modulo di comando Kitty Hawk che lo attendeva in orbita intorno alla Luna ai comandi di Stuart Roosa passarono infatti soltanto un'ora e 47 minuti (fonte). Era il 6 febbraio 1971.
Il Disinformatico radio del 2013/03/29
Ieri mattina ho condotto la rituale puntata settimanale del Disinformatico radiofonico per la RSI. Il podcast è qui a disposizione e gli argomenti sono i seguenti:
Strani messaggi e password rubate su Twitter
Antibufala: la guardia del corpo aliena di Obama
Fotocamere WiFi? Belle ma vulnerabili
Ansia da aggiornamenti software? Come distinguere quelli veri dai falsi
Android, Google traduce anche senza Internet
Strani messaggi e password rubate su Twitter
Antibufala: la guardia del corpo aliena di Obama
Fotocamere WiFi? Belle ma vulnerabili
Ansia da aggiornamenti software? Come distinguere quelli veri dai falsi
Android, Google traduce anche senza Internet
2013/03/29
Strani messaggi e password rubate su Twitter
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 29/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Strage di
password rubate, nei giorni scorsi e tuttora, fra gli utenti di
Twitter. Contemporaneamente molti tweetomani stanno ricevendo dagli
amici messaggi insoliti, come "Did you see this
funny pic of you?"
("Hai visto questa tua foto buffa?"),
e si chiedono come mai i loro amici improvvisamente comunicano con
loro in inglese.
In realtà i
due fenomeni sono collegati: un utente, la vittima iniziale, riceve
il messaggio strano e clicca sul link che lo accompagna, incuriosito
dall'idea della foto buffa che lo riguarda. Qui scatta la trappola:
il link porta infatti a un sito il cui nome imita approssimativamente
quello di Twitter (per esempio "twpitter" o
"twitteril")
e mostra una copia fedele della schermata d'ingresso di Twitter. Si
tratta di un sito-trappola, nel quale l'utente, se non si accorge
dell'inganno, immette il proprio nome utente e la propria password,
regalando così le proprie credenziali Twitter al malfattore. Il
criminale usa poi l'account dell'utente per contattare gli amici
dell'utente stesso, mandando loro il messaggio-esca. Gli amici si
fidano del mittente e cliccano, finendo anche loro sul sito-trappola,
e il ciclo si ripete.
In alcuni
casi i siti-trappola sono già riconosciuti e bloccati da Google
Chrome e altri browser; in altri no e non vengono ritenuti pericolosi
(Norton
Safeweb ritiene “sicuro” Twpitter.com anche se visualizza il
sito mostrando che imita la pagina d'ingresso di Twitter).
Per evitare
questo genere di trappola occorre semplicemente tenere gli occhi
aperti, controllando sempre nella barra dell'indirizzo che il sito
nel quale stiamo per immettere le nostre credenziali sia davvero
Twitter.com, e chiedersi se un messaggio che riceviamo in lingua
straniera da un amico sia credibile.
Antibufala: la guardia del corpo aliena di Obama
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 29/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Sta avendo
una notevole risonanza su Youtube un video
dai toni inquietanti, che analizza le riprese televisive di un
discorso del presidente statunitense Obama all’American Israel
Public Affairs Committee e rivela che una delle guardie del corpo ha
delle fattezze mostruose: sarebbe una sorta di un alieno mutaforma
che si aggira fra il pubblico con strani movimenti non umani, come si
nota in particolare nelle riprese effettuate nella stessa occasione
da un’emittente israeliana e incluse nel medesimo video.
In realtà,
per quanto possano apparire strane le sembianze della guardia del
corpo di Obama, si tratta soltanto degli effetti tipici di uno zoom
digitale costretto a lavorare in condizioni di luce disperate: in
questi casi questi zoom (che sono semplicemente elaborazioni
informatiche dell’immagine originale meno ingrandita e non sono un
vero ingrandimento ottico) creano dettagli che in realtà non
esistono oppure eliminano quelli reali. E così alla guardia del
corpo, la cui unica peculiarità è la testa rasata, spariscono il
naso e le orecchie, s'infossano gli occhi, si deforma il mento e
l’intero volto sembra tremare; ma sono soltanto pixel inventati
dalla videocamera e dalla compressione digitale usata per pubblicare
il video.
La faccenda
della guardia del corpo rettiliana è stata addirittura portata
all'attenzione delle autorità statunitensi dalla rivista Wired,
che ha ricevuto una risposta ufficiale molto elegante da Caitlin
Hayden, portavoce capo del National Security Council: “Non
posso confermare le asserzioni fatte in questo video, ma qualunque
presunto piano per proteggere il presidente impiegando alieni o robot
probabilmente verrebbe ridimensionato o eliminato nell'ambito del
'sequester'” (la raffica
di tagli automatici alle spese governative che si sta effettuando in
questi giorni). “Per maggiori dettagli le
suggerisco di consultare il Secret Service (il servizio di protezione
dei presidenti e dei politici USA) o l'Area 51",
ha aggiunto la Hayden.
Ma non ha
smentito, per cui gli appassionati di misteri potranno continuare a
fantasticare.
Fotocamere wifi? Belle ma vulnerabili
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 29/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
C'è una
nuova moda nel mercato delle fotocamere digitali: il WiFi integrato,
pensato per condividere al volo le foto e i filmati. Siete a una
festa e scattate un'immagine memorabile che tutti vi chiedono poi di
avere in copia, col risultato che vi trovate sommersi di richieste
nelle quali vi perdete? Nessun problema: le fotocamere WiFi
condiividono automaticamente e istantaneamente le foto
scattate.
L'idea è carina, ma Daniel Mende e Pascal Turbing, della società di sicurezza informatica tedesca ERNW, hanno scoperto che in molti casi è realizzata male, senza pensare alle implicazioni di sicurezza. Infatti le loro ricerche hanno rivelato che è facilmente intercettabile il flusso di dati inviato dalla fotocamera (spesso è un semplice upload FTP senza cifratura) e che le password di accesso alle condivisioni della fotocamera sono facilissime da indovinare. A volte non c'è modo di regolare quali foto vengono condivise e quali no, col risultato che le foto private possono finire facilmente nelle mani sbagliate.
L'idea è carina, ma Daniel Mende e Pascal Turbing, della società di sicurezza informatica tedesca ERNW, hanno scoperto che in molti casi è realizzata male, senza pensare alle implicazioni di sicurezza. Infatti le loro ricerche hanno rivelato che è facilmente intercettabile il flusso di dati inviato dalla fotocamera (spesso è un semplice upload FTP senza cifratura) e che le password di accesso alle condivisioni della fotocamera sono facilissime da indovinare. A volte non c'è modo di regolare quali foto vengono condivise e quali no, col risultato che le foto private possono finire facilmente nelle mani sbagliate.
Come se non
bastasse, alcuni modelli di fotocamera sono addirittura controllabili
a distanza e quindi trasformabili in spie perfette. Per non parlare
degli scherzi, delle punizioni e dei raggiri che si possono
combinare: immaginate una celebrità che riesca a cancellare a
distanza le foto fattegli dai paparazzi.
Il video
della presentazione delle scoperte di Mende e Turbing nel corso della
Shmoocon di quest'anno, s'intitola
proprio “Paparazzi
over IP”: è lungo e
molto tecnico, ma davvero esauriente e capace di spalancare gli
occhi. Preferibilmente prima di procedere all'eventuale acquisto.
Ansia da aggiornamenti software? Come distinguere quelli veri dai falsi
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 29/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Ultimamente
gli aggiornamenti del software arrivano a raffica, soprattutto per
quel che riguarda Flash Player, Reader e Java, a causa della continua
scoperta di falle in questi componenti molto diffusi sui nostri
computer. Gli esperti dicono che bisogna installarli tutti e subito
per non farsi bidonare dai criminali che sfruttano le falle lasciate
aperte da chi non si aggiorna.
Però c'è un
problema: altri criminali diffondono falsi aggiornamenti che in
realtà sono malware
(virus, cavalli di Troia e simili). Allora come si fa a distinguere i
veri aggiornamenti da quelli truffaldini?
C'è una
regola molto semplice: se compare una richiesta di aggiornare il
software, non accettatela, ma andate al sito del produttore del
software in questione, digitandone a mano il nome, e guardate se c'è
davvero un aggiornamento. Se c'è, scaricatelo e installatelo.
Per esempio,
questi sono i link dove trovare gli aggiornamenti di Flash, Reader e
Java e verificare di avere la versione più recente:
Adobe Flash
Player: http://get.adobe.com/flashplayer/
Adobe Reader:
http://get.adobe.com/reader/
Evitate del
tutto gli aggiornamenti automatici: impostate il computer in modo da
ricevere una semplice notifica della disponibilità di un
aggiornamento e poi andate al sito del produttore per scaricarlo
manualmente.
Android, Google traduce anche senza Internet
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 29/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Google
Translate è un buon traduttore d’emergenza per smartphone e
tablet Android; peccato che capiti maggiormente di averne bisogno
quando si è all’estero, dove di solito non si ha accesso a
Internet tramite la rete cellulare e quindi Translate non funziona.
Problema
risolto: la nuova versione di Translate, annunciata
pochi giorni fa, permette di scaricare gratuitamente sul telefonino i
dizionari delle lingue desiderate (ne sono disponibili ben
cinquanta), in modo che il programma li possa consultare anche senza
andare su Internet.
I dizionari
offline sono un po' pesanti: dai 20 ai 60 megabyte ciascuno, per cui
conviene scaricarli quando si ha a disposizione una connessione WiFi.
Inoltre sono meno completi di quelli accessibili via Internet, ma
comunque sufficienti per una traduzione d'emergenza. Restano attive
le funzioni-chicca delle versioni precedenti, come la possibilità di
pronunciare una parola o una frase in una lingua e sentirsela
tradotta e declamata in un'altra (anche se la traduzione non è
sempre azzeccata) e l'opzione di fotografare una frase o un cartello
e farselo tradurre
2013/03/28
Curiosity, megapanoramica da Marte, viene in Italia il suo pilota; Soyuz spettacolare
Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “attiliomarc*”.
Che meraviglia. Pochi minuti fa ho potuto seguire in diretta via Internet il lancio della missione spaziale Expedition 35 su un vettore Soyuz, che porterà tre astronauti (Chris Cassidy, Pavel Vinogradov e Alexander Misurkin, un americano e due russi) alla Stazione Spaziale Internazionale nel tempo record di sei ore invece dei soliti due giorni. Considerato quanto è stretta la capsula Soyuz, la differenza è notevole.
Magari per chi non ha i miei anni sulle spalle questo può sembrare banale e scontato, ma pensateci un attimo. Russi e americani, acerrimi nemici pochi decenni fa, ora volano nello spazio insieme; i russi, che vivevano le proprie missioni spaziali nel segreto più assoluto, oggi le trasmettono in diretta; e grazie a Internet non dobbiamo dipendere dagli umori di qualche direttore di rete televisiva, ma possiamo seguire queste imprese, riceverne immediatamente le foto (come quella qui sopra) e addirittura vedere gli astronauti in diretta dentro la capsula. Ne abbiamo fatta di strada.
Prossimamente ci saranno, a bordo dello stesso tipo di veicolo, Luca Parmitano e poi Samantha Cristoforetti. Speriamo che per quelle occasioni qualcuno nei media tradizionali si dia una svegliata.
In aggiunta a queste belle dimostrazioni di come Internet ha cambiato le cose, c'è questa panoramica incredibile in gigapixel di Andrew Bodrov che ci arriva da Marte: questo è quello che vede la sonda Curiosity. Guardatela a tutto schermo e poi zoomate e notate che risoluzione riusciamo ad avere da un altro pianeta. Sembra di essere lì.
A proposito: se volete parlare di persona, dal vivo, con uno dei piloti di Curiosity, l'italiano Paolo Bellutta, sarà in Italia dai primi di aprile. Queste sono le date annunciate:
3 aprile: Gruppo Astrofili, Tesero (TN)
4 aprile: Liceo Rosmini, Rovereto (TN), e Fondazione Bruno Kessler, Povo (TN)
6 aprile: Planetario Hoepli, Milano 7 aprile: Museo delle Scienze, Milano
8 aprile: Istituto Italiano di Tecnologia, Torino
9 aprile: Istituto d'Istruzione Alcide Degasperi, Borgo Valsugana (TN)
10 aprile: Liceo Rainerum, Bolzano
11 aprile: Fondazione Bruno Kessler, Povo (TN), e Liceo Galilei, Trento
12 aprile: Università di Padova e Liceo Copernico, Bologna
14 aprile: Museo Caproni, Trento
16 aprile: Agenzia Spaziale Italiana, Roma
2013-03-29 3:00. Il comandante della Stazione Spaziale Internazionale, Chris Hadfield, è riuscito a scattare una foto eccezionale del bagliore notturno della Soyuz mentre si arrampica per raggiungere l'avamposto orbitante. Il lancio è stato effettuato di notte, proprio mentre la Stazione sorvolava la zona di decollo. Spettacolare.
2013-03-29 16:00. Aggiungo questo fermo immagine dalla diretta TV dell'arrivo a bordo per mostrare i baffi finti sfoggiati da Chris Cassidy (a 7:55) e segnalo l'audio dell'attracco registrato dall'interno della ISS da Chris Hadfield.
Che meraviglia. Pochi minuti fa ho potuto seguire in diretta via Internet il lancio della missione spaziale Expedition 35 su un vettore Soyuz, che porterà tre astronauti (Chris Cassidy, Pavel Vinogradov e Alexander Misurkin, un americano e due russi) alla Stazione Spaziale Internazionale nel tempo record di sei ore invece dei soliti due giorni. Considerato quanto è stretta la capsula Soyuz, la differenza è notevole.
Magari per chi non ha i miei anni sulle spalle questo può sembrare banale e scontato, ma pensateci un attimo. Russi e americani, acerrimi nemici pochi decenni fa, ora volano nello spazio insieme; i russi, che vivevano le proprie missioni spaziali nel segreto più assoluto, oggi le trasmettono in diretta; e grazie a Internet non dobbiamo dipendere dagli umori di qualche direttore di rete televisiva, ma possiamo seguire queste imprese, riceverne immediatamente le foto (come quella qui sopra) e addirittura vedere gli astronauti in diretta dentro la capsula. Ne abbiamo fatta di strada.
Prossimamente ci saranno, a bordo dello stesso tipo di veicolo, Luca Parmitano e poi Samantha Cristoforetti. Speriamo che per quelle occasioni qualcuno nei media tradizionali si dia una svegliata.
In aggiunta a queste belle dimostrazioni di come Internet ha cambiato le cose, c'è questa panoramica incredibile in gigapixel di Andrew Bodrov che ci arriva da Marte: questo è quello che vede la sonda Curiosity. Guardatela a tutto schermo e poi zoomate e notate che risoluzione riusciamo ad avere da un altro pianeta. Sembra di essere lì.
A proposito: se volete parlare di persona, dal vivo, con uno dei piloti di Curiosity, l'italiano Paolo Bellutta, sarà in Italia dai primi di aprile. Queste sono le date annunciate:
3 aprile: Gruppo Astrofili, Tesero (TN)
4 aprile: Liceo Rosmini, Rovereto (TN), e Fondazione Bruno Kessler, Povo (TN)
6 aprile: Planetario Hoepli, Milano 7 aprile: Museo delle Scienze, Milano
8 aprile: Istituto Italiano di Tecnologia, Torino
9 aprile: Istituto d'Istruzione Alcide Degasperi, Borgo Valsugana (TN)
10 aprile: Liceo Rainerum, Bolzano
11 aprile: Fondazione Bruno Kessler, Povo (TN), e Liceo Galilei, Trento
12 aprile: Università di Padova e Liceo Copernico, Bologna
14 aprile: Museo Caproni, Trento
16 aprile: Agenzia Spaziale Italiana, Roma
Aggiornamenti
2013-03-29 3:00. Il comandante della Stazione Spaziale Internazionale, Chris Hadfield, è riuscito a scattare una foto eccezionale del bagliore notturno della Soyuz mentre si arrampica per raggiungere l'avamposto orbitante. Il lancio è stato effettuato di notte, proprio mentre la Stazione sorvolava la zona di decollo. Spettacolare.
2013-03-29 16:00. Aggiungo questo fermo immagine dalla diretta TV dell'arrivo a bordo per mostrare i baffi finti sfoggiati da Chris Cassidy (a 7:55) e segnalo l'audio dell'attracco registrato dall'interno della ISS da Chris Hadfield.
“Attacco a Internet”: servono dati, non titoloni da panico
Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “cavalieremita” e “f.momoni” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Ho letto ieri sulla BBC che Internet sta subendo “il più grande attacco della storia”. Ars Technica parla di un attacco “grande abbastanza da minacciare Internet”. Ma qui al Maniero Digitale non si sente nessun effetto, nessun rallentamento, niente. Nessuno dei servizi che uso online ha mostrato problemi.
Poi noto un fatto curioso: nessuno degli articoli catastrofisti fornisce dati precisi sui rallentamenti causati dall'attacco, che durerebbe da "ben oltre una settimana" (BBC). Solo frasi generiche e un riferimento a un picco di 300 Gb/s di traffico. Ma dati concreti, zero. Altre fonti, come Wired e La Stampa, attingono semplicemente alla BBC o al New York Times, senza verifiche.
La vicenda è legata, a quanto pare, a un attacco DDOS rivolto a Spamhaus, società che si occupa di elencare gli spammer e offre liste nere di siti da bloccare per arginare lo spam, da parte di Cyberbunker, società olandese di hosting un po' controversa.
Poi trovo un articolo su Gizmodo che fa le mie stesse domande, nota che tutte le dichiarazioni d'Apocalisse partono da Spamhaus e da Cloudflare (società specializzata, guarda caso, nella difesa contro i DDOS) e va a cercare un po' di dati concreti. L'Internet Traffic Report segnala traffico stabile negli ultimi trenta giorni. L'articolo di Gizmodo include anche una smentita da parte di Renesys, altra società che si occupa di monitoraggio della Rete. L'enorme infrastruttura di Amazon non mostra problemi. Al MIX-it tutto tranquillo da giorni.
Qui in Svizzera, Melani non ha segnalazioni in merito. L'Internet Storm Center ha poche righe ben poco preoccupate. L'unica segnalazione vagamente interessante è un breve calo presso LINX il 23 marzo. Akamai segnala, in questo momento, un calo del traffico del 2% a livello mondiale. Un po' misero, come effetto di un “attacco nucleare”.
Viene il forte dubbio, a questo punto, che siamo di fronte a una notizia montata perché offriva lo spunto per titoli sensazionali e chi l'ha alimentata non s'è reso conto di essere incappato nel Principio di Belzebù del giornalismo: mai fidarsi di notizie che provengono da una fonte interessata (fra l'altro, noto che online questo principio comincia a essere attribuito a me, ma non è mio, anche se non ricordo la fonte originale). Cloudflare ha molto interesse a dimostrare di saper resistere ad attacchi DDOS massicci e spettacolari (con strilli come “il DDOS che ha quasi spezzato Internet”) e Spamhaus ha molto interesse a far notare la propria indubbia utilità nella lotta allo spam.
Certo, 300Gb/s di DDOS sono un attacco da record e dimostrano l'aggressività dei criminali informatici, ma prima di gridare all'attacco nucleare che ammazza tutta Internet magari è meglio guardarsi intorno e vedere se davvero stanno piovendo bombe.
Maggiori info: Cloudflare, NY Times, Mashable, ZDNet.
13:30. Avevo scritto che Spamhaus è olandese, ma in realtà ha base a Ginevra e sede legale a Londra (fonte: Spamhaus). Ho corretto l'errore. Al Jazeera riporta una dichiarazione del portavoce di LINX, secondo il quale la sua organizzazione aveva visto “un grado modesto d'intasamento in una piccola parte della rete”.
Ho letto ieri sulla BBC che Internet sta subendo “il più grande attacco della storia”. Ars Technica parla di un attacco “grande abbastanza da minacciare Internet”. Ma qui al Maniero Digitale non si sente nessun effetto, nessun rallentamento, niente. Nessuno dei servizi che uso online ha mostrato problemi.
Poi noto un fatto curioso: nessuno degli articoli catastrofisti fornisce dati precisi sui rallentamenti causati dall'attacco, che durerebbe da "ben oltre una settimana" (BBC). Solo frasi generiche e un riferimento a un picco di 300 Gb/s di traffico. Ma dati concreti, zero. Altre fonti, come Wired e La Stampa, attingono semplicemente alla BBC o al New York Times, senza verifiche.
La vicenda è legata, a quanto pare, a un attacco DDOS rivolto a Spamhaus, società che si occupa di elencare gli spammer e offre liste nere di siti da bloccare per arginare lo spam, da parte di Cyberbunker, società olandese di hosting un po' controversa.
Poi trovo un articolo su Gizmodo che fa le mie stesse domande, nota che tutte le dichiarazioni d'Apocalisse partono da Spamhaus e da Cloudflare (società specializzata, guarda caso, nella difesa contro i DDOS) e va a cercare un po' di dati concreti. L'Internet Traffic Report segnala traffico stabile negli ultimi trenta giorni. L'articolo di Gizmodo include anche una smentita da parte di Renesys, altra società che si occupa di monitoraggio della Rete. L'enorme infrastruttura di Amazon non mostra problemi. Al MIX-it tutto tranquillo da giorni.
Qui in Svizzera, Melani non ha segnalazioni in merito. L'Internet Storm Center ha poche righe ben poco preoccupate. L'unica segnalazione vagamente interessante è un breve calo presso LINX il 23 marzo. Akamai segnala, in questo momento, un calo del traffico del 2% a livello mondiale. Un po' misero, come effetto di un “attacco nucleare”.
Internet Traffic report del 28/3 |
Amazon stamattina (28/3) |
Akamai stamattina (28/3) |
Viene il forte dubbio, a questo punto, che siamo di fronte a una notizia montata perché offriva lo spunto per titoli sensazionali e chi l'ha alimentata non s'è reso conto di essere incappato nel Principio di Belzebù del giornalismo: mai fidarsi di notizie che provengono da una fonte interessata (fra l'altro, noto che online questo principio comincia a essere attribuito a me, ma non è mio, anche se non ricordo la fonte originale). Cloudflare ha molto interesse a dimostrare di saper resistere ad attacchi DDOS massicci e spettacolari (con strilli come “il DDOS che ha quasi spezzato Internet”) e Spamhaus ha molto interesse a far notare la propria indubbia utilità nella lotta allo spam.
Certo, 300Gb/s di DDOS sono un attacco da record e dimostrano l'aggressività dei criminali informatici, ma prima di gridare all'attacco nucleare che ammazza tutta Internet magari è meglio guardarsi intorno e vedere se davvero stanno piovendo bombe.
Maggiori info: Cloudflare, NY Times, Mashable, ZDNet.
Aggiornamenti
13:30. Avevo scritto che Spamhaus è olandese, ma in realtà ha base a Ginevra e sede legale a Londra (fonte: Spamhaus). Ho corretto l'errore. Al Jazeera riporta una dichiarazione del portavoce di LINX, secondo il quale la sua organizzazione aveva visto “un grado modesto d'intasamento in una piccola parte della rete”.
2013/03/27
La “suora-fantasma” sul campanile a Palermo
Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “gpanzica” e alle segnalazioni di @andrea_massaro, @giorgio79 e @r73lio
A Palermo, sul campanile della chiesa di Santa Maria della Mercede, è stata vista ripetutamente la figura spettrale di una suora che si affaccia in gesto di preghiera (foto qui accanto). Il fenomeno si ripete verso sera da circa tre settimane e ha attirato molti curiosi e fedeli e naturalmente l'attenzione della stampa locale (SiciliaInformazioni).
Se ne occupa anche LiveSicilia, con ben nove minuti di video che riescono a evitare la considerazione più semplice: ma non si può puntare sul campanile un buon teleobiettivo e vedere meglio cos'è questa presunta figura? Magari inquadrandola da angolazioni differenti? E viste le dimensioni della cella campanaria, non è un po' troppo gigante quella suora-fantasma?
Finalmente arriva Roberto Villino, che in un minuto e quarantatré secondi smonta tutta la faccenda.
I credenti non s'offendano. Qui non si tratta di essere credenti, ma di essere creduli: a mio avviso, venerando un banale gioco di luci sminuiscono la propria fede.
A Palermo, sul campanile della chiesa di Santa Maria della Mercede, è stata vista ripetutamente la figura spettrale di una suora che si affaccia in gesto di preghiera (foto qui accanto). Il fenomeno si ripete verso sera da circa tre settimane e ha attirato molti curiosi e fedeli e naturalmente l'attenzione della stampa locale (SiciliaInformazioni).
Se ne occupa anche LiveSicilia, con ben nove minuti di video che riescono a evitare la considerazione più semplice: ma non si può puntare sul campanile un buon teleobiettivo e vedere meglio cos'è questa presunta figura? Magari inquadrandola da angolazioni differenti? E viste le dimensioni della cella campanaria, non è un po' troppo gigante quella suora-fantasma?
Finalmente arriva Roberto Villino, che in un minuto e quarantatré secondi smonta tutta la faccenda.
I credenti non s'offendano. Qui non si tratta di essere credenti, ma di essere creduli: a mio avviso, venerando un banale gioco di luci sminuiscono la propria fede.
2013/03/23
Disinformatico radio del 2013/03/22
La Radiotelevisione Svizzera ha caricato il podcast della puntata di ieri del Disinformatico radiofonico, nella quale ho parlato dei seguenti temi (con i rispettivi articoli di approfondimento):
2013/03/22
Come si monetizza un’infezione
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 22/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Molti utenti
si chiedono come fanno i criminali informatici a guadagnare
infettando i computer altrui. Un metodo particolarmente subdolo è
l’alterazione delle pubblicità. Per esempio, è stato segnalato
pochi giorni fa un malware, più precisamente un cavallo di Troia
(trojan),
scritto su misura per gli utenti Mac. Questo malware si spaccia per
un plug-in
(accessorio) per browser che serve per vedere film via Internet su
siti di dubbia legalità oppure si presenta come accessorio per
migliorare la qualità dei video o accelerare gli scaricamenti.
In realtà il
malware, denominato
Trojan.Yontoo.1, s’installa in tutti i browser della vittima
(Safari, Firefox, Chrome) e sorveglia la sua navigazione,
trasmettendone i dettagli a un sito remoto (gestito, si presume, dai
creatori del malware), e inserisce nelle pagine visitate delle
pubblicità.
I creatori
dell’attacco guadagnano ricevendo dall’agenzia pubblicitaria che
gestisce queste pubblicità una commissione per ogni clic e ogni
visualizzazione effettuata dagli utenti infettati. Il raggiro
funziona persino sul sito di Apple, che finisce per ospitare
(apparentemente) delle pubblicità di altre marche.
Attacchi di
questo genere sono già noti nel mondo Windows ma finora sono stati
abbastanza rari per gli utenti Apple. La situazione sta cambiando
rapidamente, per cui se vi accorgete che i siti che visitate ospitano
pubblicità insolite o improbabili, è possibile che il vostro
computer sia stato infettato, per cui è opportuno un controllo con
un buon antivirus. Oggi il fatto di usare un Mac non mette più al
riparo.
Ricerca UE: vendite di musica non danneggiate dalla pirateria
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 22/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
È una
notizia che non mancherà di far discutere: uno studio del Centro
Comune di Ricerca della Commissione Europea indica che “la
pirateria musicale digitale non dovrebbe essere vista come un
problema crescente per i titolari di diritti d’autore”.
Lo studio,
pubblicato come documento
piuttosto corposo (una quarantina di pagine),
afferma inoltre che “i nuovi canali di consumo
musicale, come lo streaming online, hanno un effetto positivo sui
titolari di diritti d’autore”
e che “nonostante vi sia una violazione dei diritti
di proprietà (copyright), è improbabile che gli introiti derivanti
dalla musica digitale ne risentano molto”.
Al tempo
stesso, però, i ricercatori ammoniscono che il mercato sta cambiando
e nel passaggio dalla vendita di supporti fisici a quella di file
audio scaricabili “gli effetti della pirateria
sugli introiti complessivi dell’industria musicale potrebbero anche
essere negativi”.
Secondo
questa ricerca non ci sarebbe, insomma, quella certezza scientifica
del danno che molti esponenti del settore musicale hanno dichiarato
più volte in passato.
La ricerca si
basa sull'analisi del comportamento di alcune migliaia di utenti
suddivisi fra Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito e
rivela forti differenze tra i vari paesi. Rispetto ai tedeschi, gli
spagnoli cliccano il 230% in più sui siti di scaricamento illegale,
gli italiani il 134%, i francesi il 35% e i britannici il 43%. La
Francia è prima nello streaming, con il 150% in più rispetto alla
Germania, che è superata dalla Spagna con un buon 20%, mentre
l'Italia ha un 25% in meno.
Secondo gli
autori, una delle cause di queste differenze è la disponibilità o
meno di un'alternativa legale per l'acquisto. La ricerca nota inoltre
che se da un lato gli introiti musicali sono diminuiti regolarmente
ogni anno dal 1999, i dati globali per il 2012 rivelano il primo
aumento da 14 anni a questa parte: solo uno 0,3%, ma pur sempre
un'inversione di tendenza, per un ammontare di 16,5 milioni di
dollari.
L'IFPI
(federazione internazionale delle industrie fonografiche), che è la
fonte di queste cifre, ha risposto
ai risultati della ricerca definendola fra l'altro "difettosa,
ingannevole e scollegata dalla realtà commerciale"
e proponendo una dettagliata controanalisi.
Sette anni di Twitter, come collezionare tweet con All My Tweets
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 22/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Ieri (21 marzo 2013) Twitter ha compiuto sette anni, celebrando il compleanno insieme ai suoi oltre 200 milioni di utenti attivi che generano oltre 400 milioni di messaggi ogni giorno, secondo i dati dell’azienda.
Nel corso di questi sette anni Twitter è diventato un riferimento fondamentale per restare informati in tempo reale sugli avvenimenti del mondo tramite computer e soprattutto tramite dispositivi mobili. Viene usato dalle aziende, dai capi di stato, dai pontefici e dagli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale come canale di comunicazione diretta e (almeno in apparenza) schietta e non filtrata.
Ieri (21 marzo 2013) Twitter ha compiuto sette anni, celebrando il compleanno insieme ai suoi oltre 200 milioni di utenti attivi che generano oltre 400 milioni di messaggi ogni giorno, secondo i dati dell’azienda.
Nel corso di questi sette anni Twitter è diventato un riferimento fondamentale per restare informati in tempo reale sugli avvenimenti del mondo tramite computer e soprattutto tramite dispositivi mobili. Viene usato dalle aziende, dai capi di stato, dai pontefici e dagli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale come canale di comunicazione diretta e (almeno in apparenza) schietta e non filtrata.
Su Twitter capita spesso di poter scambiare due parole con celebrità altrimenti irraggiungibili. Uno degli esempi più curiosi, in questo senso, è capitato recentemente al comandante della Stazione Spaziale, Chris Hadfield, che ha ricevuto un tweet nel quale gli veniva chiesto se davvero stava mandando messaggi su Twitter dallo spazio. Il mittente della domanda era nientemeno che William Shatner, l’attore che ha interpretato il mitico Capitano Kirk nella serie originale di Star Trek e in molti film (prima di essere sostituito da Chris Pine nei nuovi film della saga).
Il comandante Hadfield non si è scomposto e ha risposto a tono usando il gergo di Star Trek e un pizzico di umorismo: “Sì, Orbita Standard, Capitano, e stiamo rilevando forme di vita sulla superficie”.
Intorno a Twitter in questi anni sono nati numerosi servizi ausiliari: segnalo in particolare All My Tweets, che è un sito praticissimo per visualizzare in un sol colpo tutti i tweet di un utente (o perlomeno i suoi ultimi 3200, nel caso dei chiacchieroni): basta andare a http://www.allmytweets.net e digitare nella casella di ricerca il nome dell’utente desiderato. Il servizio è praticissimo per recuperare rapidamente un tweet che abbiamo visto passare nel flusso incessante di messaggi.
Le parole di Internet: Skype resolver
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 22/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Skype
resolver.
Programma o sito Internet che consente di determinare l’indirizzo
IP più recentemente usato da un utente di Skype, aprendo la strada a
violazioni della privacy o a intrusioni informatiche.
Un resolver
richiede soltanto il nome dell’account Skype dell’utente cercato.
Trovare un sito che faccia questo genere di servizio è molto
semplice (è sufficiente usare Google).
La
possibilità di tracciare un utente tramite Skype è allettante per
molti internauti a livello personale e aziendale, tanto che i siti
che fungono da Skype resolver sono aumentati drasticamente negli
ultimi mesi e in alcuni casi offrono i propri servizi a pagamento.
Spesso gli
Skype resolver propongono anche servizi di attacco su misura, creando
un “denial of service”
(interdizione di servizio) che impedisce alla vittima di operare su
Internet.
Chi usa Skype è tracciabile
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 22/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Skype, uno
dei più diffusi programmi per telefonare via Internet, viene spesso
utilizzato dai suoi oltre 600 milioni di iscritti per telefonate
riservate o anonime perché è credenza diffusa che sia poco
tracciabile, ma in realtà può essere sfruttato per localizzare chi
lo usa.
Questo
software, infatti, consente di scoprire l’indirizzo IP dell’utente
chiamato e quindi di determinare dove si trova in un dato momento. La
tecnica è relativamente semplice: si fanno delle particolari
micro-chiamate invisibili all’utente da localizzare e Skype
risponde mandando al chiamante dei dati dai quali può estrarre
l’indirizzo IP del chiamato.
Ripetendo
questo procedimento ogni ora, per esempio, è possibile pedinare
virtualmente una persona, magari un dipendente della propria azienda
o di un’azienda concorrente oppure un partner sentimentale. Se
effettuato su vasta scala, un tracciamento di questo genere
permetterebbe di monitorare i movimenti dell’intera forza lavoro di
un’azienda rivale e dedurne le strategie commerciali. L’indirizzo
IP è anche utile per violare o attaccare un computer appartenente a
una persona specifica.
Non ci sono
contromisure per questo genere di sorveglianza, se non smettere di
usare Skype (compreso l’uso in standby; l'applicazione va proprio
chiusa), e le impostazioni di privacy non hanno effetto su questa
tracciabilità.
Microsoft,
attuale proprietaria di Skype dal 2011, è al corrente del problema,
noto almeno da un anno, ma non sembra aver molta intenzione di
correggerlo, come segnala
l’esperto di sicurezza Brian Krebs, che cita una ricerca
accademica franco-americana, pubblicata a fine 2011 ma comunicata
a Microsoft un anno prima, che dimostrava come era possibile
tracciare diecimila utenti Skype per due settimane per sapere in
quale città si trovavano.
2013/03/21
Voyager 1 ha lasciato o no il sistema solare? No
Disegno digitale della Voyager. Credit: NASA/JPL-Caltech |
Ieri è circolata la notizia che la sonda automatica Voyager 1 della NASA, lanciata nel 1977, avrebbe lasciato il sistema solare, diventando il primo oggetto creato dall'umanità a raggiungere lo spazio interstellare dopo trentacinque anni di odissea nello spazio. Non è esatto. O meglio, tutto dipende da cosa scegliamo come confine del sistema solare.
La NASA ha pubblicato prontamente un comunicato stampa nel quale smentisce la notizia, perché l'uscita formale dal sistema solare e l'entrata nello spazio interstellare comporta un cambiamento nella direzione del campo magnetico. Questo cambiamento è l'ultimo indicatore critico del raggiungimento dello spazio interstellare e non è ancora avvenuto.
La Voyager 1 si trova ora a circa 18 miliardi di chilometri dal Sole, ben oltre l'orbita dei pianeti del Sistema Solare, ma ancora all'interno dell'eliosfera, che comunque non ha una linea di demarcazione netta ma sfuma gradualmente.
L'equivoco è nato da un comunicato stampa dell'American Geophysical Union, riferito a questo articolo, il cui titolo (“Voyager 1 has left the Solar System, sudden changes in cosmic rays indicate”) si prestava a un'interpretazione un po' troppo sensazionale. L'AGU ha chiarito la propria posizione.
Maggiori dettagli sono su Slate, Universe Today, Time. Anche se la tappa non è ancora stata raggiunta, resta comunque degno di meraviglia il fatto che una sonda lanciata trentacinque anni fa (quando Guerre Stellari era una novità) stia ancora funzionando e trasmettendo dati scientifici preziosi.
2013/03/17
La dichiarazione sessista attribuita a Papa Francesco
Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “fabio.avit*” e ai contributi di Alessandra Mer*, Remo Pon* e motogio ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
“Le donne sono naturalmente inadatte agli incarichi politici. L'ordine naturale e i fatti ci insegnano che l'uomo è l'essere politico per eccellenza, le Scritture ci mostrano che la donna da sempre è il supporto dell'uomo che pensa e realizza, ma niente più di questo”. Questa è la frase attribuita al neoeletto Papa Francesco, l'argentino Jorge Mario Bergoglio. Ma è veramente sua?
Questa citazione viene ripresa e diffusa anche se manca, per ora, una conferma della sua autenticità. La serietà professionale e il buon senso imporrebbero di verificare un'affermazione così grave prima di pubblicarla e diffonderla. Le redazioni che la citano, invece di limitarsi a riportarla o dire che circola in Rete (LiberoQuotidiano, TgCom), potrebbero adoperarsi per scoprire come stanno i fatti. Ma finora nessuna testata giornalistica italofona, a quanto mi risulta, ha svolto indagini approfondite (aggiornamento: l'ha fatto Giornalettismo). Vediamo cosa riusciamo a fare noi?
Questo articolo è un punto di partenza intorno al quale radunare gli sforzi d'indagine su questa specifica affermazione e non si occuperà di altre asserzioni riguardanti Papa Francesco. Vi chiedo quindi sin da subito di restare in tema nei commenti.
La fonte più vecchia di questa citazione è, come mi ha segnalato il lettore motogio, un post su Yahoo Answers en Español del 2007 che riprende un altro post di Yahoo Answers Argentina datato 5 luglio 2007, nel quale viene riportato il testo completo originale della presunta citazione:
Questo post su Yahoo Answers cita una fonte (“Télam”) in modo generico. Télam è un'agenzia di stampa argentina: ma nel suo sito non c'è traccia delle parole attribuite al Papa dal post.
Più in generale, a parte questo post su Yahoo Answers non c'è in tutta Internet nessuna citazione della frase “las mujeres son naturalmente ineptas para ejercer cargos políticos” prima del 13 marzo 2013. Sembra molto sospetto che una notizia del genere, contenente una dichiarazione così esplosiva da parte dell'arcivescovo di Buenos Aires, non sia stata ripresa da nessuno in Argentina e in tutto il resto del mondo: né da un giornale, né da un blog. Eppure altre dichiarazioni di Bergoglio sulla Kirchner dello stesso periodo (11 giugno 2007) furono riprese eccome, per esempio da Lavanguardia.
Le citazioni della frase controversa iniziano a comparire il 13 marzo 2013, in occasione dell'elezione di Bergoglio, senza però riportare dettagli sull'origine della frase o sulle circostanze nelle quali sarebbe stata scritta o pronunciata. Anche chi indica una fonte, come VaticanCrimes, cita il post su Yahoo attribuendolo all'agenzia Télam ma senza linkare l'ipotetico originale.
Per il momento, quindi, tutto sembra indicare che la frase sia una bufala. Spetta a chi l'ha spacciata per buona dimostrare che è vera, indicando la fonte precisa e l'occasione esatta nella quale Bergoglio l'avrebbe espressa. Nel frattempo la correttezza impone di non farla circolare, a prescindere dalle simpatie o antipatie personali.
Fonti aggiuntive: Outono.net, Snopes.com, Lanacion.cl, Diariocritico.com, Univision.com.
2013-03-17 15:15-15:30. I lettori mi segnalano che l'UAAR (citata nell'immagine a inizio articolo) ha pubblicato una rettifica (anche su Facebook) e segnalano la smentita di Infocatolica e l'indagine di Giornalettismo.
2013-03-18. Dai commenti è emerso che l'articolo del TGCom è stato corretto senza dichiararlo. Inizialmente (come si vede ancora nella cache di Google, catturata qui accanto) era intitolato “Papa Francesco: "Donne inette per la politica"” e poi è diventato “Francesco: tante luci, qualche ombra”. La frase incriminata veniva riportata senza dubbi e senza “si dice”: quello che ora è “In Rete circola una dichiarazione mai smentita datata 2007” prima era “Dall'armadio rispunta anche una dichiarazione del 2007” e l'attuale “il cardinal Bergoglio avrebbe sottolineato” era inizialmente “il cardinal Bergoglio sottolineò”. Per carità, sbagliare è comprensibile, ma non ammetterlo e nascondere l'errore è disonesto.
“Le donne sono naturalmente inadatte agli incarichi politici. L'ordine naturale e i fatti ci insegnano che l'uomo è l'essere politico per eccellenza, le Scritture ci mostrano che la donna da sempre è il supporto dell'uomo che pensa e realizza, ma niente più di questo”. Questa è la frase attribuita al neoeletto Papa Francesco, l'argentino Jorge Mario Bergoglio. Ma è veramente sua?
Questa citazione viene ripresa e diffusa anche se manca, per ora, una conferma della sua autenticità. La serietà professionale e il buon senso imporrebbero di verificare un'affermazione così grave prima di pubblicarla e diffonderla. Le redazioni che la citano, invece di limitarsi a riportarla o dire che circola in Rete (LiberoQuotidiano, TgCom), potrebbero adoperarsi per scoprire come stanno i fatti. Ma finora nessuna testata giornalistica italofona, a quanto mi risulta, ha svolto indagini approfondite (aggiornamento: l'ha fatto Giornalettismo). Vediamo cosa riusciamo a fare noi?
Questo articolo è un punto di partenza intorno al quale radunare gli sforzi d'indagine su questa specifica affermazione e non si occuperà di altre asserzioni riguardanti Papa Francesco. Vi chiedo quindi sin da subito di restare in tema nei commenti.
La fonte più vecchia di questa citazione è, come mi ha segnalato il lettore motogio, un post su Yahoo Answers en Español del 2007 che riprende un altro post di Yahoo Answers Argentina datato 5 luglio 2007, nel quale viene riportato il testo completo originale della presunta citazione:
Buenos Aires, 4 de junio (Télam).- El arzobispo de Buenos Aires, cardenal Jorge Bergoglio, afirmó que "las mujeres son naturalmente ineptas para ejercer cargos políticos", refiriéndose a la candidatura presidencial de la Senadora Cristina Fernández de Kirchner.
"El orden natural y los hechos nos enseñan que el hombre es el ser político por excelencia; las Escrituras nos demuestran que la mujer siempre es el apoyo del hombre pensador y hacedor, pero nada más que eso".
En sus polémicas declaraciones, el arzobispo de Buenos Aires agregó que "hay que tener memoria; tuvimos una mujer como Presidente de la Nación y todos sabemos qué pasó", refiriéndose a la ex presidente Estela María Martínez de Perón.
Las organizaciones de derechos humanos y movimientos feministas no hicieron esperar su respuesta.
Questo post su Yahoo Answers cita una fonte (“Télam”) in modo generico. Télam è un'agenzia di stampa argentina: ma nel suo sito non c'è traccia delle parole attribuite al Papa dal post.
Più in generale, a parte questo post su Yahoo Answers non c'è in tutta Internet nessuna citazione della frase “las mujeres son naturalmente ineptas para ejercer cargos políticos” prima del 13 marzo 2013. Sembra molto sospetto che una notizia del genere, contenente una dichiarazione così esplosiva da parte dell'arcivescovo di Buenos Aires, non sia stata ripresa da nessuno in Argentina e in tutto il resto del mondo: né da un giornale, né da un blog. Eppure altre dichiarazioni di Bergoglio sulla Kirchner dello stesso periodo (11 giugno 2007) furono riprese eccome, per esempio da Lavanguardia.
Le citazioni della frase controversa iniziano a comparire il 13 marzo 2013, in occasione dell'elezione di Bergoglio, senza però riportare dettagli sull'origine della frase o sulle circostanze nelle quali sarebbe stata scritta o pronunciata. Anche chi indica una fonte, come VaticanCrimes, cita il post su Yahoo attribuendolo all'agenzia Télam ma senza linkare l'ipotetico originale.
Per il momento, quindi, tutto sembra indicare che la frase sia una bufala. Spetta a chi l'ha spacciata per buona dimostrare che è vera, indicando la fonte precisa e l'occasione esatta nella quale Bergoglio l'avrebbe espressa. Nel frattempo la correttezza impone di non farla circolare, a prescindere dalle simpatie o antipatie personali.
Fonti aggiuntive: Outono.net, Snopes.com, Lanacion.cl, Diariocritico.com, Univision.com.
Aggiornamenti
2013-03-17 15:15-15:30. I lettori mi segnalano che l'UAAR (citata nell'immagine a inizio articolo) ha pubblicato una rettifica (anche su Facebook) e segnalano la smentita di Infocatolica e l'indagine di Giornalettismo.
2013-03-18. Dai commenti è emerso che l'articolo del TGCom è stato corretto senza dichiararlo. Inizialmente (come si vede ancora nella cache di Google, catturata qui accanto) era intitolato “Papa Francesco: "Donne inette per la politica"” e poi è diventato “Francesco: tante luci, qualche ombra”. La frase incriminata veniva riportata senza dubbi e senza “si dice”: quello che ora è “In Rete circola una dichiarazione mai smentita datata 2007” prima era “Dall'armadio rispunta anche una dichiarazione del 2007” e l'attuale “il cardinal Bergoglio avrebbe sottolineato” era inizialmente “il cardinal Bergoglio sottolineò”. Per carità, sbagliare è comprensibile, ma non ammetterlo e nascondere l'errore è disonesto.
2013/03/16
Disinformatico radio 2013-03-15, podcast pronto
È disponibile il podcast della puntata di ieri del Disinformatico radiofonico. Ecco i temi e i rispettivi articoli d'accompagnamento:
- Antivirus AVG cancella un pezzo di Windows, blocca i PC
- Quanto è facile spiare attraverso le webcam
- Le parole di Internet: RATter
- Google Reader chiude a luglio: che fare?
- Nomi infelici di prodotti informatici (ma non solo)
2013/03/15
Nomi infelici di prodotti informatici (ma non solo)
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 15/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
È una delle
regole fondamentali del commercio: quando si sceglie il nome di un
prodotto bisogna sempre pensare se rischia di essere letto in modo
ambiguo o se ha un significato imbarazzante in un'altra lingua molto
diffusa, specialmente se la lingua in questione è quella di un paese
nel quale verrà messo in vendita.
La storia del
marketing è ricca di passi falsi. Alcuni hanno avuto poche
conseguenze, come Wii per Nintendo (“wee”
in inglese significa “pipì”),
altri hanno giocato intenzionalmente con i doppi sensi, come la marca
di palle da biliardo Elephant
Balls. In Nuova Zelanda esisteva una bibita denominata SARS (come
il virus della famigerata pandemia). Ma la maggior parte dei migliori
(o peggiori) nomi inadatti di prodotti è figlia della disattenzione.
Per esempio, intorno al 2006 Ikea mise in vendita un tavolino per
bambini chiamato "Fartfull"
(“pieno di flatulenza”).
Notevole anche lo scivolone del sito d'arte Speed of Art, che scelse
www.speedofart.com
senza considerare che significava "peto dentro
un costume da bagno"
(Speedo fart).
E come dimenticare la FART, Ferrovie
Autolinee Regionali Ticinesi, il cui acronimo FART suscita
l'ilarità di tanti turisti anglofoni increduli.
Ma è in
campo informatico che si registrano le perle più bizzarre. Experts
Exchange, un sito per la consultazione di esperti in informatica e
tecnologia, scelse il nome Expertsexchange.com, che molti
interpretarono come “expert sex change”,
ossia “cambiamento di sesso da esperti”.
Oggi il sito ha aggiunto un trattino
per evitare richieste non pertinenti. Nel 2002 il sito della Powergen
Italia di Arezzo aveva il nome Powergenitalia.com (come documentato
da Archive.org qui) senza considerare che gli inglesi l'avrebbero
interpretato come “power genitalia”,
ossia “genitali potenti”.
Oggi il nome è stato acquisito da un'attività più pertinente, per
cui non è opportuno visitarlo dal luogo di lavoro.
Infelice fu
anche la scelta della tedesca Trekstor, che mise in vendita un
lettore MP3 denominato i.Beat e ne fece una versione nera chiamata
“i.Beat blaxx":
un nome che fu subito interpretato come “io picchio
i neri”.
L'apoteosi
del doppio senso involontario, però, arriva dal Windows Store di
Microsoft, dove fino a pochi giorni fa c'era un'applicazione
della canadese SurfaceSoft che era una calcolatrice nella quale si
scrivevano i numeri tracciandoli con le dita: il software
decodificava la scrittura e risolveva il calcolo. Le dita erano
insomma pennini d'inchiostro e l'app era una calcolatrice. In
inglese, “inchiostro"
si dice “ink" e
"calcolatrice"
si dice "calculator".
Indovinate in che modo gli autori dell'app hanno fuso le due parole
per dare un nome alla propria creatura.
L'app è
stata rimossa
e ribattezzata Kanakku
(parola tamil che significa
“matematica”),
ma il link al
vecchio nome funziona tuttora.
Fonti: Snopes.com,
ListVerse
Le parole di Internet: RATter
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 15/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
RATter.
Persona che usa del software per amministrazione remota di computer
per entrare nei computer di altre persone a loro insaputa e spiarne
il contenuto, controllarne l'attività, commettere estorsioni o fare
scherzi.
In inglese
“ratter”
significa “cacciatore di topi”
e “RAT”
è l'acronimo di “remote administration tool”,
ossia “strumento per l'amministrazione a distanza”:
un programma che è di per sé legittimo se usato con il consenso
dell'utente amministrato ma si presta anche a usi illegali.
Esistono sia
ratter criminali, ossia persone che usano illegalmente le funzioni
dei software di amministrazione remota, sia ratter ufficiali, per
esempio gli agenti delle forze dell'ordine che infettano i computer
dei sospettati o sorvegliati con un software che consente loro di
monitorare anche i microfoni e le webcam collegate ai computer in
questione.
Esempi di RAT
sono Teamviewer (prodotto
commerciale), il malware Flame (creato per l'uso da parte delle forze
anticrimine) e DarkComet (gratuito).
Quanto è facile spiare attraverso le webcam
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 15/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Ars Technica ha pubblicato un’indagine approfondita sul fenomeno degli spioni via Internet: gente che infetta computer a caso per poter vedere cosa c’è sullo schermo dei loro utenti, accenderne la webcam e il microfono e sfogliarne i file, alla ricerca di password o immagini intime o imbarazzanti, a scopo di voyeurismo o estorsione oppure per fare scherzi pesanti, facendo sembrare che il computer sia posseduto (per esempio aprendo il cassetto del CD oppure prendendo il controllo del mouse e della tastiera).
L’operazione è sorprendentemente facile: bastano programmi appositamente confezionati, che spesso sfuggono agli antivirus, e basta convincere le vittime a installarli. La tecnica di persuasione tipica è diffondere sui circuiti di scambio di video e software piratati un file contenente uno di questi programmi-spia ed etichettato con il nome di un film di prima visione o di un brano musicale molto richiesto.
Ci sono persino libri che spiegano i dettagli e si possono addirittura noleggiare (a pagamento o gratis) vittime già infettate da altri. Il software-spia permette di sorvegliare contemporaneamente moltissime vittime (chiamate “schiavi” in gergo) tramite un vero e proprio pannello di controllo: pochi clic e si può guardare lo schermo o la webcam di una qualunque delle vittime che in quel momento sono collegate a Internet.
La spia luminosa che avvisa la vittima che la webcam è attiva non è un problema: basta scegliere vittime il cui computer non ha questa lucetta oppure convincere la vittima che la luce lampeggia per indicare un aggiornamento in corso.
Ovviamente questo comportamento è illegale e irrita enormemente le vittime, ma a volte ha conseguenze positive: infatti ci sono anche coloro che usano questi programmi-spia per scoprire e tracciare chi ha rubato materialmente il loro computer.
La difesa è molto semplice: non scaricare software di origine discutibile, usare un antivirus aggiornato e, come ultima linea di difesa, mettere un tappo oppure un pezzo di nastro adesivo opaco davanti all’obiettivo della webcam.
Google Reader chiude a luglio: che fare?
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 15/3/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione. È stato inoltre aggiornato dopo la
pubblicazione iniziale.
Infine, se la
soluzione che avete scelto lo consente, importate i dati che avete
scaricato da Google Reader, seguendo queste
istruzioni: eviterete di dover reimmettere a mano tutti i nomi
dei siti che leggete tramite i feed RSS e conserverete anche
l'indicazione degli articoli che avete letto e di quelli che avete
segnalato tra i vostri preferiti.
Se siete
lettori assidui di notizie via Internet, probabilmente usate i feed
RSS per aggregare gli articoli e avere sott'occhio tutte le novità
pubblicate dai vostri siti preferiti. Purtroppo Google
Reader, un popolarissimo servizio di Google che permette
quest'aggregazione senza dover installare alcun software, chiuderà i
battenti il primo luglio di quest'anno, come annunciato
dal blog ufficiale di Google.
La prima cosa
da fare è scaricare una copia dei propri dati custoditi da Google
Reader in modo da poterli utilizzare altrove. L'operazione è
piuttosto semplice: andate a questa
pagina di Google e cliccate sull'apposito link per scaricare i
vostri dati. Cliccate poi su "Crea archivio"
e attendete qualche minuto che Google generi l'archivio (volendo,
potete farvi avvisare via mail quando è pronto).
La seconda
cosa da fare è scegliersi un servizio alternativo, via Web o come
programma da installare. L'annuncio della chiusura di Google Reader è
ancora fresco, per cui non è ancora nato un consenso in Rete sui
migliori servizi sostitutivi. Però si possono elencare le tantissime
opzioni disponibili per computer, tablet e smartphone: Google
Currents (Android e iOS), Feedly,
Flipboard (iOS,
Android),
NetNewsWire, NetVibes,
NewsBlur, Pulse,
Taptu, The
Old Reader, Zite (Android,
iOS).
Attenzione,
in particolare, a non passare a FeedDemon
o Reeder, che si basano proprio
sulla disponibilità di Google Reader e quindi cesseranno di
funzionare all'inizio di luglio.
Antivirus AVG cancella un pezzo di Windows, blocca i PC
Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 15/3/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.
Si dice che volte il rimedio è peggiore della malattia, e gli antivirus per computer ogni tanto rispettano questa regola proverbiale alla lettera. Solitamente un antivirus dovrebbe vigilare sui file presenti nel computer e bloccare quelli nuovi che risultano infetti o pericolosi, ma ogni tanto questo meccanismo s'inceppa e nascono i “falsi positivi”: file che l'antivirus ritiene infetti ma che in realtà sono innocui.
Il problema non è grave se il falso positivo è un documento o un altro file non essenziale. Ma quando l'antivirus va in allarme per un file che fa parte del sistema operativo la faccenda può avere conseguenze pesanti. È quello che è successo ieri (14 marzo) agli utenti dell'antivirus AVG, il cui aggiornamento del mattino riconosceva come infetto il file wintrust.dll, che in realtà era un normale file di sistema di Windows. AVG segnalava inoltre come pericolosi anche i programmi che cercavano di accedere a questo file.
Gli utenti che seguivano il consiglio di AVG e cancellavano il file non potevano più riavviare Windows. Per fortuna il successivo aggiornamento dell'antivirus, distribuito qualche ora più tardi, ha risolto l'errore, ma questo non ha aiutato chi nel frattempo aveva riavviato Windows e si è trovato con il computer bloccato.
Incidenti come questo sono irritanti e sono capitati anche ad altri produttori (Sophos, Avira, Bitdefender, per esempio), ma non è il caso di rinunciare alla protezione quotidiana offerta dagli antivirus se il computer è connesso a Internet o scambia dati con altri computer. Soprattutto per le versioni non recenti di Windows c'è una quantità enorme di malware in circolazione in Rete, principalmente sotto forma di cavalli di Troia (trojan horse).
Si dice che volte il rimedio è peggiore della malattia, e gli antivirus per computer ogni tanto rispettano questa regola proverbiale alla lettera. Solitamente un antivirus dovrebbe vigilare sui file presenti nel computer e bloccare quelli nuovi che risultano infetti o pericolosi, ma ogni tanto questo meccanismo s'inceppa e nascono i “falsi positivi”: file che l'antivirus ritiene infetti ma che in realtà sono innocui.
Il problema non è grave se il falso positivo è un documento o un altro file non essenziale. Ma quando l'antivirus va in allarme per un file che fa parte del sistema operativo la faccenda può avere conseguenze pesanti. È quello che è successo ieri (14 marzo) agli utenti dell'antivirus AVG, il cui aggiornamento del mattino riconosceva come infetto il file wintrust.dll, che in realtà era un normale file di sistema di Windows. AVG segnalava inoltre come pericolosi anche i programmi che cercavano di accedere a questo file.
Gli utenti che seguivano il consiglio di AVG e cancellavano il file non potevano più riavviare Windows. Per fortuna il successivo aggiornamento dell'antivirus, distribuito qualche ora più tardi, ha risolto l'errore, ma questo non ha aiutato chi nel frattempo aveva riavviato Windows e si è trovato con il computer bloccato.
Incidenti come questo sono irritanti e sono capitati anche ad altri produttori (Sophos, Avira, Bitdefender, per esempio), ma non è il caso di rinunciare alla protezione quotidiana offerta dagli antivirus se il computer è connesso a Internet o scambia dati con altri computer. Soprattutto per le versioni non recenti di Windows c'è una quantità enorme di malware in circolazione in Rete, principalmente sotto forma di cavalli di Troia (trojan horse).
2013/03/14
Tablet vs. carta
Ogni tanto qualcuno riesce ancora a creare uno spot pubblicitario che fa divertire. Buona visione.
2013/03/13
Promemoria: Francesco non è “il primo papa extraeuropeo”
No, il neoeletto Francesco non è affatto il primo papa non europeo. Non è neanche il secondo dopo San Pietro. Ce ne sono stati, secondo la prima conta veloce già pubblicata dal Washington Post, almeno una decina.
Complimenti quindi a La Stampa (in un articolo del 2 marzo ora particolarmente profetico), al Sole 24 Ore e a tutti gli altri che hanno dimenticato la regola d'oro: controllare sempre tutto, e ricordarsi che nel dubbio il silenzio è sempre un'opzione più che dignitosa.
Grazie a tutti coloro che mi hanno segnalato la perla.
Complimenti quindi a La Stampa (in un articolo del 2 marzo ora particolarmente profetico), al Sole 24 Ore e a tutti gli altri che hanno dimenticato la regola d'oro: controllare sempre tutto, e ricordarsi che nel dubbio il silenzio è sempre un'opzione più che dignitosa.
Grazie a tutti coloro che mi hanno segnalato la perla.
Eletto il Papa, per il Corriere le campane fumano
Corriere: “Alle 19.06 fumata bianca dal comignolo sulla Cappella Sistina, e dai fedeli radunati in Piazza San Pietro si è levato un boato di gioia, mentre le campane della basilica hanno cominciato a fumare.”
Giornalismo.
Grazie a pietro.mo* per la segnalazione.
2013/03/08
Disinformatico radio, il podcast di oggi
Il podcast della puntata di stamattina del Disinformatico radiofonico è pronto da scaricare. Prima che me lo chiediate: non c'è un podcast della settimana scorsa (1 marzo) perché la trasmissione ha saltato una settimana.
In questa puntata ho parlato di questi argomenti (i link portano ai rispettivi articoli con i dettagli) e anche di Dita Von Teese che ha presentato il primo vestito stampato con una stampante 3D:
In questa puntata ho parlato di questi argomenti (i link portano ai rispettivi articoli con i dettagli) e anche di Dita Von Teese che ha presentato il primo vestito stampato con una stampante 3D:
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Pagine per dispositivi mobili
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