L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Per il Darwin Day 2015 sarò ospite dell'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti a Brescia oggi alle 15, presso l'ARCI in via del Risorgimento 18, per una conferenza intitolata Selezione innaturale: perché le bufale sull'evoluzione hanno successo.
Se vi interessa fare due chiacchiere sul perché gli scienziati non credono all'evoluzione (sì, avete letto bene)* e sulle ragioni per le quali un'idea così profonda e geniale incontra ancora così tante resistenze e spesso non viene capita correttamente neanche dai suoi sostenitori, o se semplicemente volete celebrare in compagnia il compleanno di un grandissimo pensatore che ha avuto il coraggio di scendere dal piedistallo e accettare la realtà per quella che era nella sua grandiosità, è la vostra occasione. Tutti i dettagli sono qui sul sito dell'UAAR. Vi aspetto.
*Perché lo scienziato non crede ai fatti: li accetta.
Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
Informativa privacy e cookie: Questo blog include cookie di terze parti. Non miei (dettagli)
Prossimi eventi pubblici – Donazioni – Sci-Fi Universe
2015/02/28
2015/02/27
Podcast del Disinformatico del 2015/02/27
È disponibile per lo scaricamento il
podcast per la puntata di oggi del Disinformatico della
Radiotelevisione Svizzera. Buon ascolto!
Una vita lunga e prospera: Leonard Nimoy, Spock di Star Trek, è morto a 83 anni
Leonard Nimoy, attore reso celebre in tutto il mondo dal ruolo di Spock in Star Trek, si è spento oggi a 83 anni. Lo ha annunciato il New York Times.
Nimoy era affetto da tempo da una malattia polmonare ostruttiva cronica allo stadio terminale, che l'attore ha attribuito al fumo, abitudine che aveva smesso trent'anni fa. Negli ultimi tempi aveva scritto su Twitter della propria sofferenza nel respirare e aveva invitato tutti ad abbandonare questo veleno: “Non fumate. Io fumavo. Vorrei non averlo mai fatto.”
Nei giorni scorsi era stato ricoverato in ospedale, ma si è spento a casa a Bel Air. Lascia la moglie, Susan, e i figli Adam e Julie. La sua carriera è stata vasta e lunghissima, sia come attore cinematografico e televisivo, sia come regista (Tre scapoli e un bebé, Rotta verso la Terra e molti altri film), ma tutti lo conoscono come il signor Spock di Star Trek, metà umano e metà vulcaniano, cultore della logica e della scienza come soluzione ai problemi e acuto osservatore della condizione umana.
Nimoy era stato in Italia nel 2002 alla Sticcon di Bellaria: un incontro emozionante che racconto qui con alcune foto.
Per me, che seguo Star Trek sin dalla fine degli anni Sessanta, Nimoy/Spock è sempre stato parte della vita. La sua logica, il suo aplomb, la sua sottile ironia mi hanno insegnato tanto e mi mancheranno immensamente. Star Trek e Spock non erano soltanto un telefilm di fantascienza e un tizio con le orecchie a punta: erano un modello di comportamento da cui farsi ispirare, una visione positiva del futuro che oggi non è più di moda ma che ha dato speranza nel futuro a tanti della mia generazione.
Spock era il nerd supremo. Per un certo ragazzino mingherlino che viveva in un paesino della Lombardia degli anni Settanta, innamorato della scienza e dello spazio ma tagliato fuori quasi completamente dalle fonti alle quali saziare la propria sete di sapere, attorniato da coetanei il cui orizzonte mentale raramente andava oltre i pali della porta del campetto di calcio, scoprire con Star Trek che là fuori c'era qualcuno come lui, che veniva accettato e anzi rispettato, anche se soltanto in un telefilm, è stato un toccasana.
Finita l'ultima copia di Scientific American comprato con fatica da papà in aeroporto, rilette per l'ennesima volta le struggenti Cronache Marziane di Ray Bradbury, c'erano i libri di Star Trek scritti da James Blish, che facevano rivivere le puntate televisive (all'epoca non c'erano videoregistratori e in Italia Star Trek non c'era comunque) e mandavano tra le righe un messaggio che non aveva bisogno del tenente Uhura (donna, e per di più di colore, ma trattata alla pari cinquant'anni fa) per essere decodificato, ed è valido ancora adesso. Non sei solo: ci sono altri come te, e sii fiero della tua diversità.
Se oggi io sono quello che sono, è anche per merito di Spock e di Star Trek. Per questo, e per molto altro, grazie di cuore, signor Nimoy. I am, and always shall be, your friend.
Nimoy era affetto da tempo da una malattia polmonare ostruttiva cronica allo stadio terminale, che l'attore ha attribuito al fumo, abitudine che aveva smesso trent'anni fa. Negli ultimi tempi aveva scritto su Twitter della propria sofferenza nel respirare e aveva invitato tutti ad abbandonare questo veleno: “Non fumate. Io fumavo. Vorrei non averlo mai fatto.”
Don't smoke. I did. Wish I never had. LLAP
— Leonard Nimoy (@TheRealNimoy) January 11, 2015
Nei giorni scorsi era stato ricoverato in ospedale, ma si è spento a casa a Bel Air. Lascia la moglie, Susan, e i figli Adam e Julie. La sua carriera è stata vasta e lunghissima, sia come attore cinematografico e televisivo, sia come regista (Tre scapoli e un bebé, Rotta verso la Terra e molti altri film), ma tutti lo conoscono come il signor Spock di Star Trek, metà umano e metà vulcaniano, cultore della logica e della scienza come soluzione ai problemi e acuto osservatore della condizione umana.
Nimoy era stato in Italia nel 2002 alla Sticcon di Bellaria: un incontro emozionante che racconto qui con alcune foto.
Per me, che seguo Star Trek sin dalla fine degli anni Sessanta, Nimoy/Spock è sempre stato parte della vita. La sua logica, il suo aplomb, la sua sottile ironia mi hanno insegnato tanto e mi mancheranno immensamente. Star Trek e Spock non erano soltanto un telefilm di fantascienza e un tizio con le orecchie a punta: erano un modello di comportamento da cui farsi ispirare, una visione positiva del futuro che oggi non è più di moda ma che ha dato speranza nel futuro a tanti della mia generazione.
Spock era il nerd supremo. Per un certo ragazzino mingherlino che viveva in un paesino della Lombardia degli anni Settanta, innamorato della scienza e dello spazio ma tagliato fuori quasi completamente dalle fonti alle quali saziare la propria sete di sapere, attorniato da coetanei il cui orizzonte mentale raramente andava oltre i pali della porta del campetto di calcio, scoprire con Star Trek che là fuori c'era qualcuno come lui, che veniva accettato e anzi rispettato, anche se soltanto in un telefilm, è stato un toccasana.
Finita l'ultima copia di Scientific American comprato con fatica da papà in aeroporto, rilette per l'ennesima volta le struggenti Cronache Marziane di Ray Bradbury, c'erano i libri di Star Trek scritti da James Blish, che facevano rivivere le puntate televisive (all'epoca non c'erano videoregistratori e in Italia Star Trek non c'era comunque) e mandavano tra le righe un messaggio che non aveva bisogno del tenente Uhura (donna, e per di più di colore, ma trattata alla pari cinquant'anni fa) per essere decodificato, ed è valido ancora adesso. Non sei solo: ci sono altri come te, e sii fiero della tua diversità.
Se oggi io sono quello che sono, è anche per merito di Spock e di Star Trek. Per questo, e per molto altro, grazie di cuore, signor Nimoy. I am, and always shall be, your friend.
Nerdcensione: “Cinquanta Sfumature di Grigio”
Ménage à trois: lei, lui, e l'Audi inquadrata per caso. |
Che cosa succede se chiedi a un malato d'informatica di recensire un film-evento come Cinquanta sfumature di grigio? Questo.
Titolo: Cinquanta sfumature di grigio.
Sottotitolo: Da #050505 a #fafafa (fonte: Siamogeek).
Trama: In un bizzarro universo parallelo nel quale i computer della Apple dominano il mercato e Windows non esiste,* Christian, un utente Apple molto facoltoso, fa lo stalker nei confronti di Anastasia, un'imbranatissima utente di computer di marca imprecisata che vive insieme a un'altra ragazza, che per un'inquietante coincidenza usa anche lei computer della Apple.* Fra Christian e Anastasia nasce una torrida storia di passione informatica: lui le regala un nuovo computer, guarda caso della Apple.* Lei lo usa e concede a Christian il proprio primo, ehm, unboxing,* ma poi lo tradisce portandosi a letto il proprio vecchio laptop non-Apple.* Christian insiste nel suo tentativo di conversione ai piaceri di MacOS proponendole numerose demo delle grosse e costose periferiche di cui si è dotato.* Ma Anastasia, a differenza degli utenti comuni, legge attentamente la EULA che lui le ha proposto* e dopo un periodo di prova abbandona Christian, perché non vuole sentirsi legata.*
*succede davvero nel film.
“Riesco a esprimermi meglio quando ho per puro caso un Mac aperto ma spento davanti a me.” |
In una storia di corde, frustini e dominazione è importante che lo spettatore non abbia dubbi sulla marca di computer usata dalle segretarie del signor Grey. |
Un'altra inquadratura, caso mai non si fosse ancora capita la marca. |
Un computer lasciato sul tavolo. Chissà che modello di Mac è. |
Ah, perfetto. Così si legge anche la scritta MacBook Air. Caso mai non si fosse capito che è un Mac. |
Sarà ricchissimo ma taccagno sulla luce elettrica, oppure la penombra serve a far risaltare il bagliore del logo Apple? |
Christian Grey è maestro di molti piaceri, ma soprattutto dell'arte d'impugnare un iPhone senza coprirne il logo. |
Massì, dai, mostriamo ancora un computer di una marca a caso. |
“Diciamoci qualcosa di insignificante intanto che viene inquadrato non solo il Mac, con il logo ben illuminato, ma anche la sua scatola.” |
“Lo so, ti blocchi sul più bello, sei brutto, plasticoso e lento, ma fatti toccare un'ultima volta, con sentimento.” |
“Vieni, ti mostro come sono bravo con il mio joystick.” |
“Audi, Audi, Audi... Tesla! Possiamo prendere la Tesla?” “No. Elon Musk non ha pagato la sponsorizzazione.” |
“La lasci qui? Ma questo aeroporto non ha un parcheggio?” “Ce l'ha, ma il regista deve inquadrare la marca dell'auto. Non rompere.” |
“AAAAAH!! Inciampo nelle porte e vomito per un nonnulla, e tu mi porti a fare acrobazie in aliante? Ma non puoi portarmi fuori a cena come fanno tutti gli altri?” |
Anastasia legge la EULA. “Spanking? Sarà una roba tipo home banking ma con lo spam?” |
Perlomeno in questo contratto dicono le cose come stanno realmente, altro che “Fornitore” e “Cliente”. |
Cose nerd con le quali dimostrare che siete completamente presi dal film: Fate notare che l'interfaccia dell'iPhone di Christian è sbagliata, perché i messaggini che Anastasia manda a Christian compaiono in riquadri blu anziché verdi come dovrebbero essere (sono SMS, non messaggi di iMessage o mandati da un altro iPhone, perché Anastasia usa un telefonino non-Apple).
Segnalate che nella rubrica dell'iPhone di Christian il numero di Anastasia compare con un'opzione di chiamata FaceTime, cosa impossibile perché appunto Anastasia non ha un iPhone: cosa rappresentano questi indizi? Christian se la fa in multitasking con un'altra Anastasia che ha un iPhone?
Infine, quando Christian chiude il proprio Mac all'arrivo di Anastasia, attirate l'attenzione sul fatto che la mela sul retro del suo schermo non è illuminata come dovrebbe esserlo, per cui stava guardando uno schermo spento invece di lavorarci. Come mai fingeva di guardare qualcosa sul Mac?
“Il mio Mac è così bello che spesso lo guardo e ne accarezzo i bordi mentre è spento. Non lo fanno tutti?” |
Credit: Entertainment Democracy. |
Vince la Net Neutrality, evviva! Ma cos’è?
Ieri la Federal Communications Commission (FCC) statunitense ha approvato un piano per regolamentare Internet come infrastruttura pubblica essenziale, introducendo nuove regole di neutralità della Rete (net neutrality). In pratica, tutto il traffico di Internet dovrà essere trattato alla pari e le aziende non potranno pagare per far arrivare i propri dati agli utenti più rapidamente di quelli delle aziende concorrenti.
Questa neutralità rende più democratica la Rete, consentendo per esempio al blogger di non essere soffocato dai grandi siti d'informazione o alle nuove aziende online di competere con quelle esistenti senza dover investire capitali ingenti per garantirsi la trasmissione non frenata dei propri contenuti. Fondamentalmente, si è svolta una battaglia per il controllo di Internet e l'hanno vinta gli utenti.
Molti dei più grandi fornitori di accesso a Internet hanno fatto intensa attività di lobbying per ottenere la creazione di una Rete a due velocità, ma la mobilitazione degli utenti ha avuto la meglio. Quello che distingue questa mobilitazione da molte altre è il fatto che è stata organizzata usando proprio il servizio che era a rischio. Loro malgrado, i provider hanno scoperto che agli utenti di Internet, guarda caso, importa molto di Internet.
Se gli utenti ci guadagnano, mantenendo una Rete libera e aperta, senza utenti di prima classe e utenti di seconda classe, i fornitori d'accesso ci perdono, perché non potranno usare una struttura di prezzi differenziati come fonte di guadagno e quindi avranno meno denaro da investire nel potenziamento delle infrastrutture tecniche.
Questa neutralità rende più democratica la Rete, consentendo per esempio al blogger di non essere soffocato dai grandi siti d'informazione o alle nuove aziende online di competere con quelle esistenti senza dover investire capitali ingenti per garantirsi la trasmissione non frenata dei propri contenuti. Fondamentalmente, si è svolta una battaglia per il controllo di Internet e l'hanno vinta gli utenti.
Molti dei più grandi fornitori di accesso a Internet hanno fatto intensa attività di lobbying per ottenere la creazione di una Rete a due velocità, ma la mobilitazione degli utenti ha avuto la meglio. Quello che distingue questa mobilitazione da molte altre è il fatto che è stata organizzata usando proprio il servizio che era a rischio. Loro malgrado, i provider hanno scoperto che agli utenti di Internet, guarda caso, importa molto di Internet.
Se gli utenti ci guadagnano, mantenendo una Rete libera e aperta, senza utenti di prima classe e utenti di seconda classe, i fornitori d'accesso ci perdono, perché non potranno usare una struttura di prezzi differenziati come fonte di guadagno e quindi avranno meno denaro da investire nel potenziamento delle infrastrutture tecniche.
Il vostro sito è compatibile con i dispositivi mobili? Chiedetelo gratis a Google
L'uso di Internet dai dispositivi mobili continua a crescere rispetto a quello su dispositivi fissi, ed è quindi importante, per chi gestisce un sito, verificare che sia compatibile con tablet e smartphone.
Basta poco per essere incompatibili: per esempio, l'uso di testo troppo piccolo, il piazzamento di link microscopici o troppo vicini impossibili da attivare toccandoli con un dito, l'impostazione di pagine larghissime che obbligano a scorrimenti laterali continui, oppure l'uso di Flash (non supportato dai dispositivi Apple).
Ci sono numerosi strumenti di validazione della compatibilità con i dispositivi mobili, ma sono quasi tutti a pagamento o macchinosi da usare. Per venire incontro all'esigenza crescente di verifiche di compatibilità, Google propone ora una pagina Web di test gratuito, nella quale basta immettere l'indirizzo della pagina da testare. Inoltre Google aggiungerà prossimamente un'etichetta Ottimizzato per dispositivi mobili ai suoi risultati di ricerca dedicati appunto ai dispositivi mobili se la pagina soddisfa i principali criteri di compatibilità.
Basta poco per essere incompatibili: per esempio, l'uso di testo troppo piccolo, il piazzamento di link microscopici o troppo vicini impossibili da attivare toccandoli con un dito, l'impostazione di pagine larghissime che obbligano a scorrimenti laterali continui, oppure l'uso di Flash (non supportato dai dispositivi Apple).
Ci sono numerosi strumenti di validazione della compatibilità con i dispositivi mobili, ma sono quasi tutti a pagamento o macchinosi da usare. Per venire incontro all'esigenza crescente di verifiche di compatibilità, Google propone ora una pagina Web di test gratuito, nella quale basta immettere l'indirizzo della pagina da testare. Inoltre Google aggiungerà prossimamente un'etichetta Ottimizzato per dispositivi mobili ai suoi risultati di ricerca dedicati appunto ai dispositivi mobili se la pagina soddisfa i principali criteri di compatibilità.
LinkedIn risarcisce per le password rubate: un dollaro a testa
Una delle raccomandazioni più frequenti e più largamente ignorate di tutta la sicurezza informatica è non usare la stessa password in più di un sito e non fidarsi della capacità dei social network di custodire le password degli utenti, perché se sbagliano qualcosa la faranno franca. La dimostrazione perfetta di questa regola è arrivata di recente a proposito di LinkedIn.
Nel 2012 LinkedIn fu colpita dal furto di 6,5 milioni di password a causa di un suo errore madornale: le custodiva senza fare salting (ossia cifrandole senza aggiungervi una sequenza casuale di bit per rendere difficile decifrarle in caso di furto). Circa 800.000 utenti americani dei servizi premium di LinkedIn hanno avviato una class action che è arrivata adesso a un accordo: un risarcimento di 1,25 milioni di dollari. In pratica, tolte le parcelle degli avvocati, per ciascun utente colpito spetta grosso modo un dollaro, magari qualcosina di più se il numero delle richieste di risarcimento è minore del numero dei partecipanti alla class action.
In altre parole, se un social network commette un errore grave nel custodire la password che protegge il vostro account e vi causa perdite di lavoro, di amicizie o di reputazione, affari vostri, e non importa se dice che “prende molto sul serio la privacy e la sicurezza dei suoi membri”. Tenetelo presente prima di affidare i vostri dati e le vostre comunicazioni a questi servizi.
Nel 2012 LinkedIn fu colpita dal furto di 6,5 milioni di password a causa di un suo errore madornale: le custodiva senza fare salting (ossia cifrandole senza aggiungervi una sequenza casuale di bit per rendere difficile decifrarle in caso di furto). Circa 800.000 utenti americani dei servizi premium di LinkedIn hanno avviato una class action che è arrivata adesso a un accordo: un risarcimento di 1,25 milioni di dollari. In pratica, tolte le parcelle degli avvocati, per ciascun utente colpito spetta grosso modo un dollaro, magari qualcosina di più se il numero delle richieste di risarcimento è minore del numero dei partecipanti alla class action.
In altre parole, se un social network commette un errore grave nel custodire la password che protegge il vostro account e vi causa perdite di lavoro, di amicizie o di reputazione, affari vostri, e non importa se dice che “prende molto sul serio la privacy e la sicurezza dei suoi membri”. Tenetelo presente prima di affidare i vostri dati e le vostre comunicazioni a questi servizi.
Il meme della settimana: le linee misteriose dei Joy Division
È un'immagine molto diffusa e affascinante nella sua enigmaticità: una serie di linee orizzontali bianche su sfondo nero che s'innalzano nella zona centrale, formando l'illusione di una catena montuosa o di strati successivi di ...qualcosa. Ma cos'è? Se lo chiede, per esempio, la T-shirt mostrata qui accanto, riprendendo una domanda frequente degli internauti. Come tanti memi, anche questo s'incontra un po' dappertutto ma spesso non se ne conosce il significato o l'origine.
Si tratta della copertina del primo album della band britannica Joy Division, intitolato Unknown Pleasures (“piaceri sconosciuti”) e uscito nel 1979. Il disco (all'epoca la musica era distribuita su supporti circolari analogici di vinile) è considerato uno dei più influenti del periodo e del genere post-punk.
Si sapeva da tempo che la copertina era opera di Peter Saville e che le linee rappresentano gli impulsi radio di una stella molto particolare: la prima pulsar mai scoperta, denominata CP1919 e individuata nel 1967. La regolarità straordinaria dei suoi segnali radio fece pensare inizialmente che si trattasse di un radiofaro extraterrestre. Saville prese l'immagine dalla Cambridge Encyclopaedia of Astronomy del 1977, ma la Encyclopaedia da dove l'aveva presa? Questo era il mistero.
L'origine dell'immagine della copertina è rimasta sconosciuta fino a poco tempo fa, quando è stata identificata da Jen Christiansen di Scientific American, che ha sfogliato ossessivamente le pubblicazioni astronomiche dell'epoca e alla fine ha trovato una tesi di dottorato, intitolata Radio Observations of the Pulse Profiles and Dispersion Measures of Twelve Pulsars, scritta nel 1970 da un certo Harold D. Craft. In quella tesi c'era l'immagine in questione, mostrata qui accanto e generata già allora tramite computer per cercare di far emergere visivamente eventuali schemi ricorrenti.
L'autore per tutti questi anni era rimasto all'oscuro della popolarità del suo grafico. Tutta la vicenda, con dettagli sulla tecnologia dell'epoca e sulla genesi di una delle più eleganti visualizzazioni di dati scientifici, è qui su Scientific American.
Si tratta della copertina del primo album della band britannica Joy Division, intitolato Unknown Pleasures (“piaceri sconosciuti”) e uscito nel 1979. Il disco (all'epoca la musica era distribuita su supporti circolari analogici di vinile) è considerato uno dei più influenti del periodo e del genere post-punk.
Si sapeva da tempo che la copertina era opera di Peter Saville e che le linee rappresentano gli impulsi radio di una stella molto particolare: la prima pulsar mai scoperta, denominata CP1919 e individuata nel 1967. La regolarità straordinaria dei suoi segnali radio fece pensare inizialmente che si trattasse di un radiofaro extraterrestre. Saville prese l'immagine dalla Cambridge Encyclopaedia of Astronomy del 1977, ma la Encyclopaedia da dove l'aveva presa? Questo era il mistero.
La copertina di Unknown Pleasures su vinile. "Unknown Pleasures Joy Division LP sleeve" by Source (WP:NFCC#4). Licensed under Fair use via Wikipedia. |
L'origine dell'immagine della copertina è rimasta sconosciuta fino a poco tempo fa, quando è stata identificata da Jen Christiansen di Scientific American, che ha sfogliato ossessivamente le pubblicazioni astronomiche dell'epoca e alla fine ha trovato una tesi di dottorato, intitolata Radio Observations of the Pulse Profiles and Dispersion Measures of Twelve Pulsars, scritta nel 1970 da un certo Harold D. Craft. In quella tesi c'era l'immagine in questione, mostrata qui accanto e generata già allora tramite computer per cercare di far emergere visivamente eventuali schemi ricorrenti.
L'autore per tutti questi anni era rimasto all'oscuro della popolarità del suo grafico. Tutta la vicenda, con dettagli sulla tecnologia dell'epoca e sulla genesi di una delle più eleganti visualizzazioni di dati scientifici, è qui su Scientific American.
2015/02/26
Antibufala: Italia, gli negano la patente perché è gay
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alla gentile donazione di “gft*” e “pa.arq*” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora.
Un ventottenne di Pavia, tale Simone R., originario della Spezia, si è visto negare dalla Prefettura di Milano il rinnovo della patente di guida perché è omosessuale e questo farebbe mancare i “requisiti psicofisici richiesti”: l'uomo ha quindi presentato ricorso al giudice di pace di Pavia. Così, perlomeno, raccontano in queste ore moltissime testate giornalistiche: Corriere della Sera (a firma di Paola Arosio), ADNKronos, L'Unione Sarda, TGcom24, La Provincia Pavese, Il Mattino, Affaritaliani, Leggo, Il Giornale (a firma di Ivan Francese), Huffington Post e altre ancora (screenshot qui accanto).
La notizia avrebbe portato anche a un'interrogazione parlamentare del deputato Alessandro Zan (PD) ai ministri dei trasporti e della salute, stando ad alcune delle suddette testate; altre scrivono che per ora si tratta soltanto di un'intenzione.
Ma l'unica fonte diretta della storia della patente negata per omosessualità che viene citata dalle testate giornalistiche è l'associazione Agitalia, a sua volta citata da ADNKronos. Il problema è che Agitalia è una nota fabbrica di bufale, come segnalano diligentemente da tempo Bufale un tanto al chilo e Il Tirreno: anche qui, sembra che nessuna delle testate che ho citato all'inizio si sia presa la briga di cercare Agitalia su Google prima di fidarsene o di fidarsi di ADNKronos. Affaritaliani, fra l'altro, si limita a riportare per intero la nota di Agitalia; il copiaincolla elevato ad arte. Eppure già ieri Francesco Loiacono, su Fanpage.it di Milano, poneva dubbi sull'intera vicenda. Dubbi puntualmente ignorati dalle altre testate nonostante fossero a portata di clic tramite Google.
La giornalista Elena Tartaglione ha invece fatto i debiti controlli: “Ho chiamato l'ufficio stampa della prefettura di Milano, citata nel lancio”, mi ha scritto,“mi hanno detto che non ne sanno nulla, che non risulta, che non hanno nessuna persona con quelle caratteristiche che ha fatto esposti, che hanno provato a contattare Agitalia invano, e che insomma è una bufala. Ma non faranno smentite e comunicati.”
La notizia di base è quindi priva di riscontri e proviene da una singola fonte di pessima reputazione.
Lo stato dell'interrogazione parlamentare di Zan era invece ancora confuso al momento della pubblicazione iniziale di questo articolo: sulla propria pagina Facebook, Zan aveva scritto ieri su Twitter di aver “disposto interrogazione”. Successivamente gli ho chiesto aggiornamenti via Twitter, e qualche ora più tardi mi ha risposto di averla “presentata oggi” (26/2). L'ho letta ed è in forma dubitativa: chiede innanzi tutto di accertare se la notizia è vera. Zan mi ha chiarito inoltre di aver preso la notizia da ADNKronos, che a sua volta sostiene di avere come fonte il giudice di pace, e che farà ulteriori verifiche. Ho chiesto lumi ad ADNKronos e ho contattato via mail il giudice di pace di Pavia.
Va chiarito, infine, che questo (presunto) episodio attuale di discriminazione assurda è distinto da quelli avvenuti realmente in passato.
Ancora una volta, insomma, troppe testate giornalistiche pubblicano una notizia senza alcun controllo e senza accorgersi che viene diffusa da un bufalificio conclamato. Per fortuna fra i tanti giornalisti che lavorano male ce n'è qualcuno che si guadagna lo stipendio invece di consumare i tasti Ctrl, C e V.
Aggiornamento (2015/02/01): Ancora nessuna risposta né da ADNKronos, né dal giudice di pace di Pavia.
Un ventottenne di Pavia, tale Simone R., originario della Spezia, si è visto negare dalla Prefettura di Milano il rinnovo della patente di guida perché è omosessuale e questo farebbe mancare i “requisiti psicofisici richiesti”: l'uomo ha quindi presentato ricorso al giudice di pace di Pavia. Così, perlomeno, raccontano in queste ore moltissime testate giornalistiche: Corriere della Sera (a firma di Paola Arosio), ADNKronos, L'Unione Sarda, TGcom24, La Provincia Pavese, Il Mattino, Affaritaliani, Leggo, Il Giornale (a firma di Ivan Francese), Huffington Post e altre ancora (screenshot qui accanto).
La notizia avrebbe portato anche a un'interrogazione parlamentare del deputato Alessandro Zan (PD) ai ministri dei trasporti e della salute, stando ad alcune delle suddette testate; altre scrivono che per ora si tratta soltanto di un'intenzione.
Ma l'unica fonte diretta della storia della patente negata per omosessualità che viene citata dalle testate giornalistiche è l'associazione Agitalia, a sua volta citata da ADNKronos. Il problema è che Agitalia è una nota fabbrica di bufale, come segnalano diligentemente da tempo Bufale un tanto al chilo e Il Tirreno: anche qui, sembra che nessuna delle testate che ho citato all'inizio si sia presa la briga di cercare Agitalia su Google prima di fidarsene o di fidarsi di ADNKronos. Affaritaliani, fra l'altro, si limita a riportare per intero la nota di Agitalia; il copiaincolla elevato ad arte. Eppure già ieri Francesco Loiacono, su Fanpage.it di Milano, poneva dubbi sull'intera vicenda. Dubbi puntualmente ignorati dalle altre testate nonostante fossero a portata di clic tramite Google.
La giornalista Elena Tartaglione ha invece fatto i debiti controlli: “Ho chiamato l'ufficio stampa della prefettura di Milano, citata nel lancio”, mi ha scritto,“mi hanno detto che non ne sanno nulla, che non risulta, che non hanno nessuna persona con quelle caratteristiche che ha fatto esposti, che hanno provato a contattare Agitalia invano, e che insomma è una bufala. Ma non faranno smentite e comunicati.”
La notizia di base è quindi priva di riscontri e proviene da una singola fonte di pessima reputazione.
Lo stato dell'interrogazione parlamentare di Zan era invece ancora confuso al momento della pubblicazione iniziale di questo articolo: sulla propria pagina Facebook, Zan aveva scritto ieri su Twitter di aver “disposto interrogazione”. Successivamente gli ho chiesto aggiornamenti via Twitter, e qualche ora più tardi mi ha risposto di averla “presentata oggi” (26/2). L'ho letta ed è in forma dubitativa: chiede innanzi tutto di accertare se la notizia è vera. Zan mi ha chiarito inoltre di aver preso la notizia da ADNKronos, che a sua volta sostiene di avere come fonte il giudice di pace, e che farà ulteriori verifiche. Ho chiesto lumi ad ADNKronos e ho contattato via mail il giudice di pace di Pavia.
Va chiarito, infine, che questo (presunto) episodio attuale di discriminazione assurda è distinto da quelli avvenuti realmente in passato.
Ancora una volta, insomma, troppe testate giornalistiche pubblicano una notizia senza alcun controllo e senza accorgersi che viene diffusa da un bufalificio conclamato. Per fortuna fra i tanti giornalisti che lavorano male ce n'è qualcuno che si guadagna lo stipendio invece di consumare i tasti Ctrl, C e V.
Aggiornamento (2015/02/01): Ancora nessuna risposta né da ADNKronos, né dal giudice di pace di Pavia.
Che bisogno c’è d’inventarsi misteri di cartapesta, quando la scienza ne offre di veri?
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alla gentile donazione di “gft*” e “pa.arq*”. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora.
Questo è Cerere, il più grande asteroide conosciuto del Sistema Solare: ha un diametro di circa 950 chilometri. Poco meno della metà di quello di Plutone: infatti Cerere è considerato un pianeta nano.
Orbita nella fascia degli asteroidi, fra Marte e Giove, e fu scoperto dall'italiano Giuseppe Piazzi nel 1801. Questa sua immagine è stata ripresa sette giorni fa dalla sonda Dawn della NASA, da una distanza di circa 46.000 chilometri, e per ora è la più nitida mai realizzata: Dawn si sta ancora avvicinando a Cerere ed entrerà in orbita intorno al pianeta nano il 6 marzo prossimo, offrendoci immagini ancora più dettagliate. Fra l'altro, lo spettrometro a bordo di Dawn è stato realizzato dall'Agenzia Spaziale Italiana e dall'Istituto Nazionale di Astrofisica.
Non vi sarà sfuggita la coppia di punti brillanti quasi al centro dell'immagine. Non sono errori del sensore di ripresa o granelli di pulviscolo che per caso passavano davanti al sensore durante la ripresa dell'immagine: si trovano su Cerere. E nessuno, per ora, sa cosa sono: si sa soltanto che non sono gli unici, perché ne sono stati fotografati altri. Si sospetta che siano di origine vulcanica, ma è solo una teoria legata al fatto che i due puntini si trovano nello stesso cratere. Ne sapremo di più quando arriveranno le immagini a maggiore risoluzione.
Credit: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA |
Questo è Cerere, il più grande asteroide conosciuto del Sistema Solare: ha un diametro di circa 950 chilometri. Poco meno della metà di quello di Plutone: infatti Cerere è considerato un pianeta nano.
Orbita nella fascia degli asteroidi, fra Marte e Giove, e fu scoperto dall'italiano Giuseppe Piazzi nel 1801. Questa sua immagine è stata ripresa sette giorni fa dalla sonda Dawn della NASA, da una distanza di circa 46.000 chilometri, e per ora è la più nitida mai realizzata: Dawn si sta ancora avvicinando a Cerere ed entrerà in orbita intorno al pianeta nano il 6 marzo prossimo, offrendoci immagini ancora più dettagliate. Fra l'altro, lo spettrometro a bordo di Dawn è stato realizzato dall'Agenzia Spaziale Italiana e dall'Istituto Nazionale di Astrofisica.
Non vi sarà sfuggita la coppia di punti brillanti quasi al centro dell'immagine. Non sono errori del sensore di ripresa o granelli di pulviscolo che per caso passavano davanti al sensore durante la ripresa dell'immagine: si trovano su Cerere. E nessuno, per ora, sa cosa sono: si sa soltanto che non sono gli unici, perché ne sono stati fotografati altri. Si sospetta che siano di origine vulcanica, ma è solo una teoria legata al fatto che i due puntini si trovano nello stesso cratere. Ne sapremo di più quando arriveranno le immagini a maggiore risoluzione.
2015/02/25
Stazione Spaziale: di nuovo acqua nella tuta, ma niente pericolo
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alla gentile donazione di “remo.ian*” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora.
Due astronauti, Terry Virts e Butch Wilmore, oggi hanno effettuato una passeggiata spaziale per preparare la Stazione all'arrivo di nuovi componenti e per fare manutenzione al braccio robotico Canadarm 2, comandato per l'occasione da Samantha Cristoforetti. L'attività extraveicolare ha regalato delle immagini bellissime in diretta streaming dallo spazio.
Al momento del rientro a bordo, sempre gestito da Sam, c'è stata anche un po' di concitazione perché nel casco di Terry Virts si stava accumulando dell'acqua, come era accaduto nel 2013 a Luca Parmitano, anche se in misura molto minore.
Potete rivedere gli eventi nei video qui sotto da 2:49:50 in poi, quando Sam aziona il meccanismo di sblocco del portello stagno. A 2:50:33, Sam riferisce dell'acqua nel casco e dice di non vedere nulla di drammatico. Dal Controllo Missione ordinano di procedere normalmente ma di dare priorità alla svestizione di Virts. Virts viene assistito e ispezionato da Sam. A 2:58:30 arriva Anton Shkaplerov a dare una mano.
Broadcast live streaming video on Ustream
La parte restante dei soccorsi è all'inizio del video qui sotto.
Broadcast live streaming video on Ustream
Queste sono alcune immagini catturate dalla diretta.
00:02:40. Terry viene inquadrato da vicino: sorride e fa segno di stare bene.
Terry soffia sull'acqua che riveste la parte frontale del suo casco, in modo da farla increspare e farle riflettere la luce: questo la rende visibile alla telecamera e permette di quantificarla. GENIO.
00:05:57. Sam e Anton tolgono il casco a Terry.
00:06:35. Sam ispeziona il casco e riferisce che è bagnato d'acqua fredda: dato importante per capire da dove proviene l'acqua.
00:08:00. Sam documenta fotograficamente l'acqua nel casco. Il comandante, Butch Wilmore, è ancora sigillato nella propria tuta e aspetta pazientemente.
00:23:10. Anton usa una siringa per raccogliere campioni dell'acqua dal casco e poi la fa oscillare per raccoglierla nel fondo della siringa e quantificarla. Sono circa 15 millilitri.
00:24:26. Terry dice che l'acqua aveva un “sapore chimico”, per cui non proviene dalla riserva d'acqua da bere che c'è nella tuta, ma da qualche componente dell'impianto refrigerante della tuta.
È davvero notevole la tecnica atletica di Sam per sfilare Terry dalla tuta (00:28:00): semplice, efficace ed energica, anche se comporta mettere i piedi addosso al collega. In tutti questi anni è la prima volta che la vedo usare:
Adesso stanno tutti bene: resta da decidere che fare per la prossima passeggiata, che si dovrebbe svolgere questa domenica ma che a questo punto rischia di slittare.
Due astronauti, Terry Virts e Butch Wilmore, oggi hanno effettuato una passeggiata spaziale per preparare la Stazione all'arrivo di nuovi componenti e per fare manutenzione al braccio robotico Canadarm 2, comandato per l'occasione da Samantha Cristoforetti. L'attività extraveicolare ha regalato delle immagini bellissime in diretta streaming dallo spazio.
Al momento del rientro a bordo, sempre gestito da Sam, c'è stata anche un po' di concitazione perché nel casco di Terry Virts si stava accumulando dell'acqua, come era accaduto nel 2013 a Luca Parmitano, anche se in misura molto minore.
Potete rivedere gli eventi nei video qui sotto da 2:49:50 in poi, quando Sam aziona il meccanismo di sblocco del portello stagno. A 2:50:33, Sam riferisce dell'acqua nel casco e dice di non vedere nulla di drammatico. Dal Controllo Missione ordinano di procedere normalmente ma di dare priorità alla svestizione di Virts. Virts viene assistito e ispezionato da Sam. A 2:58:30 arriva Anton Shkaplerov a dare una mano.
Broadcast live streaming video on Ustream
La parte restante dei soccorsi è all'inizio del video qui sotto.
Broadcast live streaming video on Ustream
Queste sono alcune immagini catturate dalla diretta.
00:02:40. Terry viene inquadrato da vicino: sorride e fa segno di stare bene.
Terry soffia sull'acqua che riveste la parte frontale del suo casco, in modo da farla increspare e farle riflettere la luce: questo la rende visibile alla telecamera e permette di quantificarla. GENIO.
00:05:57. Sam e Anton tolgono il casco a Terry.
00:06:35. Sam ispeziona il casco e riferisce che è bagnato d'acqua fredda: dato importante per capire da dove proviene l'acqua.
00:08:00. Sam documenta fotograficamente l'acqua nel casco. Il comandante, Butch Wilmore, è ancora sigillato nella propria tuta e aspetta pazientemente.
00:23:10. Anton usa una siringa per raccogliere campioni dell'acqua dal casco e poi la fa oscillare per raccoglierla nel fondo della siringa e quantificarla. Sono circa 15 millilitri.
00:24:26. Terry dice che l'acqua aveva un “sapore chimico”, per cui non proviene dalla riserva d'acqua da bere che c'è nella tuta, ma da qualche componente dell'impianto refrigerante della tuta.
È davvero notevole la tecnica atletica di Sam per sfilare Terry dalla tuta (00:28:00): semplice, efficace ed energica, anche se comporta mettere i piedi addosso al collega. In tutti questi anni è la prima volta che la vedo usare:
Adesso stanno tutti bene: resta da decidere che fare per la prossima passeggiata, che si dovrebbe svolgere questa domenica ma che a questo punto rischia di slittare.
Antibufala: il video che dimostra che le mele bio hanno una patina artificiale infiammabile
Ha già superato le 300.000 visualizzazioni un video su Youtube che sembra dimostrare che le mele bio, specificamente quelle vendute da Esselunga, sono rivestite di un materiale ceroso infiammabile.
In quanto tale, suggerisce il video, il materiale non può essere naturale e quindi le mele bio non sono in realtà bio.
Se volete sapere come stanno in realtà le cose e qual è l'errore di fondo di questo video, il CICAP ha pubblicato su Query Online un'indagine che sbufala la questione.
In quanto tale, suggerisce il video, il materiale non può essere naturale e quindi le mele bio non sono in realtà bio.
Se volete sapere come stanno in realtà le cose e qual è l'errore di fondo di questo video, il CICAP ha pubblicato su Query Online un'indagine che sbufala la questione.
Antibufala: i russi staccheranno la loro parte della Stazione Spaziale per farne una propria!
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alla gentile donazione di “miky105*” e “matteo.spol*” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora.
C'è parecchia confusione, anche tra le fonti solitamente attendibili, riguardo una notizia annunciata ieri: la Russia avrebbe intenzione di separare la propria parte della Stazione Spaziale Internazionale (evidenziata nel riquadro giallo qui accanto) e usarla per costruirne una tutta sua. Così dicono, per esempio, Engadget e Phys.org (che cita la Associated Press), RussianSpaceWeb e Spaceflightnow (che usa una frase ambigua).
Ma la notizia è sbagliata e nasce probabilmente da un errore di traduzione o comprensione di questo annuncio in russo dell'Agenzia Spaziale Federale russa. La Russia ha intenzione di costruire una propria stazione spaziale usando sì i moduli progettati o costruiti per la Stazione Spaziale, ma non quelli già installati: soltanto quelli ancora da lanciare nello spazio.
L'equivoco è chiaro se si guarda l'elenco dei componenti citati dall'annuncio russo: il MLM (modulo laboratorio multifunzione), l'UM (modulo nodale) e il NEM (modulo di alimentazione e ricerca scientifica) non fanno parte dei moduli russi presenti attualmente sulla Stazione. Sono stati progettati per farne parte in futuro, ma sono ancora a terra e ancora da costruire o sistemare (il MLM, per esempio, è in costruzione da oltre un decennio, con vari rinvii e problemi tecnici). Inoltre il modulo “russo” Zarya è in realtà stato pagato dagli Stati Uniti ed è di loro proprietà, per cui i russi (che l'hanno costruito) non possono sganciarlo e portarselo via.
C'è anche da considerare che una delle ipotesi di progetto prevede che la futura stazione russa venga collocata su un piano orbitale differente da quello della Stazione Spaziale Internazionale (64.85 gradi contro i 51.6 della ISS), e un trasloco dei moduli russi esistenti implicherebbe quindi un cambio di piano orbitale, che di solito ha costi di propulsione insostenibili. Inoltre i moduli russi esistenti della ISS sono già vicini alla fine della propria vita operativa di progetto (per esempio, Zarya è in orbita dal 1998 e comunque non è di proprietà russa; Zvezda è nello spazio dal 2000), per cui sarebbe economicamente insensato riutilizzarli.
Aggiornamento (2015/02/15 21:30): Anatoly Zak, di RussianSpaceWeb, ha scritto un articolo su Sen.com che dice che l'agenzia spaziale russa Roscosmos ha deciso di “separare i suoi moduli più recenti dalla Stazione Spaziale Internazionale, ISS, per formare l'avamposto nazionale in orbita terrestre nel 2024”. Notate che si parla di “moduli più recenti” e che l'anno previsto è il 2024, quindi di certo non si tratta di eventi imminenti. Zak dice, tuttavia, che la decisione di Roscosmos “significa che tre moduli ancora da completare voleranno prima verso la ISS”. Si tratta soltanto di una “strategia generale” e “i dettagli ulteriori del programma verranno decisi in futuro”. In altre parole, molti propositi, ma nessuna sostanza immediata.
Aggiornamento (2015/02/156 00:40): Spaceflight101 parla di “sgancio dei moduli aggiuntivi” e di un piano secondo il quale i tre moduli MLM, UM e NEM verrebbero prima agganciati alla Stazione Spaziale Internazionale e poi, dopo la dismissione della ISS prevista per il 2024, verrebbero sganciati per andare a costituire una stazione indipendente, completamente russa, situata sullo stesso piano orbitale della ISS. I moduli russi attualmente già facenti parte della ISS non fanno parte di quest'ipotesi.
C'è parecchia confusione, anche tra le fonti solitamente attendibili, riguardo una notizia annunciata ieri: la Russia avrebbe intenzione di separare la propria parte della Stazione Spaziale Internazionale (evidenziata nel riquadro giallo qui accanto) e usarla per costruirne una tutta sua. Così dicono, per esempio, Engadget e Phys.org (che cita la Associated Press), RussianSpaceWeb e Spaceflightnow (che usa una frase ambigua).
Ma la notizia è sbagliata e nasce probabilmente da un errore di traduzione o comprensione di questo annuncio in russo dell'Agenzia Spaziale Federale russa. La Russia ha intenzione di costruire una propria stazione spaziale usando sì i moduli progettati o costruiti per la Stazione Spaziale, ma non quelli già installati: soltanto quelli ancora da lanciare nello spazio.
L'equivoco è chiaro se si guarda l'elenco dei componenti citati dall'annuncio russo: il MLM (modulo laboratorio multifunzione), l'UM (modulo nodale) e il NEM (modulo di alimentazione e ricerca scientifica) non fanno parte dei moduli russi presenti attualmente sulla Stazione. Sono stati progettati per farne parte in futuro, ma sono ancora a terra e ancora da costruire o sistemare (il MLM, per esempio, è in costruzione da oltre un decennio, con vari rinvii e problemi tecnici). Inoltre il modulo “russo” Zarya è in realtà stato pagato dagli Stati Uniti ed è di loro proprietà, per cui i russi (che l'hanno costruito) non possono sganciarlo e portarselo via.
C'è anche da considerare che una delle ipotesi di progetto prevede che la futura stazione russa venga collocata su un piano orbitale differente da quello della Stazione Spaziale Internazionale (64.85 gradi contro i 51.6 della ISS), e un trasloco dei moduli russi esistenti implicherebbe quindi un cambio di piano orbitale, che di solito ha costi di propulsione insostenibili. Inoltre i moduli russi esistenti della ISS sono già vicini alla fine della propria vita operativa di progetto (per esempio, Zarya è in orbita dal 1998 e comunque non è di proprietà russa; Zvezda è nello spazio dal 2000), per cui sarebbe economicamente insensato riutilizzarli.
Aggiornamento (2015/02/15 21:30): Anatoly Zak, di RussianSpaceWeb, ha scritto un articolo su Sen.com che dice che l'agenzia spaziale russa Roscosmos ha deciso di “separare i suoi moduli più recenti dalla Stazione Spaziale Internazionale, ISS, per formare l'avamposto nazionale in orbita terrestre nel 2024”. Notate che si parla di “moduli più recenti” e che l'anno previsto è il 2024, quindi di certo non si tratta di eventi imminenti. Zak dice, tuttavia, che la decisione di Roscosmos “significa che tre moduli ancora da completare voleranno prima verso la ISS”. Si tratta soltanto di una “strategia generale” e “i dettagli ulteriori del programma verranno decisi in futuro”. In altre parole, molti propositi, ma nessuna sostanza immediata.
Aggiornamento (2015/02/156 00:40): Spaceflight101 parla di “sgancio dei moduli aggiuntivi” e di un piano secondo il quale i tre moduli MLM, UM e NEM verrebbero prima agganciati alla Stazione Spaziale Internazionale e poi, dopo la dismissione della ISS prevista per il 2024, verrebbero sganciati per andare a costituire una stazione indipendente, completamente russa, situata sullo stesso piano orbitale della ISS. I moduli russi attualmente già facenti parte della ISS non fanno parte di quest'ipotesi.
2015/02/23
Antibufala mini: la foto spettacolare di cosa rimane quando un fulmine colpisce la sabbia
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alla gentile donazione di “luca.lup*”. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora.
Se un fulmine colpisce la sabbia cosa succede? Questa foto che sta girando in Rete sembrerebbe dare la risposta.
In realtà, come ben spiega Scientific American, quando un fulmine interagisce con la sabbia, in particolari circostanze sia di composizione della sabbia sia di temperatura può formare la folgorite: un ammasso vetroso, di forma tubolare e vuoto al proprio interno, prodotto dall'energia rilasciata in un terreno sabbioso ricco di quarzo. Ma la folgorite si sviluppa all'interno del suolo, non al suo esterno come nella fotografia a lato.
In realtà la foto ritrae una porzione di una scultura di sabbia realizzata da un utente Flickr, SandCastleMatt, sulla spiaggia di Puerto Rico. La scultura completa è visibile qui.
Se un fulmine colpisce la sabbia cosa succede? Questa foto che sta girando in Rete sembrerebbe dare la risposta.
In realtà, come ben spiega Scientific American, quando un fulmine interagisce con la sabbia, in particolari circostanze sia di composizione della sabbia sia di temperatura può formare la folgorite: un ammasso vetroso, di forma tubolare e vuoto al proprio interno, prodotto dall'energia rilasciata in un terreno sabbioso ricco di quarzo. Ma la folgorite si sviluppa all'interno del suolo, non al suo esterno come nella fotografia a lato.
In realtà la foto ritrae una porzione di una scultura di sabbia realizzata da un utente Flickr, SandCastleMatt, sulla spiaggia di Puerto Rico. La scultura completa è visibile qui.
2015/02/22
Podcast del Disinformatico del 2015/02/20
È disponibile per lo scaricamento il podcast della puntata di venerdì del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera. Buon ascolto!
2015/02/20
Il meme della settimana: Trololo
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Basta dire “Trololo” o accennare qualche nota della canzone mostrata in questo video, e un'intera generazione d'internauti coglie subito il riferimento. Ma da dove vengono il video surreale e la sua strana musica?
L'uomo nel video è Eduard Khil, un cantante russo diventato popolarissimo in Rete per questa sua interpretazione di una canzone pop sovietica del 1976, intitolata “Sono molto contento perché sono finalmente a casa”.
La canzone è senza parole: Eduard Khil canta solo suoni privi di senso (dettati dalla severissima censura dell'epoca, come ha raccontato Khil stesso), e lo fa con una pessima sincronizzazione del labiale e con delle movenze che oggi sembrano particolarmente impacciate, bizzarre e artificiose (diversamente da altre sue interpretazioni della medesima canzone).
Il suo stile molto personale è stato immortalato anche in una puntata de I Griffin, è stato citato nella cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali di Sochi nel 2014 e in mille parodie pubblicate ovunque su Internet, e il video originale, arrivato a oltre venti milioni di visualizzazioni, viene usato spessissimo come rickroll, ossia come destinazione di un link creato per prendere in giro qualcuno promettendogli di mostrargli qualcosa alla quale tiene esageratamente.
Eduard Khil era famoso in patria negli anni Settanta, tanto da ricevere un riconoscimento come Artista del Popolo dell'Unione Sovietica, ed ebbe una carriera ventennale, anche come musicista, che lo portò in tour in decine di paesi. Khil scoprì per caso di essere una star di Internet nel 2010, quando sentì il nipote canticchiare la sua canzone, e negli anni successivi tornò alla ribalta con nuove interpretazioni della stessa canzone anche alla TV russa e, inevitabilmente, su Youtube.
Eduard Khil si è spento il 4 giugno 2012 a 77 anni, ma per la cultura di Internet sarà sempre il protagonista del meme del Trololo.
Fonti: Know Your Meme, Sputnik News, Il post, Gazeta.ru.
Basta dire “Trololo” o accennare qualche nota della canzone mostrata in questo video, e un'intera generazione d'internauti coglie subito il riferimento. Ma da dove vengono il video surreale e la sua strana musica?
L'uomo nel video è Eduard Khil, un cantante russo diventato popolarissimo in Rete per questa sua interpretazione di una canzone pop sovietica del 1976, intitolata “Sono molto contento perché sono finalmente a casa”.
La canzone è senza parole: Eduard Khil canta solo suoni privi di senso (dettati dalla severissima censura dell'epoca, come ha raccontato Khil stesso), e lo fa con una pessima sincronizzazione del labiale e con delle movenze che oggi sembrano particolarmente impacciate, bizzarre e artificiose (diversamente da altre sue interpretazioni della medesima canzone).
Il suo stile molto personale è stato immortalato anche in una puntata de I Griffin, è stato citato nella cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali di Sochi nel 2014 e in mille parodie pubblicate ovunque su Internet, e il video originale, arrivato a oltre venti milioni di visualizzazioni, viene usato spessissimo come rickroll, ossia come destinazione di un link creato per prendere in giro qualcuno promettendogli di mostrargli qualcosa alla quale tiene esageratamente.
Eduard Khil era famoso in patria negli anni Settanta, tanto da ricevere un riconoscimento come Artista del Popolo dell'Unione Sovietica, ed ebbe una carriera ventennale, anche come musicista, che lo portò in tour in decine di paesi. Khil scoprì per caso di essere una star di Internet nel 2010, quando sentì il nipote canticchiare la sua canzone, e negli anni successivi tornò alla ribalta con nuove interpretazioni della stessa canzone anche alla TV russa e, inevitabilmente, su Youtube.
Eduard Khil si è spento il 4 giugno 2012 a 77 anni, ma per la cultura di Internet sarà sempre il protagonista del meme del Trololo.
Fonti: Know Your Meme, Sputnik News, Il post, Gazeta.ru.
Equation Group infetta i dischi rigidi in modo invisibile
Roba da fantascienza. Un gruppo di intrusi informatici probabilmente legato all'NSA, l'ente di sicurezza e sorveglianza statunitense, infetta impunemente di nascosto da più di un decennio i computer di tutto il mondo. Lo segnala la società di sicurezza informatica russa Kaspersky in un dettagliatissimo rapporto che profuma di spy-story.
Fra le tecniche utilizzate ne spicca una: un malware in grado di riscrivere il firmware (il software di controllo di base) dei dischi rigidi di Western Digital, Maxtor, Samsung, IBM, Micron, Toshiba e Seagate. Il malware creava su ogni disco rigido infettato un deposito nascosto nel quale archiviare dati intercettati. L'archivio e il malware non venivano rilevati dagli antivirus e sopravvivevano allegramente alla cancellazione e alla riformattazione del disco e alla reinstallazione del sistema operativo. La capacità tecnica di creare un malware del genere implica risorse tecniche eccezionali, compreso l'accesso al codice sorgente dei fabbricanti di dischi rigidi.
Un altro esempio notevole: nel 2009 dei ricercatori scientifici che avevano partecipato a una conferenza a Houston, in Texas, ricevettero per posta un CD contenente i documenti della conferenza, come capita normalmente. Ma il CD originale era stato intercettato in transito nel sistema postale ed era stato sostituito con una copia che iniettava nel computer un software-spia.
Anche le penne USB venivano usate come vettori d'infezione già nel 2008 da questi intrusi d'alto livello, che sfruttavano una falla di Windows all'epoca sconosciuta che consentiva d'infettare un PC semplicemente inserendo la penna, anche se l'Autorun era disattivato.
Kaspersky chiama questa squadra d'élite Equation Group per via della passione dei suoi membri per gli algoritmi di cifratura e le tecniche matematiche avanzate usate per nascondere i dati. La società di sicurezza informatica ha documentato circa 500 infezioni perpetrate dall'Equation Group in almeno 42 paesi: in cima alla lista dei paesi colpiti ci sono Iran, Russia, Pakistan, Afghanistan, India, Siria e Mali.
L'utente comune probabilmente non ha motivo di preoccuparsi di questo genere di attacco: a differenza delle forme di sorveglianza di massa usate da altre organizzazioni, secondo Kaspersky questo gruppo effettua attacchi con precisione chirurgica contro utenti estremamente specifici (governi, sistemi militari, società di telecomunicazione, banche, operatori del settore energetico, ricercatori nucleari e attivisti islamici) ed è in mano a gente spettacolarmente competente, anche se è emerso un caso, risalente al 2010, di un utente comune che è stato colpito da Fanny, uno dei malware per chiavette USB dell'Equation Group.
Tuttavia l'esistenza di strumenti d'attacco così sofisticati e invisibili pone un problema di fondo non banale: se esiste malware in grado di alterare il funzionamento di base di un disco rigido e depositarvi dati senza lasciare tracce rilevabili, molte delle tecniche d'informatica forense usate comunemente per documentare reati informatici non possono essere più considerate perfettamente attendibili. D'ora in poi i criminali potranno sempre insinuare il ragionevole dubbio che i reati commessi tramite i loro computer siano stati perpetrati da qualche malware a loro insaputa.
Fonti: Reuters, Ars Technica, TomsHw.
Fra le tecniche utilizzate ne spicca una: un malware in grado di riscrivere il firmware (il software di controllo di base) dei dischi rigidi di Western Digital, Maxtor, Samsung, IBM, Micron, Toshiba e Seagate. Il malware creava su ogni disco rigido infettato un deposito nascosto nel quale archiviare dati intercettati. L'archivio e il malware non venivano rilevati dagli antivirus e sopravvivevano allegramente alla cancellazione e alla riformattazione del disco e alla reinstallazione del sistema operativo. La capacità tecnica di creare un malware del genere implica risorse tecniche eccezionali, compreso l'accesso al codice sorgente dei fabbricanti di dischi rigidi.
Un altro esempio notevole: nel 2009 dei ricercatori scientifici che avevano partecipato a una conferenza a Houston, in Texas, ricevettero per posta un CD contenente i documenti della conferenza, come capita normalmente. Ma il CD originale era stato intercettato in transito nel sistema postale ed era stato sostituito con una copia che iniettava nel computer un software-spia.
Anche le penne USB venivano usate come vettori d'infezione già nel 2008 da questi intrusi d'alto livello, che sfruttavano una falla di Windows all'epoca sconosciuta che consentiva d'infettare un PC semplicemente inserendo la penna, anche se l'Autorun era disattivato.
Kaspersky chiama questa squadra d'élite Equation Group per via della passione dei suoi membri per gli algoritmi di cifratura e le tecniche matematiche avanzate usate per nascondere i dati. La società di sicurezza informatica ha documentato circa 500 infezioni perpetrate dall'Equation Group in almeno 42 paesi: in cima alla lista dei paesi colpiti ci sono Iran, Russia, Pakistan, Afghanistan, India, Siria e Mali.
L'utente comune probabilmente non ha motivo di preoccuparsi di questo genere di attacco: a differenza delle forme di sorveglianza di massa usate da altre organizzazioni, secondo Kaspersky questo gruppo effettua attacchi con precisione chirurgica contro utenti estremamente specifici (governi, sistemi militari, società di telecomunicazione, banche, operatori del settore energetico, ricercatori nucleari e attivisti islamici) ed è in mano a gente spettacolarmente competente, anche se è emerso un caso, risalente al 2010, di un utente comune che è stato colpito da Fanny, uno dei malware per chiavette USB dell'Equation Group.
Tuttavia l'esistenza di strumenti d'attacco così sofisticati e invisibili pone un problema di fondo non banale: se esiste malware in grado di alterare il funzionamento di base di un disco rigido e depositarvi dati senza lasciare tracce rilevabili, molte delle tecniche d'informatica forense usate comunemente per documentare reati informatici non possono essere più considerate perfettamente attendibili. D'ora in poi i criminali potranno sempre insinuare il ragionevole dubbio che i reati commessi tramite i loro computer siano stati perpetrati da qualche malware a loro insaputa.
Fonti: Reuters, Ars Technica, TomsHw.
Smart TV spione, altri guai per Samsung: dati personali trasmessi senza protezione
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Ricordate le parole di Samsung a proposito delle sue Smart TV, che possono trasmettere “a terzi” le parole dette quando l'utente attiva il riconoscimento vocale sul telecomando? Ne avevo parlato la settimana scorsa.
L'azienda aveva dichiarato con tono rassicurante che questi dati sensibili venivano trasmessi usando “misure e pratiche di sicurezza conformi agli standard di settore, compresa la crittografia” e che questo avveniva in “tutte” le sue Smart TV. Ma non è vero, e lo sappiamo grazie al lavoro di ricercatori di sicurezza indipendenti come David Lodge della Pen Test Partner. Non tutti i dati trasmessi sono protetti e cifrati: molti sono intercettabili da chiunque.
Lodge ha confermato che queste Smart TV, come ha dichiarato Samsung, registrano e trasmettono a terzi (specificamente la società di riconoscimento vocale Nuance Communications) le parole degli utenti soltanto in caso di comandi complessi (per esempio “Suggerisci un buon film di fantascienza”) e che i comandi di base (cambio di canale, regolazione del volume) vengono riconosciuti direttamente dal televisore senza essere trasmessi, ma ha anche scoperto che contrariamente a quanto detto dall'azienda coreana vengono trasmesse via Internet senza cifratura la registrazione audio e la trascrizione di quello che ha detto l'utente quando ha impartito un comando vocale complesso, insieme a data e ora.
Questo significa per esempio che chiunque sia nel raggio d'azione della rete Wi-Fi usata dalla Smart TV può catturare queste registrazioni e trascrizioni insieme alle conversazioni domestiche o di lavoro che spesso accompagnano i comandi vocali e farsi un'idea piuttosto intima degli orari, delle scelte televisive e delle conversazioni private del vicino di casa. Sarebbe quindi anche possibile alterare i comandi impartiti al televisore.
Samsung si è giustificata precisando che il problema riguarda soltanto le Smart TV meno recenti, per le quali verrà fornito presto un aggiornamento software che correggerà il problema. Ma il modello testato da Lodge è soltanto del 2012 ed è ancora in vendita.
Fonti aggiuntive: Punto Informatico, The Register, The Guardian.
Ricordate le parole di Samsung a proposito delle sue Smart TV, che possono trasmettere “a terzi” le parole dette quando l'utente attiva il riconoscimento vocale sul telecomando? Ne avevo parlato la settimana scorsa.
L'azienda aveva dichiarato con tono rassicurante che questi dati sensibili venivano trasmessi usando “misure e pratiche di sicurezza conformi agli standard di settore, compresa la crittografia” e che questo avveniva in “tutte” le sue Smart TV. Ma non è vero, e lo sappiamo grazie al lavoro di ricercatori di sicurezza indipendenti come David Lodge della Pen Test Partner. Non tutti i dati trasmessi sono protetti e cifrati: molti sono intercettabili da chiunque.
Lodge ha confermato che queste Smart TV, come ha dichiarato Samsung, registrano e trasmettono a terzi (specificamente la società di riconoscimento vocale Nuance Communications) le parole degli utenti soltanto in caso di comandi complessi (per esempio “Suggerisci un buon film di fantascienza”) e che i comandi di base (cambio di canale, regolazione del volume) vengono riconosciuti direttamente dal televisore senza essere trasmessi, ma ha anche scoperto che contrariamente a quanto detto dall'azienda coreana vengono trasmesse via Internet senza cifratura la registrazione audio e la trascrizione di quello che ha detto l'utente quando ha impartito un comando vocale complesso, insieme a data e ora.
Questo significa per esempio che chiunque sia nel raggio d'azione della rete Wi-Fi usata dalla Smart TV può catturare queste registrazioni e trascrizioni insieme alle conversazioni domestiche o di lavoro che spesso accompagnano i comandi vocali e farsi un'idea piuttosto intima degli orari, delle scelte televisive e delle conversazioni private del vicino di casa. Sarebbe quindi anche possibile alterare i comandi impartiti al televisore.
Samsung si è giustificata precisando che il problema riguarda soltanto le Smart TV meno recenti, per le quali verrà fornito presto un aggiornamento software che correggerà il problema. Ma il modello testato da Lodge è soltanto del 2012 ed è ancora in vendita.
Fonti aggiuntive: Punto Informatico, The Register, The Guardian.
Pagine per dispositivi mobili
▼