Sì. Quello mostrato nella pubblicità qui accanto è uno spazzolino da denti con “rilevamento di posizione nella mascella”. Associato via Bluetooth ad un telefonino con relativa app, “rileva... in tempo reale la durata e la pressione necessarie per la spazzolatura”. Perché parlare con il proprio dentista e farsi spiegare come si usa uno spazzolino, manuale o elettrico che sia, non si può. E meno male che è scontato da 299 franchi a 249 (in Italia è venduto a circa 200 euro).
Questa è l’Internet delle Cose. Delle cose che non hanno alcuna buona ragione di essere connesse a Internet, se non quella di seguire la moda di connettere tutto: bollitori, macchine del caffè, persino vibratori. E trasformare tutto in gioco, secondo la dottrina della gamification, perché altrimenti la gente non è capace di pensare alla propria igiene e salute. C'è stato persino il concorso informatico Hack the Brush per chi sviluppava il miglior software. Per uno spazzolino da denti.
Non è una mia lamentela da vecchio luddista che non sa apprezzare le nuove tecnologie: di questo spazzolino ha parlato anche Stefano Zanero, professore associato del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria presso il Politecnico di Milano, in un convegno intitolato non a caso Internet of Broken Things.
Il problema, infatti, non è soltanto la frivolezza da primo mondo di avere uno spazzolino interconnesso e “intelligente” (anche se va detto che i clienti soddisfatti esistono): è il fatto che i dispositivi dell’Internet delle Cose sono progettati quasi sempre senza pensare alla sicurezza informatica e alla privacy. Collegare un dispositivo vulnerabile alla propria rete domestica o aziendale può creare vulnerabilità del tutto inattese, come è emerso per il bollitore iKettle che rivela la password del Wi-Fi, o come ben sanno quelli di Hacking Team. Una versione precedente dello spazzolino in questione aveva una vulnerabilità: trasmetteva i dati in chiaro. E questa come sarà?
Certo, sono solo dati di spazzolatura: sembrano poco interessanti a un ficcanaso o a un ladro. Ma anche il battito cardiaco rilevato dai braccialetti digitali di fitness sembrava un dato condivisibile senza problemi di privacy fino a che ci si è resi conto che era possibile dedurre cosa stava facendo la persona, per esempio quando si concedeva un momento di intimità con il proprio partner (o anche senza, considerato che questi braccialetti hanno un accelerometro che rileva i movimenti del braccio).
Fonti aggiuntive: TechCrunch.
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