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Chi lavora con l’informatica è abituato da tempo all’idea di comperare un programma e poi pagare degli abbonamenti o dei supplementi per attivarne alcune funzioni extra. Ma da qualche tempo questo modello commerciale si è esteso anche alle automobili.
È di questi giorni la notizia che nel Regno Unito BMW ha iniziato a offrire il riscaldamento dei sedili e del volante in abbonamento. I componenti fisici del sistema di riscaldamento sono installati di serie, ma per attivarli è necessario pagare un canone mensile di 15 sterline (circa 18 euro o franchi svizzeri), più altre 10 sterline (circa 12 euro o franchi) per attivare anche il riscaldamento del volante. In alternativa si può pagare un supplemento, al momento dell’acquisto, di 200 sterline (grosso modo 230 euro o franchi). Anche il cruise control attivo, gli abbaglianti automatici e le sospensioni adattive sono installati ma attivati solo a pagamento.
Può sembrare assurdo che una casa automobilistica installi di serie dei componenti che il cliente non paga se non li attiva: in fin dei conti, questi componenti hanno un costo di fabbricazione e di installazione, per cui metterli su tutti i veicoli e poi sperare che il cliente paghi per attivarli parrebbe a prima vista un autogol commerciale. Ma nella produzione di massa capita spesso che installare i componenti su tutti gli esemplari costi meno che gestire due o più filiere di produzione separate, con tutti i relativi problemi di logistica, burocrazia e controllo qualità.
BMW non è l’unica marca a preinstallare hardware da sbloccare pagando un canone tramite un’app, in una sorta di App Store per automobili che chiama Connected Drive Store. Tesla, per esempio, offre da tempo vari servizi supplementari di aumento delle prestazioni che sono basati su un canone e propone anche un sistema di assistenza di guida i cui computer e sensori sono presenti in ogni esemplare venduto ma si attivano soltanto pagando un supplemento che parte da 3700 franchi (o euro equivalenti) e può superare i 7000; in passato ha offerto anche batterie la cui autonomia era limitata via software e poteva essere sbloccata pagando un supplemento di circa 8000 dollari. E Stellantis ha annunciato a gennaio 2021 che si aspetta di ricavare circa 22 miliardi di dollari l’anno dalla vendita di software e abbonamenti sulle proprie automobili entro il 2030. Anche Volkswagen, General Motors e Ford fanno previsioni analoghe. E già ora GM offre il proprio sistema di assistenza di guida su abbonamento: i primi tre anni sono gratuiti, poi si devono pagare 25 dollari al mese.
L’introduzione di questi servizi in abbonamento non è stata accolta dal pubblico con unanime entusiasmo, per dirla con garbo. L’annuncio dei sedili riscaldati a pagamento sulle BMW ha suscitato parecchie discussioni online da parte di utenti che ritengono che funzioni così basilari dovrebbero essere offerte di serie, e un sondaggio della società di marketing Cox Automotive indica che i tre quarti dei partecipanti dichiara di non essere disposta a pagare canoni mensili per le funzioni della propria auto. Kurt Opsahl, consulente legale della Electronic Frontier Foundation, ha tweetato che “Un riscaldatore di sedili bloccato tramite software è guasto, e il proprietario dell’auto dovrebbe avere il diritto di riparare i propri sedili”.
Le case automobilistiche ribattono facendo notare che questa formula consente al cliente di cambiare idea dopo l’acquisto, di provare funzioni delle quali è incerto, ed è utile per chi compra auto di seconda mano e può quindi attivare funzioni che il proprietario originale non aveva pagato.
With our 'Functions on-demand', customers can opt for additional functions after they purchased a car. Heated seats for example can be ordered with the car (without additional fees afterwards) or added later on depending on model and equipment through the online store.
— BMW (@BMW) July 19, 2022
Nel frattempo gli informatici non sono rimasti con le mani in mano ed è nata una fiorente comunità di hacking che sblocca le funzioni delle auto bloccate tramite software, esattamente come si fa con i programmi per computer limitati artificialmente. In alcuni casi questi sblocchi automobilistici alternativi sono a pagamento, ma la loro legalità è molto controversa: da un lato si invoca il diritto di riparare ciò che si possiede, ma dall’altro si fa notare che certe modifiche che toccano componenti essenziali del veicolo possono invalidarne l’omologazione o, peggio ancora, renderlo pericoloso per il conducente e per gli altri utenti della strada.
C’è anche un altro problema: i servizi di questo tipo, che dipendono da un server di gestione remota, sono revocabili o possono semplicemente smettere di funzionare dopo che sono stati pagati. Non è teoria: è quello che mi è capitato personalmente già nel 2020, quando stavo per acquistare un’auto elettrica della Opel ma ho scoperto che la sua app di gestione, OnStar, avrebbe smesso di funzionare a fine anno, disattivando permanentemente funzioni essenziali come il monitoraggio dello stato di avanzamento della ricarica e la chiamata automatica ai servizi di soccorso in caso di incidente.
In altre parole, le cose che compriamo, comprese le auto, non sono più realmente nostre. Ed è per questo che nascono organizzazioni e iniziative per la difesa di quei diritti digitali che sembrano così astratti e invece si rivelano profondamente concreti.
Fonti: BBC, Mashable, The Register.
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