2006/02/19

11 settembre, la diatriba delle bobine al Pentagono

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "limacameri", "a.passi" e "paladino" ed è stato aggiornato rispetto alla sua pubblicazione iniziale. Alcuni commenti potrebbero pertanto sembrare incoerenti perché riferiti a versioni precedenti del testo.

In un altro articolo di questo blog sul "Boeing fantasma" e sulla (presunta) assenza di suoi rottami si è sviluppata una diatriba sulle bobine di cavo che si vedono in molte delle foto dell'impatto sul Pentagono. C'è chi dice che sono vicinissime alla zona d'impatto, costituendo un ostacolo lungo la traiettoria dell'aereo, e che la loro condizione troppo perfetta è sintomo del fatto che nessun aereo è passato di lì.

Per chiarire i termini del problema e lasciare a ognuno la possibilità di valutare i fatti, pubblico qui alcune foto del mio archivio. Cliccando sulle foto, potete vederne versioni ad alta risoluzione presso Flickr.com.

Queste immagini sono prese da angolazioni diverse rispetto a quelle più comunemente pubblicate, che sono scattate con un teleobiettivo che, come tale, comprime la prospettiva. A mio avviso, le foto qui sotto mostrano che successivamente all'impatto le bobine non erano poi così vicine come può effettivamente sembrare da certe immagini, e che forse non lo erano neppure prima dell'impatto. Giudicate voi.

Questa panoramica è presa da un punto parecchio a destra della zona d'impatto:
pentagon_347626.jpg
La foto qui sotto è un dettaglio di quella sopra e mostra che le bobine sono sufficientemente lontane da non essere state coinvolte nel crollo della facciata. La foto mostra anche un apparato simile a un rimorchio di camion, sulla destra, che secondo la ricostruzione ufficiale è un generatore. L'apparato è piegato verso il basso e tranciato nello spigolo superiore sinistro: una condizione che ben si sposerebbe con un passaggio radente di un aereo che l'abbia colpito di striscio da sopra, magari con un motore e/o con un'ala, prima di infilarsi nel Pentagono.

Altre foto (che ho poi pubblicato in un articolo successivo) mostrano che l'apparato è inoltre ruotato verso la facciata rispetto alla sua posizione pre-impatto e che sulla sua parte superiore c'è un solco profondo, molto compatibile con uno degli attuatori a forma di pinna presenti sotto le ali dei Boeing 757 e difficilmente spiegabile con altre ipotesi come missili o esplosioni.

pentagon_347626_coil_detail.jpg

Qui sotto si nota che le bobine sono sufficientemente lontane dall'edificio da non essere interessate neppure dalle volute di fumo e vapore prodotte dai mezzi antincendio.

PENT06.jpg

Anche qui sotto si notano bene le bobine (sempre non coperte dalle nubi di fumo e vapore), se ne intuiscono meglio le rispettive posizioni, e si vede bene la tranciatura dell'apparato sulla destra. Si nota inoltre una bobina coricata su un fianco, in mezzo al fumo, mentre una delle bobine più vicine è inclinata su un lato, come se qualcosa l'avesse spinta dentro il terreno o ne avesse piegato una delle flange.

generator_fence1.jpg

Certo, queste sono angolazioni differenti che danno modo di percepire meglio le distanze post-impatto, ma si può anche provare a quantificare la distanza pre-impatto delle contestate bobine.

La foto qui sotto, scattata da Spaceimaging il 7/11/2001, mostra praticamente in pianta la zona e permette di scorgere quelle che sono forse le bobine: i tre puntini neri disposti a triangolo, quasi al centro della foto. Partendo da quest'ipotesi, si possono fare due conti spannometrici sulla loro distanza, sia pure con il margine d'errore derivante dai pochi pixel di risoluzione (è una foto satellitare).

Va detto che le bobine visibili nelle foto dell'11 settembre sono almeno quattro, mentre la foto satellitare ne presenta tre: questo potrebbe essere dovuto alla vicinanza di due bobine, che vengono viste come un unico punto, o a cambiamenti delle bobine nei giorni trascorsi fra la foto satellitare e l'11 settembre (o anche al fatto che non si tratta delle bobine).

spaceimaging_Pentagon_9_7_01_detail.jpg

Ogni facciata del Pentagono è lunga 921 piedi, ossia 281 metri. In questa foto, quei 281 metri sono rappresentati da circa 335 pixel. In altre parole, un pixel rappresenta 1,19 metri. Le bobine più vicine distano dalla facciata (tracciando una linea a perpendicolo alla facciata) circa 23 pixel. 23 x 1,19 = 27,37 metri. Arrotondiamo per difetto, prudenzialmente, e arriviamo a circa 25 metri abbondanti dal punto più vicino della facciata. La distanza dal punto d'impatto, che non è direttamente di fronte alle bobine, è ancora maggiore. Come termine di paragone, le ali di un Boeing 757 misurano in totale 38 metri.

Casi come questo mostrano quanto una foto, se non interpretata con cognizione di causa e con un po' di competenza di fotografia, possa essere estremamente ingannevole.

Su 911review.com, inoltre, ho trovato un'analisi piuttosto interessante di questo apparente problema delle bobine "troppo vicine".


Aggiornamento (2006-03-06)


Dopo la prima pubblicazione di questo articolo è emersa una nuova obiezione pro-complotto: se davvero l'aereo è passato sopra le bobine, come sembra risultare da altri indizi, come mai non le ha scaraventate lontano?

In effetti lo spostamento d'aria di un Boeing 757 che passa a non più di qualche metro sopra le bobine dovrebbe essere molto potente. Le bobine in realtà sembrano spostate rispetto alla loro posizione originale, ma di poco: una è piegata di lato, in una posizione innaturale, mentre un'altra è coricata. Forse le bobine sono state colpite e spostate dall'aereo.

Una possibile spiegazione è il peso delle bobine. Si tratta di bobine in acciaio alte da 6 a 8 piedi (183-244 cm), perlomeno secondo questa fonte abbastanza insolita (un negozio di modellismo che vende copie esatte in scala delle bobine in questione). Una bobina di acciaio di quelle dimensioni, con avvolto del cavo avente una sezione molto larga, deve pesare parecchio. Forse abbastanza da non essere mosso da uno spostamento d'aria?

Purtroppo, mancando per ora foto della posizione pre-impatto di queste bobine, la tesi complottista secondo la quale sono rimaste immobili non né confermabile né smentibile.

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