2007/06/29

Repubblica folgorata dalla bufala del laptop

Informatica, ennesimo inciampo di Repubblica


Perché la stampa generalista perde tempo a parlare d'informatica? Tanto ormai è chiaro che gli articoli su questo tema vengono quasi sempre affidati a degli incompetenti.

L'ultima perla (e ringrazio i tanti lettori che me l'hanno segnalata) arriva da Repubblica, che titola: "Pc in regalo a una scuola nigeriana. Ma non c'è elettricità". Notizia in perfetta sintonia con il luogo comune dei progetti tecnologici ambiziosi che inciampano sistematicamente nelle banalità più sciocche che non erano state previste. Com'è bello e consolatorio vedere che i geni della tecnologia sono fallibili come e peggio degli esseri umani normali.

Ecco una cattura della schermata di Repubblica, presa prima che l'imbarazzo (si spera) la obliteri:


Dice la didascalia: "Trecento computer portatili low-cost, tutti colorati e pensati apposta per i più piccoli, sono stati donati da un'associazione americana a una scuola nigeriana di Abuja. Peccato che lì non arrivi l'elettricità. L'Olpc, fondata da Nicholas Negroponte, porta avanti infatti un programma per favorire l'informatizzazione nei paesi in via di sviluppo, donando pc portatili da 100 dollari. Che, per ora, alla scuola Galadima non potranno essere usati."

L'articolista, ovviamente, non s'è chiesto cosa potesse essere quella curiosa manovella gialla che sporge dal laptop in questione. Un temperamatite, forse? Una leva come quella delle vecchie calcolatrici meccaniche? La leva del ritorno carrello delle macchine per scrivere? Una sofisticata antenna Wifi? Un talismano per allontanare il malocchio?

Come sa chiunque segua realmente l'informatica, quello non è un laptop qualsiasi. E' XO, lo speciale computer portatile realizzato appositamente per i bambini dei paesi in via di sviluppo dal progetto One Laptop Per Child. I progettisti, che non sono scemi come li dipinge l'articolo, sanno benissimo che in molti paesi in via di sviluppo non c'è l'elettricità, per cui hanno realizzato un laptop Linux a bassissimo consumo, alimentato da batterie ricaricabili anche a mano. Usando, per esempio, l'apposita manovella gialla.

Se Repubblica si fosse presa la briga di controllare prima di sparare l'ennesima bufala (cito giusto un paio di precedenti mirabili), avrebbe scoperto che questo fatto è scritto chiaramente nel sito dell'OLPC: "XO can be recharged by human power".

Ma ancora una volta, la voglia di scoop e di soddisfare un preconcetto hanno prevalso. Complimenti a tutti gli interessati per la grande lezione di giornalismo informatico.

Nota tecnica: fra l'altro, le foto inizialmente pubblicate da Repubblica sono obsolete e si riferiscono a un prototipo. Come nota Wikipedia, la manovella non è più presente nei modelli attuali ed è stata sostituita da un generatore manuale esterno.

Aggiornamento (2007/06/29, 22:50)


Repubblica ha "corretto" l'articolo cambiando le foto e il testo, ma ancora non ha capito l'errore. Ecco la versione attuale: il testo è riportato nel commento di Michele qui sotto (grazie, Michele, per la segnalazione).


Far scrivere gli articoli d'informatica a qualcuno che d'informatica ci capisce sarebbe troppo banale, vero?

2007/06/28

2001 Odissea nello spazio: rivelate le immagini del “viaggio”

Questo film di Stanley Kubrick è da sempre una delle mie passioni e non finisce mai di rivelare nuove sorprese, anche a distanza di quasi quarant'anni dalla sua uscita (1968). Le immagini incredibili e psichedeliche del viaggio interstellare di David Bowman alla fine del film sono entrate nella storia del cinema (insieme alla sequenza del Danubio blu e alle facce perplesse degli spettatori che non capivano il finale).

Quello che non molti sanno è che il "corridoio di luce" di quella sequenza finale fu ottenuto con una tecnica meccanica particolarissima, denominata slit-scan, che usa una serie di fotografie riprese attraverso una fessura che scorre davanti all'obiettivo della cinepresa.

Questa tecnica produce una deformazione molto vistosa dell'immagine, che la rende irriconoscibile ma permette di creare un "effetto tunnel" molto elegante. La stessa tecnica fu usata anche per la memorabile sigla televisiva di Doctor Who negli anni Settanta. Niente computer: tutto fatto a manina, con tempi e costi proibitivi.

La chicca è che qualcuno s'è preso la briga di fare reverse engineering delle immagini slit-scan utilizzate da Douglas Trumbull, il supervisore degli effetti speciali, in 2001: Odissea nello spazio, prendendo i fotogrammi del film e ricostruendo l'aspetto originale delle immagini che formano il "tunnel". I risultati sono davvero notevoli e intriganti, considerato il materiale di partenza. Buona visione (o visioni?).

Occhio al falso bollettino di sicurezza Microsoft

Cavallo di Troia nella mail che si spaccia per aggiornamento Microsoft


Evitate tassativamente di cliccare sui link presenti in qualsiasi e-mail che s'intitola "Microsoft Security Bulletin MS07-0065" e dice di offrire un aggiornamento di sicurezza per Windowsm scaricabile tramite il link fornito. Il link, infatti, porta in realtà a un cavallo di Troia (Trojan horse) e ovviamente non è affatto originato da Microsoft, ma da uno spammer che sta intasando le caselle di posta di tutti.

Il messaggio è particolarmente persuasivo perché contiene il logo di Microsoft e terminologia dall'aria molto seria e tecnica: sfrutta insomma il social engineering per far abbassare la guardia all'utente, e soprattutto fa leva su coloro che magari si ritengono un po' meno sprovveduti perché sanno l'inglese e sanno che è importante aggiornare sempre il proprio sistema operativo con le patch di sicurezza.

Maggiori dettagli sono qui (in inglese): The Register, The Inquirer e soprattutto Sophos (con immagine del messaggio-trappola). Non ha comunque effetto su chi usa sistemi operativi differenti da Windows.

2007/06/26

Blinkx: se il motore di ricerca ti ascolta e ti guarda

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "lbottur" e "giuseppec****". L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Lo spettacolare successo di Google deriva in gran parte da una formula estremamente semplice: inserire nelle pagine Web pubblicità pertinente al contesto, in modo che la pubblicità non sia vista come un'intrusione, ma quasi come un'estensione del testo della pagina.

La formula funziona egregiamente, a parte qualche incidente divertente come la réclame della mozzarella di bufala che spesso compare in questo blog (Google Adsense evidentemente nota la frequenza con la quale uso la parola bufala e la considera importante, ma ne sbaglia l'accezione); ne vedete un esempio fresco fresco qui sopra, cliccabile per ingrandirlo. Il problema è che la formula contestuale funziona con il testo, ma non con le immagini o con i filmati, per la semplice ragione che è relativamente facile estrarre automaticamente le parole chiave da una pagina di testo, mentre è tutt'altra sfida estrarle da una foto o da un filmato.

Da questo problema nasce il mancato successo commerciale (dal punto di vista dei gestori) dei servizi di pubblicazione e condivisione di filmati, come Youtube o Google Video: gli utenti sono contenti di averli gratuitamente, ma chi gestisce i servizi non sa come farli fruttare. Le pubblicità contestuali, infatti, finora si sono basate soltanto sulle parole-chiave immesse a mano dagli utenti per definire i propri filmati, e sono separate dal filmato: questo le rende poco fruite e poco pertinenti.

Blinkx.com promette di cambiare questo stato di cose: dichiara di aver realizzato un sistema che è in grado di analizzare l'audio e le immagini presenti nei filmati e di estrarne le parole-chiave, da usare per inserire nei filmati delle pubblicità pertinenti.

Funzionerà? Il riconoscimento automatico della voce e delle immagini ha fatto grandi passi negli ultimi anni, ma ho qualche dubbio che sia all'altezza di un compito del genere. Staremo a vedere: l'idea è comunque interessante. Nel frattempo, Blinkx.com è un buon motore di ricerca per i filmati, dato che consente di ricercare contemporaneamente in molti siti differenti dedicati ai videoclip.

Burle digitali: il vostro nome in campo o su un muro (virtuale)

Graffiti virtuali


Letterjames.com e i siti collegati Letterjames.freenet.de, Alphapicture.com e Grusskarten sono siti dedicati al fotomontaggio automatico: digitate la dicitura che volete inserire in una foto, e il sito genera automaticamente un fotomontaggio nel quale la dicitura risulta applicata come tatuaggio sulla pelle di una graziosa fanciulla, su un muro in stile graffiti o sulla casacca di un calciatore, come vedete qui accanto.

Divertitevi: il servizio di base è gratuito, ma potete usarlo anche per creare calendari cartacei a pagamento.

Il codice a barre di Satana?

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di “masdemma” e “bel****.david”.

Un'accusa infamante, anzi diabolica, circola in Rete a carico dei codici a barre presenti sulle confezioni dei prodotti. Ne ha parlato recentemente anche Punto Informatico a proposito dell'iniziativa di un consigliere comunale svizzero che "sostiene che alcuni formati standard usati per i Codici a barre distribuiscano il numero della perdizione satanica."

In realtà tutto nasce da un equivoco di fondo: il "666" si anniderebbe, secondo i sostenitori di questa teoria, nelle coppie di righe sottili all'estrema destra, all'estrema sinistra e al centro di ogni codice esistente. Orbene, la cifra 6 viene indicata da due righe sottili: quindi "6-6-6". Giusto?

Sbagliato. Queste righe estreme e centrali, infatti, non rappresentano alcuna cifra all'interno del codice a barre: sono semplicemente le linee di riferimento che servono al dispositivo di lettura per capire dove inizia e dove finisce il codice. Visivamente somigliano in effetti a quelle usate per indicare la cifra 6, ma in realtà la loro spaziatura è differente.

I dettagli sulla struttura dei codici a barre sono disponibili nei link segnalati da Wikipedia e nel sito di George J. Laurer, inventore del codice, che ha un commento esasperato da fare a proposito di questa storia. Ne consiglio la consultazione prima di scorgere Satana annidato da qualche altra parte.

Fra l'altro, l'attribuzione del numero 666 come simbolo di Satana è tutt'altro che conclamata ed è in effetti una leggenda metropolitana dentro la leggenda metropolitana: una credenza tramandata per sentito dire, ma di cui nessuno va a controllare le origini.

Infatti, come si può leggere per esempio sulla Wikipedia in inglese, le primissime fonti bibliche usavano invece il numero 616 o 665, e molti studiosi ritengono che la Bestia non sia Satana, ma l'imperatore Nerone o Domiziano (il cui nomignolo derisorio era, guarda caso, "la bestia" fra i romani, i greci, i cristiani e gli ebrei).

Antibufala: trovato uno scheletro di gigante in India

Giornale pubblica le foto dello scheletro di un gigante trovato in India


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "giacomo.pur****" e "giuseppe.scars****".

Riemerge, dopo un periodo di relativa latitanza, un appello quasi classico nel repertorio delle bufale della Rete: l'annuncio del ritrovamento di uno scheletro di un essere umano di proporzioni gigantesche durante uno scavo archeologico in India.

L'articolo, citato anche in una presentazione PowerPoint circolante in Rete, dice che "una recente attività esplorativa nella regione settentrionale dell'India ha rivelato i resti scheletrici di un essere umano di dimensioni fenomenali... La scoperta è stata effettuata da un team del National Geographic con il supporto dell'esercito indiano". L'articolo prosegue fornendo dettagli religiosi che possono spiegare le origini di questo ritrovamento e precisa che "il governo indiano ha interdetto l'accesso all'area e nessuno può entrare a parte il personale di National Geographic".

Una storia apparentemente assai circostanziata, dunque, con tanto di fonte giornalistica e fotografia inequivocabile. Il problema è che la fotografia è un falso, e per due ragioni fondamentali.

La prima ragione è che una volta tanto sappiamo esattamente da dove proviene l'immagine: da un concorso di fotomontaggio indetto da Worth1000.com, sito famoso per questo genere di gare a tema dai risultati spesso assolutamente stupefacenti. L'originale della foto è qui, e il tema della gara era la creazione di una foto di un'anomalia archeologica.

La seconda ragione è che le strutture degli esseri viventi non possono essere ingrandite a piacimento, checché ne dicano gli autori dei film di fantascienza popolati da ragni giganti ed esseri umani colossali: il volume (e quindi il peso da reggere) non aumenta secondo la stessa proporzione con la quale aumentano le dimensioni lineari, ma molto più rapidamente. Per questo le zampe di un topolino possono essere così sottili rispetto al suo corpo, mentre quelle di un elefante sono assai più tozze e grandi rispetto al corpo del pachiderma.

In parole povere, un essere umano, se ingrandito alle dimensioni mostrate nelle foto del presunto "gigante", non si reggerebbe in piedi e le ossa delle sue gambe si spezzerebbero sotto il suo stesso peso.

C'è poi una terza ragione per cui si tratta di una bufala giornalistica, che ha successo perché soddisfa le attese (in questo caso religiose) dell'articolista e del lettore amante del fantastico: come ci racconta Snopes.com, la stessa identica immagine è attribuita anche a un ritrovamento in Arabia Saudita. Sembra improbabile che ci siano due scavi archeologici assolutamente identici. A meno che i giganti fossero gemelli :-)

Antibufala: Red Bull, bevanda letale di origini militari?

Red Bull e le "verità nascoste" sul glucuronolactone


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "silvestrovr" e "albdenti". Indagine iniziale: giugno 2007. Ultimo aggiornamento: 2009/05/24.

Circola da qualche tempo via e-mail un allarme, spesso sotto forma di presentazione PowerPoint, che racconta cose inquietanti su una popolare bibita. Ecco un paio di esempi del testo dell'allarme. Il primo presenta un italiano decisamente incerto:

I pericoli del RED BULL

TRATTASI DI UN TEMA SULLA SALUTE PUBBLICA

Di Jorge Mier Hoffman

Il RED BULL fù creato per stimolare il cervello delle persone sottoposte ad un grande sforzo fisico (stress) e mai per essere consumato come una bibita rinfrescante.

RED BULL E’ UNA BIBITA VITALIZZANTE
che si commercializza a livello mondiale così:

“Aumenta la resistenza fisica, aiuta la capacità di concentrazione e la velocità di reagire, apporta più energia e migliora lo stato d’animo emotivo (apparentemente, ma in realtà). Tutto questo si può trovare in una lattina di RED BULL, la bibita energetica del millennio..! “

Red Bull è riuscita a penetrare in quasi 100 paesi di tutto il mondo. La marca del TORO ROSSO ha come clienti sopratutto giovani e sportivi, due segmenti attrattivi per stimulare la causa della bibita.

VEDIAMO LA VERITA’ DI QUESTA BIBITA

La FRANCIA e la DINAMARCA le hanno proibite per essere un cocktail della morte, che occasionano i suoi componenti di vitamina mescolati con "GLUCURONOLACTONE", chímico altamente pericoloso, che fu sviluppato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti negli anni 60 per le loro truppe in VIETNAM, inquanto attuava come una droga allucinogena che attenuava lo stress della guerra. Ma i suoi effetti nell’organismo furono tanto devastanti che si abbandonò la somministrazione davanti ad un alto indice di dolori di testa, tumori cerebrali e malattie del fegato, che mostravano alcuni soldati che ne facevano uso.

E, dopo tutto questo, sulla lattina di RED BULL ancora si legge che fra i suoi componenti c’è il GLUCURONOLACTONE, catalogato medicamente come uno stimolante. Ma quello che non dice la lattina di RED BULL sono le consequenze del suo consumo, che obbligano a collocare una serie di AVVERTIMENTI:

1. E’ pericoloso berlo se subito dopo non fai attività fisica, visto che la sua funzione rivitalizzante accellera il ritmo cardiaco e può causarti un infarto fulminante!

2. Corri il pericolo di una emorragia cerebrale, dovuto a che il RED BULL contiene componenti che fanno diluire il sangue affinchè il cuore possa pompare senza molti sforzi, e puoi così fare uno sforzo fisico con meno affaticamento.

3. E’ proibito mescolare il RED BULL con alcool, perchè la mescola si converte in una "Bomba Mortale" che attacca direttamente il fegato, provocando in questo modo un effetto tale che la zona colpita non si rigenera più.

4. Uno dei componenti principali del RED BULL è la vitamina B12, utilizzata nella medicina per recuperare pazienti che si trovano in uno stato di coma etilico; da qui la ipertensione e lo stato di eccitazione che ti trovi dopo averla presa.

5. Il consumo regulare del RED BULL innesta la apparizione di una serie di malattie nervose e neurologiche IRREVERSIBILI.

CONCLUSIONE: E’ una bevanda che dovrebbe essere proibita, come già lo stanno facendo alcuni paesi.
Cercate su Internet altri studi di questa pericolosa bibita.

Il secondo esempio di testo dell'appello è un po' meno sconclusionato, almeno a livello di abuso dell'italiano, e mi è stato segnalato inizialmente a metà marzo 2008:

LA VERITA' SULLA BEVANDA RED BULL
Questa bevanda è in vendita in tutti i supermercati del nostro paese.
I nostri figli e amici, quando vogliono, la possono provare..e può essere mortale.
Red Bull fu creata per stimolare il cervello in persone sottoposte a un grande sforzo fisico e non per essere consumata come bevanda innocente o rinfrescante.

Red Bull è la bevanda che is commercializza a livello mondiale con il suo slogan: 'Aumenta la resistenza fisica, facilita la capacita di concentrazione e la velocità di reazione, da più energia e migliora lo stato d'animo' . Tutto questo lo puoi trovare in una lattina di Red Bull, la bevanda energizzante del millennio (secondo i suoi proprietari).

Red Bull è riuscita ad arrivare in quasi 100 paesi di tutto IL mondo. La marca del Toro Rosso, ha come principali consumatori i giovani e gli sportivi, che la usano per gli stimoli che produce.

STORIA:
Questa bevanda fu creata DA Dietrich Mteschitz, un imprenditore di origini austriache che la scoprì per caso in un viaggio ad Hong Kong, quando lavorava per un impresa che fabbricava spazzolini da denti.
Il liquido basato su una formula che contiene caffeina e taurina, faceva furore in questo paese; quindi pensò al successo che questa bevanda avrebbe avuto in Europa, dove tuttavia non esisteva, e in più vide un opportunità di diventare imprenditore.

PERO' LA VERITA' SU QUESTA BEVANDA E' UN ALTRA!!

In Francia e Danimarca l'hanno appena proibita per essere un cocktail di morte, dovuto ai suoi componenti di Vitamine mischiate a GLUCURONOLACTONE, agente chimico altamente pericoloso, sviluppato dal Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti, durante gli anni 60 per stimolare IL morale delle truppe mandate in VIETNAM, il quale era come una droga allucinogena che calmava lo stress della guerra. Però I suoi effetti nell'organismo furono devastanti, e fu causa di tante emicranie, tumori celebrali e malattie del fegato che colpirono i soldati che lo consumarono. E oltre a ciò, nella lattina di Red Bull is leggono i suoi componenti: GLUCURONALACTONE, catalogato come stimolante. Però quello che NON DICE la lattina di Red Bull, sono le conseguenze della sua assunzione, che obbligherebbero a aggiungere una serie di GRAVI AVVERTENZE:

1. E' pericoloso berlo se poi non si fa esercizio fisico, visto che la sua funzione energizzante accelera il ritmo cardiaco e può causare INFARTO FULMINANTE.

2. Può causare EMORRAGIE CEREBRALI, dovute al fatto che Red Bull contiene componenti che diluiscono il sangue per far si che il cuore lo pompi più velocemente, e così poter far uno sforzo fisico con meno fatica.

3. E' proibito mischiare la Red Bull con alcolici, perche il risultato è una 'bomba mortale' che ATTACCA DIRETTAMENTE IL FEGATO, facendo si che la zona colpita non si rigeneri mai più.

4. Uno dei componenti principali di Red Bull è la vitamina B12, utilizzata in medicina per recuperare pazienti che si trovano in coma etilico (coma causato dal consumo di alcool); e per lo stato di eccitazione che si prova dopo averla bevuta, come se fossi ubriaco, senza aver bevuto nessuna bevanda alcoolica.

5. Il consumo regolare di Red Bull provoca la comparsa possibile di una serie di malattie nervose e neurologiche irreversibili (non esiste recupero!)

Se leggeste queste indicazioni sulla lattina di una bevanda la berreste mai????

CONCLUSIONE: E' una bevanda che dovrebbe essere proibita nel mondo intero. Venezuela, Repubblica Dominicana, Puerto Rico e altri paesi dei Caraibi, già stanno allertando le altre nazioni, soprattutto perchè il miscuglio di questa bevanda con alcool è una bomba per il corpo umano, principalmente per gli adolescenti ma anche per adulti.
Questa bevanda si vende nei supermercati e nei negozi del nostro paese quindi non bevetela e dissuadete gli altri dal berla specialmente i bambini... può essere MORTALE

SPARGI LA VOCE!!!

Ho preso in parola la raccomandazione finale della prima stesura dell'appello: ho cercato altri studi su questa "pericolosa bibita". Grazie a Google ho trovato, per esempio, quella che sembra essere la versione originale, in spagnolo, dell'appello in italiano, nonché l'indagine e le analisi svolte dall'emittente canadese CBC e l'indagine antibufala di Snopes.com, che rivelano che l'appello risale al marzo del 2000 (in versione inglese) e che le sue accuse principali sono completamente fasulle.

Per esempio, il "glucuronolactone" (che in italiano corretto si chiama glucuronolattone, con due T) è sì presente nella Red Bull, ma non è affatto una sostanza chimica pericolosa sviluppata dal Dipartimento della Difesa statunitense negli anni Sessanta del secolo scorso come allucinogeno per le proprie truppe in Vietnam. È un carboidrato: un tipo di zucchero presente naturalmente nell'organismo umano e in alimenti come il grano e il vino rosso.

Va detto che una lattina di Red Bull contiene 600 milligrammi di glucuronolattone, che si ritene sia 250 volte la dose normale giornaliera, ma come nota Snopes.com, né l'archivio del British Medical Journal né il sito della Food and Drug Administration, autorità che regola ogni sostanza presente negli alimenti e nei farmaci negli USA, riportano informazioni che possono suggerirne la pericolosità anche a questi dosaggi elevati (e di solito l'FDA ci va pesante).

L'appello contiene addirittura un consiglio pericoloso: quello di dover effettuare un'attività fisica dopo aver bevuto Red Bull, pena l'"infarto fulminante". In realtà il contenuto di caffeina di Red Bull (pari a una tazzina di caffé e triplo rispetto a quello di una lattina di Coca-Cola) e quello di zucchero (circa 5 cucchiaini per lattina da 250 ml) ne fanno una bevanda poco adatta in caso d'intensa attività fisica. Non solo Red Bull non reintegra nell'organismo le sostanze perdute durante l'esercizio fisico, come fanno invece le cosiddette "bevande sportive", ma contiene così tanta caffeina che può causare disidratazione, che a sua volta mette sotto sforzo il cuore.

Il sito della Red Bull stesso, fra l'altro, consiglia nelle FAQ di bere la bibita "prima di attività atletiche impegnative" ma avvisa anche che "non è stata formulata per fornire reidratazione" e quindi invita "chi si impegna in un'attività sportiva di bere anche molta acqua durante esercizi intensi".

L'appello afferma anche che Red Bull contiene imprecisati "componenti che fanno diluire il sangue", ma non dice quali, e non risulta che nessuno degli ingredienti della bibita abbia quest'effetto.

Anche la notizia che Francia e Danimarca hanno bandito la bibita per via della combinazione dei suoi "componenti di vitamina" uniti al glucuronolattone è una mezza bufala: il divieto di commercializzazione esiste, ma per via di timori connessi al suo alto contenuto di caffeina e a dubbi sull'effetto della combinazione di caffeina, glucuronolattone e taurina: un altro ingrediente della Red Bull, che nonostante il nome non è estratta (come vuole una leggenda metropolitana) dai testicoli dei tori ma è prodotta sinteticamente ed è un ingrediente del latte artificiale per neonati.

L'appello è sbagliato anche per quanto riguarda la storia della bevanda: infatti non fu "creata DA Dietrich Mteschitz", ma esisteva già in Thailandia con il nome Krating Daeng (nella foto qui accanto) ed era basata sulla ricetta del Lipovitan, bibita energetica commercializzata in Thailandia e in Giappone.

Dietrich Mateschitz (non Mteschitz), direttore del marketing della Blendax, una società tedesca produttrice di dentifrici, ne provò gli effetti benefici sul jet-lag in occasione di un viaggio in Thailandia (non ad Hong Kong) nel 1982. Mateschitz ne adattò il gusto al palato europeo e la commercializzò inizialmente in Austria con il marchio "Red Bull", ispirato dal logo dei due tori rossi in lotta spesso presente negli incontri di boxe thailandese.

Questo non significa che si possa essere disinvolti nell'uso di queste bibite contenenti alte dosi di sostanze stimolanti: a parte l'ingestione di grandi quantità di zucchero (addio alla linea) se non si ricorre alla versione "sugar free" e di caffeina (disidratanti), l'eventuale abbinamento di bibite come Red Bull con alcolici può dare una falsa sensazione di sobrietà molto pericolosa, secondo uno studio condotto in Brasile dalla professoressa di psicologia Maria Lucia Souza-Formigoni dell'Università di San Paolo e citato dalla BBC. Chi è ubriaco e non si rende conto di esserlo rischia di mettersi alla guida o compiere altre azioni impegnative senza rendersi conto che le proprie capacità di reazione e valutazione sono alterate.

Siamo insomma alle solite: l'appello gioca sulle nostre paure delle sostanze dai nomi misteriosi, sul luogo comune degli americani cattivi e senza scrupoli, e sul mito della sadica disinvoltura con la quale le grandi aziende infilano veleni negli alimenti senza che le autorità se ne accorgano. Alla fine risulta addirittura controproducente, seminando disinformazione e sollevando un polverone che impedisce di discutere concretamente dei rischi reali connessi all'uso scriteriato di queste bibite.


2009/05/24: Red Bull bandita in Germania, contiene cocaina


Il sito tedesco The Local segnala che le autorità degli stati dell'Assia e del Nord Reno-Westfalia hanno ordinato agli esercenti di ritirare la bibita perché un istituto di sicurezza alimentare ha trovato tracce di cocaina in alcuni campioni di Red Bull Cola. Le autorità precisano che si tratta, tuttavia, di tracce al di sotto dei dosaggi nocivi ma comunque non ammesse negli alimenti.

Sempre secondo le autorità, la red Bull contiene un estratto di foglie di coca dal quale è stata rimossa la cocaina, ma questo implica che la bibita non possa essere classificata come alimento e debba essere invece considerata come un narcotico per il quale occorre una licenza speciale.

La Red Bull ha obiettato che si tratta di estratti usati in tutto il mondo come aromi naturali.

Radio: i temi di oggi

Disinformatico radio: Red Bull "tossica", giganti in India, Satana nel codice a barre, burle estive online e ricerca video


Come consueto, anche questo martedì sta per andare in onda l'edizione radio del Disinformatico, in diretta dalle 11 alle 12 sulla Rete Tre della Radio Svizzera di lingua italiana, ricevibile anche in streaming in tempo reale (Real Audio) e in differita come podcast.

Ecco i temi della puntata di oggi, che troverete dettagliati in questo blog nel corso della diretta:

  • La bibita che "ti mette le ali", Red Bull, contiene davvero una sostanza allucinogena usata dai militari americani in Vietnam, come afferma un appello che circola via e-mail, o è completamente innocua? Analisi della psicologia di un allarme online.
  • Un giornale ha pubblicato foto sconcertanti di uno scheletro umano gigantesco che sarebbe stato trovato in India. Cosa c'è sotto, e da dove vengono in realtà quelle foto? Piccolo viaggio nella fisica per spiegare perché non possono esistere i giganti.
  • Il codice a barre dei prodotti è accusato di contenere il numero di Satana, il 666: c'è chi chiede di bandirlo o riformularlo. Ma è forse il caso di consigliare meno ansia e più studio a chi lancia questi appelli.
  • Burle estive per gli amici: come imbrattare (virtualmente) un muro con una scritta impossibile e altri effetti speciali.
  • Non solo Youtube, non solo Google Video: parliamo di Blinkx, il motore di ricerca per i filmati che "ascolta" e "vede" i contenuti e cataloga da solo i video invece di dipendere dall'intervento degli utenti.

A fra poco!

2007/06/25

Videochicca: la Rai annuncia l’esplosione della navetta

Regaliamo un dizionario d'inglese a mamma Rai?


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "xtobor" e "edoart". Credit foto Shuttle: AP via BBC.

Ora che la navetta spaziale Atlantis è rientrata a terra senza problemi, posso presentarvi senza remore scaramantiche questa perla del TG1, sintomatica dell'attenzione e della competenza con le quali le redazioni dei media tradizionali seguono le notizie scientifiche.

In un'edizione del TG1 della notte costellata di rumori in studio degni di un'emittente da sottoscala, Laura Mambelli annuncia un evento terribile: "Scusate, una notizia che è appena arrivata: la notizia della navetta Atlantis, che è esplosa con sette astronauti a bordo. Lo shuttle Atlantis è partito dal Kennedy Space Center in Florida alle 19:38 ora locale, quando erano l'1:38 in Italia. La navetta doveva raggiungere la stazione spaziale internazionale orbitante per una missione di undici giorni. Invece ora è arrivata questa notizia: la navetta è esplosa con sette astronauti a bordo".

Qualche minuto dopo, la rettifica: la Mambelli non s'accorge a lungo di essere in onda e le urlano nell'auricolare di darsi una svegliata. "Abbiamo letto una notizia che purtroppo era sbagliata, quindi noi abbiamo dato la notizia dell'esplosione in volo dello shuttle Atlantis e invece lo Shuttle è partito regolarmente. Ci scusiamo ancora con i telespettatori, buonanotte".





Chiaramente la Mambelli ha semplicemente letto quello che le veniva dato da leggere, ma come è stata possibile una gaffe del genere? L'ipotesi più plausibile è che la notizia del decollo sia arrivata in inglese dalle agenzie di stampa USA e che qualche genio poliglotta della redazione abbia interpretato "blast off" (termine in uso soltanto da una cinquantina d'anni per indicare la partenza di missili e simili) come sinonimo di "blast" ("esplosione").

Complimenti alla redazione del TG1 per aver fatto prevalere ancora una volta la voglia di scoop sulla verifica delle notizie, e una menzione speciale per la competenza linguistica dimostrata.

2007/06/23

Helpdesk medievale

L'impatto con le nuove tecnologie spiegato dai norvegesi


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "giacomo.pur****" e "markogts".

Ho pescato in Rete un video umoristico che spiega forse meglio di mille trattati scientifici il problema dell'introduzione delle nuove tecnologie e le difficoltà che ne nascono. Siccome mi sto dilettando a studiare l'editing video, ne ho preparato alla buona una versione sottotitolata in italiano per coloro che hanno difficoltà con il norvegese :-)

I sottotitoli inglesi preesistenti che spuntano ogni tanto sono della rete televisiva NRK che ha realizzato lo sketch nel 2001. Se volete la versione originale, è qui.

2007/06/21

Chi ha paura della Rete? Incontro pubblico stasera a Rimini

Come avrete notato dalla sezione Prossimi appuntamenti di questo blog, stasera (21/6) alle 21 sarò a Rimini, alla Parrocchia S. Giovanni Battista, in Via XX settembre 87, insieme a Roberto Piccardi per un incontro pubblico sui temi caldi della Rete: dalla sicurezza informatica alle preoccupazioni dei genitori per i figli online (e dei figli per i genitori online), privacy, bufale e qualunque altro argomento emerga dal pubblico.

L'idea è di non fare pulpito con la solita conferenza pallosa, ma di sentire come gli utenti comuni vivono Internet nel bene e nel male e da lì partire per proposte e risposte.

Se vi va, l'ingresso è libero. A stasera!

2007/06/20

EMI senza DRM, boom di vendite

Togliere i lucchetti alla musica fa vendere di più, almeno per ora


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "matthardcore" e "ridolini".

La scelta di EMI di vendere musica online senza gli odiosi lucchetti del DRM sembra funzionare. Come riferisce Bloomberg News (riportata dal Tennessean e da Coolfer; grazie a The Inquirer per la dritta), Dark Side of the Moon dei Pink Floyd senza DRM ha venduto una media di 3600 copie a settimana; nelle 11 settimane precedenti all'offerta senza DRM tramite iTunes Plus, le copie settimanali erano 830. L'aumento è pari al 272%.

Anche altri album non se la cavano male: gli Smashing Pumpkins con Siamese Dream hanno aumentato le vendite del 17% sullo stesso periodo di riferimento; Come Away With Me di Norah Jones le ha incrementate di poco meno del 24%; Oh No degli OK Go ha avuto un incremento del 77%; e i Coldplay, con A Rush Of Blood To The Head, hanno segnato un aumento del 115%.

E' possibile che questi numeri molto positivi derivino in parte dagli upgrade, ossia dagli acquisti fatti da chi aveva già la versione lucchettata e ha pagato un supplemento per avere quella senza lucchetti e con qualità audio migliore.

Per contro, gli stessi album in versione CD hanno avuto quasi tutti un forte calo di vendite, sempre secondo Coolfer. E' possibile che l'avvento della musica online legale senza lucchetti abbia dato un'ulteriore spinta al calo di vendite generalizzato dei CD, che secondo Nielsen SoundScan ammonta al 21% negli Stati Uniti rispetto a giugno 2006.

Burla esplosiva

Esplosione atomica in un filmato meteo


Dagli smanettoni provocatori della Repubblica Ceca arriva una nuova forma di burla telematica: sono riusciti a collegarsi fisicamente a una delle telecamere che riprendono immagini panoramiche del paesaggio locale e a sostituire le immagini reali con un filmato identico ma leggermente ritoccato (di cui vedete un fotogramma qui sopra).

Le immagini sono state trasmesse in diretta dalla rete ceca pubblica CT2 durante un popolare programma che presenta appunto riprese panoramiche di varie località della repubblica.

La dichiarazione del "gruppo artistico" che ha organizzato il tutto è qui, e il video completo della burla è qui. Ben fatto, ma chiunque abbocchi a un effetto speciale del genere (carente appena lo si esamina con calma) e si inalberi parlando di procurato allarme farebbe meglio a darsi una sana iniezione di realtà prima di diventare paranoico a furia di reazioni esagerate.

2007/06/19

Youtube Remixer, montaggio video online

Effetti speciali ed editing video senza software? Si può con Youtube Remixer

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Youtube ha da poco sfornato Youtube Remixer, una sezione del proprio sito Web che consente di effettuare montaggi e aggiungere effetti, bordi (ne vedete un esempio qui sopra) e titoli ai propri video senza dover installare software sul proprio computer.

Gli effetti a disposizione sono molto limitati rispetto a quelli offerti dai programmi di editing video veri e propri, ma sono meglio di niente (e sono gratuiti) e possono costituire una prima introduzione al mondo del montaggio: una di quelle cose di cui tanti, troppi filmati amatoriali avrebbero disperato bisogno.

Come nota una recensione su NewTeeVee, l'editing video online non è una novità: lo aveva già alcuni mesi fa Photobucket. Sia come sia, è un nuovo esempio molto potente della nuova tendenza a trasferire le applicazioni dal computer alla Rete. Niente manutenzione, niente backup, niente configurazione: le applicazioni e i dati sono accessibili da qualunque computer con qualunque sistema operativo moderno.

7Digital.com, musica EMI senza DRM e scontata rispetto ad iTunes

iTunes non è l'unico modo per avere legalmente musica senza DRM


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Una nuova sezione del sito di vendita legale di musica 7Digital permette di acquistare canzoni dal catalogo EMI senza lucchetti digitali, in alta qualità (MP3 da 320 kbps) e a prezzo spesso inferiore rispetto ad iTunes.

Diversamente da iTunes, inoltre, funziona con qualsiasi sistema operativo (iTunes funziona, salvo accrocchi, solo su Mac e Windows) e non inserisce dati personali nei brani scaricati. Purtroppo il sito è soltanto in inglese, e questo può costituire una limitazione non trascurabile.

Una funzione molto pratica di 7digital è il locker, o "armadietto", nel quale vengono conservate tutte le canzoni acquistate dall'utente, che può quindi scaricarsele di nuovo se per caso perde gli originali. I prezzi partono da 50 pence (circa 75 eurocent, 1,2 franchi svizzeri), decisamente più bassi rispetto a quelli di iTunes (1,29 euro, pari a circa 2 franchi, per i brani senza DRM).

7 digital.com contiene anche una sezione Indiestore dove le band emergenti possono mettere in vendita (o regalare) la propria musica e anche i video.

Per usare 7digital non occorre installare software aggiuntivo: basta creare un account (gratuito). Si può pagare sia con la carta di credito, sia con Paypal. Il sito al momento risulta molto lento in alcune sezioni, ma comunque funzionante. Il vero problema, almeno finché anche le altre case discografiche non capiscono l'antifona, è che bisogna sapere quali artisti appartengono alla EMI, altrimenti i brani sono quasi sempre ancora lucchettati in formato WMA: in questo senso può essere utile la compilation di Wikipedia.

9,9 gigapixel al servizio dell’arte

Quanti megapixel? Parliamo di gigapixel...


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Una foto da 9,9 gigapixel? Un po' troppo per la vostra fotocamera nuova di pacca? Eccovi le nuove frontiere dell'immagine digitale. Sul sito Haltadefinizione (sponsorizzato da DeAgostini) trovate un bell'esempio di utilizzo della tecnologia per consentire di visitare un'opera d'arte in un modo altrimenti impossibile.

Date un'occhiata all'affresco della Gloria di Sant'Ignazio, di Andrea Pozzo, visitabile nella chiesa di Sant'Ignazio di Loyola a Roma: lo potete zoomare fino a un livello di dettaglio incredibile, degno di Blade Runner, e potete anche confrontare l'opera finita con il bozzetto (che è già di per sé un'opera d'arte).


L'immagine è costituita da un collage di quasi 1200 foto, che tappezzano un'area di 149.307 pixel di larghezza per 65.984 pixel d'altezza.

Nel medesimo sito trovate anche molte altre opere d'arte visitabili virtualmente in questo modo straordinario. Quando vi dicono che l'informatica è per gli smanettoni e gli asociali, rispondete con quest'esempio.

Aggiornamento (2007/06/20): Come hanno notato alcuni lettori, la megafoto (o forse dovrei chiamarla gigafoto) contiene una sorpresa: un'immagine di Spongebob. Non è un fotomontaggio e non sembra essere uno scherzo degli autori della fotografia: è un palloncino vero e proprio, un po' sgonfio. Stranamente, però, il palloncino è appeso e non fluttua sotto l'affresco. Buona caccia :-)

111 truffatori online arrestati in Olanda

Truffatori alla nigeriana, retata olandese


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Ogni tanti arriva anche qualche buona notizia dal fronte della lotta alle truffe. The Register riferisce che la polizia olandese ha arrestato ben centoundici presunti truffatori "alla nigeriana" al termine di sette mesi di indagini. Alcuni degli arrestati possedevano documenti falsi; altri del gruppo, prevalentemente costituito da nigeriani, sono immigrati clandestini o irregolari.

I truffatori sono accusati di aver gestito una serie di raggiri basati sull'invio di e-mail che annunciavano alle vittime false vincite a inesistenti lotterie (una tecnica che si chiama "alla nigeriana" proprio perché la Nigeria è la fonte principale di truffatori che la adottano).

Come consueto, per mettere le mani sulla vincita le vittime dovevano inviare del denaro per presunte spese amministrative. Secondo le autorità olandesi, sono circa duemila i truffatori attivi nel paese.

Truffa alla nigeriana spenna 800˙000 euro

Mega-truffa alla nigeriana in Australia


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Il Sydney Morning Herald riferisce che una famiglia del Queensland, in Australia, è stata spennata dai truffatori usando una versione particolarmente sofisticata della cosiddetta "truffa alla nigeriana" o "419 scam": quella che intasa le nostre caselle di posta con presunte vincite alla lotteria o segnalazioni di eredità milionarie che ci spettano se solo avremo la cortesia di anticipare delle fantomatiche "spese burocratiche" (che in realtà vanno a ingrassare i truffatori e non porteranno a nessun utile chi abbocca alla truffa).

Stavolta la truffa ha fruttato oltre 1,3 milioni di dollari australiani (circa 800.000 euro o 1,3 milioni di franchi svizzeri), munti alla famiglia Baker. La famiglia era stata contattata da un'amica che era convinta di aver diritto a un'eredità di 17 milioni di dollari dal proprio padre, che non aveva mai conosciuto. L'amica aveva risposto a un annuncio sul giornale che la citava specificamente per nome in proposito.

I truffatori avevano poi intrattenuto contatti con la vittima tramite un avvocato di una società di consulenza legale liberiana, affermando che era necessaria una serie di pagamenti per coprire presunte spese legali ed amministrative e tasse locali prima che l'eredità potesse essere inviata in Australia. E qui, nel 2005, era entrata in gioco la famiglia Baker, che si era offerta di pagare le spese per l'amica.

Iniziò così un giro di viaggi in Europa per conoscere finti funzionari governativi in Spagna, Italia e Olanda. I truffatori portarono il signor Baker persino in una banca spagnola e gli mostrarono una cassetta piena di denaro statunitense: la presunta eredità.

Nel corso dei due anni successivi, la famiglia Baker pagò appunto circa 1,3 milioni di dollari australiani ai truffatori. Solo di recente un membro della famiglia ha visto in televisione un programma dedicato alle truffe di questo genere e finalmente si è accesa la lampadina.

La particolarità di questa versione della truffa è non solo la sua sofisticazione (molte delle società intermediarie della presunta eredità erano autentiche e coinvolte a loro insaputa), ma anche la precisione del bersaglio scelto: i truffatori hanno chiaramente raccolto molte informazioni personali sulla vittima prima di procedere. Cosa del resto facile, soprattutto nelle aree di chat e grazie ai tanti dati personali che disseminiamo spesso incautamente su Internet.

Il Herald nota che la segnalazione della famiglia Baker ha portato all'arresto di una persona ad Amsterdam. Chissà se è una di queste.

Il consiglio è quello di sempre: se un'offerta sembra troppo bella per essere vera, probabilmente non è vera, e tenete presente che questi truffatori sono, come dimostra quest'episodio, ben più sofisticati di quel che si potrebbe pensare.

Internet italiana sotto attacco, come difendersi

Infettati quasi diecimila siti italiani di ogni genere


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E' sicuramente la notizia del momento: ne parlano PC al Sicuro, Punto Informatico e, in inglese, Slashdot, The Register, Websense, Trend Micro e ZDNet. Symantec elenca alcuni dei siti compromessi dall'attacco in corso da sabato scorso ai danni di un enorme numero di siti, principalmente italiani.

L'attacco è stato molto improvviso: ha preso inizio con un'infezione ai danni di oltre un migliaio di siti Web, prevalentemente italiani, che usano Internet Information Server di Microsoft; da lì è partito un contagio esponenziale.

Secondo alcune indicazioni, il provider maggiormente colpito è Aruba. I siti infettati, se visitati con un computer Windows (con qualsiasi browser) non opportunamente blindato, iniettano automaticamente nel computer del visitatore del codice ostile che consente ogni sorta di malefatta, compreso il furto di dati personali.

E' importante, per gli utenti, tenere presente che nessun genere di sito è al sicuro: risultano coinvolti anche rispettabilissimi siti commerciali e di comuni e pubbliche amministrazioni. La trappola scatta semplicemente visitando una pagina Web con un computer Windows (gli utenti Mac e Linux sono sostanzialmente immuni).

Chi usa Windows deve aggiornare appena possibile il proprio antivirus e tutti i programmi che interagiscono con Internet, oltre al proprio sistema operativo, perché l'attacco sfrutta anche falle in Apple Quicktime e WinZip. Va detto che si tratta sempre e comunque di vulnerabilità che sono già state risolte dai produttori, per cui la cosa migliore è appunto assicurarsi che il proprio computer sia completamente aggiornato, usando per esempio il servizio di verifica gratuita di Secunia.

Radio: i temi di oggi

Italia sotto attacco, Youtube con editing, musica EMI scontata, truffe online: Disinformatico radio stamattina


Un attacco informatico massiccio ha compromesso migliaia di siti Internet italiani: tutti i dettagli, e soprattutto come difendersi, nella puntata di oggi del Disinformatico, in onda sulla Rete Tre della Radio Svizzera di lingua italiana alle 11 e ricevibile in streaming e come podcast.

Gli altri temi della puntata sono l'introduzione del montaggio video in Youtube, la possibilità di comperare musica senza DRM dal catalogo EMI a prezzi scontati tramite 7digital.com, e un po' di notizie buone e cattive dal mondo delle truffe online.

A fra poco!

2007/06/17

Installare OpenOffice.org X11 sul Mac

OpenOffice.org sul Mac: installare la versione X11


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Gli utenti di OpenOffice.org hanno due modi fondamentali di adoperare questo programma gratuito sul Mac. Il primo è la variante NeoOffice, che s'installa come una normale applicazione ma tende a essere piuttosto pesante ed è meno aggiornata rispetto all'OpenOffice.org "normale". In compenso, usa tutte le funzioni grafiche, i font e l'interfaccia standard Aqua di Mac OS X.

E' in fase di sviluppo una versione Aqua di OpenOffice.org installabile direttamente sul Mac e integrata con Mac OS X, ma attualmente è in fase alpha e praticamente inutilizzabile. Ci sarebbe anche l'ipotesi di usare la versione Windows di OpenOffice.org sul Mac Intel usando Crossover, ma costa 60 dollari e OpenOffice.org non è fra le applicazioni testate, per cui si tratta per il momento di un salto nel buio.

In attesa che questa versione alpha cresca un po' e che qualcuno faccia il test di compatibilità Crossover, il secondo modo collaudato e affidabile per avere OpenOffice.org sul Mac è usare OpenOffice.org per X11, che come dice il nome ha bisogno dell'ambiente X11.

Quest'ambiente non viene installato automaticamente: ecco come procedere per chi usa Tiger, la versione più recente di Mac OS X.

La prima cosa è, appunto, installare l'ambiente X11, se non l'avete già fatto per qualche altro motivo. In Tiger, X11 è sul DVD di installazione di Mac OS X. In Panther, invece, occorre andare all'apposita pagina del sito Apple per lo scaricamento di X11 e aggiungere l'update (grazie Luca per i link corretti).

Inserite il DVD di Tiger. Nella finestra che compare, aprite con un doppio clic il pacchetto d'installazione Optional Installs (lo trovate nella zona inferiore della finestra). Nella schermata d'installazione, cliccate su Continua, accettate la licenza e poi scegliete la destinazione (di norma il disco rigido interno del Mac) e cliccate su Continua. Nell'elenco di programmi da installare, espandete la sezione Applicazioni, scegliete soltanto X11 e cliccate su Installa. Seguite le istruzioni a video fino alla fine dell'installazione.

A questo punto dovreste trovarvi con l'ambiente X11 installato in Applicazioni/Utility.

Scaricate OpenOffice.org per X11 dall'apposita pagina del sito dell'applicazione. Assicuratevi di scegliere la versione adatta alla vostra versione di Mac OS X e al vostro processore (Intel o PowerPC). Al momento in cui scrivo, la versione 2.2.1 italiana è disponibile qui, ma soltanto per PowerPC; se vi serve la versione Intel, è disponibile quella 2.2.0 inglese insieme a quelle in altre lingue.

Il pacchetto DMG di OpenOffice.org segue le normali regole d'installazione Apple: si fa doppio clic nel Finder per aprirlo se non s'è già aperto da solo e poi si trascina l'icona di OpenOffice.org alla cartella Applicazioni.

Al primo avvio (anch'esso tradizionale, doppio clic sull'icona di OpenOffice.org nella cartella Applicazioni) viene chiesto due volte se si vogliono usare i font di sistema di Apple: accettate entrambe le richieste, che compaiono soltanto al primo avvio.

Quando parte OpenOffice.org X11 (per brevità OOoX) per la prima volta, vi chiede di accettare la licenza e un paio di dati personali. Poi parte il programma vero e proprio e siete pronti per lavorare. La differenza rispetto alle applicazioni normali è che quando lanciate OpenOffice.org X11 compaiono due icone nel dock: quella di X11 e quella di OOoX e per passare a OOoX occorre (almeno inizialmente) cliccare due volte, e sull'icona di X11 anziché su quella di OOoX.

OOoX è già configurato nel Finder, per cui un doppio clic su un documento nei formati OpenOffice.org (o OpenDocument) permette di aprirli con OOoX. Se avete installato anche NeoOffice e volete scegliere quale versione di OpenOffice usare per aprire un documento, fate clic destro (o Ctrl-clic) sul documento nel Finder per aprire un menu apposito. Potete anche scegliere di aprire i documenti per default con OOoX usando le consuete procedure di Mac OS X.

Per il resto, OOoX funziona come una normale applicazione Mac, con alcune importanti eccezioni:
  • l'interfaccia non è Aqua, per cui la barra menu dell'applicazione è nella finestra dell'applicazione anziché in alto sullo schermo;
  • le funzioni di copia e incolla sono un po' rallentate e limitate (se OOoX vi dice che non c'è nulla negli Appunti, aspettate un paio di secondi e poi ritentate, e occhio ai caratteri accentati e nonstandard);
  • i comandi usano il tasto Ctrl anziché il tasto Mela.

Affinamento di OOoX


Oltre alle consuete personalizzazioni di OpenOffice.org (come il salvataggio automatico, la ricerca di un ambiente Java, la scelta di usarlo per aprire i documenti MS Office, e altro) potete rendere il suo funzionamento un po' meno differente rispetto alle normali applicazioni Mac.

In X11, scegliete Preferenze - Ingresso e disattivate la casella Attiva le abbreviazioni da tastiera sotto X11. Questo permette (dopo un riavvio di X11) di usare le normali combinazioni di tasti Mela-C, Mela V e Mela-X per copiare, tagliare e incollare da un'applicazione a OOoX e viceversa.

La guida online di Eric Bachard (PDF, in inglese) suggerisce anche di impostare Milioni nelle impostazioni dei colori della scheda Uscita delle Preferenze di X11.

Un altro consiglio della stessa guida serve a far sparire la finestra xterm di X11, che è inutile in questo contesto:
  • nella finestra di xterm (se avete dis-adminizzato il vostro Mac, la finestra di xterm deve essere aperta dall'utente amministratore), digitate sudo nano /etc/X11/xinit/xinitrc
  • vi viene chiesta la password di amministrazione
  • trasformate in commento la riga che inizia con xterm & aggiungendo all'inizio della riga un cancelletto (#) e uno spazio, ottenendo # xterm &
  • digitate Ctrl-O e poi Invio per salvare
  • digitate Ctrl-X per uscire dall'editor
Riavviate X11 e aprite OpenOffice.org X11: non ci sarà più la finestra di xterm inutile.

2007/06/12

Spammer attaccano i siti antispam

Guerra aperta fra spammer e siti antispam grazie agli utenti infetti


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ZDNet riferisce che è in corso un attacco informatico coordinato da parte degli spammer contro i siti antispam come Spamhaus, URIBL e SURBL. L'attacco ha temporaneamente oscurato i server Web di questi siti, come descritto da Steve Linford di Spamhaus in un post, ma ora la situazione sembra essere tornata alla normalità.

L'attacco è stato sferrato utilizzando i PC Windows infetti degli utenti. Secondo la ricostruzione data da Linford, hanno usato un malware denominato "Storm Worm" per lanciare un distributed denial of service, un attacco nel quale si induce un numero elevatissimo di computer a visitare o consumare in altro modo le risorse di un sito, in modo da sovraccaricarlo.

E' importante sottolineare che in questa guerra gli utenti hanno un ruolo fondamentale: quello delle pedine inconsapevoli (o incoscienti). Chi naviga in Rete senza adeguate protezioni e si fa infettare diventa complice involontario degli spammer. Chi acquista dagli spammer non fa altro che alimentare i loro loschi giri di denaro, grazie ai quali possono attaccare i siti che aiutano gli utenti a proteggersi dalle ondate di spam che altrimenti intaserebbero le loro caselle di posta.

Se vogliamo che la Rete resti libera e si scongiuri un intervento d'autorità per porre fine allo spam (introducendo per esempio la posta autenticata come obbligo), dobbiamo tutti tenere in ordine il nostro piccolo angolo di Internet: il nostro computer. La libertà va guadagnata.

Google il peggiore fra i grandi in fatto di privacy

Privacy? Google la rispetta troppo poco e quasi non può fare diversamente

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La BBC e altri siti d'informazione riferiscono i risultati di una ricerca condotta dal gruppo britannico Privacy International, che si occupa della tutela dei diritti digitali degli utenti: Google è, secondo questa ricerca, addirittura "ostile" nei confronti della privacy in una classifica delle venti principali società che offrono servizi sul Web.

Le protezioni offerte da tutte queste società sarebbero insufficienti, secondo Privacy International, al punto che la situazione è definita "una corsa a chi cade più in basso". Non se ne salva nessuna. Non mancano critiche severe a Yahoo, AOL, Microsoft, Facebook e Hi5 (Microsoft è considerata leggermente migliore di queste altre società). La BBC, eBay e Last.fm sono definite "bisognose di miglioramento" ma comunque non in regola.

L'imputato numero uno del rapporto è comunque Google, per il semplice motivo che raccoglie una quantità enorme di dati sulle attività e le identità dei propri utenti. E' una situazione pressoché inevitabile, vista la sua onnipresenza. Google è il principale motore di ricerca (ed è disponibile una funzione che "ricorda" tutte le ricerche svolte da uno specifico utente); Google gestisce Gmail e quindi ha accesso alla posta (almeno a livello tecnico); Google offre servizi di mappe cercabili e blog (come questo), sui quali deposita pubblicità mirata in base al contesto e ai gusti degli utenti (se si identificano)... e così via.

L'altra critica fatta a Google da Privacy International riguarda le sue politiche sulla riservatezza e la sua scarsa attenzione ai reclami degli utenti.

Google, comprensibilmente, dissente e afferma che il rapporto "è basato su molte imprecisioni e incomprensioni riguardanti i nostri servizi". Il rapporto uscirà in forma più dettagliata a settembre. Nel frattempo, conviene valutare esattamente quante briciole di pane digitale vogliamo lasciarci dietro mentre passeggiamo come Pollicino nel bosco infido della Rete e imparare le tecniche di protezione della privacy, a partire dalla purga dei cookie all'azzeramento dei dati personali memorizzati dal browser. Prima che Google si riveli un Grande Fratello in confronto al quale Microsoft sarebbe una portinaia guercia.

Apple, video delle novità di Leopard e iPhone

Disponibile lo streaming della presentazione di Apple al WWDC


Per gli appassionati e per chi vuole assistere alla presentazione delle novità di Apple, il video è disponibile in streaming qui. Vi elenco la scaletta per permettervi di saltare le parti soporifere: è una presentazione piuttosto sottotono rispetto alla media Apple.

Il video inizia con una presa in giro di Microsoft e del suo Zune e prosegue con ringraziamenti a Paul Otellini di Intel.

6:45. Presentazione dei videogame di Electronic Arts e Id che saranno disponibili sotto Mac OS X.

14:30. Inizio della presentazione di Leopard, il sistema operativo successore di Tiger. 22 milioni di utenti Mac OS X. Migliorie estetiche e funzionali al desktop.

23:00. Nuovo Finder con Coverflow (nuova modalità di visualizzazione dei file, che a qualcuno ricorderà Windows Vista). Condivisione file remota (Back to My Mac). Spotlight ricerca anche sugli altri computer della rete locale, non più soltanto sul Mac locale.

32:10. Quicklook: anteprima dei documenti senza possedere o aprire l'applicazione corrispondente.

35:00. Leopard è tutto a 64 bit. Esegue sia applicazioni a 32 bit, sia applicazioni a 64 bit, e velocizza l'esecuzione di applicazioni che hanno grandi esigenze di memoria.

39:00. Core Animation (animazione automatica per le applicazioni). Demo visivamente spettacolare.

42:00. Boot Camp (avvia Windows al posto di OS X). Sarà integrato in Leopard e gestirà XP e Vista senza driver aggiuntivi. Parallels e VMware per far girare XP/Vista contemporaneamente a Leopard.

43:45. Spaces (aree di lavoro multiple nelle quali concentrare le finestre di documenti e applicazioni pertinenti a uno specifico progetto).

46:20. Dashboard e i suoi widget. Webclip: nuovo sistema semplificato per creare widget partendo da qualsiasi elemento di una pagina Web.

52:40. Aggiornamenti di iChat. Condivisione di slideshow, presentazioni, filmati direttamente in una sessione iChat. Selezione di sfondi in stile chromakey. Alcune gag sugli effetti speciali.

59:40. Time Machine: backup automatizzato con ricerca Spotlight anche all'interno dei backup. Interfaccia visivamente molto semplice e intuitiva.

1:05:30. Presa in giro delle multiversioni di Vista: a differenza di Microsoft, Apple vende un'unica versione del proprio sistema operativo a un unico prezzo, 129 dollari, tutto compreso.

1:06:40. One more thing... Safari 3.0 per Mac e anche per Windows XP e Vista.

1:13:50. One last thing... iPhone in consegna il 29 giugno prossimo. Safari è installato in iPhone e gli sviluppatori potranno creare applicazioni Web 2.0 e AJAX da eseguire all'interno di Safari sull'iPhone. Niente software da installare o aggiornare sugli iPhone. Demo molto accattivante delle potenzialità dell'iPhone (a patto di avere una connessione dati mostruosamente veloce).

1:24:00 Fine.

CatCam, diario digitale della vita di un gatto

Il mondo visto dagli occhi di un gatto grazie alla tecnologia digitale


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Vi siete mai chiesti cosa fa il vostro gatto nell'arco della sua pigra ma intrigante giornata? Grazie al progetto libero di un appassionato, Juergen Perthold, ora lo potete sapere. La CatCamera è una fotocamera digitale a basso costo, modificata per scattare automaticamente una foto ogni tot di tempo. La fotocamera è abbastanza piccola da poter essere installata sul collare del gatto (che probabilmente non gradirà dapprima la novità).

I risultati sono assolutamente affascinanti, degni del miglior fotoreportage professionale: un'esplorazione da un punto di vista unico del mondo che condividiamo con i nostri amici animali, di cui spesso trascuriamo le esigenze.

Apple annuncia browser Safari... per Windows?

Il browser di Apple debutta su Windows


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "mauro" e "eugeniorap". L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

A sorpresa, Apple offre una versione Windows del proprio browser Safari, scaricabile gratuitamente dal sito Apple in versione beta. Si riapre la guerra dei browser? Non esattamente.

Potrebbe sembrare che Apple voglia stuzzicare gli utenti Windows offrendo loro un programma di navigazione, alternativo a Internet Explorer, in "stile Mac", per far provare a chi adopera Windows cosa significa in concreto l'approccio semplificato all'interfaccia per il quale Apple è così famosa e amata (pure troppo) dai suoi seguaci.

Questo è vero in parte, ma il motivo reale è ben diverso: Apple ha infatti deciso, fra le perplessità degli sviluppatori, che sul suo imminente telefonino iPhone le applicazioni baseranno il loro funzionamento sul motore Web del browser dell'iPhone, che è appunto Safari. Offrendo una versione Windows di Safari, Apple permette anche agli sviluppatori Windows di cominciare sin da subito a scrivere programmi per l'iPhone.

Ma a parte questo, per gli utenti Windows vale la pena di provare Safari? Nella sua attuale versione beta, direi di no. Perlomeno sulla mia macchina Windows (XP), Safari è francamente una vera schifezza: si perde pezzi di pagina per strada (qui sotto vedete un esempio di come Safari beta per Windows visualizza questa pagina). Il problema, stando a The Register, sta nell'uso di versioni non USA (o con impostazioni non-USA) di Windows. Fra l'altro, la versione Windows non richiede il riavvio del PC, mentre quella Mac sì; cosa che per gli utenti Apple è decisamente fuori da ogni schema abituale.


Conviene decisamente attendere la versione definitiva, per la quale sono già pronti vari plug-in che ne estendono le funzioni, anche perché in Safari sono già stati scoperti diversi bachi molto gravi, come riferisce Slashdot.

Nel frattempo, chi ha già saggiamente scelto di adottare Firefox, Opera o altri browser alternativi a Internet Explorer (purtroppo maggiormente bersagliato dagli attacchi informatici per la sua posizione dominante nel mercato) può continuare a usarli e aspettare eventualmente l'uscita della versione definitiva di Safari per valutare anche quest'alternativa.

Attenti al Boy Love Day / Love Boy Day

Un po' di chiarezza sull'appello contro una presunta "giornata dell'orgoglio pedofilo"


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Da alcuni giorni sta circolando un appello via e-mail che raccoglie "firme" per una petizione all'UE e all'Unicef affinché aumentino la loro attività contro la pedofilia. L'appello è stimolato dalla presunta imminenza di una "giornata dell'orgoglio pedofilo" che sarebbe denominata "Love Boy Day" o "Boy Love Day" e sarebbe stata indetta per il 23 giugno.

Vista la delicatezza dell'argomento e l'attuale clima di stretta sorveglianza antipedofilia della Rete, non ho svolto ricerche o indagini con parole chiave che potevano indurre sospetti o falsi allarmi su di me e ho chiesto approfondimenti alle forze investigative autorizzate. Spero di poter pubblicare maggiori dettagli qui a breve.

Per ora vi suggerisco di andare direttamente alla fonte dell'iniziativa, indicato più avanti, e di non fidarvi del testo fuorviante dei vari appelli circolanti via e-mail, che rischiano di inquinare e confondere l'iniziativa.

Ecco una delle principali versioni dell'appello in circolazione:

Il 23 giugno si celebra il Love Boy Day. Giornata dell'orgoglio pedofilo.

Dato che la libertà è di tutti, suppongo che se loro festeggiano quello che dovrebbe rappresentare uno dei peggiori reati, le persone normali e sane di mente hanno la possibilità di fare qualcosa che vada nella direzione opposta.

I pedofili del mondo si tengono in contatto con siti e manifestazioni in cui affermano che vogliono essere lasciati liberi di "amare" chi gli pare, a prescindere dall'età. E per dimostrare a tutti che sono persone normali e bene integrate nella società, hanno siti in cui si scambiano opinioni, ci fanno vedere romantiche scene fra adulti e bambini sorridenti…e naturalmente si trova parecchio materiale pedopornografico.

Le associazioni e la polizia postale non riescono né ad oscurare tutti i siti presenti, né ad intevenire negli altri stati.

Per fare in modo che vengano potenziati i controlli e si impedisca a queste persone di manifestare il loro "orgoglio" (alla bestialità) hanno organizzato una raccolta di firme per mandare una petizione all'Unione Europea e all'Unicef.

E' sufficiente mandare una mail a italia@epolis.sm firmando con nome e cognome.

Credo che non sia una gran fatica per noi inviare, fra le tante, anche questa mail. Se possibile inviatene una anche con eventuali altri indirizzi che avete, inserendo nomi di amici o parenti, o avvisando il maggior numero di persone affinchè aderiscano a questa iniziativa.

Un'altra versione dell'appello è questa:

IL 23 GIUGNO I PEDOFILI CELEBRERANNO IL LOVE BOY DAY, CELEBRAZIONE DELL'ORGOGLIO PEDOFILO, ACCENDENDO UNA CANDELA AZZURRA RICORDERANNO I PEDOFILI INCARCERATI PERCHE' "VITTIME DI DISCRIMINAZIONI E DI LEGGI INGIUSTAMENTE RESTRITTIVE"!

E POLIS CHIEDE L'AIUTO DEI LETTORI:
FIRMATE L'APPELLO DA INVIARE ALL'UNICEF E ALLA COMMISSIONE EUROPEA AFFINCHE' VENGANO OSCURATI TUTTI I SITI INTERNET CHE ADERISCONO ALLA GIORNATA DELL'ORGOGLIO PEDOFILO.
PER ADERIRE BASTA INVIARE UN SMS AL N° 346 3665 955 O UNA MAIL ALL'INDIRIZZO mailto:italia@epolis.sm FIRMANDO CON NOME E COGNOME.

L'indirizzo di e-mail in questione appartiene al quotidiano E Polis, disponibile nelle edicole e online; sul suo sito si promuove qui la raccolta di adesioni in termini piuttosto differenti da quelli dell'appello circolante: per esempio, nell'iniziativa originale di E Polis non c'è alcun suggerimento di "firmare" a nome di parenti e amici, per ovvie ragioni.

Ho contattato ieri la redazione di E Polis, che ha spiegato che la notizia del "Boy Love Day" proviene da un unico sito, Ibld.net, che asserisce di essere dedicato a "un esame razionale della pedofilia" e (stando a quanto mi viene indicato) non ospita immagini pedofile. Non si tratta, quindi, di un'iniziativa di massa come potrebbe sembrare: di conseguenza, come avviene spesso in questi casi, la campagna antipedofilia rischia di trasformarsi in pubblicità involontaria proprio per i siti che vorrebbe boicottare.

Lo scopo dell'iniziativa di E Polis, infatti, è sensibilizzare l'opinione pubblica e invitare con forza le autorità a oscurare i siti promotori della presunta "giornata di orgoglio". Il problema, come del resto sottolineato dalla redazione di E Polis, è che gli aspetti tecnici di un oscuramento di un sito Internet non sono banali e le relative questioni di diritto sono altrettanto complesse: infatti finché questi siti non commettono reato (e la discussione, su qualsiasi argomento, non è reato), non ci sono le basi legali per oscurarli. Anzi: c'è il rischio di un effetto boomerang che consentirebbe a questi siti di dichiararsi martiri e perseguitati in violazione del diritto democratico ad esprimere le proprie opinioni.

Come già discusso in occasione di altre petizioni analoghe e come confermato da E Polis, la validità legale di "firme" raccolte in questo modo è nulla. Non sono firme: sono soltanto delle adesioni, sulla cui autenticità, oltretutto, non c'è alcuna garanzia. Si tratta soltanto di una campagna di sensibilizzazione. In questo senso, quindi, il testo dell'appello via e-mail è completamente fuorviante.

Alcuni lettori erano rimasti perplessi sull'iniziativa antipedofilia notando questa precisazione sul trattamento dei dati riportata nella pagina della petizione su E Polis (l'evidenziazione è mia):

Ai sensi dell'art. 13 del D. Lgs. del 30 giugno 2003 n. 196, in materia di riservatezza dei dati personali, La informiamo che i dati personali da Lei forniti saranno trattati, nel rispetto degli obblighi di legge, ai fini di poterLe inviare eventuali pubblicazioni scientifiche, aggiornamento dei prodotti e dei servizi offerti dalla nostra Società e materiale in campione gratuito
Il trattamento dei Suoi dati sarà improntato ai principi di correttezza, liceità e trasparenza, tutelando la Sua riservatezza e i Suoi diritti e avverrà con strumenti manuali e/o informatizzati, idonei a garantirne la sicurezza e la riservatezza. [...]

Ho segnalato la questione alla redazione di E Polis, che ha chiarito che si trattava di un errore e ha rimosso la porzione di testo evidenziata.

In sintesi: l'iniziativa di E Polis solleva nuovamente un problema molto sentito, ma occorre capire i limiti e gli effetti collaterali di operazioni di questo genere e magari cogliere l'occasione per una discussione schietta del problema (anche con i propri figli) ed evitare di demonizzare Internet per colpa di una manciata di maniaci. Tenendo sempre presente che purtroppo, statistiche alla mano, la maggior parte dei casi atroci di pedofilia avviene fuori da Internet, nel mondo reale e specificamente nella cerchia della famiglia.

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