Facebook affida le traduzioni del sito agli utenti senza verificarle. Indovinate come va a finire
Crowdsourcing. È la parola del momento: significa affidare un lavoro a una massa di utenti volontari invece di pagare qualcuno per farlo professionalmente. Piace soprattutto ai boss dei grandi nomi di Internet perché fa risparmiare. A volte funziona piuttosto bene (Wikipedia ne è un esempio), ma quando la voglia di sfruttare l'utente invece di retribuire un professionista prende il sopravvento sul buon senso succedono guai.
Lo ha imparato pochi giorni fa Facebook, che ha pensato bene di guadagnare ancora di più affidando agli utenti il compito di tradurre in varie lingue la propria interfaccia tramite l'applicazione Facebook Translations. L'idea è piaciuta a Facebook così tanto da chiedere di brevettarla, e nel 2008 ha funzionato egregiamente, consentendo al social network di passare da un'interfaccia esclusivamente in inglese a ben 16 lingue nel giro di pochi mesi (oggi ne supporta oltre 60).
Ma qualcuno ha forse pensato di tagliare ancora di più i costi ed eliminare qualunque controllo delle traduzioni fornite. Se un numero sufficiente di utenti traduceva una frase dell'interfaccia in un certo modo, quella traduzione veniva adottata automaticamente da Facebook e veniva resa pubblica e visibile a tutti.
Un'occasione irresistibile per i burloni della Rete. A fine luglio, infatti, la versione spagnola e quella turca di Facebook hanno iniziato a presentare ai propri utenti delle traduzioni un po' particolari: per esempio, in spagnolo l'avviso di compleanno è diventato "f*ck you b*tches" (con la U e la I al posto degli asterischi) e "Vedi tutte le foto" è diventato "See all d*cks". Come traduzione di "ha commentato la foto", gli utenti spagnoli si sono visti un finissimo "ha fol*ado la foto", che per chi non mastica l'ispanico idioma apre nuovi orizzonti sulle forme di interazione fisica fra persone e immagini fotografiche.
Nella versione turca dell'interfaccia, invece, sono comparsi avvisi del tipo "Non è stato possibile inviare il tuo messaggio perché il tuo fallo è piccolo" al posto di "perché il destinatario è offline".
L'effetto si è diffuso anche al di fuori di Facebook, su tutti i siti che ospitano l'onnipresente pulsante "Mi piace" del social network e che quindi sono diventati diffusori di turpiloquio (per esempio, la versione turca di "Mi piace" è diventata un invito al congresso carnale di quattro lettere).
La faccenda ha spaventato parecchi utenti del social network, che hanno temuto che Facebook fosse stato "hackerato" e violato da potentissimi vandali. Invece no: era stata Facebook stessa a spalancare ai burloni le proprie porte. Il problema è stato corretto rapidamente, ma non prima di aver dimostrato la scarsa attenzione alla sicurezza dei gestori del social network, perché al posto delle parolacce avrebbero potuto esserci link a siti-trappola.
Queste sono le conseguenze dell'avidità di chi vuole risparmiare su tutto per fare ancora più fantastilioni. Speriamo che la lezione sia stata imparata.
Fonti: Allfacebook.com, Gawker,TechCrunch, The Register, Trend Micro.
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