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2024/09/14

Non ce la faccio più a turarmi il naso. Ho mollato X/Twitter, passo a Instagram (e resto su Mastodon). Sarà meno peggio?

Pubblicazione iniziale: 2024/09/14 19:06. Ultimo aggiornamento: 2024/09/15 10:50.

Per qualche mese ho attivato X/Twitter a pagamento per vedere se cambiava qualcosa in termini di efficacia e diffusione dei miei post. Sotto la gestione Musk, X/Twitter è diventato una fogna peggiore di quella che era prima, ma ho osato sperare che poter raggiungere 411.000 follower potesse essere un’occasione per diffondere un po’ di debunking e contrastare la disinformazione. Ci ho provato, turandomi il naso contro il tanfo crescente dei complottismi politici e scientifici lasciati correre a briglia sciolta e contro i deliri alimentati da Elon Musk stesso, decidendo di non rispondere a nessuno ma di limitarmi a postare notizie. Ma non è servito a nulla, non ho visto alcun miglioramento della diffusione dei post, e non ce la faccio più.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso, per me, è quel viscido post di Musk in cui lui attacca Taylor Swift per il suo sostegno alla candidatura presidenziale di Kamala Harris, dicendo che vuole metterla incinta. Non chiede di farlo; dice che lo farà (“I will give you a child”), volente o nolente lei. Cioè vuole stuprarla. Come al solito, ci sarà chi dice che è un post “scherzoso”. Come no. Provate a immaginare un uomo che scrive una cosa del genere a vostra figlia, se ne avete una.

È uno schifo che nessun uomo dovrebbe permettersi di scrivere, ed è l’ennesimo sintomo manifestato fin troppo pubblicamente da una persona che ha chiaramente dei gravi problemi di rapporti sociali e sta usando il suo immenso patrimonio per infliggere quei problemi al resto del mondo.

È un sintomo talmente grave che persino le Note della Collettività del suo stesso social network condannano quel post, dicendo che “dimostra un desiderio di oggettificare e degradare tramite contenuti sessuali indesiderati, ed è in violazione delle regole di X”.

Vedere Elon Musk, quello che una volta sembrava essere un visionario con un piano d’azione concreto per un futuro migliore per l’umanità, scendere progressivamente al livello di Donald Trump e poi andare ancora più in basso sposando le teorie di complotto più idiote (come quella degli immigrati che rapiscono e mangiano i gatti), è una scena di deludente squallore che non mi sento più di sostenere in alcun modo. Il leasing della mia Tesla Model S sta per scadere e non penso che resterò con questa marca, troppo dipendente dagli umori e dalle ossessioni minimaliste di Musk.

Nel frattempo ho annullato il mio account X/Twitter a pagamento (@disinformatico, aperto nel lontano 2007; resterà attivo per contratto fino al 4 ottobre) e ho smesso definitivamente di postare qualunque cosa su quella piattaforma. Ho motivato a X la mia disdetta così: “I can't stand Elon Musk's support and personal endorsement of sexism, racism, and hate on X/Twitter. The straw that broke this camel's back is THAT tweet of his to Taylor Swift. You know which one”.

 

Ho messo su X/Twitter un ultimo post in cui invito i follower a smettere di seguirmi lì e, se ci tengono, a passare a Mastodon, Threads e Instagram. Su quest’ultimo ho attivato l’account professionale.


Mi rendo perfettamente conto che Threads e Instagram sono nelle mani di un altro stramiliardario che sta facendo danni sociali a dismisura, Mark Zuckerberg. Forse sto solo passando dalla brace alla padella. Vedremo.

Intanto, se vi va, mi trovate a queste coordinate:

Fonte aggiuntiva: Elon Musk’s Offer to Father a Child With Taylor Swift Elicits Disgust: ‘You’re Creepy. Full Stop’, Variety, 11 settembre 2024.

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2024/09/15 10:50. Ieri sera, un’ora e mezza dopo il mio annuncio, qualcuno ha cercato maldestramente di rubarmi gli account su Mastodon e X e la PEC. Non credo sia una coincidenza. In ogni caso il tentativo è fallito.


 

2024/09/13

Podcast RSI - Telegram cambia le proprie regole, terremoto di sicurezza

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È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate qui sul sito della RSI (si apre in una finestra/scheda separata) e lo potete scaricare qui.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite iTunes, YouTube Music, Spotify e feed RSS.

Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

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[CLIP: TF1 annuncia l’arresto di Durov]

Il 24 agosto scorso Pavel Durov, fondatore e CEO della popolarissima piattaforma di messaggistica Telegram, è stato fermato in Francia [RSI] e successivamente incriminato dalle autorità francesi e rilasciato su cauzione, con l’obbligo di restare nel paese. L’incriminazione parla di “rifiuto di comunicare le informazioni necessarie per le intercettazioni autorizzate dalla legge”, “complicità” in reati e crimini gravissimi organizzati su o tramite Telegram, e... omessa dichiarazione formale di importazione in Francia di un sistema crittografico?

Questo terzo capo di incriminazione può sembrare dissonante rispetto agli altri due, ma ha una sua spiegazione che è importante per capire perché il fermo di Durov ha scatenato un terremoto che ha scosso molti degli oltre 900 milioni di utenti di Telegram.

Questa è la storia, fin qui, di questo terremoto e delle sue implicazioni per la sicurezza e la privacy, non tanto per i criminali che usano Telegram, ma per gli utenti onesti di questa piattaforma, specialmente quelli che vivono in paesi dove i diritti umani non vengono rispettati e i dissidenti vengono perseguitati. Questi utenti in questi anni si sono affidati a Telegram contando sulla sua promessa di non collaborare con nessun governo, e ora scoprono che le loro conversazioni su questa piattaforma non erano così protette e segrete come pensavano, anche perché Telegram, dopo il fermo e l’incriminazione di Durov, ha silenziosamente cambiato le proprie regole.

Benvenuti alla puntata del 13 settembre 2024 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo.

[SIGLA di apertura]

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Telegram è diverso dagli altri sistemi di messaggistica, come Signal o WhatsApp, per due ragioni principali. La prima è che offre i cosiddetti canali, ai quali può iscriversi un numero sostanzialmente illimitato di persone per seguire i messaggi pubblicati da un singolo utente o da una specifica organizzazione.

[i gruppi di Telegram possono avere fino a 200.000 partecipanti]

Questa capacità di far arrivare un messaggio anche a milioni di persone, senza nessuna delle restrizioni o dei filtraggi tipici di altre piattaforme, rende Telegram più allettante rispetto alla concorrenza, per esempio per i criminali informatici e anche per quelli non informatici, dai trafficanti di droga ai terroristi ai pedofili, che possono usarlo (e lo usano) per pubblicizzare i propri prodotti e servizi o le proprie terribili azioni e gestire la propria clientela in modo efficiente e discreto. Ovviamente queste stesse caratteristiche sono utili anche per chi lotta contro censure, persecuzioni o restrizioni delle libertà.

E così Telegram, per chi vive in Russia, è uno dei pochissimi canali attraverso i quali è possibile ricevere informazioni non filtrate dalla censura governativa. Durov lasciò la Russia dieci anni fa, nel 2014, proprio per non dover cedere al governo i dati dei cittadini raccolti dalla sua piattaforma precedente, Vkontakte, una sorta di Facebook nazionale, e per non doverla censurare. A modo suo, Pavel Durov ha esibito dei princìpi etici molto saldi: non collaborare con nessuna autorità, perché chi per un certo governo è un sovversivo per un altro governo è un dissidente, e chi è considerato terrorista da una parte è visto come combattente per la libertà dall’altra.

La seconda ragione è che Telegram, intesa come azienda, si è sempre vantata di rifiutare qualunque collaborazione con le forze di polizia di qualunque paese e di non fare moderazione: nelle pagine del suo sito ha dichiarato che “Tutte le chat e i gruppi di Telegram sono territorio privato dei loro rispettivi partecipanti. Non eseguiamo alcuna richiesta relativa ad esse [...] Ad oggi, abbiamo divulgato 0 byte di dati a terzi, inclusi i governi […] Mentre blocchiamo bot e canali legati al terrorismo (ad esempio legati all'ISIS), non bloccheremo nessuno che esprime pacificamente altre opinioni.”

Il risultato è che oggi 900 milioni e passa di persone in tutto il mondo si affidano a Telegram per comunicare di tutto, dagli annunci di estorsione informatica ai consigli delle mamme appassionate di rimedi naturali alle malattie, dagli amori clandestini ai film piratati, e di quei 900 milioni e passa circa 10 milioni sono utenti paganti, i cui abbonamenti permettono all’azienda Telegram di operare. Ma a fine agosto per tutte queste persone è arrivato un brusco risveglio.

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Prima di tutto, il fermo di Durov ha fatto parlare molto di Telegram anche nei media generalisti, e quindi finalmente molti utenti non esperti sono venuti a conoscenza di un dettaglio tecnico cruciale: le normali chat di Telegram, le sue chat di gruppo e i messaggi diffusi in massa attraverso i suoi canali non sono protetti tramite la crittografia end-to-end, come lo sono invece quelli di WhatsApp o di Signal.

Soltanto le cosiddette chat segrete di Telegram godono di questa protezione, che rende tecnicamente impossibile per il fornitore di un servizio di messaggistica collaborare con le autorità facendo leggere i messaggi dei sospettati. Crittografia end-to-end significa infatti che neppure il fornitore del servizio è in grado di leggere i messaggi scambiati dai suoi utenti e quindi può respingere le richieste di accesso di qualunque autorità semplicemente spiegando che non le può soddisfare per motivi puramente tecnici. Non può fornire i messaggi perché non è in grado di leggerli.

Ma mentre su WhatsApp questa protezione è applicata automaticamente a tutti i messaggi di tutti gli utenti, su Telegram è appunto necessario attivarla manualmente, e comunque la crittografia end-to-end non è disponibile nelle comunicazioni di gruppo ma solo in quelle dirette tra due persone, come spiegato in dettaglio sul sito di Telegram nelle pagine tecniche, quelle che non legge nessuno. E così pochissimi utenti conoscono e usano queste chat segrete.

[oltretutto le chat segrete sono particolarmente difficili da attivare]

In altre parole, il grosso del traffico di messaggi, leciti e illeciti, trasportati da Telegram è leggibile dai tecnici di Telegram, è archiviato sui server dell’azienda e quindi potrebbe essere consegnato alle autorità di qualunque paese, democratico o non democratico. Nessun problema per chi usa Telegram per coordinare le attività di un circolo scacchistico, ma per chiunque usi Telegram per proteggersi da autorità oppressive o per scopi non propriamente legali è uno shock scoprire che quello spazio che riteneva sicuro non lo è affatto.

Va detto che Telegram ha protetto i messaggi dei suoi utenti in altri modi: lo ha fatto tramite la crittografia dei propri server, di cui però ha le chiavi, che quindi gli possono essere chieste dalle autorità; e lo ha fatto distribuendo la propria infrastruttura in vari paesi, per cui i messaggi degli utenti sono sparsi in vari frammenti sotto giurisdizioni molto differenti, che dovrebbero quindi avviare un’azione legale coordinata e congiunta per avere accesso a quei messaggi.

[anche per le chat segrete, comunque, ci sono dubbi tecnici sulla qualità della crittografia di Telegram, che usa una tecnologia “indipendente”, ossia autoprodotta. E resta la questione dei metadati, comunque facilmente accessibili]

Ma il fatto stesso che i messaggi siano in qualche modo accessibili all‘azienda significa che un governo sufficientemente attrezzato, agguerrito e deciso potrebbe effettuare un attacco informatico a Telegram per leggersi quei messaggi. Oppure, più semplicemente, potrebbe trovare metodi non informatici per indurre l’azienda a collaborare. Per esempio, un fermo e un’incriminazione del suo fondatore e amministratore, magari con la scusa della mancata dichiarazione formale di aver importato in Francia un sistema crittografico. Telegram opera anche in Francia da anni, alla luce del sole, per cui è presumibile che le autorità francesi fossero ben consapevoli da tempo di questa mancata dichiarazione prevista dalle leggi nazionali, eppure non hanno mai fatto nulla per contestare l’omissione prima di oggi.

[la normativa francese include la facoltà di chiedere alle aziende di fornire “le caratteristiche tecniche e il codice sorgente dei mezzi crittografici oggetto della dichiarazione”]

E in effetti dopo l’intervento delle autorità francesi su Telegram è cambiato qualcosa di importante.

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Intorno al 5 settembre scorso le fiere parole di rifiuto di qualunque collaborazione che ho citato prima sono state riscritte sul sito di Telegram. Adesso Telegram non dice più che “Tutte le chat e i gruppi di Telegram sono territorio privato dei loro rispettivi partecipanti” e che non esegue alcuna richiesta relativa ad esse. Al posto di queste parole c’è l’annuncio che “Tutte le app di Telegram dispongono di pulsanti "Segnala” che consentono di segnalare i contenuti illegali ai nostri moderatori, con pochi tocchi.”

Le FAQ di Telegram com’erano prima del fermo di Durov...
... e come sono adesso.

Non è una novità in senso stretto: questa funzione di segnalazione esiste da tempo nell’app. Ma è interessante che sia stata messa in evidenza e che siano scomparse quelle parole sul “territorio privato”, quasi a suggerire un nuovo corso di collaborazione con le autorità.

Durov ha usato parole piuttosto concilianti anche in un suo annuncio personale [https://t.me/durov/342], dicendo che “l’improvviso aumento del numero di utenti a 950 milioni ha causato dei problemi legati alla crescita che hanno agevolato i criminali nell’abusare della nostra piattaforma […] è mio obiettivo personale assicurarmi che miglioreremo significativamente le cose in questo senso”.

Pavel Durov ha inoltre sottolineato l’impegno di Telegram contro gli abusi sui minori, citando l’apposito canale di Telegram [@StopCA] che indica, giorno per giorno, i numeri dei gruppi e canali banditi in relazione a questi abusi: sono quasi duemila al giorno. Ha dichiarato anche che Telegram rimuove quotidianamente “milioni di post nocivi” e ha “canali diretti di comunicazione con le organizzazioni non governative per gestire più rapidamente le richieste urgenti di moderazione.”

Sembra insomma che Durov voglia lasciarsi alle spalle numeri preoccupanti, come le 2460 richieste della polizia francese a Telegram rimaste senza risposta [Libération, paywall], e una reputazione guadagnata sul campo di non collaborare con le autorità nemmeno quando si tratta di situazioni di crimine indiscusso e non di questioni di libertà di parola.

[In realtà qualche caso di “collaborazione”, o meglio di azione forzata, c’è stato: la EFF nota che Telegram è stata multata dalle autorità tedesche nel 2022 per non aver predisposto un iter legale per la segnalazione di contenuti illegali e per non aver nominato un referente tedesco per la ricezione delle comunicazioni ufficiali e che il Brasile ha multato Telegram nel 2023 per non aver sospeso gli account dei sostenitori dell’ex presidente Bolsonaro]

[Secondo Politico.eu, l’indagine francese che ha portato al fermo di Durov sarebbe iniziata quando un agente sotto copertura ha interagito con una persona sospettata di essere un predatore sessuale su Telegram e questa persona ha poi ammesso di aver violentato una ragazza giovane. Quando le autorità hanno chiesto a Telegram l’identità di questo utente, Telegram si è rifiutata, e così gli inquirenti si sono concentrati sulle persone che gestiscono Telegram]

A questo restyling di Telegram contribuisce anche la rimozione della funzione Persone vicine, annunciata personalmente da Durov [https://t.me/durov/343]. Questa funzione permetteva a un utente di localizzare gli altri utenti di Telegram situati nelle sue vicinanze, con rischi fin troppo evidenti di abusi e di agevolazione dello stalking.

[la funzione era però anche utile per l’OSINT investigativa]

Numerosi criminali online che usano Telegram, intanto, hanno reagito alla situazione chiudendo i propri account sulla piattaforma, un po’ perché temono che i loro dati e quelli della loro clientela possano finire nelle mani delle autorità, e un po’ perché hanno paura che i loro account verranno chiusi, ora che Telegram dice di volersi occupare seriamente della moderazione [404 Media].

La parola chiave di tutta questa vicenda sembra essere moderazione, o meglio, carenza di moderazione dei contenuti diffusi da Telegram, anche dopo che sono stati segnalati, come nota anche l’autorevole Electronic Frontier Foundation riportando una dichiarazione dell’Ofmin, l’ente francese incaricato di investigare sulle minacce alla sicurezza online dei minori, notando che secondo la legge francese consentire la distribuzione di contenuti o servizi illegali di cui si è a conoscenza è un reato.

Gli eventuali cambiamenti concreti di Telegram diverranno visibili nei prossimi mesi, ma il presupposto delle autorità francesi che la mancanza di moderazione dei contenuti illegali segnalati comporti una responsabilità penale del titolare di un sito probabilmente sta facendo venire i brividi ad altri CEO di piattaforme di messaggistica e social network che non hanno la reputazione di essere “paradisi anarchici”, per citare l’espressione usata da Durov, ma se la meriterebbero. Perché anche Instagram, per esempio, ha lo stesso problema di omessa moderazione di contenuti anche dopo che sono stati segnalati.

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Lo so perché anch’io, come tanti altri utenti, segnalo spesso gli spezzoni di video pornografici e di abusi su minori inseriti nei reel di Instagram dopo qualche secondo di contenuto non controverso, ma la moderazione di questa piattaforma risponde puntualmente che il video è conforme alle norme della comunità e non lo rimuove. Eppure la violazione delle norme sarebbe assolutamente ben visibile se solo il moderatore, o l’intelligenza artificiale che forse lo ha sostituito, si degnasse di esaminare il video per qualche secondo in più.

[non pubblico esempi per ovvie ragioni, ma se i responsabili di Instagram vogliono sapere i dettagli, ho screenshot e registrazioni dei reel in questione - solo di quelli pornografici, per non detenere materiale illegale, di cui posso comunque fornire i link]

X, quello che una volta era Twitter, è anche peggio, soprattutto per chi è genitore di figli molto giovani che scalpitano per entrare nei social network. La pornografia e la violenza, anche di tipi estremi, sono accessibili su X semplicemente cambiando un’impostazione dell’app, ed è cosi da ben prima della sua acquisizione da parte di Elon Musk; dopo questa acquisizione sono aumentati i contenuti riguardanti odio, discriminazione e razzismo. Segnalarli è inutile, perché la loro presenza è esplicitamente prevista dalle regole di X ed è coperta dalla foglia di fico decisamente troppo corta di un messaggio di avvertimento, facilissimo da eludere, e dall’appoggio esplicito di Musk stesso.

[Le info di X su come segnalare contenuti sono qui; questa è la media policy di X sui contenuti per adulti; questo è il post su X nel quale Musk dice a Taylor Swift che le vuole “dare un figlio”, cosa che persino le Note della Collettività di X considerano una molestia sessuale inaccettabile; queste (Variety) sono le reazioni al post di Musk]

Il segnale mandato dalle autorità francesi è molto forte e a differenza delle segnalazioni degli utenti è difficile da ignorare: i gestori delle grandi piattaforme, se sono avvisati del fatto che ospitano contenuti o comportamenti illegali, non possono far finta di niente solo perché sono straricchi. Hanno delle responsabilità legali e soprattutto sociali, visto il peso che i loro servizi hanno nella formazione delle giovani generazioni e anche di quelle meno giovani.

A questo punto viene da chiedersi se dopo quello che è successo a Pavel Durov, Mark Zuckerberg e Elon Musk abbiamo già mandato un breve promemoria ai piloti del loro jet personali: “Evitare Francia”.


Fonti aggiuntive:

2024/09/12

Venerdì 13 parlerò di balle spaziali a Lecco

Questo venerdì 13 (domani) sarò ospite del Planetario di Lecco per presentare la mia conferenza Balle Spaziali, dedicata ai falsi miti dell’esplorazione dello spazio.

Ecco la presentazione formale dell’evento:

C'è chi dice che lo sbarco sulla Luna fu simulato in uno studio a Hollywood, che i russi hanno nascosto la morte di tanti cosmonauti, che un asteroide ci colpirà nel 2036 e che la NASA nasconde le prove degli extraterrestri che sono su Marte e sulla nostra Terra. L'esplorazione spaziale ha generato miti e leggende che è necessario smontare per poter scoprire il fascino e i drammi delle avventure reali, spesso più incredibili di qualunque leggenda. Paolo Attivissimo, giornalista scientifico, autore del libro "Luna? Sì, ci siamo andati!" e del documentario spaziale "Moonscape", mette da parte scientificamente i miti e ci porta nello spazio vero insieme ai pionieri del cosmo.

Seguirà l’osservazione del cielo notturno a cura del Gruppo Astrofili Deep Space.

Ti aspettiamo il 13 settembre 2024 alle ore 21.00 presso il Planetario Città di Lecco - C.so Matteotti, 32 - 23900 Lecco (LC)

La partecipazione all’evento è gratuita con prenotazione obbligatoria. Prenota qui: https://bit.ly/CICAP-UAI-Lecco

2024/09/06

Podcast RSI - Gli smartphone ci ascoltano? No, ma...

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È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate qui sul sito della RSI (si apre in una finestra/scheda separata) e lo potete scaricare qui.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite iTunesSpotify e feed RSS (Google Podcasts non esiste più, al suo posto c’è YouTube Music). 

Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

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I telefonini ascoltano le nostre conversazioni per bombardarci di pubblicità? La risposta degli esperti è sempre stata un secco “no”, nonostante la montagna di aneddoti e di casi personali raccontati dagli utenti, che dicono in tanti di aver visto sul telefonino la pubblicità di uno specifico prodotto poco dopo aver menzionato ad alta voce il nome o la categoria di quel prodotto.

La tecnologia, però, galoppa, i telefonini diventano sempre più potenti e i pubblicitari diventano sempre più avidi di dati personali per vendere pubblicità sempre più mirate ed efficaci, e quindi oggi quel secco “no” va aggiornato, trasformandolo in un “no, ma…”, perché un’azienda importante è stata colta a proporre ai clienti proprio questo tipo di ascolto delle conversazioni a scopo pubblicitario.

Questa è la storia di quel “no” e soprattutto di quel “ma”. Non è il caso di farsi prendere dal panico, ma è opportuno sapere dove sta andando la tecnologia e quali semplici gesti si possono fare per evitare il rischio di essere ascoltati dai nostri inseparabili smartphone.

Benvenuti alla puntata del 6 settembre 2024 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo.

[SIGLA di apertura]

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Se ne parla da anni: moltissime persone sono convinte che i loro smartphone ascoltino costantemente le loro conversazioni e colgano le parole chiave di quello che dicono, selezionando in particolare i termini che possono interessare ai pubblicitari. C’è la diffusissima sensazione che basti parlare di una specifica marca di scarpe o di una località di vacanze, senza cercarla su Internet tramite il telefonino, per veder comparire sullo schermo la pubblicità di quel prodotto o di quel servizio. Praticamente tutti i proprietari di smartphone possono citare casi concreti accaduti a loro personalmente.

Restano inascoltate, invece, le spiegazioni e le indagini fatte dagli esperti in vari paesi del mondo in questi anni. I test e le inchieste della rete televisiva statunitense CBS e della Northeastern University nel 2018, gli esperimenti della BBC insieme alla società di sicurezza informatica Wandera nel 2019, l’inchiesta del Garante italiano per la protezione dei dati personali nel 2021: tutte queste ricerche sul problema non hanno portato a nulla. Non c’è nessuna conferma oggettiva che i telefonini ci ascoltino e mandino ai pubblicitari le nostre parole per impostazione predefinita. Quando si fanno i test in condizioni controllate, il fenomeno sparisce.

Per esempio, nella loro indagine del 2019, la BBC e Wandera hanno messo due telefonini, un Android di Samsung e un iPhone di Apple, in una stanza e per mezz’ora hanno fatto arrivare nella stanza l’audio di pubblicità di cibo per cani e per gatti. Hanno anche piazzato due telefonini identici in una stanza isolata acusticamente. Tutti questi telefoni avevano aperte le app di Facebook, Instagram, SnapChat, YouTube e Amazon, insieme al browser Chrome, e a tutte queste app erano stati dati tutti i permessi richiesti.

I ricercatori hanno successivamente controllato se nelle navigazioni fatte dopo il test con quegli smartphone sono comparse pubblicità di cibi per animali domestici e hanno analizzato il consumo della batteria e la trasmissione di dati durante il test. Hanno ripetuto tutta questa procedura per tre giorni, e il risultato è stato che non sono comparse pubblicità pertinenti sui telefonini esposti agli spot di cibi per animali e non ci sono stati aumenti significativi del consumo di batteria o della trasmissione di dati. I consumi e le trasmissioni di dati sono stati praticamente uguali per i telefoni esposti all’audio pubblicitario e per quelli nella stanza silenziosa.

Se ci fosse un ascolto costante e un’altrettanto costante analisi dell’audio ambientale, questo produrrebbe un aumento dei consumi, perché il processore del telefono lavorerebbe in continuazione, e ci sarebbe un aumento della trasmissione di dati, per inviare le informazioni ascoltate ai pubblicitari. E invece niente. Anzi, i ricercatori hanno osservato che i telefonini Android nella stanza isolata acusticamente trasmettevano più dati rispetto a quelli esposti all’audio preparato per l’esperimento, mentre gli iPhone facevano il contrario.

Altri esperimenti analoghi sono stati fatti negli anni successivi, e tutti hanno dato gli stessi risultati. Il picco di consumo energetico e di trasmissione di dati prodotto dagli assistenti vocali, cioè Siri e OK Google, è sempre emerso chiaramente in questi test. Questi assistenti vocali sono in ascolto costante per impostazione predefinita (anche se si possono disattivare), e questo non è minimamente in dubbio, ma lavorano in maniera molto differente rispetto a un ipotetico ascolto pubblicitario.

Gli assistenti vocali, infatti, ascoltano l’audio ambientale alla ricerca di suoni che somiglino a una o due parole chiave di attivazione – tipicamente “Ehi Siri” e “OK Google” – e quando credono di averle sentite iniziano una vistosissima trasmissione di dati verso le rispettive case produttrici. L’ipotetico ascolto pubblicitario, invece, dovrebbe cercare e riconoscere un insieme di parole molto più vasto e magari anche in più di una lingua, e questo richiederebbe molta più potenza di calcolo e quindi consumi molto più elevati, e poi dovrebbe trasmettere dei dati, cosa che i test finora hanno smentito.

Ma allora perché abbiamo la forte sensazione che i telefonini ci ascoltino lo stesso a scopo pubblicitario? E perché avete probabilmente la sensazione altrettanto forte che alla fine di questo mio racconto ci sia una novità che smentisce tutto quello che si era scoperto fin qui?

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La sensazione di ascolto pubblicitario viene spiegata dagli esperti con la cosiddetta “illusione di frequenza”, per usare il termine coniato dal professore di linguistica Arnold Zwicky della Stanford University. In parole povere, tendiamo a notare le coincidenze e a dimenticare le non coincidenze. Nel corso della giornata vediamo moltissime pubblicità, ma ci rimangono impresse solo quelle che coincidono con qualcosa che abbiamo detto o fatto. E quando la coincidenza è particolarmente specifica ci colpisce anche emotivamente.

Va detto che la pubblicità che vediamo sui nostri dispositivi non è affatto casuale, e quindi le coincidenze sono agevolate: Google e Facebook, per esempio, usano un vasto assortimento di tecniche per dedurre i nostri interessi e proporci pubblicità mirata. Sanno dove ci troviamo minuto per minuto, grazie alla geolocalizzazione del GPS e del Wi-Fi; sanno con chi siamo e con chi trascorriamo più tempo, grazie al monitoraggio passivo dei dispositivi Bluetooth nelle nostre vicinanze, all’analisi del traffico di messaggi e al fatto che affidiamo a loro le nostre agende e le nostre rubriche telefoniche; sanno cosa scriviamo nelle mail o rispettivamente sui social network. Con dati del genere, ascoltare le conversazioni è praticamente superfluo. Oltretutto la legalità di un ascolto di questo tipo sarebbe molto controversa, visto che si tratterebbe in sostanza di una intercettazione di massa di conversazioni che si ha il diritto di presumere che siano private.

Va anche detto, però, che non è un mistero che esistano tecnologie di ascolto installabili sugli smartphone. I servizi di sicurezza dei vari governi le usano abitualmente per intercettare le comunicazioni delle persone indagate. Già dieci anni fa, Edward Snowden spiegò che l’NSA aveva accesso diretto ai sistemi di Google, Facebook e Apple nell’ambito di un programma di sorveglianza governativa denominato PRISM [The Guardian, 2013]. Ma si tratta di intercettazioni mirate, specifiche, ordinate da un governo su bersagli selezionati, non di ascolti di massa, collettivi e senza basi legali. In ogni caso, è indubbio che usare uno smartphone come microfono nascosto, a insaputa dell’utente, sia tecnicamente possibile.

Si sa anche di un caso conclamato di ascolto ambientale tramite telefonini a scopo commerciale: nel 2019 l’app ufficiale del campionato spagnolo di calcio, LaLiga, fu colta a usare il microfono e la geolocalizzazione degli smartphone degli utenti per identificare i locali che trasmettevano le partite senza autorizzazione. L’agenzia spagnola per la protezione dei dati impose all’organizzazione sportiva una sanzione di 250.000 euro per questo comportamento. Ma anche in questo caso, si trattava di un ascolto effettuato da una specifica app, installata su scelta dell’utente, con tanto di richiesta esplicita del permesso di usare il microfono del telefono, non di una attivazione collettiva e nascosta dei microfoni di tutti gli smartphone così come escono dalla fabbrica.

Questa storia, però, prosegue a dicembre 2023, quando alcuni giornali segnalano che una società di marketing, la statunitense Cox Media Group, avrebbe “ammesso di monitorare le conversazioni degli utenti per creare annunci pubblicitari personalizzati in base ai loro interessi” [Il Sole 24 Ore, 28 dicembre 2023, paywall].

Sembra essere la conferma che il sentimento popolare era giusto e che gli esperti avevano torto. Ma per capire come stanno realmente le cose bisogna andare un pochino più a fondo.

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La scoperta di questa presunta ammissione da parte di Cox Media Group è merito della testata 404 Media, che ha pubblicato lo scoop in un articolo riservato agli abbonati e quindi non immediatamente accessibile [paywall].

Ma pagando l’abbonamento e andando a leggere l’articolo originale, come ho fatto io per questo podcast, emerge che non c’è nessuna ammissione di monitoraggio in corso, ma semplicemente c’è l’annuncio che Cox Media Group dispone della capacità di effettuare un eventuale monitoraggio tramite i microfoni degli smartphone e anche tramite quelli dei televisori smart e di altri dispositivi. Non c’è nessuna dichiarazione che la stia realmente usando.

Anzi, il materiale promozionale di Cox Media Group dice che questa tecnologia, denominata “Active Listening” o “ascolto attivo”, “è agli albori” (“Active Listening is in its early days”), e presenta questa capacità tecnica come “una tecnica di marketing adatta al futuro, disponibile oggi” [“a marketing technique fit for the future. Available today”].

Le affermazioni promozionali di Cox Media Group, ora rimosse ma salvate su Archive.org.

È disponibile, ma questo non vuol dire che venga usata. E i consulenti di vendita dell’azienda la presentano come se fosse un prodotto nuovo in cerca dei primi clienti.

I clienti di Cox Media Group, stando all’azienda, sono nomi come Amazon, Microsoft e Google. Stanno usando questa tecnologia di ascolto? Le risposte che hanno dato ai colleghi di 404 Media a dicembre scorso sembrano dire di no, ma inizialmente è mancata una smentita secca da parte loro. Smentita che è invece arrivata subito, stranamente, da Cox Media Group stessa, che ha dichiarato ai giornalisti di 404 Media che “non ascolta conversazioni e non ha accesso a nulla più di un insieme di dati fornito da terze parti e anonimizzato, aggregato e completamente cifrato usabile per il piazzamento pubblicitario” e ha aggiunto che si scusa per “eventuali equivoci”.

Eppure il suo materiale promozionale dice cose decisamente difficili da equivocare. O meglio, le diceva, perché è scomparso dal suo sito.

[È disponibile come copia d’archivio su Archive.org e su Documentcloud.org, che contiene frasi come “No, it’s not a Black Mirror episode - it’s Voice Data” e “Creepy? Sure. Great for marketing? Definitely”].

Ma pochi giorni fa, sempre 404 Media ha reso pubblica una presentazione di Cox Media Group [PDF] nella quale l’azienda parla esplicitamente di “dispositivi smart” che “catturano dati di intenzione in tempo reale ascoltando le nostre conversazioni” (“Smart devices capture real-time intent data by listening to our conversations”), parla di consumatori che “lasciano una scia di dati basata sulle loro conversazioni e sul loro comportamento online” (“Consumers leave a data trail based on their conversations and online behavior”) e parla di “dati vocali” (“voice data”).

La slide 1 della presentazione di Cox Media Group ottenuta da 404 Media.

Ma allora come stanno le cose? È indubbio, anche grazie alle testimonianze raccolte dai giornalisti di 404 Media, che Cox Media Group abbia cercato di vendere questa sua presunta capacità di ascoltare le nostre conversazioni. Ma l’ha davvero venduta, ed è realmente in uso? Sembra proprio di no.

Anzi, dopo che si è diffusa la notizia di questa sua offerta di tecnologie di ascolto, Google ha tolto Cox Media Group dal programma Google Partners dedicato ai migliori inserzionisti, nel quale la Cox era presente al massimo livello da oltre 11 anni. Amazon ha dichiarato di non aver mai lavorato con la Cox al programma di ascolto. Meta, invece, dice che sta valutando se la Cox abbia violato i termini e le condizioni della loro collaborazione, mentre Microsoft non ha rilasciato commenti.

[Meta ha dichiarato al New York Post che “non usa il microfono del vostro telefono per le pubblicità e lo dichiariamo pubblicamente da anni [...] stiamo cercando di comunicare con CMG per fare in modo che chiariscano che il loro programma non è basato su dati di Meta”. In originale: “Meta does not use your phone’s microphone for ads and we’ve been public about this for years [...] We are reaching out to CMG to get them to clarify that their program is not based on Meta data.”]

Insomma, formalmente intorno a chi ha proposto di ascoltare le nostre conversazioni a scopo pubblicitario è stata fatta terra bruciata, per cui tutta la vicenda sembra più un maldestrissimo tentativo di proporre una tecnologia di ascolto che una conferma di una sua reale applicazione in corso. E la rivelazione di questo tentativo mette in luce la falla non tecnica ma molto umana di qualunque piano di ascolto globale segreto delle conversazioni a scopo pubblicitario: è praticamente impossibile tenere nascosta una tecnologia del genere, che va presentata ai potenziali partner, va pubblicizzata agli addetti ai lavori, ai rivenditori, ai tecnici e a chissà quante altre persone. Il segreto dovrebbe essere condiviso da un numero enorme di persone, e prima o poi qualcuna di queste persone si lascerebbe sfuggire qualcosa oppure, presa da rimorsi di coscienza, vuoterebbe il sacco.

[L’inchiesta di 404 Media sembra essere partita appunto da una vanteria di ascolto pubblicitario fatta in un podcast da un’azienda del New Hampshire, la MindSift]

Anche stavolta, quindi, possiamo stare tranquilli, ma solo grazie al fatto che ci sono giornalisti che vigilano e segnalano i tentativi di invadere uno spazio così personale come quello di una chiacchierata privata tra colleghi, amici o coniugi. Perché un’invasione del genere è illegale e immorale, ma questo non impedirà a persone e aziende senza scrupoli di provarci lo stesso. E se comunque preferite spegnere il telefonino prima di una conversazione sensibile di qualunque tipo, male non fa. Non si sa mai.


Fonti aggiuntive: Cox Media Group Reveals Its 'Active Listening' Software Spies on User Convos, Clients Include Meta, Google (TechTimes.com); Marketing firm admits using your own phone to listen in on your conversations (New York Post); ; “Attenti al microfono del vostro smartphone: Cox Media Group vi spia per pubblicità mirate”, Hwupgrade.it.

2024/09/05

Pranzo dei Disinformatici 2024: aperte le iscrizioni. Ci troveremo sabato 5 ottobre

Come preannunciato, il Pranzo dei Disinformatici 2024 si terrà in uno dei Consueti Locali nella zona di Milano il 5 ottobre prossimo. Per iscriversi, e per tutte le informazioni, scrivete al Supremo Maestro di Cerimonie, Martino, a martinobri(@)outlook.it, indicando il nickname che usate su questo blog.

Spero di vedervi!

2024/09/02

Stamattina alle 11 torno a Rete Tre con “Niente panico”

Stamattina sarò in diretta sulla Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera per la prima puntata della nuova serie di Niente Panico, un mix di notizie informatiche, chicche e musica, insieme a Rosy Nervi.

Se volete seguire la diretta: https://www.rsi.ch/audio/rete-tre/live. La registrazione apparirà qui: https://www.rsi.ch/rete-tre/programmi/intrattenimento/serotonina.

2024/09/06. Eccola:

I link dei temi di cui abbiamo parlato nella puntata:

  • La chat con Tolkien (di cui ricorre l’anniversario della morte nel 1973), generata da Character.ai e recitata da ElevenLabs, con il clamoroso errore (per i ticinesi e i biaschesi in particolare) del dialetto di Biasca che sarebbe “una variante del tedesco svizzero che viene parlato dagli abitanti della Valle del Blenio, in Svizzera” (non lo è).
  • Oggi, 2 settembre, ricorre l’anniversario dell’Evento di Carrington, la più grande tempesta geomagnetica mai osservata da astronomi, avvenuta l’1-2 settembre 1859, che produsse aurore visibili addirittura a Roma ed ebbe effetti notevoli sulle telecomunicazioni di allora (telegrafo), rendendole inservibili per ore. Un evento analogo oggi probabilmente avrebbe effetti molto pesanti sulle nostre telecomunicazioni.
  • La proposta di un’associazione ambientalista di ridurre il numero dei gatti in Svizzera “per salvaguardare il clima” (Tvsvizzera.it).
  • L’account Instagram della settimana: @steppingthroughfilm, che visita i luoghi nei quali sono stati girati i film e poi scatta una foto a una stampa di un fotogramma del film allineandola con l’ambientazione reale.