Ultimo aggiornamento: 2021/07/14 11:00.
Ieri il velivolo Unity della Virgin Galactic ha portato a 86 chilometri di quota il fondatore dell’azienda, Richard Branson, insieme ai due piloti
Dave Mackay e Michael Masucci e a tre dipendenti (Beth Moses, Colin Bennett e Sirisha Bandla). Il volo ha attirato molta attenzione mediatica superficiale, che ha creato parecchia confusione.
Non è la prima volta che il velivolo, sganciato a circa 15.000 metri da un aereo che l’ha trasportato fino a questa quota, effettua un volo fino a 80.000 metri, raggiungendo una velocità di circa Mach 3 in un ripidissimo arco parabolico (lo ha già fatto almeno tre volte), ma è la prima volta che Unity lo fa trasportando un complemento completo di passeggeri.
Non avendo superato la quota di 100.000 metri normalmente considerata come
demarcazione di inizio dello spazio (la cosiddetta linea di Karman), quello di Branson non è formalmente un volo
spaziale in senso stretto: è un volo ad altissima quota. Tuttavia il
governo statunitense considera la quota di 80 km come confine fra atmosfera e
spazio, per cui i membri dell’equipaggio di Unity, partiti da una base
nel New Mexico, possono considerarsi ragionevolmente astronauti suborbitali.
Diversamente da quanto hanno scritto alcuni giornalisti, però, Branson non è affatto il primo astronauta privato: quel primato spetta a Dennis Tito e risale al 2001. Oltretutto Tito andò in orbita intorno alla Terra, invece di fare un volo di qualche minuto come Branson e i suoi compagni di volo, e ci restò per una settimana, visitando la Stazione Spaziale Internazionale. Da allora altri privati cittadini estremamente facoltosi si sono pagati un viaggio nello spazio. Se proprio si vuole dargli un primato, Branson è la prima persona al mondo a raggiungere una quota definibile come “spazio” usando un veicolo finanziato dalla persona stessa.
Un altro equivoco molto diffuso è pensare che questo veicolo di Branson sia paragonabile ai grandi razzi solitamente utilizzati per andare nello spazio: sono due cose completamente differenti. Sfiorare lo spazio per una manciata di secondi è una cosa totalmente diversa dal restarvi: è questione di velocità, non di quota. Un volo suborbitale come quello di Branson richiede energie molto, molto più piccole di quelle necessarie per un volo orbitale (di quelli che vanno nello spazio e ci restano, continuando a girare intorno alla Terra). Unity raggiunge circa tre volte la velocità del suono: un razzo orbitale, come lo Shuttle o la Soyuz o la Dragon, per restare nello spazio deve accelerare fino ad almeno venticinque volte la velocità del suono. È come paragonare un ciclista che va a 30 km/h con un’auto che va a 240 km/h.
Se questo viene considerato un volo spaziale, si stabilisce un nuovo record per il maggior numero di persone contemporaneamente nello spazio, sia pure per pochi istanti: 16 (tre astronauti cinesi sulla stazione cinese, sette astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale e sei persone a bordo di Unity).
Il profilo di volo non è particolarmente innovativo: questo tipo di arco parabolico fino ad altissime quote fu effettuato già quasi sessant’anni fa, nel 1963, dall’aereo-razzo sperimentale X-15 della NASA, anch’esso portato in quota da un aereo-madre (un bombardiere B-52 appositamente modificato). La differenza è che stavolta lo fa un’azienda privata, e al posto di un singolo, addestratissimo pilota ci sono sei persone, di cui quattro sono semplici passeggeri in comode poltroncine.
L’esperienza di bordo è comunque molto simile a quella di un volo spaziale suborbitale: il velivolo deve usare razzi di manovra per il controllo d’assetto, perché a 80 km di quota l’atmosfera è troppo rarefatta per consentire manovre usando le superfici aerodinamiche, e la traiettoria consente circa tre minuti ininterrotti di assenza di peso (diversamente dalla ventina di secondi offerta dai normali voli parabolici in aereo) e una visione della Terra paragonabile a quella che si ha dallo spazio, con il cielo nero e una curvatura molto marcata dell’orizzonte.
Il volo è stato presentato come un collaudo finale per il “turismo spaziale” che Branson prevede di offrire commercialmente dal 2022, con biglietti che attualmente costano circa 250.000 dollari a testa.
La più grande differenza rispetto ai voli spaziali tradizionali è in positivo: qui non ci sono mesi di addestramento (ma solo cinque giorni di preparazione) e non ci sono procedure di imbarco o sbarco particolarmente complesse. Si sale a bordo, si vola, si atterra planando e si scende dall’aereo subito, con le proprie gambe. È tutto molto naturale e accessibile. A parte il prezzo.
Fonte aggiuntiva: BBC.
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