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2023/05/16

A proposito di Peter Weller alla Starcon di Bellaria

La settimana scorsa sono stato alla Starcon di Bellaria, dove come consueto ho fatto da traduttore per gli attori ospiti di questo raduno di appassionati di fantascienza e fantastico. È andato tutto benissimo con due dei tre ospiti: Ricky Dean Logan ("Data" in Ritorno al Futuro 2) e Richard Brake (Re della Notte in Trono di spade, generale Valin Hess in The Mandalorian).

Con Ricky Dean Logan.
Con Richard Brake.

Con il terzo, Peter Weller (Robocop), è andata un po’ diversamente.

Visto che fra i partecipanti alla Starcon, nei social network e nei media in generale girano varie versioni su cosa sia successo, scrivo qui due righe di chiarimento.

Sabato 13 e domenica 14 Weller ha insistito per parlare in italiano in entrambe le sue apparizioni sul palco. Normalmente, invece, gli ospiti stranieri parlano in inglese e io traduco subito dopo in italiano quello che hanno detto. Questo permette a tutto il pubblico presente di seguire: sia chi capisce solo l’italiano, sia chi sa solo l’inglese perché arriva alla Starcon da fuori Italia.

Ma Weller non si rende conto che il suo italiano è buono ma lacunoso e alla lunga poco comprensibile e difficile da seguire (“estenuante” è l’aggettivo azzeccatissimo usato da una persona presente). Per la sua prima apparizione sono stato accanto a lui sul palco, a sua disposizione. Mi ha chiesto a bruciapelo come si dicessero in italiano alcuni termini e glieli ho detti. Ma ha fatto un misto continuo di italiano e inglese, senza fermarsi per lasciarmi il tempo di tradurre o per correggere le parole italiane che spesso usava a sproposito. 

Peter Weller.

Oltretutto, durante questa sua prima apparizione si è interrotto per tirar fuori il telefonino e far partire una sessione Zoom per dei suoi conoscenti (la sessione non riguardava la sua apparizione sul palco). Piuttosto cafona, come cosa: sarebbe stata assolutamente delegabile. Un dettaglio che dal pubblico non si sarà notato è che ha lasciato attiva quella sessione Zoom, con il volume alto, rimettendo il telefono in tasca. Io ero accanto a lui, che cercavo di infilare qualche correzione alle sue parole italiane sbagliate, con il baccano di gente sconosciuta che conversava attraverso il suo telefonino. Riuscivo a malapena a sentire cosa diceva Weller. Un disastro, soprattutto per il pubblico.

La sua apparizione sul palco è risultata ben poco comprensibile per chiunque non fosse bilingue. Un po' di gente, dopo l'evento, si è lamentata in privato e online di non aver capito molti passaggi dei discorsi di Weller.

Così prima della sua seconda apparizione gli ho detto in privato che c'erano state delle lamentele e che per la comprensibilità del suo intervento, non certo facilitata dall’impianto audio pessimo, era meglio che lui lo facesse nella sua lingua madre e io lo traducessi in italiano. Si è rifiutato e ha detto categoricamente che avrebbe fatto l'intervento in italiano (o meglio, in quello che secondo lui è italiano). Secondo lui io sarei dovuto restare sul palco a sua disposizione per dirgli la traduzione delle parole che non conosceva in italiano. 

Gli ho spiegato educatamente che così non si può lavorare (perché se lui dice una cosa sbagliata in italiano lo devo fermare e correggere). Ho ribadito che il suo intervento, fatto come lo voleva fare lui, non sarebbe stato comprensibile per il pubblico. Non ha voluto sentir ragioni e quindi gli ho detto “I’m an interpreter. I can’t work like this. The stage is yours” e gli ho indicato il palco. 

Lui ha risposto “Then go” (non nel tono di “vattene”, come hanno capito alcuni). Me ne sono andato, mi sono seduto fra il pubblico e ho ascoltato il suo intervento. È stato un minestrone di italiano e inglese (con intere frasi in inglese), di parole italiane sbagliate (“lamentazione” al posto di “lamentela”, “registrazioni” al posto di “lista di nozze”, quel misterioso “gianchi” ficcato ripetutamente nelle frasi in italiano che era “tossicodipendente”, ossia “junkie”, eccetera). Dal palco Weller ha detto che io me ne ero andato via perché ero “arrabbiato”. Ho alzato la mano e gli ho detto ad alta voce “I’m still here”, anche per far capire al pubblico che non ero misteriosamente assente ma che avevo deciso di non partecipare a questa pagliacciata istrionica.

Risultato: Weller non capiva le domande del pubblico, che ovviamente gli venivano fatte in italiano. Ha parlato pochissimo di fantascienza, dicendo oltretutto che gli fa abbastanza schifo, cosa un tantinello offensiva verso un pubblico composto da appassionati del genere fantascientifico. Ha chiesto al suo pubblico, composto quasi completamente da italiani, se conoscevano Dante. Peggio ancora, ha chiesto a noi Trekker se sapevamo chi fosse J.J. Abrams.

Prevengo una domanda quasi inevitabile: sì, esiste una registrazione audio e video degli interventi, ma al momento non è previsto che venga pubblicata. Chi c’era sa com’è andata.

Non me la sono presa; sono abituato a gestire gente che è talmente piena di sé da non capire quando sta trattando gli altri come pezze da piedi (come ha fatto Weller con tutto il pazientissimo staff della Starcon) e ho il privilegio di poter dire a queste persone quello che penso di loro e dei loro comportamenti senza dover rendere conto a nessuno tranne il pubblico, perché ho scelto di fare queste traduzioni a titolo gratuito, come volontariato (come fa tutto lo staff della convention).

Mi dispiace per il pubblico, che avrà perso buona parte del senso di quello che Weller diceva, solo perché l’attore non ha voluto accettare la critica costruttiva di un traduttore professionista e ha voluto fare la primadonna. Cosa che, in effetti, gli è riuscita benissimo. Fine della storia.

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