Megaupload e Filesonic dimostrano che il cloud puro non è sicuro
La chiusura di Megaupload e la mutazione senza preavviso di Filesonic non sono soltanto tappe della lotta alla pirateria audiovisiva. Hanno implicazioni molto più significative: dimostrano che l'idea di depositare i propri dati nel cloud è insicura.
Come hanno segnalato molti utenti, fra coloro che utilizzavano questi cyberlocker c'erano anche clienti che non commettevano alcuna violazione del diritto d'autore: vi avevano caricato dei dati di cui erano legittimi titolari. Erano clienti legali che oltretutto pagavano per un servizio. Ma la scure della chiusura (calata dall'FBI o autoimposta) ha colpito anche loro, causando la perdita dei loro dati se non ne avevano una copia altrove.
Kevin Mitnick, come al solito, ha riassunto bene le implicazioni della vicenda sulla strombazzatissima idea del cloud: “Il caso Megaupload ha appena dimostrato che i VOSTRI dati NON SONO AL SICURO nel cloud. Il Governo può semplicemente sequestrare i vostri dati :-( mentre interviene su un'altra azienda”.
Queste sono le conseguenze inattese della difesa fanatica di un diritto d'autore obsoleto: ci vanno di mezzo anche gli utenti onesti. La validità delle accuse degli inquirenti statunitensi nei confronti di Megaupload è, in questo senso, del tutto irrilevante. Chi usa il cloud puro rischia comunque di vedersi sparire tutto senza preavviso; chi usa soluzioni ibride, con copia locale, corre un rischio minore, ma deve tenere presente che in qualunque momento la copia remota può svanire.
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