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2016/11/04

Le parole di Internet: software

Credit: Pexels, licenza CC0.
Sappiamo tutti cosa vuol dire software: ma vi siete mai chiesti da dove viene questa parola inglese, così centrale nella tecnologia e nell’economia di oggi, e a quando risale?

Lo spiega il suo inventore, il pioniere informatico Paul Niquette, che afferma di averla coniata per scherzo a ottobre del 1953, quando in tutti gli Stati Uniti esistevano soltanto sedici elaboratori elettronici digitali e la parola computer indicava ancora una persona addetta ai calcoli, da effettuare a mano, al massimo con l’aiuto di un regolo calcolatore.

All’epoca l’idea di considerare le istruzioni di un programma come un’entità separata rispetto ai componenti fisici del calcolatore e addirittura di poterle trasferire da un calcolatore a un altro era ancora una novità coraggiosa: i programmi, infatti, venivano impostati cambiando fisicamente dei circuiti o dei componenti della macchina.

Negli anni Cinquanta non esisteva ancora una parola tecnica di uso comune per indicare questo concetto astratto (si parlava genericamente di programma), e così Paul Niquette, che a quei tempi era un giovane studente diciannovenne che scriveva programmi per computer alla University of California, Los Angeles (UCLA), coniò il termine software; ma lo fece in un momento d’irriverenza di cui oggi abbiamo perso la cognizione.

Il vocabolo inglese software nacque infatti come gioco di parole: Niquette pensò che siccome i componenti materiali di un calcolatore si chiamano hardware (cioè “ferramenta” o “macchinari”, più letteralmente “cose dure”), allora la parte immateriale di un computer, il suo programma, poteva chiamarsi “soft-ware”, che significa più o meno “cose molli”.

Il ragazzo era noto per la sua tendenza a coniare neologismi frivoli: non era l’unico, e anzi creare parole nuove era una moda abbastanza diffusa fra gli informatici di quei tempi. Per questo abbiamo termini come bit (letteralmente “pezzetto”) o byte (grafia alterata della parola bite, ossia “morso” o “boccone”).

Ma torniamo a software. Niquette ammette che quando gli venne in mente per la prima volta questa parola scosse la testa e si mise a ridere. Anche in seguito gli sembrò una frivolezza. Dice nelle sue memorie: “Le prime volte che dicevo ‘software’ ad alta voce, la gente intorno mi diceva ‘Eh?’[...] Sin dall’inizio pensavo che la parola fosse troppo informale da scrivere e spesso troppo imbarazzante da pronunciare. Ciononostante, con trepidazione e con un sorrisetto, ogni tanto includevo ‘software’ nei miei discorsi, nelle lezioni e nelle interviste.”

Oggi questo termine ci sembra assolutamente normale e le cose molli sono al centro di uno dei più grandi settori dell’industria mondiale, ma allora software era solo una “parola sciocca” sulle labbra di un diciannovenne molto sveglio. Viene da chiedersi quali parole che adesso consideriamo sciocche saranno altrettanto cruciali nel sapere umano fra cinquant’anni.


Fonti aggiuntive: History of Information.

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