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2018/05/29

Alan Bean e i colori della Luna

Alan Bean nel suo studio a Houston, ottobre 2008. Credit: Carolyn Russo.

La recente scomparsa dell’astronauta lunare Alan Bean ha fatto riemergere molti ricordi di chi l’ha conosciuto. Fra i tanti ce n’è uno che mi ha colpito particolarmente ed è stato raccontato su Twitter da Phil Metzger (@DrPhiltill), esperto di planetologia, cofondatore dei laboratori di ricerca Swamp Works del Kennedy Space Center e attualmente docente all’UCF Florida Space Institute. Lo segnalo, riassumendolo qui di seguito, non solo perché rivela un aspetto forse poco noto dell’astronauta Alan Bean ma anche perché mette in luce una questione scientifica e astronautica sorprendente e raramente considerata: un allunaggio “sporca” l’intera Luna.

Nel 2010 Metzger contattò Alan Bean per chiedergli informazioni su una cosa che l’astronauta aveva visto sulla Luna. Lo scienziato stava svolgendo ricerche sul modo in cui il getto dei razzi proietta la polvere lunare durante gli allunaggi.

Le sue informazioni migliori sull’argomento provenivano dalla missione Apollo 12, durante la quale Pete Conrad e, appunto, Alan Bean fecero atterrare il proprio modulo lunare a soli 160 metri dalla sonda Surveyor 3, atterrata due anni e mezzo prima. La sonda, ormai inattiva, era rimasta esposta all’ambiente lunare per tutto questo tempo. Uno degli obiettivi di Apollo 12 era dimostrare un allunaggio di precisione e staccare dei pezzi dalla Surveyor per riportarli sulla Terra, in modo da scoprire il modo in cui l’ambiente lunare faceva deteriorare i vari tipi di materiali e di componenti dei veicoli spaziali.

Secondo il piano della missione, il modulo lunare sarebbe dovuto atterrare a questa distanza dalla Surveyor per ridurre al minimo l’effetto di sabbiatura a getto che si sarebbe verificato per via del grande motore di discesa del modulo lunare, il cui getto avrebbe spazzato via il terreno e la polvere della Luna. Ma 160 metri di distanza non furono sufficienti.

La missione Apollo 12 fu quella che allunò più vicino al terminatore lunare, ossia alla linea di confine fra la regione illuminata della Luna e quella buia: Conrad e Bean atterrarono in un punto e in un momento in cui il Sole era alto solo 5° sopra l’orizzonte locale. In altre parole, nel luogo di allunaggio era passata da poco l’alba.

Questo ebbe un grande effetto sull’allunaggio. Il modulo lunare di Apollo 12 parve sollevare molta più polvere, con il proprio motore di discesa, di qualunque altra missione: così tanta che gli astronauti non riuscirono neanche a vedere il terreno sotto il proprio veicolo. Conrad raccontò in seguito che non riusciva a capire se sotto di loro ci fosse un macigno o un cratere, per cui corse il rischio e atterrò alla cieca, rischiando di morire insieme a Bean. Eppure nelle registrazioni della loro discesa si sente Bean che incoraggia Conrad ad atterrare nonostante tutto.

Secondo Metzger, però, Apollo 12 in realtà non sollevò più polvere delle altre missioni, ma fu il Sole basso sull’orizzonte a rendere apparentemente più opaca la polvere: per illuminare la superficie, infatti, la luce del Sole dovette attraversare la coltre di particelle finissime molto più obliquamente (attraversando uno spessore circa doppio) rispetto agli altri allunaggi.

Metzger e i suoi colleghi stimarono, dopo molti anni di ricerca, che ogni allunaggio spostò più di una tonnellata di terreno lunare, scagliandola a velocità fra 400 m/s e 3000 m/s. Le particelle più fini volarono più velocemente e più lontano, nel vuoto lunare.

Tre chilometri al secondo sono un valore particolarmente significativo, perché è superiore alla velocità di fuga lunare (qualunque oggetto viaggi a questa velocità non ricade più sulla Luna). Questo significa, dice Metzger, che ogni allunaggio può aver generato un anello di polvere spazzata definitivamente via dalla Luna e immessa in orbita intorno al Sole.

Cosa più importante, questo valore significa che sulla Luna non esiste una distanza di sicurezza: qualunque punto della superficie lunare, non importa quanto lontano dal sito di allunaggio, verrà investito dalla polvere scagliata dal getto del motore. Man mano che aumenta la distanza dal punto di allunaggio diminuirà la quantità di polvere che vi arriva, ma è possibile che anche gli antipodi vengano raggiunti da qualche particella di polvere sollevata.

La missione Apollo 12 fornì un’occasione assolutamente unica di misurare concretamente questa polvere scagliata: dopo l’allunaggio, Conrad e Bean raggiunsero a piedi la sonda Surveyor e ne tranciarono via alcuni pezzi che erano stati esposti al violento flusso di polvere prodotto dal modulo lunare atterrato a soli 160 metri di distanza.

Nell’avvicinarsi alla Surveyor, Bean commentò via radio al Controllo Missione che se non ricordava male gli avevano detto che la Surveyor era bianca. Il Controllo Missione, perplesso, gli chiese di che colore fosse invece secondo Bean. L’astronauta rispose che era marrone.

Queste sue parole fecero discutere: cosa c’era, nell’ambiente lunare, che potesse alterare così tanto il colore della sonda? La teoria prevalente fu che le radiazioni presenti avessero alterato la composizione chimica della vernice. Questa teoria rimase indiscussa per circa quarant’anni.

Nel 2008 Metzger andò a Houston a prendere i campioni della sonda Surveyor raccolti da Apollo 12, tenendoli in una speciale cassaforte, con molte misure di sicurezza, perché erano tesori nazionali inestimabili. Li analizzò con numerosi metodi moderni, che non erano disponibili durante gli studi condotti quarant’anni prima, subito dopo il programma Apollo: microscopi elettronici a scansione, scanner laser,  spettroscopia di fotoionizzazione a raggi X e spettroscopia elettronica a dispersione.

Metzger e colleghi scoprirono che la superficie della vernice era stata penetrata da particelle di terreno lunare grandi come granelli di sabbia (100 micron) che viaggiavano a circa 400 m/s. Ciascuna particella aveva prodotto un forellino nella vernice e si poteva scorgere una particella annidata in fondo a ciascun forellino.

Questa è un’immagine di un frammento di alluminio verniciato di bianco proveniente dalla Surveyor: si nota un foro di passaggio di un bullone, dove una rondella proteggeva la vernice, che quindi è ancora bianca. Il contrasto è stato aumentato per chiarezza.


L’ombra semicircolare è quella prodotta dalla testa del bullone che c’era nel foro: l’ombra è rimasta, anche se il bullone non c’è più. Quest’ombra fantasma è un effetto della sabbiatura prodotta dal flusso intenso della polvere lunare scagliata dall’allunaggio di Conrad e Bean a 160 metri di distanza dalla Surveyor.

Tutte le zone esposte al getto di polvere divennero più chiare, mentre tutte quelle protette rimasero scure. Era questo il colore marrone descritto da Bean sulla Luna.

Le ricerche precedenti avevano triangolato queste ombre e avevano dimostrato che indicavano la direzione del modulo lunare.

Le ricerche di Metzger e colleghi nel 2010 dimostrarono che il colore marrone non era stato prodotto dalle radiazioni, come avevano ipotizzato i ricercatori precedenti: le ombre erano fatte di polvere di Luna. Il colore marrone era polvere lunare già presente sulla sonda Surveyor prima dell’arrivo di Apollo 12. Il getto di sabbiatura della polvere lunare prodotto dall’allunaggio di Apollo 12 asportò dalla Surveyor più polvere di quanta ne depositò, e questo risultato fu una grande sorpresa.

Metzger e colleghi analizzarono la composizione chimica della polvere e scoprirono che conteneva minerali differenti sul lato est rispetto al lato ovest della Surveyor. Questa polvere, insomma, era ricca di misteri, per cui Metzger e i suoi pubblicarono un articolo scientifico intitolato appunto Further Analysis on the Mystery of the Surveyor III Dust Deposits.

Dopo aver cercato altri indizi negli archivi della missione, Metzger e colleghi si resero conto che dovevano parlare direttamente con Alan Bean per capire esattamente cosa avesse visto mentre camminava verso la Surveyor sulla Luna esclamando che era marrone. Un amico li mise in contatto telefonico.

Bean fu cortesissimo, dimostrando un grande senso dell’umorismo, e parve godersi la chiacchierata a proposito di quello che aveva visto sulla Luna. Ovviamente alcuni dei suoi ricordi dei dettagli erano ormai sbiaditi, ma fu in grado di confermare gli aspetti principali di quello che aveva visto e che servivano ai ricercatori. La conversazione durò, senza fretta, per circa un’ora; finita la discussione tecnica, Bean volle parlare delle sue opere artistiche e raccontò che aveva costruito in casa un diorama in scala del sito di allunaggio di Apollo 12 che occupava un’intera stanza. Ci teneva alla fedeltà dei suoi quadri, per cui prendeva misure precise sul diorama per assicurarsi che tutte le viste in prospettiva fossero corrette.

Bean raccontò il suo uso dei colori nei suoi quadri, notando che la maggior parte della gente vede solo grigi sulla Luna, ma lui l’aveva vista piena di colori, e i suoi quadri mostrano tutti questi colori nel terreno lunare. Spiegò anche che usava gli scarponi lunari e gli attrezzi geologici per creare rilievi nella pittura, parlando dei suoi quadri con passione per una decina di minuti. Poi Alan Bean disse una cosa che Metzger non dimenticherà mai.

L’astronauta disse che non era più un ingegnere ma un artista e che prendeva molto sul serio la propria arte. Disse che aveva in mente tutti questi quadri che voleva mettere su tela prima di morire. Si stava dedicando totalmente a raccontare la storia del programma Apollo prima che fosse troppo tardi. Sapeva che gli restava poco tempo e che il mondo aveva bisogno di vedere le missioni Apollo attraverso gli occhi di un artista. E così Bean concluse dicendo: “Non mi posso permettere di farmi coinvolgere di nuovo nell’ingegneria. Devo concentrarmi sull’arte. Per cui non... mi... chiami... mai... più”.

Metzger ci rimase male. Si chiese se avesse sbagliato a contattare l’astronauta, se avesse sottratto al mondo un’opera d’arte insostituibile portando via a Bean un’ora del suo tempo, eppure il tono della conversazione fino a quel momento aveva dato l’impressione che l’astronauta ci tenesse a parlare con i ricercatori, ma che lo volesse fare solo quella volta e mai più.

Metzger nota che mentre Alan Bean camminava in un mondo di grigi a perdita d’occhio vide solo colori: rossi, blu, gialli, viola, verdi, e quel veicolo spaziale marrone che ci si aspettava fosse bianco. Ci fu chi la considerò una questione tecnica di polvere sollevata: Alan Bean la vide come una questione cromatica.

Foto AS12-46-6790.


Lo scienziato conclude così: “Ogni colore nel cuore di Alan era là, sulla Luna, nei suoi crateri, nelle sue rocce, nelle sue colline, perché in quel mondo stava camminando un essere umano, un artista, e dovunque vanno gli esseri umani c’è colore. Tutto il colore. Vorrò sempre bene ad Alan perché mi disse di non chiamarlo mai più. Davvero. Quello che stava facendo con l’arte era più importante di quello che stavo facendo io con la scienza e l’ingegneria, e lui lo sapeva, e aveva bisogno che lo capissimo anche noi alla NASA e che rispettassimo questo fatto. Ci sarà sempre tempo per far atterrare un veicolo spaziale sulla Luna per studiare come scaglia la polvere. Non ci sarà mai un altro momento in cui il primo gruppo di esseri umani che ha camminato su un altro mondo trasformerà quel senso di meraviglia in arte. Voglio bene ad Alan per averlo capito e per averlo difeso. La mia speranza è che tutti i quadri che aveva nel cuore siano arrivati alle sue tele prima che si esaurisse il suo tempo. Anche se io non camminerò sulla Luna, spero di poter vedere colori come li vedeva Alan ovunque io vada. E spero che condivideremo la sua passione e la sua dedizione a continuare a creare quadri -- ciascuno a modo proprio -- fino alla fine.”


Qui sotto trovate i tweet originali di Metzger.

I'd like to share the story of a personal interaction I had Alan Bean, Apollo Moon-walker and artist. In 2010, I needed more information about something Alan had seen when he was on the Moon. I was researching how rocket exhaust blows soil and dust during lunar landings. /1

2/ The best information on this topic was from Apollo 12, when Pete Conrad and Alan Bean landed their Lunar Module 160 m away from the old Surveyor 3 ("S3") spacecraft. S3 had sat on the Moon deactivated for about 2 and a half years exposed to the lunar environment.

3/ The Ap12 mission was planned to land near S3 to (1) demonstrate precision landing and (2) to cut pieces off S3 and bring them back to Earth to see how the lunar environment degrades various types of materials and spacecraft parts.

4/ They planned to land the Ap12 Lunar Module ("LM") about 500 ft away from S3 to minimize the amount of sandblasting that would occur to the S3 as the LM's big descent engine blew the lunar soil and dust. It turns out 500 ft wasn't nearly enough!

5/ Ap12 was also unique among the Apollo mission for how close they landed near the Moon's terminator line, which is the line that separates day and night on the surface. They landed where the sun was only 5 degrees above the horizon, so the local time was barely after sunrise.

6/ It turns out thus had a huge effect on the landing operations. At least, that is my own theory about what happened. You see, Ap12 blew more dust with its descent engine than the other 5 lunar landings. (Or, maybe it just it _looked_ that way.) It was so bad that...

7/ ...that they couldn't see the ground under all that dust. Pete Conrad later said he couldn't tell if there was a boulder or a crater in a bad spot, so he just took the risk and landed in the blind. There was a real risk of death, but they didn't come so close just to abort.

8/ You can find the Ap12 landing video online (YouTube?) and you can hear Alan Bean's distinctive voice encouraging Pete to just go ahead and put it down in the final seconds. Remember Pete's words about landing blind as you listen to Alan encouraging him.

9/ It was never explained why Ap12 blew so much dust compared to the other missions, but I hypothesized that it didn't really. Instead the dust just _looked_ more opaque because the sun was so close to the horizon its light traveled thru twice the dust to illuminate the surface.

10/ In any case, a LOT of dust was blown. My team later estimated after many year's research that well over a ton of soil was blown by each landing. It was blown at 400 m/s up to 3 km/s. Larger particles went slower. Fine dust flew faster & farther in the lunar vacuum,

11/ Moon junkies might recognize the significance of that last number: 3 km/s is higher than lunar escape velocity! That means a dust ring may have been blown completely off the Moon into solar orbit with each Moon landing. More importantly, there is no safe distance on the Moon.

12/ What I mean is that for every distance away from an LM landing site, there were dust particles that blew to that distance. At very long distances the amount of impacting dust became extremely tiny, but even on the back side of the Moon you might get hit by some ejected dust.

13/ Alan Bean's mission gave us an absolutely unique chance to really measure this blowing dust. After landing, Pete and Alan walked over to the S3 spacecraft and cut off pieces that had been subjected to the intense sandblasting of their LM landing just 160 m away.

14/ As Alan rounded the large "Surveyor Crater" and approached the S3 spacecraft he said to mission control via radio, "I thought you said this spacecraft is supposed to be white." (Not exact quote - I'm going from memory here.) Mission Control asked "Why? What color is it?"

15/ Alan said "It's brown!" This set off a lot of discussion back here on Earth. What did the lunar environment do to that spacecraft to change it from white to brown??? The leading theory was that radiation changed the chemistry of the paint. That theory held for 40 years.

16/ Around me 2008 I traveled to Houston and officially checked out all the white painted pieces that had been cut off the S3 spacecraft and returned to Earth by Ap12. I had to keep them in a special safe with lots of security since they are truly priceless national treasures.

17/ We analyzed those pieces using many modern methods that were not available 40 years earlier, right after the Apollo program, when earlier researchers had tried to study them. We used Scanning Electron Microscopes, laser scanners, X-ray photoionization spectroscopy,...

18/ ...and electron dispersive spectroscopy. We discovered the paint's surface was penetrated by sand-sized (100 micron) lunar soil particles travelling about 400 m/s. Each one made a pinhole in the paint, and we could see the soil particle lying in the bottom of each tiny hole.

19/ Give me a moment to see if I can download the picture of this...

20/ Aha! I found it and just now did some contrast enhancing. (Modern technology is amazing.) This was cut off off Surveyor 3 by Alan Bean and Pete Conrad. It is aluminum with white paint. You can see a bolt hole where a washer covered & protected the paint so it is still white.

21/ Now there are some SUPER interesting things we discovered in this, and it drove is to call Alan Bean by phone 40 years after his mission to discuss what it all means. For one, consider that semi-circular shadow next to the bolt hole...

22/ That is the shadow of the head of the bolt that used to be in that hole. The funny thing is that the bolt is now gone but its shadow is still there. Is it a ghost shadow? No. It is a sandblasted shadow formed by the intense spray of dust when Alan and Pete landed 160 m away.

23/ Everwhere that got sandblasted got turned lighter in color. Everywhere that was protected by shadowing stayed darker. That's the brown color Alan reported seeing on the Moon. Earlier researchers triangulated these shadows and proved that they point back to the Apollo LM.

24/ What my team did in 2010 is prove that the brown color was not really the result of radiation as prior researchers believed. Instead, we proved the shadows are actually MADE out of lunar dust. All the brown color is lunar dust that was already on S3 before the Ap12 arrived.

25/ The sandblasting spray of lunar dust from the Apollo landing actually removed more dust from S3 than it put onto S3. That discovery was shocking. We analyzed the chemistry of that dust and we discovered it had different minerals on the east versus west sides of the Surveyor.

26/ This story got overly long, so I'll get to the best part. We were amazed by all the mysteries of the dust on the Surveyor, and we even wrote a paper in 2010 where we called it a mystery. [link]

27/ We scoured the historical records of the mission for any more clues. We eventaully realized we needed to talk to Alan Bean himself to understand exactly what he saw as he walked toward S3 on the Moon and exclaimed to Houston about its brown color. So a friend set up the call.

28/ Alan was extremely nice. He had a great sense of humor and seemed to truly enjoy talking about his observations on the Moon. Of course his memories of some details had faded, but he was able to confirm the main things about what he saw, which we needed confirmed.

29/ We talked casually without any rush for about an hour. After we had finished the technical discussion he wanted to tell us about his art. He told us that he had set up a size-scaled diarama of the Apollo 12 landing site in his home, filling up an entire room.

30/ He cares about accuracy in his paintings so he takes precise measurements from the diarama to make sure all the perspective views at just right. He told us about the use of colors in his paintings. He said most people see only gray on the Moon, but he saw it full of color.

31/ His paintings show all colors in the lunar soil. (I found it interesting that he was the one who reported the color of the Surveyor spacecraft. He was indeed tuned into colors while on the Moon's surface.) He also told us about the texturing of his paintings.

32/ He uses boots and Apollo soil tools like the ones he used on the Moon to impress surface texture into the paint. He continued talking avout his art with passion for about 10 minutes. Then he wound down and finished by saying this, which I will never forget...

33/ He said he is not an engineer anymore, but an artist, and he takes his art extremely seriously. He said he has all these paintings in his head which he needed to get onto canvas before he died. He was devoted to telling the story of the Apollo program before it was too late.

34/ He knew he had limited time left in this world, and the world needs to see the Apollo missions through the eyes of an artist. He ended with, "I can't allow myself to get dragged back into engineering. I have to focus on art. So Don't...Ever...Call. Me...Again." Pow.

35/ Honestly it hurt when he said that. Did I make a mistake contacting him? Did I steal irreplaceable art from the world by taking an hour of his time? The tone of the conversation until that moment tells me he _wanted_ to talk with us. But only just that once, and never again.

36/ Second, that when walking in a world of never-ending gray he saw only color. Reds, blues, yellows, purples, greens...and the brown spacecraft that was supposed to be white. Some saw it as an engineering question of blowing dust. Alan saw it as a question of color.

37/ Every color in Alan's heart was there on the Moon, in its craters and rocks and hills, because a human was walking in that world -- an artist -- and wherever humans go there is color. All the color.

38/ And third, I will always love Alan because he told me to never call him again. Truly. What he was doing in art was more important than what I was doing in science and engineering, and he knew it, and he needed us in NASA to know it, too, and to respect it.

39/ There will always be more time to land spacecraft on the Moon to study how they blow dust. There will never be another time when the first set of humans that walked on another world turns the wonderment of that experience into art. I love Alan that he saw this and defended it.

40/40 My hope is that every painting he had in his heart made it onto his canvas before time ran out. Though I won't walk on the Moon, I hope I can see colors like Alan did everywhere I go. And I hope we'll share his passion & focus to keep painting--in our own ways--to the end.


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