Come preannunciato nella prima parte, ecco il resoconto del mio tentativo di aumentare l’autonomia di una “vecchia” auto elettrica e compiere un viaggio decisamente al di fuori del suo normale ambito d’uso: 75 km con un’auto che normalmente ha 80 km. E c’è una salita di 1000 metri all’arrivo, abbiamo una cinquantina di chili di legna a bordo e nessuna possibilità di ricaricare una volta arrivati a destinazione.
Preparativi
Gli aspetti economici non sono primari in questo esperimento, ma non sono neanche trascurabili. Per ridurre ancora di più i costi energetici del viaggetto, il giorno precedente (11 agosto) ho caricato in parte ELSA (la mia piccola auto elettrica, una Peugeot iOn di seconda mano) presso la colonnina che si trova al centro commerciale vicino al Maniero Digitale e che per ora è gratuita.
Infatti dalle mie parti è in corso una transizione dalle colonnine vecchie (foto qui sotto), comandate con una chiave, alle nuove colonnine “smart”, e in questa fase i gestori hanno gradevolmente deciso di lasciare libera a tutti la carica presso le colonnine non ancora aggiornate. Probabilmente hanno calcolato che i costi delle cariche regalate sono inferiori al costo di mantenere il vecchio sistema a chiave accanto a quello nuovo basato su tessere RFID e app.
Un ”pieno” di ELSA fatto al Maniero mi costa 2,3 franchi a tariffa notturna o 3 franchi a tariffa diurna, per cui il risparmio concesso dalla colonnina gratuita è nel mio caso molto modesto, ma tutto fa brodo.
A proposito di brodo: ho raggiunto la tappa simbolica di 3000 km percorsi in elettrico nei sei mesi da quando ho ELSA. Se li avessi fatti con la mia auto a benzina, avrei speso 242 franchi in più. In pratica, risparmio in media una quarantina di franchi al mese, nonostante io usi ELSA solo per il 18% circa dei miei percorsi in auto (sì, tengo statistiche dettagliate dei consumi e delle percorrenze). A questo ritmo mi ci vorrebbero circa ventisei anni per ripagare il costo dell’auto (ma cinque se facessi in elettrico tutti i miei spostamenti). Ma non ho comprato un’auto elettrica per l’unico scopo di risparmiare denaro.
Ho completato il “pieno” a casa intanto che caricavo la legna da portare alla destinazione che la Dama del Maniero e io volevamo raggiungere (degli amici presso un rustico sui Monti di Tizzerascia). Una zavorra che aumenterà i consumi e che contribuirà a rendere più ridotti i margini di autonomia per quest’avventuretta.
Ho anche fatto un’altra cosa per aumentare l’autonomia: ho “hackerato” ELSA per sbloccare le modalità di recupero di energia nascoste, come raccontato nella prima parte. Non c’è nessun intervento software, ma solo un lavoro di Dremel: basta rimuovere il tratto tappato della fessura sagomata presente nella mascherina del “cambio”. Nella prima foto la vedete capovolta, per mostrare il tratto tappato; nella seconda la vedete a faccia in su, dopo il mio piccolo intervento.
Ora ho, oltre al normale recupero energetico medio (modalità D, di serie), anche le modalità B (recupero massimo) e C (recupero minimo). La modalità B è ottima per la guida in città e offre la massima frenata elettromagnetica (che non è comunque più drastica di un freno motore di un’auto a pistoni); la modalità C serve per i viaggi in autostrada, per evitare che un lieve rilascio dell’acceleratore attivi la rigenerazione e causi rallentamenti e consumi inutili.
Infatti quando si procede a velocità costante è più efficiente evitare che l’auto “freni” a ogni minimo rilascio dell’acceleratore: quello che si guadagna in ricarica della batteria è sempre meno di quanto si spende per riprendere la velocità persa. Si impara molto, quando si ha un’auto elettrica, specialmente se è limitata come ELSA e la si vuole portare al limite delle sue prestazioni.
Ho controllato la pressione delle gomme, per evitare che gli pneumatici sgonfi aumentino la resistenza al rotolamento e quindi facciano aumentare i consumi, riducendo l’autonomia.
Ho anche verificato di avere saldo sufficiente sui conti prepagati delle app Emotì e Swisscharge. È importante, perché a differenza dei distributori di benzina, che accettano contanti e carte di credito, le colonnine accettano solo pagamenti tramite le rispettive app o carte RFID.
Un altro preparativo importante è il monitoraggio preciso dello stato della batteria e dei consumi. Ho acquistato tempo fa un OBD Link LX Bluetooth: un oggettino che si inserisce nel connettore OBD dell’auto e ne trasmette via Bluetooth i dati diagnostici a un’app presente su uno smartphone o su un tablet. Nel mio caso ho scelto CanIon, app realizzata appositamente per gli utenti Peugeot iOn dagli sviluppatori Martin e Xavier (non è un’app ufficiale Peugeot).
Andata
Fonte: Ecalc.ch. |
10.40. La prima tappa è Bellinzona, dove c’è una colonnina di ricarica veloce GOFAST lungo l’autostrada. Qui ci capita la prima sorpresa: dopo 32 km abbiamo consumato pochissimo (un quarto della batteria invece di un terzo come al solito), nonostante l’arrampicata per superare il Monte Ceneri. Merito della velocità ridotta e della modalità C di risparmio energetico che ho appena sbloccato. Di conseguenza facciamo solo un rabbocco di qualche kWh, fermandoci 15 minuti e scambiando due parole con un altro automobilista elettrico, un belga che ha una Mini ibrida e sta cercando di caricare ma non ci riesce perché non ha l’app adatta: un problema classico e decisamente assurdo del mondo elettrico. Gli spiego come fare, e il tempo vola. Ripartiamo con l’88% di carica.
10.55. Inizia ora la tappa più impegnativa: dobbiamo consumare il meno possibile nonostante i 50 kg di zavorra e soprattutto i circa 1000 metri di dislivello (la nostra destinazione è a 1240 metri e partiamo da quota 200) e percorrere 43 km, conservando abbastanza energia per tornare a un punto di ricarica (il più vicino è a circa 15 km).
Nel tratto autostradale, fino a Biasca, andiamo a circa 90 km/h, usiamo la modalità C, acceleriamo lentamente, ci mettiamo nella scia delle roulotte (a distanza di sicurezza), e in effetti arriviamo a Biasca con il 50% di carica residua. Meglio delle previsioni: siamo a posto per il ritorno. Almeno così crediamo.
11.45. La salita finale, 9 km di stradine da affrontare a 40 km/h con una serie infinita di tornanti, si rivela un incredibile vampiro di energia. Arriviamo a destinazione, ma con un margine decisamente minore di quello che avevo stimato io e di quello che era emerso dai calcoli teorici dei lettori: sei km di autonomia residua, con l’indicatore di carica che lampeggia nell’equivalente elettrico della “riserva”. Questo è male. Nel rustico dove ci fermiamo non c’è una presa di corrente utilizzabile (c’è solo un po’ di energia elettrica fornita da un pannellino solare, sufficiente per le luci interne e per una piccola TV LCD).
Siamo comunque arrivati a destinazione, per cui ci godiamo la compagnia degli amici per la giornata, al fresco e con cibarie memorabili. Riusciremo a tornare a casa? Ci penseremo dopo, a pancia piena.
Ritorno
18.00. Non ci era mai capitato di partire per un viaggio con sei chilometri residui di autonomia; secondo le previsioni, avremmo dovuto averne quasi trenta. Possiamo solo sperare che i mille metri di dislivello, stavolta in discesa, ricarichino ELSA abbastanza da permetterci almeno di raggiungere la colonnina lenta di Malvaglia, che sta a 15 km.
Metto la modalità B (ufficialmente inesistente sulla iOn, ma sbloccata dal mio piccolo “hackeraggio”) che massimizza il recupero e ci permette di scendere lungo i tornanti praticamente senza toccare mai i freni e caricando invece la batteria.
Ma il recupero è decisamente modesto: dopo 1000 metri di dislivello abbiamo riacquisito circa 20 km di autonomia, grosso modo la metà di quello che abbiamo speso per salire. Non bastano per raggiungere il punto di ricarica veloce previsto, che sta a 39 km dal punto di partenza, ma sono sufficienti a raggiungere non solo quello lento di Malvaglia, ma anche il successivo, che sta a Biasca. Insomma, non resteremo a piedi.
Arriviamo così a Biasca, dove ci stiamo per rassegnare ad almeno un’ora di sosta per caricare lentamente alla colonnina Emotì locale, ma poi guardiamo il contachilometri di ELSA e ci rendiamo conto che scendendo non abbiamo soltanto caricato un po’ la batteria: abbiamo anche percorso 19 km senza consumare energia. Morale della storia: siamo a 20 km dalla colonnina veloce e abbiamo circa 20 km di autonomia. Che fare?
La cosa prudente sarebbe caricare una mezz’ora a Biasca, per avere un po’ di margine. Ma ci piace rischiare e possiamo confidare in qualche chilometro extra di “modalità tartaruga”, per cui decidiamo di tentare di raggiungere la colonnina GOFAST sulla A2 in direzione sud. Andiamo a 90 km/h, in modalità C, quella ottimale per i percorsi rettilinei a velocità costante.
18.57. Raggiungiamo la colonnina di ricarica rapida con qualche km di autonomia di margine e facciamo una carica di 25 minuti, che porta la batteria all’80% di carica. Il Piano A è riuscito, nonostante tutto: una carica veloce all’andata e una al ritorno.
Approfitto della pausa per raccogliere qualche dato dalla “telemetria” dell’OBD Link LX:
A questo punto possiamo rilassarci e correre fino al Maniero (sono solo 35 km) alla massima velocità consentita dai limiti locali. Anzi, cogliamo l’occasione per una piccola tappa a Lugano.
20:10. Arriviamo al Maniero dopo aver percorso 152 km con due tappe di ricarica veloce. Metto sotto carica ELSA, così domattina avrò di nuovo il “pieno”, e tiro le somme di quest’avventuretta.
Le due cariche veloci (10 kWh complessivi) mi sono costate in tutto 14.52 CHF (4.35 all’andata e 10.17 al ritorno), per cui il viaggio elettrico mi è costato leggermente meno dei 16,5 CHF che avrei speso se avessi usato la mia auto a benzina. Ma caricare rapidamente alle colonnine costa molto più che farlo lentamente a casa: quei 10 kWh che ho caricato in tutto sarebbero costati, a casa mia, circa un franco e mezzo. La comodità di poter caricare in giro e di poterlo fare rapidamente si paga.
Un’auto elettrica con un pochino di autonomia in più della piccola ELSA (16 kWh) avrebbe potuto fare tutto il viaggio senza tappe di ricarica e quindi avrebbe speso circa 4,4 CHF contro i 16,5 dell’auto a benzina (valori stimati sul percorso in piano e da maggiorare per via della variazione altimetrica, soprattutto nell’auto a benzina, che in discesa non recupera nulla ma anzi consuma i freni).
L’altra lezione di questo viaggio è che le salite consumano tantissimo e il recupero energetico in discesa è piuttosto modesto, perlomeno su quest’auto di sette anni fa. Se vivete in aree montuose o dovete affrontare dislivelli notevoli, tenetene conto nella pianificazione dei vostri viaggi elettrici.
I dati della “telemetria” sono utili per capire quali dispositivi e quali comportamenti di guida consumano di più e per monitorare il reale andamento della carica dell’auto, che è variabile in base a vari parametri (primo fra tutti il livello di carica di partenza). Servono anche per rendersi meglio conto dei dislivelli e delle lievi pendenze del terreno, che con un’auto a pistoni sono quasi irrilevanti (aumentano i consumi, ma tanto l’autonomia è enorme e ci sono distributori ovunque) ma che con un’auto elettrica diventano importanti.
Un altro aspetto messo in luce da questo viaggio è l’effetto vistoso della velocità sull’autonomia. Partire un pochino prima e viaggiare a 100 km/h fa davvero molta differenza, in termini di consumi, rispetto a viaggiare a 120 km/h e risparmiare qualche minuto.
A proposito di consumi, la media approssimativa del viaggio è 138 Wh/km, nonostante la salita. Avevo infatti 16 kWh alla partenza, ne ho aggiunti 10 in viaggio e sono tornato a casa con 5 kWh residui, per cui ne ho consumati circa 21.
Infine, una piccola scoperta inattesa: usare un’auto elettrica in montagna può ridurre la nausea da movimento sui tornanti, sia in salita, sia in discesa. Io normalmente ne soffro molto, ma oggi non ho avuto il minimo problema. Sospetto che sia merito del fatto che con un’elettrica non ci sono mai i rallentamenti e gli strappi prodotti dal cambio delle marce.
Cosa più importante, la Dama e io ci siamo divertiti insieme, viaggiando nel silenzio, inquinando meno e trasformando un aspetto banale di una giornata (il viaggio) in un momento di piccola avventura e di apprendimento.
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