Grazie ai suoi mini-computer ZX80 (1980), ZX81 (1981) e ZX Spectrum (1982) ho mosso i primi passi in informatica.
Ricordo ancora la prima notte insonne passata a programmare sullo Spectrum,
appena acquistato a Milano dando fondo ai pochi soldi che avevo messo da
parte. Fu un colpo di fulmine inebriante, e quell’amore non è mai scemato.
Come me, milioni di persone in tutto il mondo devono la propria passione e le proprie carriere alle idee di quest’uomo, capace di rendere economicamente abbordabile (ZX80 a 80 sterline in kit, 100 sterline già assemblato, quando i rivali costavano almeno il doppio) un prodotto che sembrava riservato soltanto a chi era pieno di soldi.
I suoi computer si collegavano alla TV tramite il cavo d’antenna, per cui non era necessario spendere per il monitor dedicato, e i dati venivano salvati su un normale registratore a cassette, per cui non c’era il costo di un lettore di floppy disk. La digitazione dei comandi era semplificata grazie al fatto che non era necessario scriverli lettera per lettera col rischio di sbagliare: si digitavano premendo una combinazione di tasti della caratteristica tastiera (a membrana per ZX80 e 81 e gommosa nel caso dello Spectrum).
Queste e altre innovazioni permisero a questi computer di diventare popolarissimi. E permisero a un diciannovenne skater con i capelli ricci, rintanato in un soporifero paesino della Lombardia, di scoprire che esisteva un mondo intero da scoprire.
La scoperta continua ancora oggi, tutti i giorni. Thank you, Sir Clive.
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Per chi è troppo giovane per ricordarsi i comandi dello Spectrum, lo spiegone del titolo: il comando PAUSE introduce una pausa; il valore 0 rende infinita la durata della pausa.
Fonte per l’immagine: Wikipedia.
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