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Il trailer del prossimo Star Wars mi ha lasciato indifferente, con quell'inizio preso di peso da Balle Spaziali, e già sapete bene cosa ne penso di Interstellar. Ma ci sono cortometraggi come questo Wanderers che mi fanno venire la pelle d'oca. Non solo perché sono belli, ma perché sono reali. Mostrano quello che davvero, se vogliamo, potrà essere il nostro destino.
Nessuno dei luoghi mostrati è fantasia: sono tutti mondi reali del nostro sistema solare. Nessuna delle tecnologie presentate contraddice la fisica: si tratta soltanto di risolverne le sfide ingegneristiche. E le parole di Carl Sagan sono pura poesia del cosmo. Quest'emozione era quello che mi aspettavo da Interstellar e che (salvo qualche minuto qua e là) non vi ho trovato. Ma Wanderers mi ripaga. Buona visione.
Aggiornamento (2015/03/15): Nicola Colotti mi segnala che la voce di Sagan è stata rimossa, presumo per ragioni di copyright. Una versione dell'audio di Wanderers con la voce dell'astrofisico è disponibile qui su Youtube, almeno per ora.
C'è una galleria esplicativa delle scene del video, che hanno la stessa grazia ed energia artistica delle indimenticabili tavole di Chesley Bonestell: i pianeti (le “stelle vagabonde”, come sono vagabondi gli umani) visti dalla Terra; un'astronave lascia la Terra (una foto reale); la Grande Macchia Rossa di Giove (da un mosaico di foto della sonda Voyager); i geyser di Encelado, luna di Saturno (una foto reale della sonda Cassini); gli anelli di Saturno (immagine sintetica basata sui dati reali); un ascensore spaziale su Marte (mosaico di immagini reali NASA ed ESA); il sito di atterraggio di Opportunity su Marte, a Victoria Crater; un tramonto su Marte (fotografato dalla sonda Spirit nel 2005); una colonia sull'immensa cresta montuosa che circonda Giapeto, luna di Saturno, scoperta nel 2004 (immagine generata da dati reali).
C'è poi una serie di scene più fantastiche: un asteroide scavato, fornito di un'atmosfera interna e messo in rotazione per creare una colonia sotterranea, illuminata da un sole artificiale che corre lungo un binario centrale per creare un ciclo di notte e giorno. Gli astronauti che camminano su Europa, con Giove sullo sfondo, che dovranno avere una gran bella protezione contro le radiazioni letali che circondano il pianeta gigante ma godranno davvero di una vista spettacolare.
Volare con ali applicate alle braccia su Titano, una luna grande quanto il pianeta Mercurio, con un'atmosfera densa abbinata a una gravità ridotta, non è implausibile, anche se serviranno indumenti caldi e cadere nei laghi di metano liquido sarebbe, come dire, spiacevole. E che dire dell'incanto di saltare dal precipizio più alto del Sistema Solare, la Verona Rupes su Miranda, satellite di Urano, un abisso profondo almeno cinque chilometri? O della visione finale del bagliore notturno degli anelli di Saturno, visti da una piattaforma sospesa nell'infinita atmosfera del pianeta?
Questa è la mia fragile traduzione della magnifica prosa di Carl Sagan: “Nonostante i suoi vantaggi materiali, la vita stanziale ci ha lasciato frementi, insoddisfatti. Persino dopo quattrocento generazioni in villaggi e città, non abbiamo dimenticato. La strada aperta continua a chiamarci dolcemente, come una canzone d'infanzia mezza dimenticata... Attribuiamo ai luoghi lontani un certo romanticismo. Sospetto che la loro desiderabilità sia stata meticolosamente fabbricata dalla selezione naturale come elemento essenziale per la nostra sopravvivenza. Lunghe estati, miti inverni, ricchi raccolti, abbondante cacciagione: nessuna di queste cose dura per sempre. La tua vita, o quella della tua banda, o persino quella della tua specie, può essere merito di quei pochi inquieti, attratti da una fame che a malapena sanno articolare o comprendere, verso terre non ancora scoperte e nuovi mondi... Herman Melville, in Moby Dick, parlò a nome dei vagabondi d'ogni epoca e d'ogni meridiano. Disse: ‘Sono tormentato da un eterno prurito di cose lontane. Amo veleggiare su mari proibiti’. Forse è un po' troppo presto. Forse non è ancora il momento. Ma questi mondi, che promettono opportunità ignote, ci chiamano. Orbitano silenti intorno al Sole, e attendono.”
Questo è l'originale, tratto dal libro Pale Blue Dot: “For all its material advantages, the sedentary life has left us edgy, unfulfilled. Even after 400 generations in villages and cities, we haven't forgotten. The open road still softly calls, like a nearly forgotten song of childhood. We invest far-off places with a certain romance. This appeal, I suspect, has been meticulously crafted by natural selection as an essential element in our survival. Long summers, mild winters, rich harvests, plentiful game — none of them lasts forever. Your own life, or your band's, or even your species' might be owed to a restless few — drawn, by a craving they can hardly articulate or understand, to undiscovered lands and new worlds. Herman Melville, in Moby Dick, spoke for wanderers in all epochs and meridians: "I am tormented with an everlasting itch for things remote. I love to sail forbidden seas..." Maybe it's a little early. Maybe the time is not quite yet. But those other worlds — promising untold opportunities —beckon. Silently, they orbit the Sun, waiting.”
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