Ieri 11 marzo, alle 16:30 ora italiana, nel deserto vicino a Promontory (Utah) si è scatenato improvvisamente l'inferno. Il boato prodotto dal più grande motore a razzo mai costruito, udibile a decine di chilometri di distanza, accompagnava una fiammata lunga diverse centinaia di metri e una densa nuvola nera di gas di scarico.
Si trattava del quarto test "statico" previsto da Orbital ATK per i razzi a combustibile solido (SRB, o Solid Rocket Booster) che concorreranno a portare in orbita le navicelle Orion a bordo dell'SLS (Space Launch System) statunitense. Il primo volo di test di questo nuovo vettore è previsto entro il 2018, ma da anni questi imponenti, potentissimi motori stanno attraversando una rigorosa serie di test.
Uno degli obiettivi (oltre 100 in totale) del test di oggi, chiamato QM-1, o Qualification Motor numero 1, è verificare il funzionamento del razzo alla massima temperatura operativa prevista, pari ad oltre 32 C (90 F). Per ottenere questo risultato il vettore è stato mantenuto per diversi mesi – tanto è necessario per innalzarne la temperatura in maniera omogenea – in un hangar controllato termicamente. Test successivi ne verificheranno il funzionamento all'altro estremo dell'intervallo operativo.
Molti dei segmenti usati in questo test hanno già accompagnato in orbita lo Space Shuttle, come indicato dalle sigle in figura (credit: CollectSpace) |
Il QM-1, lungo 54 metri (come quattro autobus e mezzo), ha prodotto una spinta di 22 milioni di HP – equivalente a quella di 25.000 Ferrari di Formula 1 – bruciando in due minuti oltre 628 tonnellate di propellente (cinque al secondo). La temperatura del gas ha superato i 3.000 C, vetrificando la sabbia circostante.
Il motore testato ieri è il più grande e potente mai realizzato in assoluto. La sua spinta è il doppio di quella del più potente propulsore a razzo a propellente liquido esistente, il russo RD-170. Il progetto originale deriva da quello dei Solid Rocket Booster (SRB) impiegati nelle missioni Shuttle e recuperati dopo ogni volo, potenziati ulteriormente aggiungendo un quinto "segmento" e rinnovati completamente nell'avionica e nelle tecniche costruttive al fine di aumentarne l'affidabilità riducendo i costi di produzione. L'incremento del numero di segmenti comporta un aumento della spinta del 20% rispetto agli SRB impiegati dallo Space Shuttle e del 24% dell'impulso, una misura della spinta complessiva generata durante l'intera missione da un motore a razzo.
Una volta pronti, due di questi vettori accompagneranno ogni SLS nel viaggio verso lo spazio e forse verso Marte, unendo la loro spinta a quella di quattro propulsori RS-25 già usati dallo Space Shuttle ma rigenerati ed aggiornati, motori alimentati da una miscela di ossigeno e idrogeno liquido (LH/LOX). Grazie a questa combinazione di sei propulsori "usa e getta", l'SLS sarà in grado di portare in orbita 70 tonnellate, che dovrebbero salire a 130 a partire dal 2035.
Molti dei segmenti usati in questo test hanno già volato, contribuendo a diverse missioni dello Space Shuttle. Nella foto qui accanto sono indicate le missioni relative (STS-135, ecc.).
I motori a razzo a propellente solido si basano su un principio di funzionamento tutto sommato semplice: la superficie del propellente contenuto all'interno del cilindro, in grado di bruciare autonomamente, genera un gas ad altissima pressione e temperatura, che viene espulso attraverso l'ugello terminale generando la spinta necessaria. Questo tipo di motori, almeno in linea di principio, non necessita di parti meccaniche in movimento, né di pompe, turbine o valvole. Gli SRB sono costituiti da un cilindro cavo al cui interno viene ammassato il propellente, una massa gelatinosa simile a bitume, eccetto che in una cavità centrale che li percorre dalla sommità all'ugello terminale. Alla sommità viene sistemato l'igniter, una sorta di "lanciafiamme" che provvede all'accensione del propellente.
La forma della cavità centrale, di cui sono qui mostrati alcuni esempi, determina la variazione nell'erogazione della spinta (thrust) durante il volo (credit: unknown) |
Dalla stessa semplicità costruttiva deriva però un grosso limite pratico: una volta avviata la combustione la spinta non può più essere regolata né interrotta, e dura fino al consumo totale del propellente. Questo ne ha determinato un uso limitato per le missioni con equipaggio, in quanto è difficile mantenerne il controllo in caso di guasti, come accadde nel caso dell'incidente occorso allo Space Shuttle Challenger durante il decollo nel 1986. Poichè il consumo istantaneo di propellente dipende in ultima analisi dalla superficie esposta, per permettere il controllo dell'erogazione della spinta durante il volo la cavità centrale viene sagomata seguendo determinati profili (vedi figura). Nel caso del test in esame si è usato un profilo innovativo a sei alette, come mostrato nel filmato seguente distribuito dalla stessa ATK Orbital, che ne illustra le più importanti fasi di lavorazione, che può essere seguita nel dettaglio comparandola con il testo seguente.
Dalla lavorazione dell'ugello (Nozzle Machining) si passa alla realizzazione dell'isolamento termico (Insulation Manufacture) che viene poi installato all'interno del booster applicando prima una protezione (Applying Liner), e quindi l'isolamento stesso (Installing Insulation). Una volta inserita all'interno di ogni segmento la sagoma necessaria a conferire la giusta forma alla cavità centrale (Forward Core), viene inserito il propellente premiscelato con molta cura (Mixing Propellant) in modo da evitare la formazione di bolle e disomogeneità che ne comprometterebbero il funzionamento (Casting Forward Segment). Una volta completata l'operazione, si prosegue inserendo alla sommità uno strato di materiale isolante (Motor Segment Castable Inhibitor Preparation) per evitare che questa, non protetta dal propellente stesso, possa surriscaldarsi e bruciare. Una volta applicato l'isolante (Applying Inhibitor) la sagoma usata per dare la forma alla cavità centrale viene estratta (Extracting Core Fins). Il segmento viene quindi ispezionato ai raggi X (o, di recente, con ultrasuoni) per identificare eventuali disomogeneità. Quindi si installa il sistema di accensione (Igniter Installation) sul segmento superiore, che è quindi pronto per essere montato con gli altri. Una volta assemblato il motore è pronto per essere usato. Le fiamme usciranno dall'ugello a una velocità di Mach 3, generando circa 1.600.000 kgp di spinta (il simbolo kgp indica il cosiddetto "kg peso", che misura una forza, e non una massa. 1 kgp = 9.8 N).
Attenzione: durante la costruzione è assolutamente vietato fumare!
Il video completo del test di ieri - da seguire rigorosamente ad alto volume e possibilmente in cuffia! - è visibile nel seguito. Al termine del test si può notare l'inserimento automatico nell'ugello di un braccio meccanico che immettendo nel cilindro 32 tonnellate di anidride carbonica (CO2) estingue rapidamente le fiamme residue, preservando l'isolamento per le analisi successive da parte dei tecnici.
Buona visione!
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