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2019/01/01

Oggi una sonda visita il corpo celeste più lontano mai raggiunto: New Horizons incontra Ultima Thule


Ultimo aggiornamento: 2019/01/02 21:15.

Oggi la sonda New Horizons sorvolerà Ultima Thule, un corpo celeste di cui non sappiamo praticamente nulla e di cui non sapevamo neanche l‘esistenza al momento della partenza nel 2006. Ultima Thule è il corpo celeste più lontano mai visitato da un veicolo spaziale: sta ben oltre Plutone, a circa 6,6 miliardi di chilometri dalla Terra.

Altre sonde, come le Pioneer e le Voyager, sono andate più lontano, ma sono circondate dagli abissi del cosmo in ogni direzione: New Horizons, invece, passerà radente a un piccolo mondo, dopo averci regalato nel 2015 immagini e dati eccezionali su Plutone.

Il nome formale di Ultima Thule (termine latino che indica la landa più lontana conosciuta) è 2014 MU69. Il numero 2014 indica l’anno nel quale questo oggetto è stato scoperto dai ricercatori tramite il Telescopio Spaziale Hubble. La sua enorme distanza dal Sole fa presumere che si tratti di un frammento primordiale intatto delle origini del Sistema Solare. È un museo offerto dalla natura, un libro di storia scritto 4,6 miliardi di anni fa, a nostra disposizione se solo ci diamo da fare per andarlo a leggere.

Al momento non sappiamo quasi nulla di Ultima Thule, a parte il fatto che ha una forma allungata e un diametro approssimativo di 30 chilometri. Sappiamo che ci mette circa 295 anni a compiere un’orbita intorno al Sole.

C’è un piccolo mistero che lo riguarda: grazie al lavoro degli astronomi sparsi per il mondo, che osservano gli istanti precisi nei quali Ultima Thule passa davanti a una stella lontana dal loro punto di osservazione e deducono la forma dell’oggetto dai tempi lievementi differenti, sappiamo che questo corpo celeste ha una forma bilobata, con due masse primarie forse collegate fra loro o forse separate. Per questo dovrebbe produrre una curva di luminosità variabile, man mano che l’oggetto ruota su se stesso e mostra agli osservatori facce differenti, ma non lo fa. Non sappiamo perché: può darsi che sia semplicemente perché ruota con il proprio asse rivolto proprio verso la Terra.

Credit: NASA/JHUAPL/SwRI/Alex Parker.


Pensateci un attimo: siamo capaci di comandare un robot che sta a quasi sette miliardi di chilometri, così lontano che i suoi debolissimi segnali radio ci mettono sei ore alla velocità della luce per raggiungerci, e siamo capaci di fargli cambiare direzione per andare a intercettare con precisione un corpo celeste scoperto anni dopo la partenza dalla Terra. New Horizons passerà a circa 3600 km da Ultima Thule alla velocità di circa 50.000 chilometri orari. Non potrà frenare e fermarsi: avrà pochi minuti per raccogliere dati e immagini, per poi proseguire la propria corsa verso destinazioni ancora ignote.

Fra l’altro, questo robot porta un piccolo emissario di noi: un CD contenente i nomi di chi si è registrato nel 2005 nel corso di un’iniziativa pubblica della NASA. Ci sono anche il mio e quelli della mia famiglia, come avevo raccontato qui ad agosto del 2005; ora sono archiviati qui.

I primi risultati sono attesi nelle prossime ore, ma servirà molto tempo per ricevere tutti i dati e per elaborarli ed analizzarli. Oltre alle ore di viaggio del segnale radio dalla sonda, bisogna tener presente che New Horizons rivolgerà le proprie antenne verso la Terra solo al termine della visita a Ultima Thule, intorno al 9 gennaio, sarà disturbato dalla posizione del Sole (che sarà in congiunzione) nei giorni successivi, e inoltre trasmette molto lentamente: da 1 a 2 kbps. Ci vorranno in tutto circa venti mesi. L’esplorazione spaziale è difficile e premia solo i coraggiosi e i pazienti.

Per l‘occasione, il chitarrista dei Queen e astrofisico Brian May pubblicherà un brano musicale composto appositamente.

Se volete seguire in tempo reale l’evento, il sito della missione è Pluto.jhuapl.edu; il suo canale Youtube è qui; su Twitter trovate gli account @NewHorizons2015 e NASANewHorizons. Date anche un’occhiata alla pagina apposita di The Sky Live.

Finora questa è l’immagine più nitida ricevuta è questa, arrivata due giorni fa: a sinistra la versione grezza, a destra quella elaborata.

Credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute.



2019/01/01 16:40


I primi segnali dalla sonda New Horizons sono stati ricevuti. La telemetria arriva correttamente e dice che la sonda è in ottime condizioni e ha raccolto il proprio preziosissimo carico di dati scientifici (anche se la navigazione non ha ancora dato OK e quindi non sappiamo se il puntamento degli strumenti ha inquadrato correttamente Ultima Thule). Il direttore delle operazioni di missione Alice Bowman ha ricevuto l’abbraccio del ricercatore principale della missione New Horizons, Alan Stern.



I dati dalla sonda arrivano piuttosto lentamente, come previsto: 501 byte bit al secondo.




2019/01/01 18:10


La NASA ha rilasciato la prima immagine sgranatissima di Ultima Thule, scattata prima del momento di massimo avvicinamento. La forma bilobata è a quanto pare confermata:


Altre immagini mostrano la rotazione, spiegando a quanto pare la curva di luminosità: effettivamente Ultima Thule ha l’asse di rotazione rivolto verso la sonda.



Le prime immagini ad alta risoluzione dovrebbero arrivare a febbraio, ma i dati scientifici arriveranno ben prima.

La potenza del segnale ricevuto sulla Terra è incredibilmente fioca:





Il brano di Brian May è ora online:



2019/01/02 21:15


Sono state rilasciate poco fa alcune nuove immagini, molto più dettagliate, di Ultima Thule: è uno straordinario corpo binario a contatto perfettamente conservato.



In altre parole, questo oggetto antichissimo si è formato dalla progressiva aggregazione di corpi più piccoli, come mostrato qui sotto. La forma generale molto arrotondata e liscia, simile a una scamorza, indica che la velocità di contatto fu ridottissima, tanto che non si può parlare neanche di impatto ma semplicemente di appoggio reciproco dovuto all’attrazione gravitazionale.

Ultima Thule non è il primo oggetto del suo genere che visitiamo: anche la cometa Churyumov-Gerasimenko, raggiunta dalla sonda Rosetta, ha una forma analoga, ma essendo più vicina al Sole ha un passato molto differente ed è stata plasmata dalle emissioni gassose e dalle successive aggregazioni di materiale. Ultima Thule probabilmente no: è ancora com’era quando si formò il sistema solare. 



C’è anche una prima immagine a colori, che rivela il colore molto rossiccio di Ultima Thule:



Infine va notata l’apparente assenza di grandi crateri d’impatto. Dico apparente perché queste immagini hanno il Sole direttamente alle spalle della fotocamera della sonda New Horizons, per cui non ci sono ombre che permettano di delineare eventuali rilievi o avvallamenti. Altre immagini, che arriveranno, chiariranno la situazione. È interessante notare anche la netta differenza di luminosità del materiale nel “collo” di Ultima Thule.



Tutte le immagini di oggi sono scaricabili qui. Ne vedremo delle belle.


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