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Torno a parlare del visore per realtà virtuale Quest Pro, presentato da Meta la settimana scorsa e descritto nella puntata del 14 ottobre del podcast Il Disinformatico della RSI, perché c’è un aggiornamento importante che finalmente chiarisce un dubbio che molti si sono posti in questi anni, da quando Meta (che all’epoca si chiamava ancora Facebook) acquisì Oculus, una rinomata marca di prodotti per realtà virtuale, nel 2014.
Come mai Facebook/Meta è così tanto interessata a questa tecnologia, che a prima vista sembra molto sganciata dal mondo dei social network e della messaggistica digitale?
La risposta è arrivata esaminando le caratteristiche tecniche del visore Quest Pro, che è dotato di telecamere rivolte verso gli occhi dell’utente che ne tracciano la direzione dello sguardo (il cosiddetto eye tracking) e leggendo attentamente il testo dell’aggiornamento dell’informativa sulla privacy pubblicato da Meta, disponibile anche in italiano. Questa informativa dice testualmente che possono essere raccolti “dati aggiuntivi sull’utilizzo del visore (compreso il tracking degli occhi) per aiutare Meta a personalizzare l'esperienza dell'utente e migliorare Meta Quest”.
“Personalizzare l’esperienza dell’utente” è un eufemismo ricorrente per indicare la pubblicità mirata, quella che sui social network viene proposta al singolo utente sulla base dei suoi gusti, delle sue amicizie, della sua localizzazione e degli argomenti di cui scrive o che dimostra di apprezzare.
In un visore per realtà virtuale dotato di tracciamento degli occhi, questa personalizzazione può basarsi sulla direzione dello sguardo, che è una cosa estremamente personale e spesso involontaria. Meta potrà sapere per esempio se il nostro occhio cade su un certo accessorio di abbigliamento indossato da una celebrità che si esibisce in realtà virtuale o anche se cade su quello che sta sotto il suo abbigliamento.
Vi sentireste tranquilli a passeggiare per strada e sapere che qualcuno, istante per istante, sta controllando cosa state guardando e per quanto tempo si sofferma il vostro sguardo? Questo, in sintesi, è quello che propone Meta nel mondo virtuale.
In altre parole, la spinta al metaverso di Meta è ispirata dall’idea che se l’azienda di Zuckerberg riesce a convincerci a lasciare che registri cosa guardiamo potrà sapere ancora di più cosa ci piace e quindi vendere agli inserzionisti pubblicitari ancora più dati personali. Dati personali che, va ricordato, sono il pane quotidiano dei social network. E quindi il cerchio si chiude: la realtà virtuale interessa a Meta perché le consente di proseguire ed estendere la sua raccolta minuziosa di informazioni su di noi, che può rivendere.
Caso mai venisse il dubbio che “personalizzare l’esperienza dell’utente” sia un po’ vago per dedurne tutto questo, va aggiunto che Nick Clegg, presidente per gli affari internazionali di Meta, ha dichiarato pochi giorni fa, in un’intervista al Financial Times, che i dati di tracciamento oculare potranno essere usati “per capire se le persone interagiscono con una pubblicità o no”.
Per ora l’attivazione del tracciamento dello sguardo nel visore Meta Quest Pro è facoltativa, come sottolinea quella stessa informativa sulla privacy, ma siccome lo stesso tracciamento viene usato anche per ottimizzare la risoluzione delle immagini nella zona guardata e per rilevare e trasmettere le espressioni facciali, rischia di essere difficile rifiutare questa attivazione. Come nota Ray Walsh di ProPrivacy, in una riunione che si svolge nel metaverso “non vorrai essere l’unico che sembra uno zombi inespressivo in una stanza virtuale piena di gente che sorride e aggrotta le sopracciglia”.
La questione è complicata anche legalmente, perché un visore per realtà virtuale che rileva le espressioni facciali e la direzione dello sguardo, oltre che i movimenti dell’utente, raccoglie dati biometrici, che sono fortemente regolamentati e quindi ci saranno decisioni anche politiche da prendere presto in materia, paese per paese.
Nel frattempo, chiarito il dubbio sulla brama di metaverso di Zuckerberg, è forse opportuno valutare gli altri dispositivi per realtà virtuale di altre aziende che offrono prestazioni pari o superiori a Meta Quest Pro senza essere così ficcanaso.
Fonti aggiuntive: Gizmodo, Extremetech.
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