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2023/03/01

Le allucinazioni di DeepL Translator (aggiornamento 2023/03/05)

Uno dei problemi principali delle intelligenze artificiali attuali ha un nome tecnico molto specifico: allucinazione. Vuol dire che questi software hanno la tendenza a inventarsi completamente i risultati richiesti dagli utenti e farlo in maniera estremamente autorevole. Sono dei contaballe dalla parlantina incrollabile.

Ho raccontato un esempio con ChatGPT pochi giorni fa: stavolta è il turno di DeepL Translator, un servizio di traduzione automatica basato sull’intelligenza artificiale. Mesi fa ho aperto un account a pagamento per iniziare un test approfondito di questa tecnologia, visto che (come molti di voi sanno già) lavoro da decenni nel campo della traduzione di testi tecnici e questi software potrebbero essere dei concorrenti pericolosi oppure degli assistenti preziosi.

La mia sperimentazione sta ancora andando avanti, per cui non posso ancora dare un parere definitivo: per ora credo di poter dire con ragionevole certezza che DeepL è un buon ausilio per un traduttore esperto e già formato che ne capisca i limiti e sia disposto a investirci molto tempo per personalizzarlo (la versione Pro consente di generare glossari specializzati per i vari tipi o argomenti di traduzione). Ma chiunque pensi che i traduttori umani non servano più e che basti immettere un testo in DeepL per ricavarne la traduzione fatta e finita sta preparando il terreno per un disastroso imbarazzo garantito.

Durante questa sperimentazione ho notato che DeepL ha una particolarità: si inventa le parole. Se incontra nel testo originale un errore di battitura che produce una parola che non esiste, non avvisa dell’errore ma fabbrica una traduzione inventata di quella parola.

Non sapevo ancora come si chiamasse questo difetto, finché ho scoperto che lo stesso fenomeno esiste anche in altre intelligenze artificiali e si chiama, appunto, allucinazione.

Oggi DeepL era particolarmente allucinato. Gli ho dato in pasto un testo tecnico nel quale a un certo punto la parola estremità era stata scritta senza la e iniziale. E così si è inventato, con assoluta sicumera, la “parola” inglese stremity (in inglese estremità si traduce spesso extremity). Poi ha incontrato diposizione (refuso al posto di disposizione) e ha inventato diposition. Poco dopo ha partorito un discutibilissimo nondeteriorable come traduzione “inglese” di non deteriorabile.

Sembrava una persona di lingua italiana che ricorreva al vecchio trucco “se non sai una parola in una lingua, prova a usare quella italiana adattandola allo stile della lingua”. Se è tedesco, mettici un -en in fondo, alla Sturmtruppen; se è spagnolo, sbattici in coda un -os e vai che vai bene così.

Certo, sono errori che un traduttore attento e un correttore ortografico correttamente installato riusciranno a notare e correggere, ma che succederà a chi si fida troppo di questi traduttori automatici e non ha gli anni di esperienza e di competenza linguistica che gli permettono di riconoscere le loro allucinazioni? A furia di essere usati nelle traduzioni degli incompetenti, questi termini inventati e sbagliati diventeranno vocaboli accettati? Mi sa che ne vedremo delle belle.

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2023/03/05 20:00. Licia Corbolante di Terminologia etc. mi ha mandato questo suo thread Twitter a proposito delle parole inventate dai sistemi di traduzione automatica (nel suo caso, il motore di traduzione automatica Naver Papago, colto a creare vocaboli italiani durante la traduzione dal coreano di un video, come descritto da Marco Ardemagni su Facebook). Lo pubblico qui con il suo permesso e su sua gentile proposta per chiarire alcuni dubbi emersi nei commenti al mio articolo.

Scrive Marco Ardemagni:

“Mi piacciono altre cose, come le sementi di caldo e girasole”, “Mantenere la casa è positivo e negativo per me”, “Le cose con i ricordi sono ricordate più deliziosamente”.

Grazie all’amico Luca Lissoni (a cui sono stati a sua volta segnalati) ho scoperto il fascino ipnotico dei video della serie Sabzak Salim, in cui una giovane coreana (inquadrata sempre di quinta) celebra, con sobria eleganza, i fasti della vita da casalinga.

Come se tutto ciò non fosse già sufficiente ad accorrere in massa su questo canale youtube, i sottotitoli italiani sfiorano vette inarrivabili di non senso, surclassando, a mio avviso, i migliori esiti della poesia metasemantica di Fosco Maraini.

La giantina di ceramica, i murciolini di acciaio inossidabile, il tè nero che huore a limone, la vaissella, la lavabosca, la pincella, gettano inquietanti ombre sulla propria stessa genesi.

Se dal coreano il sottotitolatore automatico arriva all’italiano rimbalzando sul francese o sullo spagnolo, come fa a coniare questi fenomenali lessemi che non appartengono a nessuno dei repertori lessicali conosciuti e non sono nemmeno attestati in rete?
Si direbbe che il traduttore automatico abbia preso vita cesellando uno a uno questi gioielli, ispirandosi a parole straniere, aggiungendovi però un quid imponderabile e personalissimo.

Qualcuno è in grado di formulare ipotesi più credibili?

Risponde Licia Corbolante:

I sistemi di NMT [neural machine translation, traduzione automatica neurale] vengono addestrati (training) su testi paralleli in lingua 1 (L1) e in lingua 2 (L2) da cui ricavano dei loro “vocabolari” (vocabulary), che però sono incompleti: mancano tutte le parole non presenti nei testi usati per il training. Va anche considerato che il lessico di ogni lingua è un sistema aperto, in continua evoluzione, e sarebbe impossibile averne di esaustivi. Oltretutto, sia per questioni di spazio richiesto che di tempi di elaborazione, per la NMT è improduttivo avere “vocabolari” di grandi dimensioni, che devono invece essere il più ridotte possibile.

Come fa allora la NMT a gestire parole out of vocabulary (OOV) che non ha mai incontrato prima? Un’opzione è lasciarle nella lingua originale, ma il testo tradotto potrebbe risultare incomprensibile. Un’altra opzione è usare “dizionari” di supporto a cui la NMT può attingere per le parole mancanti, soluzione possibile ma per nulla efficiente e soggetta comunque a errori. Si ricorre invece ad altre soluzioni.

Per ottimizzare il processo di traduzione, i sistemi di NMT non operano a livello di parole come le intendiamo noi, ma di unità più piccole ottenute con particolari tipi di segmentazione, come ad es. sottoparole (subwords) formate da sequenze di caratteri (n-gram), oppure singoli simboli che rappresentano le sequenze di caratteri più frequenti e che sono ottenuti con particolari algoritmi di compressione. Da un punto di vista umano solo alcune subword apparirebbero significative, ad es. quelle che corrispondono a morfemi, altre invece non lo sarebbero affatto. I sistemi di NMT invece riescono ad individuare pattern a noi non apparenti, apprenderli e utilizzarli poi nella traduzione.

Questi metodi di segmentazione hanno il vantaggio di ridurre notevolmente le dimensioni dei “vocabolari” e di consentire di gestire adeguatamente anche le parole OOV (anche sfruttando similarità lessicali tra lingue: ad esempio, una parola inglese come cynophobia, composta da elementi formativi neoclassici, molto probabilmente in italiano viene resa correttamente con cinofobia, come farebbe un traduttore umano).

Problemi noti di questi metodi: errori lessicali tra cui la creazione di parole inesistenti, sia per singole parole che per composti ed espressioni polirematiche, più o meno evidenti e ricorrenti in base alle caratteristiche di ciascuna coppia di lingue, ad es. per le lingue germaniche difficoltà con i composti. Nel caso di singole parole, gli errori più comuni sono di tre tipi (esempi dai sottotitoli del video ipotizzando inglese L1 e italiano L2):

  • parole che assomigliano a parole L1 ma inesistenti in L2, ad es. *nodoli per noodle, *papaver per popover;
  • parole inesistenti in L2 ma che assomigliano a parole esistenti o plausibili in L2, ad es. *panella è simile a padella, *tappuccio sia a tappo che a cappuccio;
  • parole non riconducibili né a L1 né a L2, ad es. *toalla, *vaissella (le sequenze oa e ai seguite da doppia consonante sono inusuali in italiano)

Con questi riferimenti parole come *giantina e *murciolini dovrebbero apparire un po’ meno misteriose: non hanno alcun senso e chissà come sono saltate fuori, però è chiaro che il traduttore automatico ha appreso correttamente quali parole sono conformi alla struttura delle parole italiane!

Infine, non so come operi Naver Papago, ma nel caso la traduzione dal coreano L1 all’italiano L2 non fosse diretta ma ricorresse a una terza lingua pivot (ad es. inglese, o francese, o spagnolo), va considerato che nel passaggio da una lingua all’altra gli errori si propagano.

NB Questa descrizione è ipersemplificata!

Per chi è interessato, 2 articoli in inglese che più di altri mi sono serviti per capire meccanismi ed errori, con vari esempi:

Neural Machine Translation of Rare Words with Subword Units (aclanthology.org)

View of NMT’s wonderland where people turn into rabbits. A study on the comprehensibility of newly invented words in NMT output (uantwerpen.be)

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