Google Instant: davvero siamo al punto di voler risparmiare cinque secondi?
Google ha iniziato ad attivare progressivamente agli utenti il servizio Google Instant: non appena si comincia a digitare le prime lettere del termine che si sta cercando, Google tenta di completarlo e propone immediatamente i risultati corrispondenti. Il servizio funziona, per ora, solo se ci si registra come utenti di Google e soltanto andando alla pagina iniziale del motore di ricerca da un computer. I telefonini sono esclusi.
Questo, a quanto dice Google, consente agli utenti di risparmiare "da 2 a 5 secondi per ogni ricerca". Io uso Google per lavoro a ritmi ossessivi, ma anche così francamente l'idea di risparmiare ben cinque secondi non mi sembra granché rivoluzionaria. Siamo davvero messi così male che andiamo a caccia dei cinque secondi perduti? Oltretutto in alcuni casi Google Instant è più lento del Google standard: ho notato che quando si incolla nella casella di ricerca una parola piuttosto lunga (un nome di una sostanza chimica, per esempio), esita più di prima a dare la risposta.
L'altro limite di Google Instant è che il flusso di dati necessario è molto maggiore di quello di una ricerca tradizionale. Questo comporta che usarlo da una connessione lenta o nella quale si paga ogni bit trasmesso o ricevuto (come per esempio certe connessioni cellulari) non offre benefici di velocità e rischia di costare molto caro. È un peccato, perché il completamento automatico delle parole da cercare è una funzione particolarmente desiderabile su questi dispositivi dalla tastiera minuscola e scomoda. Il servizio è comunque disattivabile dalla pagina delle preferenze personali di Google e dalla pagina dei risultati di ricerca (l'opzione è a destra della casella di ricerca).
Google Instant è invece interessante da altri punti di vista. I suggerimenti di completamento attingono alle ricerche precedenti (di altri utenti oltre che dell'utente che effettua la ricerca) e quindi danno un'indicazione molto utile su come affinare la ricerca, oltre a offrire un'idea di quali sono le ricerche più gettonate relative a una persona o un oggetto.
Per esempio, se cerco informazioni sul presidente francese Nicolas Sarkozy mi basta digitare sark per trovare Sarkozy fra le proposte di Google Instant. Se completo il cognome scopro anche quali sono i temi più cercati in abbinamento a Sarkozy: height, scandal, roma, wife (roma non è riferito alla capitale d'Italia). I risultati sono personalizzati per lingua. Lo potete sperimentare digitando una sola lettera dell'alfabeto: otterrete un curioso abbecedario, come l'ha definito Stefano Petroni su Siamogeek.
A proposito di Sarkozy, il presidente francese è stato oggetto di un Googlebombing: cercando un termine scurrile francese di tre parole che comincia con trou (no, non ci provate: Google Instant non completa le parolacce) compariva come primo risultato la sua pagina su Facebook. Vale la pena di ricordare che non si tratta di un "hackeraggio" ai danni di Google, come hanno paventato in passato alcuni governanti quando la stessa cosa accadde nel 2006 a Silvio Berlusconi (associato a "miserabile fallimento") e ad altri personaggi principalmente della politica, come George W. Bush, Tony Blair, Lula Da Silva, Christoph Blocher e tanti altri.
Il Googlebombing non fa altro che sfruttare il normale funzionamento di Google. Se tante persone creano tanti link che associano una parola o una frase a una specifica pagina Web, quella pagina Web diventa il primo risultato proposto da Google quando chiunque digita in Google quella parola o frase. Tutto qui. Lo stesso gioco si può fare con altri motori di ricerca, per cui sarebbe più corretto parlare di linkbombing, ma ormai il termine Googlebombing è entrato nell'uso comune.
Una chicca di storia dell'informatica: il Googlebombing non è sempre stato a sfondo politico. Alla fine del 1999, cercare la frase "More evil than Satan himself" ("più malvagio di Satana stesso") in Google otteneva come primo risultato il sito di Microsoft. A ottobre 2000, un sito pornografico riuscì a farsi piazzare da Google in cima ai risultati di chiunque digitasse il nome di oltre 2000 celebrità seguito dalla parola inglese nude. La polemica scoppiò principalmente perché gli utenti cercavano immagini di Phoebe Cates e Liv Tyler. Dieci anni dopo, mi sa che molti staranno dicendo "Phoebe chi?". Altri staranno ricordando un celeberrimo bikini rosso.
Nessun commento:
Posta un commento