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2016/05/13

Antibufala: quindicenne scopre città Maya

Nei giorni scorsi i giornali e i siti di notizie di tutto il mondo hanno riportato con entusiasmo la notizia (Corriere; Repubblica; BBC; Yucatan Living; Huffington Post; Ouest-France; Telegraph) che un quindicenne canadese, William Gadoury, ha scoperto una città Maya usando le immagini satellitari e allineando le città Maya conosciute con le costellazioni, e che l’Agenzia Spaziale Canadese ha confermato il ritrovamento.

Gli utenti dei social network hanno amplificato la notizia, attratti dall’indiscutibile fascino dell’archeologia e della storia di un ragazzino intraprendente che fa una grande scoperta sfuggita agli esperti. Ma è una bufala: il quindicenne esiste e ha agito correttamente e in buona fede, ma la sua “scoperta” è un abbaglio creato dai media. I veri colpevoli, qui, sono infatti i giornalisti che hanno diffuso la notizia gonfiandola e senza chiedere una verifica preliminare da parte degli esperti.

Il primo indizio che si tratta di una bufala è la struttura della vicenda: un ragazzino autodidatta che scopre quello che gli esperti non hanno saputo trovare è emotivamente una gran bella storia, un classico e appagante trionfo di un brillante Davide contro gli ottusi Golia, ma quanto è realmente probabile che accada?

Infatti non è accaduto. Andando a leggere la notizia originale, pubblicata dal Journal de Montréal, emerge che il quindicenne è stato contagiato dalla pseudoarcheologia, quella secondo la quale i Maya prevedevano la fine del mondo nel 2012: se avesse studiato anche solo le basi della storia vera della civiltà Maya, avrebbe saputo che praticamente tutte le città Maya erano costantemente in guerra tra loro. L’idea che si mettessero d’accordo per edificare intere città allineandole con le stelle è ridicola, e comunque nella cultura Maya non esiste traccia di questo concetto di ubicare città in base alle posizioni degli astri.

Anzi, l’idea stessa che nell’antichità le civiltà costruivano edifici o città allineandole con le costellazioni è una cretinata classica della fantarcheologia (la stessa tesi esiste, per esempio, per le piramidi egizie, che sarebbero allineate con le stelle della cintura della costellazione di Orione). La civiltà Maya è durata circa 3000 anni, durante i quali le stelle si sono spostate nel cielo, come fanno tuttora lentissimamente, per cui allineare qualunque cosa rispetto alle stelle su un periodo così lungo è semplicemente impossibile. E quanto sarebbe preciso questo ipotetico allineamento? Stando al Journal, William Gadoury è arrivato alla sua “scoperta” provando a far corrispondere alle città Maya ben tre stelle.

Ma che dire della conferma dell’Agenzia Spaziale Canadese? In realtà, sempre leggendo la fonte originale, risulta che non si tratta di una conferma dell’agenzia, ma delle opinioni di due persone dell’agenzia: Armand LaRocque e Daniel De Lisle, che non sono archeologi o esperti in rilevamento satellitare di edifici antichi, e comunque si sono limitati a dire rispettivamente di aver osservato “forme geometriche... difficilmente attribuibili a fenomeni naturali” e a lodare il quindicenne per il suo impegno e la sua correttezza, dato che nelle sue ricerche non dice di aver scoperto una città Maya ma si limita a segnalare una possibile area d’interesse basata su un’ipotesi che chiede agli esperti di verificare.

I giornalisti, insomma, hanno pubblicato la notizia senza fare la cosa più importante: sentire prima gli esperti veri. Se l’avessero fatto, la “scoperta” del giovane Gadoury sarebbe stata smontata subito, come è successo quando alcuni siti di notizie un po’ più corretti e meno sensazionalisti hanno chiesto lumi alle persone competenti. In particolare, uno di loro, l’antropologo Geoffrey Braswell del Laboratorio di Archeologia Mesoamericana della University of California, ha detto di conoscere bene la zona dove sorgerebbe la “città” e che non ci sono piramidi: le forme geometriche sono probabilmente campi coltivati abbandonati. Una spiegazione semplice e banale che non è venuta in mente a nessuno dei tanti giornalisti e utenti social che hanno ripetuto a pappagallo la “notizia”.

Morale della storia: non si diventa un archeologo usando Google Maps e guardando programmi di pseudoscienza. Bisogna studiare, documentarsi, imparare le tecniche di ricerca e di verifica. Lungi dal dimostrare l’impegno di un quindicenne, questa storia dimostra i danni causati dal proliferare di panzane che distraggono dalla ricerca vera e fanno sembrare tutto molto più facile di quello che è.

Ulteriori dettagli sugli errori colossali di questa teoria pseudoarcheologica sono presso Bufale un tanto al chilo, Science Alert, Ouest-France, Wired, Gizmodo, Anonymous Swiss Collector, Vérifié, HoaxBuster, Snopes.

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