Ars Technica segnala che un esemplare di AGC, il computer che portò gli astronauti delle missioni Apollo sulla Luna, è stato modificato per generare bitcoin.
Gli AGC erano il top della tecnologia informatica dell’epoca. Negli anni Sessanta, infatti, i computer erano grandi come frigoriferi o intere stanze, ma l’AGC pesava soltanto una trentina di chili. Fu anche uno dei primi ad adottare i circuiti integrati, che per quegli anni erano una novità sperimentale.
Generare bitcoin richiede calcoli matematici estremamente onerosi, che oggi vengono svolti usando hardware specializzato, capace di generare migliaia di miliardi di hash al secondo (un hash, semplificando, è una delle fasi di calcolo per tentativi necessarie per ottenere un bitcoin). Un AGC ci mette dieci secondi per calcolarne uno. Secondo i ricercatori, è così lento che generare un blocco di bitcoin richiederebbe circa un miliardo di volte l’età dell’universo. Ma l’AGC, insieme all’intelligenza degli astronauti e dei tecnici sulla Terra e alla potenza di calcolo installata nei grandi centri di elaborazione della NASA, fu sufficiente a realizzare gli allunaggi.
Ne abbiamo fatta, di strada, da allora. Perlomeno in termini di prestazioni tecniche: cosa ci facciamo, con tutta questa potenza di calcolo, a volte è meglio non chiederselo.
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