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Sarebbe anche ora di piantarla di chiamarli “nativi digitali”, questi giovani d'oggi. Come se avessero chissà quale naturale, istintiva dimestichezza con il funzionamento degli aggeggi digitali. Certo, cliccano icone colorate e pigiano bottoni, ma con pochissime eccezioni non sanno un bel nulla dei principi di base dell'informatica. Chiedi loro anche solo cos'è un tag HTML e ti guardano come comparse prelevate di peso da Idiocracy.
Nativi dei miei stivali. Non che gli adulti siano molto meglio, s'intende; ma almeno non vengono etichettati coniando espressioni tanto trendy quanto vuote di significato.
L'unica accezione decente di “nativo digitale” sarebbe “persona che è nata quando le tecnologie digitali già erano capillarmente diffuse”, con la precisazione “ma non per questo ci capisce automaticamente qualcosa”. Ma è raro sentirla usata così. Mamme e papà adoranti contemplano il loro pargoletto che tocca iconcine sullo schermo touch e credono che questo faccia di lui un informatico provetto. Più in là gli faranno vedere Rocco invades Poland e penseranno che questo lo renderà un ginecologo sensibile e premuroso.
Fine del pistolotto da vecchietto. Passiamo alle cose concrete.
Prendiamo il caso di Snapchat, l'app che promette di mandare delle foto che scompaiono dal telefonino del destinatario entro un certo numero di secondi senza che sia possibile salvarle. Questi “nativi digitali” (e non solo loro, perché lo fanno anche molti adulti) si bevono la promessa e si mandano foto stra-intime con Snapchat pensando che vengano cancellate poco dopo e che sia impossibile salvarle. Che gonzi.
Se avessero un briciolo di conoscenza dell'informatica, saprebbero che un dato digitale è fatto apposta per essere duplicato facilmente e che una volta arrivato su un dispositivo che è al di fuori del loro controllo non ha alcuna garanzia di cancellazione. I bit son fatti così, e non c'è promessa di venditore che tenga.
Puntualmente, infatti, arriva l'app che permette di salvare le foto che non dovevano essere salvabili. Stavolta si chiama Snaphack. La trovate, almeno per ora, sull'App Store di Apple, accompagnata da un bel “ve l'avevamo detto” cantato dal Coro dei Nativi Analogici.
Fra l'altro, secondo Ars Technica SnapChat non purga affatto le foto dal dispositivo del destinatario dopo la loro scadenza: si limita a cambiarne l'estensione a .nomedia (nella cartella RECEIVED_IMAGES_SNAPS, su Android) e poi le cancella senza sovrascriverle o cifrarle. Per cui un po' di competenza nel recupero di file cancellati da un filesystem Android permette di recuperarle (anche se non è facilissimo, secondo TechCrunch). Utente avvisato, mezzo salvato.
Maggiori info: Business Insider, Heavy, BBC.
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