Stasera è andato in onda su Raiuno, intorno alle 23, uno speciale del TG1 sull'attentato al Pentagono dell'11 settembre 2001. Scrivo qui alcuni commenti a caldo.
Noto con piacere che hanno preso tutte le schermate del mio sito... o forse dovrei inquietarmi, perché vuol dire che di meglio, in italiano, non c'è.
Buona idea la ricostruzione con modelli in scala del Pentagono e del Boeing 757; peccato, però, non averla utilizzata maggiormente, e non averla corredata del prato almeno lungo la traiettoria dell'impatto, per mostrare la vicinanza dell'autostrada e i punti dai quali sono stati ripresi i filmati e scattate le foto. Inoltre il modello andava completato con l'autostrada e i suoi pali della luce divelti, e con il generatore tranciato di fronte al Pentagono, in modo da mostrare molto più chiaramente i danni e la traiettoria dell'impatto.
Notevoli anche i filmati che mostrano quello che finora avevo visto soltanto in foto: i pali divelti, le auto danneggiate. Tutti elementi estremamente difficili da conciliare con ipotesi diverse da quelle di un velivolo molto grande. I filmati mostrano anche altri frammenti riconducibili a un aereo oltre a quelli delle foto che ho pubblicato.
Interessante l'argomento della turbolenza mancante nei cartelli stradali, cosa che a quanto mi risulta nessun sito complottista ha mai sollevato. In pratica, il getto dei motori avrebbe dovuto spingere con violenza sui cartelli stradali nella zona immediatamente circostante la traiettoria d'impatto, strappandoli o almeno danneggiandoli, ma non risultano danni di questo genere. Può darsi che sia semplicemente perché i cartelli erano troppo spostati dalla traiettoria, ma è finalmente una domanda originale.
Vale la pena di notare anche la localizzazione e la quantificazione del carburante: in un Boeing 757, si trova nelle ali e nella parte di fusoliera che raccorda le ali, e dopo il periodo trascorso in volo si stima che l'aereo ne contenesse ancora 25.000 litri.
Una parte che invece non è stata ben sviluppata è la questione del centrare "esattamente" il piano terra. Mi è sembrato che si partisse quasi dal presupposto che si volesse centrare proprio quel punto specifico, e questo sarebbe effettivamente stato molto difficile, se non impossibile, anche per un pilota esperto, come hanno detto i piloti interpellati dalla trasmissione; ma non è affatto detto che fossero quelle le intenzioni del dirottatore. Anzi, come giustamente ha notato uno dei due piloti interpellati, un piano di volo ben ragionato e condotto da un esperto avrebbe scelto tutt'altra traiettoria (non radente, ma più inclinata, e verso il centro dell'edificio) per massimizzare il danno e minimizzare il rischio di mancare il bersaglio. In questi termini, insomma, il dirottatore ha quasi mancato il bersaglio. Gli è andata bene – per così dire – per un pelo. A volte anche la sorte ha il suo peso nelle tragedie.
Inoltre è ovvio che ai dirottatori bastava colpire ovunque. Anche se l'aereo si fosse schiantato nel prato o sull'autostrada, anche se insomma avesse mancato il bersaglio, l'effetto mediatico sarebbe stato comunque fortissimo.
Si è parlato poi dei filmati delle telecamere di sorveglianza. Ken Catlow, tecnico addetto alla ricostruzione delle parti danneggiate del Pentagono e intervistato dal TG1, ne ha parlato come se li avesse visti. Divulgarli certamente diminuirebbe il dubbio che circonda questo evento, anche se, come ha notato il perito balistico interpellato, i filmati si possono sempre creare in studio con le tecnologie digitali, per cui chi non vuole credere neppure di fronte alla mole di dati a favore della tesi ufficiale riuscirebbe a trovare una scusa per non accettare l'ennesimo reperto. Però perlomeno si dissiperebbe un po' l'attuale velo di segretezza forse eccessiva, quasi sovietica, intorno all'evento.
Gli esperti confermano poi il concetto che le leghe leggere con le quali sono costruiti in gran parte gli aerei di linea si liquefano col calore di un incendio come quello prodotto dall'incendio improvviso della grande quantità di carburante presente in un aereo, per cui la domanda "dove sono finiti tutti i pezzi dell'aereo" ha una risposta semplice e non in contrasto con la fisica: le parti in lega leggera esposte al calore si sono liquefatte e sono diventate irriconoscibili, semplice metallo fuso e amorfo; quelle che si vedono nel prato sono quelle proiettate lontano dall'impatto e dall'esplosione prima di poter essere bruciate.
Sopravvivono invece le parti resistenti al calore e intrinsecamente robuste, come il carrello e la parte centrale dei due motori. Del carrello ci sono foto; dei motori no.
Interessante, infine, il chiarimento tecnico sulla larghezza della breccia, che è minore della larghezza di un 757 (38 metri). Per come è costruito un aereo, le ali sono molto più robuste nella parte che va dalla fusoliera fino al punto al quale sono appesi i motori; la parte successiva è molto più leggera. Pertanto, in caso di impatto le ali si trancerebbero grosso modo all'altezza dei motori. La parte più robusta avrebbe una buona forza di penetrazione, mentre quella all'esterno delle gondole dei motori no. Questa è una possibile spiegazione delle dimensioni apparentemente incongruenti della breccia.
Basterà questo a calmare i sostenitori della cospirazione? Certamente no. Ma magari farà riflettere un po' di più gli indecisi, che finora hanno sentito soltanto una sola, rumorosa, disinformata e diffusa campana. Che suona, fra l'altro, nel silenzio generale: non un libro, non un sito (a parte le mie paginette) in italiano che raccolga la documentazione tecnica, filmata e fotografica dell'evento. Forse è il caso che qualcuno si dia da fare, altrimenti i complottisti affermeranno come vere le loro ipotesi semplicemente per forfait della controparte.
Per chi ha Windows Media Player, la registrazione del programma del TG1 è disponibile presso il sito della Rai.
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