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2007/09/18

Decisione antitrust UE-Microsoft, i dettagli

Perché l'UE obbliga un'azienda a rivelare i propri segreti?

Questo articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Ne parlano tutti i giornali, anche quelli non specialistici: il Tribunale di Primo Grado dell'Unione Europea ha confermato tutti i punti, tranne uno, della sentenza antitrust del 2004 contro Microsoft, che prevede fra le altre cose una mega-multa da 497 milioni di euro. La decisione del Tribunale è disponibile qui (in inglese e francese; grazie a Punto Informatico per la dritta).

La megamulta fa colpo, e l'attenzione dei media generalisti si è concentrata lì, forse senza considerare che Microsoft ha un fatturato di oltre 50 miliardi di dollari l'anno e un utile netto di 14 miliardi di dollari (dati Microsoft per l'anno fiscale concluso il 30/6/2007), per cui la multa UE (pari a circa 613 milioni di dollari) è relativamente trascurabile: equivale grosso modo a quindici giorni di utili.

Ma la vera questione, più tecnica, è un'altra. C'è un ordine dell'Unione Europea, datato 2004 e ora confermato dalla Corte (Microsoft può comunque ancora appellarsi entro due mesi), che impone a Microsoft di condividere con i concorrenti le specifiche di funzionamento del proprio software di comunicazione a livello server, in modo da consentire ai concorrenti di interoperare, ossia realizzare prodotti pienamente compatibili con quelli di Microsoft e quindi consentire agli utenti di scegliere fra più fornitori ed evitare distorsioni del mercato. Il Tribunale ha confermato che Microsoft non ha rispettato quest'ordine.

Lo stesso ordine prevede anche che Microsoft fornisca al mercato una versione di Windows priva di Windows Media Player, perché obbligando di fatto gli utenti ad acquistare WMP insieme a Windows (o regalandolo insieme a Windows, a seconda dei punti di vista), Microsoft ha approfittato della propria posizione dominante nel settore dei sistemi operativi per tentare di creare un'altra posizione dominante nel settore della riproduzione audio-video.

Infatti è chiaro che se l'utente si trova Windows Media Player preinstallato, difficilmente andrà a procurarsi un altro software analogo (non che sia impossibile, ma la pigrizia è una grande forza di mercato), e questo di fatto ha strangolato i concorrenti: prima che Microsoft prendesse il sopravvento con questa strategia contestata dall'UE, il mercato dei file multimediali era appannaggio di altri nomi, come per esempio Real Networks.

C'è anche un terzo aspetto di quest'ordine UE che invece è stato respinto dalla decisione del Tribunale, ed è l'unico punto sul quale Microsoft ha avuto una vittoria, sia pure modesta: la decisione UE del 2004 prevedeva la nomina di un supervisore indipendente per controllare il rispetto delle decisioni della commissione antitrust UE da parte di Microsoft. Il supervisore, il professor Neil Barrett, fu nominato, ma il Tribunale ha ritenuto ora che quest'imposizione sia eccessiva.

Questi sono i fatti principali. Ma cosa cambia per l'utente comune? In sostanza, niente: Windows non verrà certo sequestrato o bandito, né ci saranno sconti o risarcimenti agli utenti. Non ci saranno modifiche ai Windows attualmente in circolazione. Sarà possibile acquistare una versione di Windows priva di Media Player o equivalenti Microsoft, ma con una differenza di prezzo trascurabile, e Media Player sarà comunque scaricabile gratuitamente dal sito Microsoft.

La teoria è che se l'utente è costretto a scaricarsi il software multimediale, sarà invogliato a scegliere e questo ridurrà gli squilibri del mercato. Se siete poco convinti di questa teoria, non siete i soli. Il problema è che Windows Media Player supporta soltanto i formati Microsoft, e i formati Microsoft sono onnipresenti (non perché tecnicamente superiori, ma grazie alla posizione dominante di Windows), per cui chi vuole ascoltare e vedere file multimediali nei formati più diffusi in Rete (quelli Microsoft, appunto) deve alla fine procurarsi Windows Media Player. Diavolo, l'ho dovuto fare anch'io sul mio Mac (con l'aiuto di Flip4Mac e VLC), per non restare tagliato fuori, ma anche così certi file video nei formati Microsoft non mi funzionano.

Ma questa parte della decisione UE è anche quella meno comprensibile per gli utenti: dopotutto, si obietta, da sempre i produttori di software allegano altri programmi al proprio sistema operativo. Che differenza c'è nel caso di Windows Media Player? Dover scaricare il player, invece di averlo preinstallato, non è una scocciatura inutile, un'imposizione che non offre nessun beneficio agli utenti?

Sono perfettamente d'accordo. La decisione UE, su questo punto, suona come un esercizio formalmente rigoroso ma piuttosto sterile. Sarebbe stato forse più costruttivo, per gli utenti, imporre a Microsoft di integrare in Windows Media Player anche altri formati esenti da royalty, come OGG, in modo da creare meno vincoli all'uso di formati non-Microsoft.

Ma questa è un'altra storia, e comunque la decisione UE arriva con un ritardo di anni, nei quali l'informatica è andata avanti. Una sentenza del 2004, basata su atti risalenti fino al 1998, è preistoria per i ritmi della tecnologia moderna. Nel frattempo, Microsoft per molti versi ha perso la battaglia del multimediale: i colossi del video online, come Youtube, usano formati Flash universalmente leggibili; iTunes di Apple è il leader di mercato nella musica digitale; e sullo Zune, il lettore multimediale portatile di Microsoft, è meglio calare un velo pietoso (non fatemi tirar fuori il videoclip di recensione della CNN).

Ben diverso è il discorso per la questione server, che è ancora attualissima e sentita, perlomeno dagli addetti ai lavori. Con il suo comportamento, dice l'UE, Microsoft ha ostacolato la creazione di ambienti compatibili, causando un danno agli utenti. Esempio semplice: se solo Microsoft sa come funziona il proprio software server, solo Microsoft può creare client perfettamente compatibili. Tutti gli altri sono tagliati fuori, e questo non solo uccide la concorrenza, ma impedisce per esempio agli utenti di usare alternative libere e meno costose o gratuite (Linux e Samba, giusto per fare qualche nome).

Un aspetto particolarmente importante di questa decisione del Tribunale è che conferma che Microsoft non può considerare il funzionamento di alcune parti del proprio software come una sua proprietà intellettuale e non ha nessun motivo di temere che divulgare questo funzionamento danneggi la sua capacità di innovare.

Ma la domanda di fondo rimane: perché l'UE può imporre a un'azienda di rivelare il modo in cui funziona il proprio prodotto? Non esiste il diritto al segreto industriale? La risposta della Corte UE è che questo diritto deve piegarsi all'interesse più ampio della libera concorrenza e del beneficio ai consumatori, quando il prodotto diventa, come dice la decisione del Tribunale, uno "standard di fatto": cosa che Windows indubbiamente è.

Grandi poteri comportano grandi responsabilità, e la lezione vale per tutti, non solo per Microsoft: chi ha prodotti che diventano standard di fatto si prepari a divulgarne i meccanismi, se non l'ha già fatto, perché altrimenti verrà accusato di abusare della propria posizione dominante. Chi è il prossimo? Il nome Apple viene spontaneo, con la sua posizione di assoluto rilievo nel mercato della musica online.

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